Mons. Juan Ignacio Arrieta ordina 27 diaconi della Prelatura (21-XI-2020)
Mons. Juan Ignacio Arrieta ha conferito l’ordinazione diaconale a 27 fedeli dell’Opus Dei provenienti da Germania, Romania, Brasile, Canada, Inghilterra, Costa d’Avorio, Slovacchia, Spagna, Giappone, Kenya, Messico, Lituania, Nigeria e Perù. La cerimonia è stata celebrata a Roma nella chiesa del seminario internazionale della Prelatura, che porta il titolo di Nostra Signora degli Angeli.
Il prelato dell’Opus Dei, mons. Fernando Ocáriz, era vicino ai diaconi nel presbiterio, e al termine della cerimonia si è rivolto alle loro famiglie: “Desidero farvi arrivare i miei più calorosi auguri e chiedervi di mantenervi forti nella preghiera, stando vicini ai nuovi diaconi nel periodo di formazione che li porterà al sacerdozio. Spero il prossimo mese di maggio di rivedere a Roma quelli di voi che potranno. Infine, non posso evitare di pensare alla gioia che in questi momenti avrà san Josemaría in Cielo. Ricorriamo alla sua intercessione perché i nuovi diaconi siano uomini che sappiano accogliere, comprendere e amare tutte le anime. In questo cammino potrete contare sempre sulla mediazione materna della Santissima Vergine. Molti auguri”.
A causa delle misure necessarie per contenere la pandemia del coronavirus, la cerimonia è stata celebrata a porte chiuse, anche se numerose persone hanno potuto seguirla via streaming.
Ecco i nomi dei nuovi diaconi: Francisco Javier Alfaro Gutiérrez (Spagna); Mariano Almela Martínez (Spagna); Pablo Álvarez Doreste (Spagna); Juan Manuel Arbulú Saavedra (Perù); Francisco Javier Barrera Bernal (Spagna); Alexsandro Bona (Brasile); Branislav Borovsky (Slovacchia); Gaspar Ignacio Brahm Mir (Germania); Kevin de Souza (Kenya); Borja Díaz de Bustamante de Ussia (Spagna); Juan Diego Esquivias Padilla (Messico); Rafael Gil-Nogués (Spagna); André Guerreiro (Brasile); Alejandro Gutiérrez de Cabiedes Hidalgo de Caviedes (Spagna); Casimir Kouassi N’gouan (Costa d’Avorio); Fernando López-Rivera Muñoz (Spagna); Josemaría Mayora Padilla (Messico); José Ignacio Mir Montes (Romania); Jaime Moya Martín (Spagna); Juan Prieto Álvarez (Spagna); Héctor Razo Tena (Messico); Vytautas Jonas Saladis (Lituania); Fadi Sarraf Chalhoub (Canada); Fumiaki Shinozaki (Giappone); Marc Teixidor Viayna (Spagna); Álvaro Tintoré Espuny (Inghilterra) e Obilor Bruno Ugwulali (Nigeria).
Omelia di mons. Juan Ignacio Arrieta
Caro Padre, cari ordinandi, cari parenti e amici.
La solennità di Cristo Re che cominciamo a celebrare con questa Santa Eucaristia ci invita a riflettere brevemente, in questo particolare momento, sulla missione di servizio e di carità che la Chiesa sta per conferirvi con il diaconato.
Nel Vangelo di san Matteo che abbiamo appena ascoltato Gesù annuncia il Giudizio Finale: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli» (Mt 25, 31-32).
In questo testo il Signore si presenta, contemporaneamente, come Pastore e come Re. Come Pastore che per anni si è preso cura delle sue pecore e ora deve porne alcune alla sua destra e altre alla sua sinistra. E come Re, che giudica quelle che ha separato. È Gesù stesso che dice di essere il Re che dovrà giudicare. Poi le giudica effettivamente, tutte, motivando la sentenza che emette per ciascuna: «Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere...» (Mt 25, 35).
Il racconto evangelico sembra far notare che tutte le pecore avranno a quel punto una reazione di sorpresa: «Quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato...?». Né le une né le altre erano riuscite ancora a capire come sia lo stesso Cristo a essere presente in tutte le persone che ognuno si trova accanto nel corso della vita e che in ognuna di quelle situazioni supplicava in incognito una risposta generosa.
Ma quello che è ancora più sorprendente, umanamente parlando, è notare fino a che punto il Signore, che è sempre giusto ed equanime, sia riuscito a dare un volto a tutti questi gesti, a individuare le azioni compiute da ciascuno verso il prossimo come atti di amore o di disamore rivolti alla propria persona: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).
Qui il Signore spiega fino a che punto Egli è presente in ognuno dei suoi figli, in quelli che mette al nostro fianco, ma anche in coloro che sono fisicamente lontani, perché, se stiamo attenti, scopriamo che anche le persone lontane ci sono molto vicine grazie alla Comunione dei Santi.
Una parte essenziale del progresso spirituale consiste proprio nel decifrare questo mistero nella propria vita; del resto, un aspetto centrale della lotta del cristiano consiste nel farne vita propria, ogni giorno, in ogni circostanza, imitando Gesù.
Il segno sicuro dell’amore che abbiamo per Lui, secondo santa Teresa, è tenersi stretto l’amore al prossimo, perché, se non possiamo misurare il nostro amore di Dio, possiamo invece vedere com’è il nostro amore per gli altri.
Potete immaginare quanto mi faccia piacere essere qui per conferirvi il diaconato, in un contesto così eccezionale, nella chiesa di Nostra Signora degli Angeli che con tanto amore e tanta fede san Josemaría volle edificare e alla cui decorazione contribuirono, fra varie divertenti vicissitudini, quelli che allora abitavano qui.
Mentirei se dicessi che sono rimasto sorpreso dalla chiamata del Padre [mons. Fernando Ocáriz] che la sera di martedì scorso mi ha chiesto di officiare questa cerimonia. La verità è che, vista la situazione generale, fosse anche solo per esclusione, sapevo da tempo [...] che le probabilità di dover intervenire io erano alte e in aumento. E sono molto contento, del resto, di poterlo fare, anche se purtroppo le cose, naturalmente, non si potranno svolgere come si era pensato. Grazie, Padre, per avermi dato questa opportunità.
I giorni che hanno preceduto questa cerimonia sono stati veramente complicati. La crisi sanitaria ha sconvolto molti programmi e provocato tante sofferenze. Neppure voi siete rimasti indenni, perché al fatto che i vostri parenti e gli amici non hanno avuto la possibilità di essere qui presenti si è unita, fino all’ultimo momento, in ciascuno di voi, l’incertezza di poter ricevere effettivamente la sacra ordinazione diaconale proprio oggi. Ma guardando alle nostre spalle, tutto questo vi ha aiutato indubbiamente a pregare di più, ad abbandonarvi alla volontà del Signore, a prepararvi meglio a ricevere questo sacramento.
La solennità di Cristo Re invita a considerare tutte queste vicende dalla prospettiva divina del Signore della Storia, sapendo che sempre, come ci insegna anche la nostra esperienza personale, Egli ricava il bene da qualsiasi circostanza, anche se noi non riusciamo a capire bene come. Ecco perché la fiducia in Dio e nella sua amorosa provvidenza è in ogni momento un rifugio sicuro; non solo ora, nell’attuale situazione piena di confusione, ma come disposizione permanente, per vivere sempre così: abbandonati fra le braccia di un Padre che ci ama alla follia e che ci prepara un cammino sicuro. Il frutto certo e gustoso di tale abbandono, come ripeteva san Josemaría, sarà il gaudium cum pace, quella gioia e quella pace che nulla potrà toglierci.
Nella prima lettura abbiamo letto un riassunto di quello che sarà il vostro ministero come diaconi e poi come sacerdoti. «Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata». Siete chiamati ad andare incontro alla gente, a non lesinare sforzi a favore delle anime.
Con il sacramento dell’Ordine, il dono della vocazione all’Opus Dei, che avete ricevuto diversi anni fa, si «determinerà» – come dice il Padre nella sua recente Lettera – in una maniera nuova, che richiederà necessariamente da parte vostra un certo sforzo di apprendimento, in un esercizio che vi arricchirà e che, con la grazia di Dio, svilupperà un nuovo modo di servire, questa volta come ministri della sua grazia, la prelatura dell’Opus Dei, la Società Sacerdotale della Santa Croce e la Chiesa intera.
Accogliere, comprendere, accompagnare, amare... Queste sono le disposizioni che d’ora in poi debbono segnare ancor più la vostra vita. Possiamo riassumerle in una sola parola: servire. Donare agli altri ciò che avete di più prezioso perché Dio stesso l’ha deposto nelle vostre mani. Se viviamo per coloro che ci stanno attorno, conservando la «giovinezza dello spirito» che il Padre ci chiede, sperimentiamo fino a che punto la felicità dipende dal dono di sé.
Questo è il nucleo della festa che oggi celebriamo. La solennità di Cristo Re dell’Universo ricorda che il regno del Figlio di Dio è il servizio.
Cari ordinandi, se qualcuno sa che cosa significa servire con abnegazione, questi sono i vostri genitori, che in qualche caso avranno già ricevuto il loro premio in Cielo. Lo sapete meglio di me. Essi si sono prodigati per ognuno di voi. Hanno saputo spendersi volentieri per far crescere in voi il seme della fede. Ora, alla gioia per la vostra ordinazione si unisce il dolore di non poter essere qui accanto a voi.
Vorrei per un momento rivolgermi direttamente a loro, ai genitori, ai familiari e agli amici degli ordinandi che seguono in diretta la trasmissione di questa cerimonia. Come diceva san Josemaría in occasioni analoghe, sapete che continuano ad avere bisogno di voi. Non smettete di sostenerli con la vostra preghiera, con il vostro affetto. Ora, offrite per loro e per il ministero che iniziano oggi il dolore della vostra assenza, ma rallegratevi anche molto perché il Signore trae da tutto ciò tante cose buone e sa essere molto generoso.
Concludo. Mercoledì scorso, nella sua catechesi sulla preghiera, Papa Francesco ha parlato della preghiera della Madonna e di come ha prodotto la sua risposta generosa: «Maria non dirige la sua vita autonomamente: aspetta che Dio prenda le redini del suo percorso e la vada guidando verso dove egli vuole. È docile, ed è con questa sua disponibilità che prepara i grandi avvenimenti che coinvolgono Dio nel mondo».
Oggi che è la festa della sua Presentazione al Tempio, affidiamo alla Madre del Cielo il desiderio che Gesù prenda le redini della nostra vita e, in particolare, che vi guidi sempre nelle vicende del vostro ministero.
Romana, n. 70, Gennaio-Dicembre 2020, p. 116-119.