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Discorso pronunciato dal Gran Cancelliere durante l’atto di inaugurazione dell’anno accademico 1996-97 del Pontificio Ateneo della Santa Croce il 7-X-1996.

1. È per me una grande gioia, e motivo di ringraziamento al Signore, trovarmi ancora qui con voi, docenti, studenti e personale tecnico e amministrativo del Pontificio Ateneo della Santa Croce, per inaugurare un nuovo anno accademico; gioia, dicevo, non solo per l’affetto che mi lega a ciascuno di voi, ma anche perché questi atti mi riportano alla mente l’amabilissima figura del mio predecessore, Mons. Álvaro del Portillo. E ancor più perché vedo in voi realizzato quel grande desiderio del Beato Josemaría di promuovere a Roma un’istituzione universitaria di scienze ecclesiastiche che svolgesse un fecondo servizio alla Chiesa e al Papa.

La statua del Beato Josemaría che da pochi giorni è stata collocata presso questa sala potrà servire come punto di riferimento materiale per non dimenticare lo spirito che deve animare ogni vostra attività, cioè uno spirito di lavoro intenso e ben fatto, svolto in unione con il Signore e aperto alle necessità delle anime.

Dicevo che essere qui con voi è un motivo di gioia. Inoltre, la continua crescita del lavoro accademico e delle pubblicazioni, il graduale miglioramento dei mezzi materiali, nonché la nascita di nuove iniziative, sono per me occasione per elevare l’anima in ringraziamento a Dio, fonte di ogni bene, e anche per incoraggiarvi a continuare nell’approfondimento delle verità rivelate e nella diffusione del messaggio salvifico. Incoraggiamento che rivolgo a tutti: professori, studenti e personale non docente, perché tutti contribuiscono a portare avanti questo Ateneo il cui unico scopo è, come diceva il Beato Josemaría, servire la Chiesa come Essa vuol essere servita.

2. Un’ulteriore manifestazione della crescita dell’Ateneo è l’inizio delle attività della Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale. Con questa nuova Facoltà vogliamo servire la Chiesa collaborando all’evangelizzazione degli uomini di questo nostro tempo, così segnato dall’influsso dei mezzi di comunicazione. Il Santo Padre si è riferito al mondo dei mass media indicandolo come «il primo areopago del tempo moderno»[1] e sottolineando che l’evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dall’influsso dei mezzi di comunicazione: «non basta — cito parole sue — usarli per diffondere il messaggio cristiano e il Magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa “nuova cultura” creata dalla comunicazione moderna»[2]. Nel mondo odierno, per poter informare efficacemente sulla Chiesa sono quindi necessarie conoscenze specifiche, giacché nella cultura contemporanea «esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici»[3].

Ancora una volta ci piace riconoscere che, come l’intero Ateneo, anche la Facoltà di Comunicazione Istituzionale nasce dalla sensibilità apostolica del Beato Josemaría Escrivá. Essa rappresenta il canale in cui trovano sbocco pratico istanze, intuizioni e prospettive che il Beato Josemaría dischiuse dinanzi ai nostri occhi fin dagli anni quaranta —e, spesso, prima ancora— e che oggi è divenuto possibile portare a compimento. Sarà sempre vivo in me il ricordo della passione con cui egli ci esortava a proiettare verso orizzonti di sempre maggiore ampiezza l’anelito di diffondere la verità del Vangelo. Fede viva, amore alla Chiesa e quella stima —così caratteristica nello spirito del Beato Josemaría— dei traguardi culturali e tecnologici raggiunti dall’umanità confluiscono, ad esempio, in questo testo in cui, già nel 1946, parlava della trascendenza dei mezzi di comunicazione nell’evangelizzazione. Dopo aver esposto quanto fosse necessario che «molti cattolici si impegnassero in questo settore con la conoscenza adeguata delle sue esigenze specifiche», aggiungeva: «Ciò che non si può fare, sperando di avere successo, è intraprendere questa sfida senza aver studiato e vissuto da vicino la psicologia di ogni pubblico; senza possedere una reale padronanza della tecnica di ogni mezzo di comunicazione; senza aver appreso a fondo —è il dono delle lingue!— il preciso linguaggio della notizia, del reportage, del romanzo, dell’immagine, della scena cinematografica, dell’azione teatrale»[4].

Nella Facoltà che ora prende l’avvio, gli studenti potranno acquisire la mentalità professionale e le conoscenze necessarie per operare nel mondo della comunicazione. La sola conoscenza però non basta: per informare adeguatamente sulla Chiesa si deve essere consapevole che la Chiesa è un mistero soprannaturale, manifestazione dell’amore della Santissima Trinità per l’umanità intera. Per presentare la Chiesa al mondo con la massima trasparenza è necessario amarla con tutto il cuore, ed avvicinarsi al mistero del Popolo di Dio con gli occhi della fede. Lo diceva il Papa Paolo VI, di venerata memoria: «Se vi è studio, in cui anche l’amore contribuisce alla conquista della verità, noi crediamo che questo è lo studio della Chiesa: per ben conoscere la Chiesa bisogna amarla. Poi studiarla»[5]. Perciò, nel piano degli studi della Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale si integrano armonicamente materie tecniche con materie teologiche, in modo tale che i futuri laureati possano avere il sensus Ecclesiæ e insieme le capacità professionali per informare nel rispetto delle leggi proprie del mondo della comunicazione.

3. Questa interdisciplinarietà propria della nuova Facoltà, in cui sono comprese anche discipline teologiche, canonistiche e filosofiche, costituisce un’ulteriore occasione perché aumenti ancora la collaborazione, che già avete stabilito, fra le Facoltà e fra i docenti, rafforzando in tutti la convinzione che le singole scienze approfondiscono specifici aspetti dell’unica Verità.

Sapete bene infatti, ma permettetemi di ricordarvelo, che il peggiore nemico di qualunque corpo sociale, e pertanto anche di una comunità accademica, è la mancanza di unità. Affinché il vostro lavoro sia efficace, è necessario che ciascuno rinnovi ogni giorno il suo impegno di collaborazione con gli altri: molte iniziative che avete preso, come i Dipartimenti, i seminari interdisciplinari, e ora questa nuova Facoltà, sono espressione concreta del desiderio e dello sforzo delle Facoltà nel loro insieme —e di ogni docente— per realizzare un lavoro di ricerca e di insegnamento che si arricchisca del contributo di tutti. Vi invito a continuare su questa strada, mantenendo e rinnovando il vostro atteggiamento di cooperazione. I frequenti scambi di pareri, il lavoro in équipe, l’interesse per le iniziative e le pubblicazioni degli altri docenti, la disponibilità a confrontare le proprie idee, e a dare e ricevere suggerimenti, il rispetto delle opinioni altrui, nella fedeltà sempre al deposito della fede, e l’amore per la libertà personale: sono queste le principali caratteristiche di quello spirito di collaborazione che moltiplica già — e moltiplicherà ogni giorno di più — l’efficacia della ricerca e della docenza dei professori, lo studio degli alunni, il lavoro di tutti.

Con questi auspici, sono lieto di dichiarare inaugurato l’anno accademico 1996-1997.

[1] Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, n. 37.

[2] Ibid.

[3] Ibid.

[4] B. Josemaría Escrivá, Lettera, 29-IV-1946, n. 39.

[5] Paolo VI, Udienza generale, 27-IV-1966: Insegnamenti IV (1966) 762.

Romana, n. 23, Luglio-Dicembre 1996, p. 195-197.

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