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Omelia della Messa di ringraziamento per la pubblicazione del Decreto Pontificio sulle virtù eroiche del Fondatore dell'Opus Dei, celebrata nella Basilica di Sant'Eugenio il 4-V-1990.

Sia benedetta la Santa Trinità e l'indivisibile Unità di Dio! Rendiamole lode per la misericordia che ci ha usato. Signore, Signore, quanto è glorioso il tuo Nome su tutta la terra[1].

Le parole dell'antifona d'ingresso della Messa in onore della Santissima Trinità, che stiamo celebrando, esprimono adeguatamente i sentimenti del nostro cuore in questo giorno. Ringraziamo il Signore tre volte Santo perché il Papa Giovanni Paolo II, dopo un lungo e profondo studio effettuato dalla Congregazione per le Cause dei Santi, ha dichiarato che il Servo di Dio Josemaría Escrivá, Fondatore dell'Opus Dei, ha esercitato eroicamente tutte le virtù cristiane. Noi, da figli suoi, da amici, da ammiratori del suo spirito, siamo colmi di gioia per questa dichiarazione solenne della Chiesa.

L'eroismo di Mons. Escrivá, di nostro Padre è, innanzitutto, frutto della benevolenza divina, che viene effusa ininterrottamente da Cristo a tutte le membra del Corpo Mistico. Nel contempo, è il risultato della piena e costante corrispondenza del Fondatore dell'Opus Dei alla grazia di Dio. Nostro Padre volle trascorrere la propria vita nel nascondimento e mise sempre in pratica un'aspirazione che si può considerare come il suo motto: «Nascondermi e scomparire: ecco il mio compito; e che solo Gesù brilli!»[2]. Eppure si sono compiute letteralmente, nella sua persona, le parole di Gesù nel Vangelo: Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa[3].

Rendiamo lode alla Santissima Trinità, fonte inestinguibile di ogni bene, che ha voluto colmare il suo Venerabile Servo Josemaría di innumerevoli grazie e fare di lui una luce splendente nel firmamento della Chiesa. Benedetto sei Tu, Signore, Dio dei padri nostri!, ripetiamo ancora con le parole della liturgia odierna. A te la lode nei secoli[4].

La nostra gioia assume una connotazione ben precisa, poiché il riconoscimento delle virtù eroiche del nostro Fondatore è per tutti noi un invito implicito a percorrere il suo stesso sentiero, a coltivare nella nostra anima i suoi stessi aneliti di santità, a imitarne le virtù, vivendo eroicamente tutti i doveri inerenti alla nostra condizione di cristiani.

Non dobbiamo pensare mai, neppure quando ci sentiamo provati dalla fatica o da ogni genere di prove, che l'eroismo sia una meta riservata a pochi e che, per la maggior parte degli uomini, il Signore si accontenti di una condotta mediocre. Con la sua vita e con i suoi insegnamenti il Fondatore dell'Opus Dei ha mostrato che l'esercizio pieno delle virtù cristiane «è un'esigenza —sono parole sue— della chiamata che il Maestro ha acceso nell'anima di tutti». E continuava: «Dobbiamo essere santi —se mi consentite l'espressione— da capo a piedi: cristiani veri, autentici, canonizzabili; altrimenti avremo fallito come discepoli dell'unico Maestro»[5].

Sono parole che offrono una guida chiarissima alle nostre considerazioni e ci mostrano in modo evidente come l'eroismo, che il Signore vuole da ogni cristiano, è intessuto di migliaia di particolari apparentemente piccoli ma in realtà grandissimi, perché molto grande deve essere l'amore che li vivifica e li sostiene. Illustrando espressivamente tale eroismo, che si trova alla portata di tutti, Mons. Escrivá scrisse: «Quanti di coloro che si lascerebbero inchiodare a una croce davanti allo sguardo attonito di migliaia di spettatori non sanno soffrire cristianamente le punzecchiature di ogni giorno! —Pensa, allora, che cosa è più eroico»[6].

Seguendo il filo di tale insegnamento, è eroica l'esistenza di un padre o di una madre che si sforzano di mettere pienamente in pratica tutte le esigenze del Vangelo nella vita familiare, senza il minimo cedimento all'influsso dell'ambiente circostante; è eroico il lavoratore, manuale o intellettuale, che, malgrado la stanchezza, cerca di svolgere alla perfezione il proprio lavoro, giorno per giorno, nel desiderio di rendere gloria a Dio e di servire il prossimo; è eroico colui che, contrastando l'edonismo imperante in tanti settori della società, si impegna con tenacia per comportarsi sempre con coerenza cristiana, agendo dovunque —la metafora è di Gesù— come sale e lievito del mondo[7]. Facendo di nuovo eco a Mons. Escrivá, vi dico: «Non lasciatevi andare a grandi considerazioni sull'eroismo. Attenetevi alla realtà quotidiana, cercando con impegno la perfezione nel lavoro ordinario. Lì ci aspetta Dio. Ogni giorno abbiamo l'occasione per darGli una risposta affermativa. E' quest'affermazione che dev'essere eroica, cercando di spendersi senza riserve»[8].

Il motivo che oggi ci riunisce in questa Messa di ringraziamento alla Santissima Trinità deve costituire —e in questo stesso momento prego Dio in tal senso— una spinta a rinnovare la nostra decisione di seguire costantemente Cristo e di portare a Cristo molte anime, a cominciare da quelle che Lui stesso ha messo al nostro fianco. Il Signore desidera un'esplosione di aneliti di santità e di apostolato nel mondo intero. Questo desiderio divino non può essere dimenticato dalle figlie e dai figli di Dio dell'Opus Dei e dalle molte migliaia di persone che frequentano le attività di formazione spirituale promosse dalla Prelatura. La fede ci dà la sicurezza che Dio ci offre la sua grazia copiosamente; dal canto nostro, non deve mancare lo sforzo sincero e generoso di corrispondere ai doni divini.

Vorrei, infine, ribadire quanto, dal 9 aprile scorso, ho già ripetuto più volte nel commentare, con gratitudine al Cielo, la notizia della proclamazione delle virtù eroiche di Mons. Escrivá: questa decisione pontificia non costituisce per i membri dell'Opus Dei un'occasione di vanto, bensì un richiamo al senso di responsabilità, al dovere di seguire ancor più fedelmente l'eroico esempio del Venerabile Servo di Dio, che visse in costante unione con Cristo nel mezzo delle occupazioni quotidiane, servendo con passione tutte le anime. Dobbiamo sentirci spronati ad un impegno più solerte, ma anche ad una più soprannaturale fiducia in Dio, perché —insisto— la santificazione non è opera dell'uomo ma va attinta alle sorgenti della grazia. Dobbiamo quindi anzitutto ricorrere al Santissimo Sacramento dell'Eucaristia, in cui lo stesso Autore della grazia si dona a noi come alimento spirituale; dobbiamo ricevere con frequenza il Sacramento della Penitenza, quale principale manifestazione della nostra costante conversione, di un amore sincero e sempre nuovo, al fine di accostarci sempre più degnamente —pur consapevoli della nostra miseria— alla Mensa del Signore; dobbiamo coltivare la preghiera incessante, incontro personale con Cristo che ci aiuta a scoprire il valore soprannaturale di ogni istante della nostra vita.

Il decreto che abbiamo appena ascoltato ci ricorda che la fama di santità di Mons. Escrivá è ormai «un vero fenomeno di pietà popolare». Il titolo di Venerabile che ora gli viene attribuito non implica la possibilità di rendergli culto pubblico, giacché quest'ultimo è riservato ai Beati e ai Santi; ciò nonostante questo titolo ci invita a rendere ancor più fiducioso il ricorso privato alla sua intercessione, affinché il Signore si serva di noi, quali umili strumenti, come lievito di santità in mezzo al mondo.

A Maria, Regina sanctorum omnium e culmine nella «gerarchia della santità»[9], come ha scritto Giovanni Paolo II, affidiamo il nostro ringraziamento. A Lei vada anche la nostra supplica affinché, se così piace al Signore, si avvicini il momento dell'elevazione agli altari del Venerabile Servo di Dio Josemaría Escrivá, a gloria di Dio e ad edificazione della Chiesa. Così sia.

[1] Messa della Santissima Trinità, Antifona d'ingresso (cfr. Tb 12, 6; Sal 8).

[2] Josemaría Escrivá, Lettera, 28-I-1975.

[3] Mt 3, 15.

[4] Messa della Santissima Trinità, Canto al Vangelo (cfr. Dn 3, 52).

[5] Josemaría Escrivá, Amici di Dio, Ares, Milano 1988, 4ª ed. it., n. 5.

[6] Josemaría Escrivá, Cammino, Ares, Milano 1988, 23ª ed. it., n. 204.

[7] Cfr. Mt 5, 14; 13, 33.

[8] Josemaría Escrivá, 6-X-1968.

[9] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Mulieris dignitatem, 15-VIII-1988, n. 27.

Romana, n. 10, Gennaio-Giugno 1990, p. 78-80.

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