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Messaggio per la XII Giornata Mondiale della Gioventù, 1997 (15-VIII-1996)

«Maestro, dove abiti? Venite e vedrete» (cfr. Gv 1, 38-39)

Carissimi giovani!

1. Mi rivolgo a voi con gioia, proseguendo l’ormai lungo dialogo che stiamo intessendo insieme in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. In comunione con tutto il popolo di Dio che cammina verso il Grande Giubileo dell’Anno 2000, vorrei invitarvi quest’anno a fissare lo sguardo su Gesù, Maestro e Signore della nostra vita, mediante le parole registrate nel Vangelo di Giovanni: «Maestro, dove abiti? Venite e vedrete» (cfr. 1,38-39).

In tutte le Chiese locali vi ritroverete, nei prossimi mesi, attorno ai vostri Pastori per riflettere su queste parole evangeliche. Nell’agosto del 1997, poi, vivremo assieme a molti di voi la celebrazione della XII Giornata Mondiale della Gioventù a livello internazionale in Parigi, nel cuore del continente europeo. In quella metropoli, da secoli crocevia di popoli, di arte e di cultura, i giovani di Francia si stanno già preparando con grande entusiasmo ad accogliere i loro coetanei provenienti da ogni angolo del pianeta. Seguendo la Croce dell’Anno Santo, il popolo delle giovani generazioni che credono in Cristo diventerà ancora una volta icona vivente della Chiesa pellegrina lungo le strade del mondo e, negli incontri di preghiera e di riflessione, nel dialogo che unisce al di là delle differenze di lingua e di razza, nella condivisione degli ideali, dei problemi e delle speranze, farà esperienza viva della realtà promessa da Gesù: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20).

2. Giovani del mondo intero, è lungo i sentieri dell’esistenza quotidiana che potete incontrare il Signore! Ricordate i discepoli che, accorsi sulle rive del Giordano per ascoltare le parole dell’ultimo dei grandi profeti, Giovanni il Battezzatore, si videro indicare in Gesù di Nazaret il Messia, l’Agnello di Dio? Essi, incuriositi, decisero di seguirlo a distanza, quasi timidi e impacciati, finché Lui stesso, voltatosi, domandò: «Che cosa cercate?», suscitando quel dialogo che avrebbe dato inizio all’avventura di Giovanni, di Andrea, di Simone «Pietro» e degli altri apostoli (cfr. Gv 1, 29-51).

Nella concretezza di quell’incontro sorprendente, descritto con poche essenziali parole, ritroviamo l’origine di ogni percorso di fede. È Gesù che prende l’iniziativa. Quando si ha a che fare con Lui, la domanda viene sempre capovolta: da interroganti si diventa interrogati, da «cercatori» ci si scopre «cercati»; è Lui, infatti, che da sempre ci ama per primo (cfr. 1 Gv 4, 10). Questa è la fondamentale dimensione dell’incontro: non si ha a che fare con qualcosa, ma con Qualcuno, con «il Vivente». I cristiani non sono i discepoli di un sistema filosofico: sono gli uomini e le donne che hanno fatto, nella fede, l’esperienza dell’incontro con Cristo (cfr. 1 Gv 1, 1-4).

Viviamo in un’epoca di grandi trasformazioni, nella quale tramontano rapidamente ideologie che sembravano dover resistere a lungo all’usura del tempo e nel pianeta si vanno ridisegnando confini e frontiere. L’umanità si ritrova spesso incerta, confusa e preoccupata (cfr. Mt 9, 36), ma la parola di Dio non tramonta, percorre la storia e, nel mutare degli eventi, resta stabile e luminosa (cfr. Mt 24, 35). La fede della Chiesa è fondata su Gesù Cristo, unico salvatore del mondo: ieri, oggi e sempre (cfr. Eb 13, 8). A Cristo essa rimanda, perché a Lui siano rivolte le domande sgorganti dal cuore umano di fronte al mistero della vita e della morte. Da Lui solo, infatti, si possono ricevere risposte che non illudono né deludono.

Riandando col pensiero alle vostre parole negli indimenticabili incontri che ho avuto la gioia di vivere con voi durante i miei viaggi apostolici in ogni parte del mondo, mi pare di leggervi, pressante e viva, la stessa domanda dei discepoli: «Maestro, dove abiti?». Sappiate riascoltare, nel silenzio della preghiera, la risposta di Gesù: «Venite e vedrete».

3. Carissimi giovani, come i primi discepoli, seguite Gesù! Non abbiate paura di avvicinarvi a Lui, di varcare la soglia della sua casa, di parlare con Lui faccia a faccia, come ci s’intrattiene con un amico (cfr. Es 33, 11). Non abbiate paura della «vita nuova» che Egli vi offre: Lui stesso vi dà la possibilità di accoglierla e di metterla in pratica, con l’aiuto della sua grazia e il dono del suo Spirito.

È vero: Gesù è un amico esigente che indica mete alte, chiede di uscire da se stessi per andargli incontro, affidando a Lui tutta la vita: «Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8, 35). Questa proposta può apparire difficile e in alcuni casi può far anche paura. Ma —vi domando—-è meglio rassegnarsi ad una vita senza ideali, ad un mondo costruito a propria immagine e somiglianza, o piuttosto cercare generosamente la verità, il bene, la giustizia, lavorare per un mondo che rispecchi la bellezza di Dio anche a costo di dover affrontare le prove che questo comporta?

Abbattete le barriere della superficialità e della paura! Riconoscendovi come uomini e donne «nuovi», rigenerati dalla grazia battesimale, conversate con Gesù nella preghiera e nell’ascolto della parola; gustate la gioia della riconciliazione nel sacramento della Penitenza; ricevete il Corpo e il Sangue di Cristo nell’Eucaristia, accoglieteLo e serviteLo nei fratelli. Scoprirete la verità su voi stessi, l’unità interiore e troverete il «Tu», che guarisce dalle angosce, dagli incubi, da quel soggettivismo selvaggio che non lascia pace.

4. «Venite e vedrete». Incontrerete Gesù là dove gli uomini soffrono e sperano: nei piccoli villaggi disseminati lungo i continenti, apparentemente ai margini della storia, come era Nazaret quando Dio inviò il suo Angelo a Maria; nelle immense metropoli dove milioni di esseri umani vivono spesso come estranei. Ogni uomo, in realtà, è «concittadino» di Cristo.

Gesù abita accanto a voi, nei fratelli con cui condividete l’esistenza quotidiana. Il suo volto è quello dei più poveri, degli emarginati, vittime non di rado di un ingiusto modello di sviluppo, che pone il profitto al primo posto e fa dell’uomo un mezzo anziché un fine. La casa di Gesù è dovunque un uomo soffre per i suoi diritti negati, le sue speranze tradite, le sue angosce ignorate. Là, tra gli uomini, è la casa di Cristo, che chiede a voi di asciugare, in suo nome, ogni lacrima e di ricordare a chi si sente solo che nessuno è mai solo se ripone in Lui la propria speranza (cfr. Mt 25, 31-46).

5. Gesù abita tra quanti lo invocano senza averlo conosciuto; tra quanti, avendo iniziato a conoscerLo, senza loro colpa Lo hanno smarrito; tra quanti lo cercano con cuore sincero, pur appartenendo a situazioni culturali e religiose differenti (cfr. Lumen gentium, 16). Discepoli e amici di Gesù, fatevi artefici di dialogo e di collaborazione con quanti credono in un Dio che governa con infinito amore l’universo; diventate ambasciatori di quel Messia che avete trovato e conosciuto nella sua «casa», la Chiesa, in modo che tanti altri vostri coetanei possano seguirne le tracce illuminati dalla vostra fraterna carità e dalla gioia dei vostri sguardi che hanno contemplato il Cristo.

Gesù abita tra gli uomini e le donne «insigniti del nome cristiano» (cfr. Lumen gentium, 15). Tutti lo possono incontrare nelle Scritture, nella preghiera e nel servizio al prossimo. Alla vigilia del terzo millennio, diventa ogni giorno più urgente il dovere di riparare lo scandalo della divisione tra i cristiani, rafforzando l’unità per mezzo del dialogo, della preghiera comune e della testimonianza. Non si tratta di ignorare le divergenze e i problemi nel disimpegno di un tiepido relativismo, perché sarebbe come coprire la ferita senza guarirla col rischio di interrompere il cammino prima di aver raggiunto la meta della piena comunione. Si tratta, al contrario, di operare —guidati dallo Spirito Santo— in vista di una reale riconciliazione, confidando nell’efficacia della preghiera pronunciata da Gesù alla vigilia della sua passione: «Padre, che siano come noi una cosa sola» (cfr. Gv 17, 22). Più vi stringerete a Gesù, più diventerete capaci di essere vicini gli uni agli altri; e nella misura in cui compirete gesti concreti di riconciliazione, entrerete nell’intimità del suo amore.

Gesù abita particolarmente nelle vostre parrocchie, nelle comunità in cui vivete, nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali di cui fate parte, come pure in tante forme contemporanee di aggregazione e di apostolato al servizio della nuova evangelizzazione. La ricchezza di tanta varietà di carismi torna a beneficio dell’intera Chiesa e spinge ogni credente a mettere le proprie potenzialità al servizio dell’unico Signore, fonte di salvezza per tutta l’umanità.

6. Gesù è «la Parola del Padre» (cfr. Gv 1, 1) donata agli uomini per svelare il volto di Dio e dare senso e meta ai loro passi incerti. Dio, «che aveva già parlato nel tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo» (Eb 1, 1-2). La sua parola non è imposizione che scardina le porte delle coscienze, è voce suadente, dono gratuito che, per diventare salvifico nella concretezza della vita di ciascuno, richiede un atteggiamento mento disponibile e responsabile, un cuore puro e una mente libera.

Nei vostri gruppi, carissimi giovani, moltiplicate le occasioni di ascolto e di studio della parola del Signore soprattutto mediante la lectio divina: vi scoprirete i segreti del Cuore di Dio e ne trarrete frutto per il discernimento delle situazioni e la trasformazione della realtà. Guidati dalla Sacra Scrittura, potrete riconoscere nelle vostre giornate la presenza del Signore, e allora anche il «deserto» potrà diventare un «giardino», nel quale è possibile alla creatura parlare familiarmente con il suo Creatore: «Quando leggo la divina Scrittura, Dio torna a passeggiare nel Paradiso terrestre» (S. Ambrogio, Epistola 49, 3).

7. Gesù vive in mezzo a noi nell’Eucaristia, nella quale si realizza in maniera somma la sua presenza reale e la sua contemporaneità con la storia dell’umanità. Fra le incertezze e distrazioni della vita quotidiana, imitate i discepoli in cammino verso Emmaus e, come loro, dite al Risorto che si rivela nell’atto di spezzare il pane: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino» (Lc 24, 29). Invocate Gesù, perché lungo le strade delle tante Emmaus dei nostri tempi rimanga sempre con voi. Sia Lui la vostra forza, Lui il vostro punto di riferimento, Lui la vostra perenne speranza. Non manchi mai, cari giovani, il Pane eucaristico sulle mense della vostra esistenza. È da questo Pane che potrete trarre la forza per testimoniare la fede!

Attorno alla mensa eucaristica si realizza e si manifesta l’armoniosa unità della Chiesa, mistero di comunione missionaria, nella quale tutti si sentono figli e fratelli, senza preclusioni o differenze di razza, lingua, età, ceto sociale o cultura. Cari giovani, date il vostro contributo generoso e responsabile per edificare continuamente la Chiesa come famiglia, luogo di dialogo e di reciproca accoglienza, spazio di pace, di misericordia e di perdono.

Illuminati dalla parola e fortificati dal pane dell’Eucaristia, carissimi giovani, siete chiamati ad essere testimoni credibili del Vangelo di Cristo, che fa nuove tutte le cose.

Ma da che cosa si riconoscerà che siete veri discepoli di Cristo? Dal fatto che «avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35) sull’esempio del suo amore: un amore gratuito, infinitamente paziente, che non si nega a nessuno (cfr. 1 Cor 13, 4-7). Sarà la fedeltà al comandamento nuovo che certificherà la vostra coerenza rispetto all’annuncio che proclamate. E questa la grande «novità» che può stupire un mondo purtroppo ancora lacerato e diviso da violenti conflitti, a volte evidenti e palesi, a volte sottili e nascosti. In questo mondo voi siete chiamati a vivere la fraternità, non come utopia ma come possibilità reale; in questa società siete chiamati a costruire, come veri missionari di Cristo, la civiltà dell’amore.

9. Il 30 settembre 1997 ricorrerà il centenario della morte di Santa Teresa di Lisieux. La sua figura non potrà non richiamare, nella sua patria, l’attenzione di tanti giovani pellegrini, proprio perché Teresa è una santa giovane, che ripropone oggi questo semplice e suggestivo annunzio, colmo di stupore e di gratitudine: Dio è Amore; ogni persona è amata da Dio, il Quale attende di essere accolto e amato da ciascuno. Un messaggio che voi, giovani di oggi, siete chiamati ad accogliere e gridare ai vostri coetanei: «L’uomo è amato da Dio! È questo il semplicissimo e sconvolgente annuncio del quale la Chiesa è debitrice all’uomo» (Christifideles laici, 34).

Dalla giovinezza di Teresa del Bambino Gesù si sprigionano il suo entusiasmo per il Signore, la forte sensibilità con cui ha vissuto l’amore, l’audacia non illusoria dei suoi grandi progetti. Con il fascino della sua santità, essa conferma che Dio concede anche ai giovani, con abbondanza, i tesori della sua sapienza.

Percorrete con lei la via umile e semplice della maturità cristiana, alla scuola del Vangelo. Restate con lei nel «cuore» della Chiesa, vivendo radicalmente la scelta per Cristo.

10. Cari giovani, nella casa in cui abita Gesù incontrate la presenza dolcissima della Madre. È nel grembo di Maria che il Verbo si è fatto carne. Accettando il ruolo assegnatole nel disegno della salvezza, la Vergine è diventata modello di ogni discepolo di Cristo.

A Lei affido la preparazione e la celebrazione della XII Giornata Mondiale della Gioventù, nonché le speranze e le attese dei giovani che, in ogni angolo del pianeta, ripetono con Lei: «Eccomi, sono la serva del Signore, si compia in me la tua parola» (cfr. Lc 1, 38) e vanno incontro a Gesù per abitare nella sua casa, pronti ad annunciare poi ai loro coetanei, come gli Apostoli: «Abbiamo trovato il Messia!» (Gv 1, 41).

È con questi sentimenti che invio a ciascuno di voi il mio cordiale saluto, mentre, accompagnandovi con la preghiera, vi benedico.

Da Castel Gandolfo, 15 agosto 1996, solennità dell’Assunzione di Maria Vergine al cielo.

Joannes Paulus PP. II

Romana, n. 23, Luglio-Dicembre 1996, p. 147-151.

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