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17 maggio Il solenne rito di beatificazione

Due figure fra loro molto diverse si sono unite nel cuore delle migliaia e migliaia di fedeli che, la mattina del 17 maggio, gremivano Piazza San Pietro e le strade adiacenti: quella di Suor Giuseppina Bakhita, Figlia della Carità, Canossiana, e quella di Josemaría Escrivá de Balaguer, sacerdote, Fondatore dell'Opus Dei e pioniere della vocazione alla santità in mezzo al mondo, entrambi beatificati da Sua Santità Giovanni Paolo II.

Il rito di beatificazione ha avuto inizio alle ore 10, quando il Santo Padre è giunto all'altare sul sagrato della Basilica Vaticana, accompagnato da venti concelebranti: oltre al Card. Camillo Ruini, Vicario del Papa per la città di Roma, al Card. Laurean Rugambwa, Arcivescovo di Dar es Salaam (Tanzania), e al Card. Angel Suquía Goicoechea, Arcivescovo di Madrid (Spagna), facevano corona al Papa il Prelato dell'Opus Dei, S.E.R. Mons. Alvaro del Portillo; S.E.R. Mons. Elías Yanes Alvarez, Arcivescovo di Saragozza (Spagna), diocesi nella quale il Beato Josemaría Escrivá ricevette l'ordinazione sacerdotale; S.E.R. Mons. Pietro Nonis, Vescovo di Vicenza, diocesi dove morì la Beata Giuseppina Bakhita; S.E.R. Mons. Edward Nowak, Segretario della Congregazione delle Cause dei Santi; S.E.R. Mons. Erwin J. Ender, Pro_Nunzio Apostolico in Sudan; S.E.R. Mons. Gabriel Zubeir Wako, Arcivescovo di Karthoum; S.E.R. Mons. E. Kabanga Songasonga, Arcivescovo di Lumumbashi (Zaire); S.E.R. Mons. Ambrosio Echebarría, Vescovo di Barbastro, città natale del Beato Josemaría; S.E.R. Mons. Macram M. Gassis, Vescovo di El Obeid, nel Sudan. Fra i concelebranti, c'erano anche Mons. Javier Echevarría e Mons. Francisco Vives, rispettivamente Vicario Generale e Vicario Sacerdote Segretario della Prelatura dell'Opus Dei; il Superiore Generale dei Canossiani, p. Augusto Boscardin; Mons. Tomás Gutiérrez, Vicario Regionale della Prelatura dell'Opus Dei per la Spagna; Mons. Mario Lantini, Vicario per l'Italia; il Rev. Dott. Xavier Ayala, Vicario per il Brasile; il Rev. Dott. José Ramón Madurga, Vicario per il Giappone, e il Rev. Dott. Soichiro Nitta, primo sacerdote giapponese della Prelatura.

Alla cerimonia hanno preso parte dieci gruppi corali, coordinati dal maestro Colino, direttore della Cappella Giulia della Basilica di San Pietro. Alcuni brani canori sono stati interpretati dalla Cappella Sistina. Il repertorio alternava agli inni gregoriani alcuni canti liturgici popolari in diverse lingue.

Dopo i riti d'ingresso, ha avuto luogo il rito della beatificazione. Il Cardinale Vicario di Roma e il Vescovo di Vicenza, città in cui sono deceduti Mons. Escrivá e Suor Bakhita, hanno rivolto al Papa, in nome della Chiesa, la supplica di ascrivere i due Servi di Dio nel novero dei Beati, dei quali hanno letto alcuni cenni biografici. Giovanni Paolo II ha pronunciato la solenne formula di beatificazione:

«Noi, accogliendo il desiderio dei nostri fratelli Camillo Ruini, nostro Vicario per la città di Roma, e Pietro Giacomo Nonis, Vescovo di Vicenza, di molti altri Fratelli nell'Episcopato e di molti fedeli, dopo aver avuto il parere della Congregazione delle Cause dei Santi, concediamo, con la nostra Autorità Apostolica, che i Venerabili Servi di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer, presbitero, Fondatore dell'Opus Dei, e Giuseppina Bakhita, vergine, figlia della Carità, Canossiana, d'ora in poi possano essere chiamati Beati, e che si possa celebrare la loro festa nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, ogni anno, nel giorno della loro nascita al cielo: il 26 giugno per Josemaría Escrivá de Balaguer, e l'8 febbraio per Giuseppina Bakhita.

Nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo».

Al termine della solenne dichiarazione, i cori e l'assemblea hanno cantato il triplice Amen e un fragoroso applauso si è alzato da Piazza San Pietro mentre, sulla facciata della Basilica Vaticana, venivano scoperte le effigi dei due nuovi Beati.

E' stato il Santo Padre Giovanni Paolo II a compiere il primo atto di venerazione pubblica dei Beati Josemaría Escrivá e Giuseppina Bakhita, incensandone le reliquie portate all'altare subito dopo il rito di beatificazione. Intanto, i cori e l'assemblea hanno cantato il Christus vincit, espressione del trionfo di Cristo nei suoi santi.

L'intercessione dei nuovi Beati è stata invocata durante la preghiera universale dei fedeli. In particolare, l'assemblea ha chiesto il favore divino sulla Prelatura dell'Opus Dei, «affinché tutti i suoi fedeli, sacerdoti e laici, seguendo con lealtà lo spirito del Fondatore, sappiano santificare il loro lavoro professionale ordinario e trasformare tutti i momenti e le circostanze della loro vita in occasioni per amare il Signore».

All'omelia, il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole:

1. «E' necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio» (At 14, 22).

Ai due discepoli, lungo la strada per Emmaus, Gesù disse: «Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?» (Lc 24, 26).

La prima letttura, inoltre, ci ha fatto ascoltare gli Apostoli —Paolo e Barnaba— che «rianimano ed esortano i discepoli a restare saldi nella fede» (cf. At 14, 22). Essi annunziano la stessa verità di cui aveva parlato Cristo sulla strada verso Emmaus; una verità confermata dalla sua vita e dalla sua morte: «E' necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio».

I discepoli di Cristo crocefisso e risorto —attraverso il succedersi delle generazioni nel corso dei secoli— scelgono la stessa via che Egli aveva loro indicato.

«Vi ho dato infatti l'esempio» (Gv 13, 15).

2. Oggi ci è offerta l'occasione di fissare ancora una volta il nostro sguardo su questa via salvifica-la via verso la santità-soffermandoci sulle figure di due persone, che d'ora in poi chiameremo «beate»: Josemaría Escrivá de Balaguer, sacerdote, Fondatore dell'Opus Dei, e Giuseppina Bakhita, Figlia della Carità, Canossiana.

La Chiesa desidera servire e professare tutta la verità su Cristo, desidera essere dispensatrice di tutto il mistero del suo Redentore. Se la via verso il Regno di Dio passa attraverso molte tribolazioni, allora alla sua fine si trova anche la partecipazione alla gloria —quella gloria che Cristo ci ha rivelato nella sua Risurrezione.

La misura di tale gloria è data dalla Nuova Gerusalemme, annunziata dalle parole ispirate dell'Apocalisse di Giovanni: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno il suo popolo ed egli sarà il "Dio_con_loro"» (Ap 21, 3).

«Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21, 5) —dice il Signore glorioso. La strada verso quella definitiva «novità» di ogni cosa passa, qui sulla terra, attraverso il «comandamento nuovo»: «che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato» (Gv 13, 34). Tale comandamento fu al centro della vita di due esemplari figli della Chiesa che oggi, nella letizia pasquale, sono proclamati beati.

3. Josemaría Escrivá de Balaguer, nacido en el seno de una familia profundamente cristiana, ya en la adolescencia percibió la llamada de Dios a una vida de mayor entrega. Pocos años después de ser ordenado sacerdote dio inicio a la misión fundacional a la que dedicaría 47 años de amorosa e infatigable solicitud en favor de los sacerdotes y laicos de lo que hoy es la Prelatura del Opus Dei.

La vida espiritual y apostólica del nuevo beato estuvo fundamentada en saberse, por la fe, hijo de Dios en Cristo. De esta fe se alimentaba su amor al Señor, su ímpetu evangelizador, su alegría constante, incluso en las grandes pruebas y dificultades que hubo de superar. «Tener la cruz es encontrar la felicidad, la alegría —nos dice en una de sus Meditaciones— tener la cruz es identificarse con Cristo, es ser Cristo y, por eso, ser hijo de Dios».

Con sobrenatural intuición, el beato Josemaría predicó incansablemente la llamada universal a la santidad y al apostolado. Cristo convoca a todos a santificarse en la realidad de la vida cotidiana; por eso, el trabajo es también medio de santificación personal y de apostolado cuando se vive en unión con Jesucristo, pues el Hijo de Dios, al encarnarse, se ha unido en cierto modo a toda la realidad del hombre y a toda la creación (cfr. Dominum et vivificantem, 50). En una sociedad en la que el afán desenfrenado de poseer cosas materiales las convierte en un ídolo y motivo de alejamiento de Dios, el nuevo beato nos recuerda que estas mismas realidades, criaturas de Dios y del ingenio humano, si se usan rectamente para gloria del Creador y al servicio de los hermanos, pueden ser camino para el encuentro de los hombres con Cristo. «Todas las cosas de la tierra-enseñaba-también las actividades terrenas y temporales de los hombres, han de ser llevadas a Dios» (Carta del 19 de marzo de 1954).

«Bendeciré tu nombre por siempre jamás, Dios mío, mi rey». Esta aclamación que hemos hecho en el salmo responsorial es como el compendio de la vida espiritual del beato Josemaría. Su gran amor a Cristo, por quien se siente fascinado, le lleva a consagrarse para siempre a él y a participar en el misterio de su pasión y resurrección. Al mismo tiempo, su amor filial a la Virgen María le inclina a imitar sus virtudes. «Bendeciré tu nombre por siempre jamás»: he aquí el himno que brotaba espontáneamente de su alma y que le impulsaba a ofrecer a Dios todo lo suyo y cuanto le rodeaba. En efecto, su vida se reviste de humanismo cristiano con el sello inconfundible de la bondad, la mansedumbre de corazón, el sufrimiento escondido con el que Dios purifica y santifica a sus elegidos.

4. La actualidad y trascendencia de su mensaje espiritual, profundamente enraizado en el Evangelio, son evidentes, como lo muestra también la fecundidad con la que Dios ha bendecido la vida y obra de Josemaría Escrivá. Su tierra natal, España, se honra con este hijo suyo, sacerdote ejemplar, que supo abrir nuevos horizontes apostólicos a la acción misionera y evangelizadora. Que esta gozosa celebración sea ocasión propicia que aliente a todos los miembros de la Prelatura del Opus Dei a una mayor entrega, en su respuesta a la llamada a la santificación y a una más generosa participación en la vida eclesial, siendo siempre testigos de los genuinos valores evangélicos, lo cual se traduzca en un ilusionado dinamismo apostólico, con particular atención hacia los más pobres y necesitados.

5. Anche nella Beata Giuseppina Bakhita troviamo una testimone eminente dell'amore paterno di Dio ed un segno luminoso della perenne attualità delle Beatitudini. Nata in Sudan nel 1869, rapita da negrieri quando era ancora bambina, e venduta più volte sui mercati africani, conobbe le atrocità di una schiavitù che lasciò nel suo corpo i segni profondi della crudeltà umana. Nonostante queste esperienze di dolore, la sua innocenza rimase integra, ricca di speranza. «Da schiava non mi sono mai disperata —diceva— perché sentivo dentro di me una forza misteriosa che mi sosteneva». Il nome di Bakhita —come l'avevano chiamata i suoi rapitori— significa Fortunata e tale infatti diventò, grazie al Dio di ogni consolazione, che sempre la teneva per mano e le camminava accanto.

Giunta a Venezia, per le vie misteriose della Divina Provvidenza, Bakhita ben presto si apriva alla grazia. Il battesimo e, dopo alcuni anni, la professione religiosa tra le Suore Canossiane, che l'avevano accolta ed istruita, furono le conseguenze logiche della scoperta del tesoro evangelico, per il quale sacrificò tutto, anche il suo ritorno, da libera, nella terra natale. Come Maddalena di Canossa, anch'ella voleva vivere per Dio solo, e con eroica costanza si avviò umile e fiduciosa per la strada della fedeltà all'amore più grande. La sua fede era salda, limpida, ardente. «Sapeste che grande gioia è conoscere Dio!», soleva ripetere.

6. La nuova Beata trascorse 51 anni di vita religiosa canossiana, lasciandosi guidare dall'obbedienza in un impegno quotidiano, umile e nascosto, ma ricco di genuina carità e di preghiera. Gli abitanti di Schio, ove risiedette per quasi tutto il tempo, ben presto scoprirono nella loro «Madre Moretta» — così la chiamavano— un'umanità ricca nel dono, una forza interiore non comune che trascinava. La sua vita si consumò in una incessante preghiera dal respiro missionario in una fedeltà umile ed eroica alla carità, che le consentì di vivere la libertà dei figli di Dio e di promuoverla attorno a sé.

Nel nostro tempo, in cui la corsa sfrenata al potere, al denaro, al godimento causa tanta sfiducia, violenza e solitudine, Suor Bakhita ci viene ridonata dal Signore come sorella universale, perché ci riveli il segreto della felicità più vera: le Beatitudini.

Il suo è un messaggio di bontà eroica ad immagine della bontà del Padre celeste. Ella ci ha lasciato una testimonianza di riconciliazione e di perdono evangelici, che recherà sicuramente conforto ai cristiani della sua patria, il Sudan, così duramente provati da un conflitto che dura da molti anni e che ha provocato tante vittime. La loro fedeltà e la loro speranza sono motivo di fierezza e di azione di grazie per tutta la Chiesa. In questo momento di grandi tribolazioni, Suor Bakhita li precede sulla via dell'imitazione di Cristo, dell'approfondimento della vita cristiana e dell'incrollabile attaccamento alla Chiesa. Nello stesso tempo desidero, ancora una volta, rivolgere un accorato appello ai responsabili delle sorti del Sudan, affinché diano realizzazione agli asseriti ideali di pace e di concordia; affinché il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo —e in primo luogo del diritto alla libertà religiosa— sia a tutti garantito, senza discriminazioni etniche o religiose.

Preoccupa grandemente la situazione delle centinaia di migliaia di profughi dalle regioni meridionali, che la guerra ha costretto ad abbandonare casa e lavoro; recentemente sono stati obbligati a lasciare anche i campi dove avevano trovato una qualche forma di assistenza e sono stati trasportati in luoghi desertici ed è stato perfino impedito il libero passaggio ai convogli di soccorsi delle agenzie internazionali. La loro situazione è tragica e non può lasciarci insensibili.

Raccomando vivamente agli Enti internazionali di assistenza di volere continuare ad inviare il loro provvido, necessario e urgente aiuto.

Mentre saluto la delegazione della Chiesa del Sudan, presente a questa celebrazione, rivolgo un affettuoso pensiero, accompagnato dalla preghiera, a tutta la Chiesa in quel Paese: ai Vescovi, al Clero diocesano e Missionario, ai laici impegnati nella pastorale, ed anche ai catechisti, collaboratori generosi e necessari per la propagazione della Verità, della Parola e delI'Amore di Dio.

Le popolazioni del Sudan sono sempre presenti nel mio cuore e nelle mie preghiere: le affido all'intercessione della nuova Beata Giuseppina Bakhita.

7. «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 34_35). Con queste parole di Gesù si conclude il Vangelo della Messa di oggi. In questa frase evangelica troviamo la sintesi di ogni santità; della santità che hanno raggiunto, per strade diverse ma convergenti nella stessa ed unica mèta, Josemaría Escrivá de Balaguer e Giuseppina Bakhita. Essi hanno amato Dio con tutta la forza del loro cuore ed hanno dato prova di una carità spinta fino all'eroismo mediante le opere di servizio agli uomini, loro fratelli. Perciò la Chiesa li eleva oggi agli onori degli altari e li presenta come esempi nell'imitazione di Cristo, che ci ha amato e ha donato se stesso per ognuno di noi (cf. Gal 2, 20).

8. «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui» (Gv 13, 31): il mistero pasquale della gloria.

Attraverso il Figlio dell'uomo questa gloria si estende a tutto il visibile e l'invisibile: «Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno» (Sal 145/144, 10_11).

Ecco il Figlio dell'uomo: «Non bisognava che... sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».

Ecco coloro che di generazione in generazione hanno seguito Cristo: «Attraverso molte tribolazioni, essi sono entrati nel regno di Dio».

«Il tuo regno è regno di tutti i secoli» (Sal 145/144, 13).

Amen.

Alla solenne concelebrazione eucaristica hanno assistito trentacinque Cardinali, tra i quali il Segretario di Stato, Card. Angelo Sodano, e più di duecento tra Arcivescovi e Vescovi. In posti riservati erano i membri del Consiglio Generale e dell'Assessorato Centrale dell'Opus Dei.

Numerose le autorità civili presenti, in rappresentanza di circa trenta Paesi. Per l'Italia c'erano il Presidente del Consiglio dei Ministri, Sen. Giulio Andreotti; l'On. Calogero Mannino, Ministro del Governo italiano, e il Pro_Sindaco di Roma, On. Beatrice Medi, assieme ad altre autorità dello Stato e delle Regioni.

Tra i pellegrini che hanno partecipato al rito, va ricordato l'Avv. Santiago Escrivá, fratello minore del Beato Josemaría, che è intervenuto alla beatificazione accompagnato dalla moglie e dai figli.

Dal recinto del colonnato berniniano fino a gran parte di Via della Conciliazione e delle strade adiacenti, i trecentomila pellegrini (diverse fonti, tra le quali "L'Osservatore Romano" hanno fornito questa cifra) giunti a Roma da tutta Italia e da altri cinquantaquattro Paesi dei cinque Continenti, offrivano lo spettacolo di una multiforme assemblea che, nella diversità delle lingue, delle razze e delle culture, innalzava a Dio un unico cantico di lode, nell'unità della fede e dello Spirito. Ad impressionare maggiormente gli osservatori non è stato infatti tanto il numero dei pellegrini, quanto l'intensità della comune partecipazione alla liturgia.

Nella Consacrazione, un silenzio di adorazione e di ringraziamento è sceso sulla Piazza, raccolta in profonda preghiera. Alla distribuzione della Comunione sono intervenuti più di settecento sacerdoti, in gran parte appartenenti alla Prelatura dell'Opus Dei.

I fedeli sono stati agevolati nel seguire il rito da tre schermi televisivi di grandi dimensioni (due dei quali sistemati in Via della Conciliazione); dai libretti opportunamente predisposti dall'Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice e dalla traduzione simultanea in diverse lingue, trasmessa in varie frequenze radio. La cerimonia è stata inoltre trasmessa in diretta televisiva in oltre trenta Paesi.

Tra la folla si distinguevano gruppi provenienti dal Perù, dal Giappone, dall'Australia, dalla Nuova Zelanda, dal Camerun, dallo Zaire, dall'America del Nord e da molti Paesi europei, compresi quelli dell'Europa Centro_Orientale: Polonia, Lituania, Repubblica Ceca e Slovacca, Romania, ecc. In un comunicato stampa del 10 gennaio 1992, la Conferenza Episcopale Venezuelana aveva invitato i fedeli a partecipare alla beatificazione. In modo simile hanno agito molti Arcivescovi e Vescovi di diocesi di tutto il mondo.

Numerosissimi sono stati i fedeli romani presenti alla cerimonia. Una settimana prima, il 10 maggio, sulle colonne del giornale "Avvenire", il Card. Camillo Ruini, Vicario di Sua Santità per la Diocesi di Roma, aveva indirizzato ai propri fedeli il seguente messaggio:

Un "santo romano"

Carissimi fedeli della Diocesi di Roma,

domenica 17 maggio il Santo Padre beatificherà due Servi di Dio: la religiosa canossiana Giuseppina Bakhita e il Fondatore dell'Opus Dei, Mons. Josemaría Escrivá. Come Vicario del Papa, sento il dovere di invitare tutti ad unirsi con la preghiera e, ove possibile, con la presenza in Piazza San Pietro a questa solenne cerimonia. Decine di migliaia di pellegrini converranno a Roma nell'occasione. Per tutti sarà una festa grande, una festa di santità cristiana: la Chiesa celebra la santità del suo Capo Cristo, che superando la nostra debolezza umana rifluisce anche nelle sue membra.

A questa santità siamo chiamati tutti, ciascuno al suo posto e al di là di ogni distinzione sociale: la schiava negra del Sudan Suor Giuseppina Bakhita grande testimone della croce e dell'amore del Signore, come il ven. Josemaría Escrivá. L'invito alla santificazione nelle e delle realtà terrene —come ci ricorda il Decreto pontificio di eroicità delle virtù del ven. Escrivá— «appare provvidenzialmente attuale nella situazione spirituale della nostra epoca, così solerte nell'esaltare i valori umani, ma anche così proclive a cedere ad una visione immanentista del mondo separato da Dio. D'altra parte nell'invitare il cristiano alla ricerca dell'unione con Dio attraverso il lavoro, compito e dignità perenne dell'uomo sulla terra, quest'attualità è destinata a perdurare al di là dei mutamenti dei tempi e delle situazioni storiche come fonte di luce spirituale».

«Conoscere Gesù Cristo, farlo conoscere, portarlo dappertutto»: il suo programma di vita costituisce uno stimolo a riscoprire la grandezza della vocazione battesimale, a vivere in comunione di vita con Cristo «nel bel mezzo della strada» e a trasformare tutte le attività terrene in luogo di testimonianza di fede e d'amore. La società ha bisogno che i cristiani si impegnino a rigenerare il tessuto profondo della vita civile, illuminando con la luce di Cristo la quotidianità del lavoro, della famiglia, di tutti i rapporti umani. Mons. Escrivá è una figura che interessa tutta la Chiesa; ma appartiene in modo speciale a Roma, ove trascorse gran parte della sua vita. La sua causa di canonizzazione fu aperta a Roma dal mio predecessore, il Card. Ugo Poletti, che in quell'occasione sottolineò la romanità del fondatore dell'Opus Dei. Egli ci appartiene soprattutto per l'impegno appassionato con cui volle essere «romano»: cioé esemplarmente fedele a Pietro, e perciò, cattolico, universale.

Oggi la nostra Diocesi è grata al Santo Padre per la decisione di elevare agli onori degli altari un'apostolo che per tanti anni ha lavorato in mezzo a noi, lasciandoci un'eredità di esempi e di opere che costituisce un contributo fattivo alla pastorale diocesana. Desidero ricordare l'attività delle parrocchie affidate alle cure pastorali di sacerdoti della Prelatura impegnate in un'evangelizzazlone capillare, nella formazione permanente di giovani e adulti, nella promozione delle vocazioni. Né posso trascurare il servizio reso da tanti sacerdoti dell'Opus Dei in altre chiese di Roma, ove svolgono un intenso ministero soprattutto attraverso il sacramento della Penitenza.

Desidero ricordare inoltre l'apostolato che i laici della Prelatura dell'Opus Dei compiono nella loro quotidiana attività lavorativa e la fecondità delle opere apostoliche nate sotto la guida e l'impulso diretto del Fondatore: le due Residenze Universitarie Internazionali nonché i diversi Centri culturali per studenti universitari e liceali, le iniziative di formazione professionale e di assistenza sociale. E mi preme anche menzionare l'Ateneo Romano della Santa Croce, operante a Roma per la formazione dottrinale e spirituale di sacerdoti e laici di tutto il mondo. Lo spirito romano del ven. Escrivá, che ha percorso per anni le strade della nostra città e ha pregato con assiduo fervore nelle nostre chiese, caratterizza, nella loro diversità, ciascuna di queste opere.

Perciò possiamo affermare che con il Beato Josemaría Escrivá un altro santo romano si aggiunge ai tanti che sono il frutto dell'amore gratuito di Dio per la Chiesa di Roma.

Camillo Card. Ruini

Vicario Generale.

Al termine della Santa Messa, prima della recita del Regina cæli, il Papa ha sottolineato che l'incontro tra i due nuovi Beati, Josemaría Escrivá de Balaguer e Giuseppina Bakhita, parla in modo eloquente alla Chiesa e al mondo. Ecco le parole del Santo Padre:

«Fratelli e Sorelle carissimi,

è giunto il momento di recitare la bella antifona del «Regina Cæli». Essa esprime magnificamente la gioia della Madre del Signore per la Risurrezione del suo Figlio e, con Lei ed in Lei, la gioia della Chiesa e di tutti noi.

Oggi in modo particolare la Chiesa gioisce con Maria nel vedere elevati agli onori degli altari il Beato Josemaría Escrivá de Balaguer e la Beata Giuseppina Bakhita.

La Chiesa gioisce per i due nuovi Beati, per il fatto che si sono incontrati oggi per questa Beatificazione in Piazza San Pietro. E' un incontro che ci parla molto e parla a tutto il mondo.

Questo nostro fratello e questa nostra sorella in Cristo hanno costantemente nutrito la loro vita spirituale con una fervida ed autentica devozione alla Madre di Dio.

Anche negli ultimi istanti della vita terrena Monsignor Escrivá levò un intenso sguardo al quadro della Vergine di Guadalupe, affisso nella sua stanza, per affidarsi alla sua materna intercessione ed essere accompagnato da Lei verso l'incontro con Dio. Così pure le ultime parole di Suor Bakhita furono un'estatica invocazione alla Vergine: "La Madonna! La Madonna!", ella esclamò, mentre il sorriso le illuminava il volto. Ecco perché il loro incontro oggi per questa Beatificazione in Piazza San Pietro parla molto alla Chiesa.

Anche noi, alla luce del loro esempio, siamo invitati a guardare e invocare Maria soprattutto in questo mese a Lei dedicato, recitando in particolare la corona del Santo Rosario. In questa preghiera, la Vergine guida la nostra meditazione sui principali misteri della Redenzione. La fede di Maria sia dunque anche la nostra; la sua gioia sia anche la nostra.

E come Ella è "causa nostræ lætitiæ", così impegniamoci, a nostra volta, ad essere la gioia di Maria, in modo da raggiungere con Lei, Regina del Cielo, la Patria beata».

Prima di rientrare nella Basilica, Giovanni Paolo II ha voluto benedire i malati che occupavano un intero settore alla base del sagrato. Per ognuno di essi, e per quanti li assistevano, il Papa ha avuto parole di conforto e di incoraggiamento.

Appena terminata la cerimonia della beatificazione, all'interno della Basilica Vaticana ha avuto luogo il consueto baciamano. Accompagnato dal Vicario Generale, dal Vicario Sacerdote Segretario, da alcuni membri del Consiglio Generale e dell'Assessorato Centrale, dal Postulatore Generale, nonché dall'Avv. Santiago Escrivá, fratello del Beato Josemaría, e da alcuni Cooperatori dell'Opus Dei, S.E.R. Mons. Alvaro del Portillo ha rinnovato al Santo Padre la propria gratitudine e quella della Prelatura per l'avvenuta beatificazione. Il Prelato ha offerto al Papa un donativo per le sue opere di carità e una raccolta completa dei libri del Beato Josemaría finora editi. Poi ha presentato al Santo Padre i disegni dei progetti di una chiesa parrocchiale intitolata al nuovo Beato che verrà edificata in un nuovo quartiere di Roma. E' stato questo il dono più apprezzato dal Romano Pontefice, che ha manifestato la gioia di vedere arricchita di un nuovo tempio la diocesi di cui è a capo.

In tal senso, già dall'inizio dell'anno erano stati avviati dei contatti tra il Prelato e il Vicario del Papa per la città di Roma. La nuova parrocchia sorgerà nei pressi dell'EUR, in prossimità della Via Laurentina, in un terreno di proprietà del Vicariato, e sarà affidata alle cure pastorali dei sacerdoti della Prelatura. Sin dal primo momento, il Card. Camillo Ruini ha sottolineato l'opportunità dell'iniziativa, data la scarsezza di chiese nei nuovi quartieri della città. In una lettera del 14 marzo, egli scriveva al Prelato: "In riferimento alla Sua lettera del 10/3/92, con la quale mi confermava la disponibilità della Prelatura dell'Opus Dei di offrire alla Diocesi di Roma un complesso parrocchiale con la chiesa dedicata al Beato Josemaría Escrivá, nella località proposta da questo Vicariato, voglio rinnovarLe ancora i sensi della mia riconoscenza per il gesto di squisita carità nei confronti della Diocesi del Santo Padre".

Per agevolare al massimo questo nuovo servizio pastorale dell'Opus Dei alla Diocesi di Roma, il Card. Ruini scriveva un'altra lettera al Prelato, sottolineando la necessità di procedere alla nomina del parroco e del viceparroco della nuova parrocchia, in modo che possano "cominciare ad operare già prima che la chiesa sia pronta. Quando Vostra Eccellenza mi presenterà i nominativi procederò subito alle nomine. In effetti è una messe pastorale già abbondante e bisognosa di operatori apostolici".


Nella celebrazione solenne dei Vespri svoltasi nel pomeriggio a San Pietro, il Card. Virgilio Noè, Arciprete della Basilica Vaticana, ha fatto riferimento al rito di beatificazione svoltosi nella mattinata, riprendendo i contenuti centrali dell'omelia del Papa e additando il nuovo Beato come esempio di vita cristiana ed intercessore nel Cielo.

Romana, n. 14, Gennaio-Giugno 1992, p. 16-27.

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