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In occasione dell’anniversario della nascita di san Josemaría, chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace, Roma (9-I-2023)

Innalziamo oggi il cuore a Dio per ringraziarlo della santità del nostro fondatore. Sappiamo che nostro Padre si considerava uno «strumento inutile», ma rendiamo grazie al Signore perché è stato uno strumento fedele.

In questo momento, parlando con san Josemaría che ci ascolta dal Cielo, gli facciamo gli auguri per il suo compleanno e ci feliIcitiamo con i nonni per la nascita del figlio. Poi, ci congratuliamo con noi stessi, perché la vita di nostro Padre ha molto a che fare con noi. Era l’inizio visibile di una storia di Dio che è anche nostra. Ripetiamo le parole che pronunciò tante volte, quando presagiva la volontà di Dio: «Ut videam! Ut sit!». Facciamo nostre quelle richieste: intendere il senso di tutte le nostre azioni, della nostra vita, del nostro lavoro. Vogliamo essere protagonisti della stessa avventura che Dio affidò a nostro Padre.

Chiediamo al Signore di aiutarci a vedere nella vita di san Josemaría non un modello lontano e inimitabile, ma l’origine stessa della nostra vocazione, il principio visibile e strumentale della nostra chiamata. Di vederlo sempre molto presente, vicinissimo, non come una figura del passato. Di sentire la responsabilità di trasmettere alle generazioni future questa realtà: egli è nostro Padre oggi e adesso.

Lo sguardo fisso al futuro

Fin dalla nascita si stava preparando a ricevere l’incarico divino, che arrivò quando aveva soltanto ventisei anni e, come gli piaceva aggiungere, «grazia di Dio e buon umore». Una chiamata molto onerosa che egli assunse con una gioventù di spirito che mantenne per tutta la vita. Benché passassero gli anni, conservò sempre lo spirito giovane che lo aiutava a crescere continuamente, perché giovane è chi vuole crescere.

Noi, quale che sia la nostra età, vogliamo vivere sempre con questo spirito giovanile. Chi è giovane ricomincia sempre daccapo, reagisce allo scoraggiamento e va avanti, non pensa che non ci sia più nulla da fare. I giovani hanno lo sguardo rivolto al futuro, guardano avanti. Quelli che hanno perso la gioventù di spirito guardano sempre al passato, raccontano storie dei tempi andati. Nostro Padre non smise mai di guardare al futuro con gioiosa speranza, con l’esperienza di ciò che aveva vissuto e con la sua grande gioventù di spirito.

Oggi chiediamo al Signore, per intercessione di san Josemaría, di vivere sempre con lo stesso spirito. Di restare tutti giovani. Di avere una gran voglia di crescere, di non finire disillusi, di conservare sempre la gioiosa speranza in un futuro migliore. Ciò significa anche giovanile consapevolezza della divinità della nostra vocazione, realtà permanente perché il Signore non smette mai di chiamarci. Desideriamo e vogliamo inaugurare la nostra vocazione ogni giorno, rispondendo alla chiamata con spirito giovane. Possiamo ritornare all’entusiasmo dei nostri primi passi nell’Opera; un entusiasmo che ora deve essere maggiore: più profondo, più fondato, più consapevole.

«Non attendere la vecchiaia per essere santo», scrisse nostro Padre. La gioventù che desideriamo per la nostra vita è quella del saper vivere l’oggi e l’adesso. Scoprire nel momento presente il possibile incontro con Dio, il servizio agli altri, «senza ricordarti di “ieri”, che è già passato, e senza preoccuparti di “domani”, che non sai se per te arriverà», come diceva san Josemaría. Naturalmente, teniamo presente le esperienze passate e sappiamo progettare il futuro, ma siamo consapevoli che ciò di cui disponiamo è l’oggi, il presente, ed è ciò che davvero conta, ciò che dobbiamo santificare.

Gioventù vuol dire anche avere voglia di imparare. Chiediamo al Signore di avere l’anima disposta a continuare a imparare, anche se abbiamo acquistato già tanta esperienza. Utilizziamo i mezzi di formazione e facciamo la nostra orazione con fame di imparare e di conoscere sempre più Dio. Cerchiamo di essere giovani, e persino bambini, con l’ardente aspirazione a conoscere il Signore e crescere nel suo amore. La formazione non è un lusso o una cosa necessaria solo in alcuni momenti della vita: serve sempre e a tutti. Questo è il motivo per cui desideriamo accrescere la nostra conoscenza e, soprattutto, il nostro amore di Dio, per tener vivo l’ardente desiderio di fare l’Opera con la nostra vita.

L’unica arma

Oltre che sulla sua giovinezza, nostro Padre faceva affidamento sulla grazia di Dio. Ci ha insegnato a imperniare la nostra esistenza sull’Eucaristia, con un impegno permanente che faccia dell’incontro con Gesù nella Messa la forza della nostra vita. Dobbiamo essere sempre più consapevoli del significato della Santa Eucaristia: il Signore che si dona a noi.

Nostro Padre era, soprattutto, un innamorato di Cristo. Aveva un senso di profonda gratitudine per i doni che riceveva da Dio, specialmente quello dell’Eucaristia. Possiamo chiedergli di aiutarci a concentrarci sempre più sulla Messa, cosicché sia per noi una realtà più concreta e più viva.

Vogliamo apprendere dal nostro fondatore anche la forza della preghiera, che è l’arma più potente che possediamo. Così è nata l’Opera. Possiamo domandarci: la preghiera è veramente la mia unica arma? Ecco perché vogliamo trasformare tutto in preghiera e, per prima cosa, il lavoro. Possiamo approfondire sempre di più questa realtà, tenendo però sempre presente che tutto è dono di Dio, che la nostra forza proviene da Lui. È Lui che fa l’Opera, anche dentro di noi.

Nostro Padre aveva ventisei anni, grazia di Dio e poi allegria, buon umore. Di solito era sempre molto contento. Un figlio di Dio può soffrire e può piangere ma, se si fa forte della grazia di Dio, in lui non trova spazio la tristezza. Rivolgiamo ancora una supplica al Signore: ci aiuti a essere sempre contenti, a recuperare la gioia tutte le volte che è necessario. Una gioia che è compatibile con la sofferenza, con la possibilità che non tutto vada bene, con le normali difficoltà di ogni giorno. Infatti, ci diceva san Josemaría, la gioia «ha le radici a forma di croce» e nasce dalla certezza dell’amore di Dio per noi. Il nostro fondatore ne fece esperienza nel corso della sua vita: lo si vedeva contento, anche in mezzo alle grandi difficoltà che dovette attraversare. Lo vediamo nella Legazione dell’Honduras. Quando tutto sembrava crollare, lui si sforzava di risollevare gli animi. Possiamo riuscire, con l’aiuto del Signore, a conservare il buon umore qualunque cosa succeda, anche in caso di malattia e nei momenti brutti.

Concludiamo la nostra orazione chiedendo a san Josemaría la gioventù di spirito, la fiducia nella grazia di Dio per fare l’Opera, e che non ci venga mai a mancare il buon umore. Glielo chiediamo con la certezza di poter contare sul suo aiuto, perché continua a essere nostro Padre, con la certezza che ci ama più di quando era in vita, con «cuore di padre e di madre».

Romana, n. 76, Gennaio-Giugno 1, p. 50-52.

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