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La difesa invisibile di san Josemaría Escrivá della sostenibilità. Ragioni, atteggiamenti e virtù per la cura della casa comune

Sílvia Albareda Tiana

Professoressa Associata di Didattica delle Scienze Sperimentali

Direttrice di Cooperazione e Sviluppo Sostenibile 

Universitat Internacional de Catalunya

1. Introduzione

Nel 1971, in una lettera diretta all’allora sindaco di Barbastro, Manuel Gómez Padrós, san Josemaría Escrivá si mostra preoccupato di fronte alla crescita industriale della sua città natale, per il suo possibile impatto negativo sull’ambiente[1]. Questo fatto è una testimonianza di come san Josemaría non fosse indifferente ai problemi ambientali. Tuttavia esiste uno sfasamento storico e socioculturale tra la vita e gli scritti del fondatore dell’Opus Dei e la sostenibilità così come la conosciamo oggi.

San Josemaría è morto nel 1975, quando i problemi ecologici e ambientali si erano appena cominciati a manifestare. Fu nel decennio degli anni ’70 che le suddette questioni cominciarono a palesarsi. In quegli anni apparvero le prime notizie sui problemi ambientali, nacquero i primi movimenti e i primi partiti ecologisti, ed ebbe luogo il primo Summit Mondiale delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano (Stoccolma, 1972). Logicamente, ancor meno appaiono nei suoi scritti concetti come «sostenibilità» o «sviluppo sostenibile», termini che cominciarono a divulgarsi a partire dal 1987 con la pubblicazione del cosiddetto Rapporto Brundtland[2].

Questo articolo vuole stabilire un ponte tra gli insegnamenti di san Josemaría e gli atteggiamenti e le virtù che oggi permettono di identificare una cultura di sostenibilità integrale, così come è stata riportata da Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ (LS). Dopo aver definito brevemente il termine di sviluppo sostenibile e fornito le chiavi più recenti per capire come viene inteso questo concetto nel Magistero della Chiesa, lo studio analizza la difesa invisibile di Escrivá de Balaguer della sostenibilità attraverso – nelle parole di Papa Francesco – «motivazioni adeguate»[3] e «solide virtù»[4], che rendono possibile l’impegno ecologico. In primo luogo, lo studio sostiene che, sulla base di una visione del mondo come creazione, san Josemaría fornisce la ragione profonda di un amore appassionato per tutto quello che il mondo contiene e che induce ogni cittadino a non disinteressarsi dei problemi contemporanei e ad amare e valorizzare ciascuna persona umana con un cuore universale. Per altro verso, l’articolo fa vedere che, nei suoi scritti e nella sua stessa testimonianza di vita, si rendono palesi attitudini di attenzione alle persone e all’ambiente che si potrebbero qualificare come un’ecologia della vita quotidiana. Per esempio, nel pronunciarsi a favore di uno stile di vita sobrio o della solidarietà fra le generazioni, san Josemaría segnala concretamente alcune virtù che rendono possibile, accanto alla cura delle persone e del pianeta, lo sviluppo della spiritualità ecologica auspicata da Papa Francesco nell’enciclicaLS.

La sensibilità nei confronti dello sviluppo sostenibile

Il termine «sviluppo sostenibile» cominciò a diffondersi a partire dalla pubblicazione del Rapporto Il nostro futuro comune, più conosciuto come Rapporto Brundtland, nel 1987. Questo rapporto divulgò tale concetto intendendolo come un progresso umano capace di soddisfare le necessità presenti senza compromettere, per questo, le risorse necessarie alle generazioni future[5]. Il Rapporto Brundtland propone di conciliare lo sviluppo economico e sociale con la conservazione delle risorse naturali. Al contrario, non vengono considerati sviluppo sostenibile quegli interventi che arricchiscono alcuni a spese dell’impoverimento di altri, o che generano una crescita economica puntuale a costo della distruzione o della contaminazione dell’ambiente. La nozione di sostenibilità o di sviluppo sostenibile porta implicitamente alla distribuzione equitativa dei beni naturali e a una visione di giustizia internazionale e intergenerazionale che promuova lo sviluppo umano integrale. A partire da questo momento, viene meno la contrapposizione tra sviluppo umano e conservazione dell’ambiente.

Effettivamente, nei successivi summit delle Nazioni Unite, il titolo si trasformò in “Ambiente e sviluppo” (Conferenza di Rio de Janeiro, 1992) e “Sviluppo sostenibile” (Johannesburg, 2002). Nel settembre del 2015, con la revisione e l’aggiornamento degli Obbiettivi del Millennio, le Nazioni Unite propongono l’Agenda 2030 con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che includono grandi traguardi per l’umanità, come la sparizione della fame o l’attenuazione dei cambiamenti climatici.

Alcuni mesi prima della pubblicazione dell’Agenda 2030, il 24 maggio 2015, Papa Francesco aveva scritto l’enciclica Laudato si’. Sulla cura della casa comune. Le Nazioni Unite, approfittando di un viaggio del Santo Padre a Cuba e negli Stati Uniti, invitarono il Papa all’atto di approvazione pubblica dell’Agenda 2030 nella sede dell’organizzazione a New York. I due documenti, pur divergendo su alcuni aspetti[6], condividono una concezione integrale della sostenibilità o dell’ecologia, che ingloba la dimensione sociale, ambientale o ecologica ed economica[7]. Questo concetto di sostenibilità integrale è quello che prenderemo in considerazione in questo articolo.

Lo sviluppo sostenibile nel Magistero recente

Papa Francesco non è stato il primo Pontefice che ha parlato e scritto sull’ecologia integrale e sulla sostenibilità. I suoi predecessori hanno affrontato la questione in relazione alla teologia della creazione e alla Dottrina Sociale della Chiesa in encicliche[8] e messaggi. Sia il Catechismo della Chiesa Cattolica (1997)[9] sia il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (2004)[10] raccolgono questi insegnamenti preliminari.

San Giovanni Paolo II ha utilizzato per la prima volta l’espressione «conversione» riferita all’ambito ecologico nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1990: Pace con Dio creatore. Pace con tutta la creazione[11]. In esso sostiene che bisogna stimolare la coscienza ecologica, presenta il carattere morale della crisi ambientale e richiama a una conversione autentica nel modo di pensare e nel comportamento. Per essere costruttori della pace – sostiene il Pontefice – occorre assumersi delle responsabilità, riconoscere il peccato e convertirsi: chiedere perdono e cambiare condotta[12]. Dopo vent’anni da questo messaggio paradigmatico il suo successore, Benedetto XVI, ha dedicato ancora una volta il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace al dovere morale di adottare un comportamento sostenibile[13]. Gli ultimi Papi impiegano il termine teologico di «conversione» perché l’invito presuppone un cambiamento radicale che fa riferimento alla nostra relazione con Dio e con tutta la creazione[14].

Nella LS Papa Francesco dedica tutto il capitolo III a parlare della «radice umana della crisi ecologica» (LS, 101-132). Basandosi su studi scientifici, sostiene che la situazione ecologica, dovuta ai cambiamenti climatici, alla diminuzione della biodiversità e ad altri problemi ambientali, è la conseguenza del modello attuale di consumo e di un dominio tecnologico senza limiti. Pertanto la soluzione richiede non solo misure scientifico-tecniche, ma fondamentalmente un cambiamento di valori. È necessaria una nuova visione per percepire il pianeta come la casa comune di tutti, piuttosto che vederlo unicamente come scenario della vita. Questa casa comune – afferma Papa Francesco – è una realtà buona creata da Dio e affidata alla custodia dell’essere umano. Tale trasformazione dello sguardo sulle cose comporta, in molti casi, una conversione ecologica, che presuppone l’acquisizione di solide virtù, che rendano possibile il passaggio dalla conoscenza dei problemi ecologici all’azione, per tentare di risolverli e di garantire un comportamento sostenibile.

In tal modo Papa Francesco sostiene che l’impegno per la sostenibilità vada molto oltre le normative legali, perché richiede «motivazioni adeguate» e «solide virtù»[15]. Per ottenere un comportamento sostenibile individuale o collettivo appaiono insufficienti le raccomandazioni ai cittadini, gli incentivi o le possibilità di scelta nell’acquisto di un prodotto (per esempio, nel comprare gli alimenti o nel consumo energetico). La persona umana ha bisogno di ragioni profonde per le quali prendersi cura del pianeta e sul come farlo. Altrimenti la scelta si limita ai criteri abituali del rapporto qualità/prezzo, senza che si sappia o senza che importi se a fronte di quello che si consuma c’è un costo energetico sproporzionato, lo sfruttamento del lavoro di persone o un contributo all’esaurimento di una risorsa naturale.

Oggi molte persone hanno un comportamento sostenibile perché sono convinte di doversi prendere cura del pianeta ed evitano, nella misura delle loro possibilità, tutto quello che comporta una maggiore emissione di gas con effetto serra o un uso irresponsabile delle risorse naturali. Queste persone, in pratica, hanno un comportamento misurato, perché cercano di consumare il meno possibile, e anche generoso, perché stanno pensando che altre persone, in futuro o in altre parti del pianeta, potranno continuare a beneficiare di queste risorse o non saranno danneggiate dal loro uso. Tuttavia, fa notare il Papa, vi sono anche persone che, pur avendo la possibilità di adottare un comportamento sostenibile, perché hanno ricevuto un’educazione ambientale nell’infanzia o durante la gioventù, non sono capaci di metterlo in pratica perché sono cresciute in un ambiente molto consumista[16]. Non hanno quelle virtù che danno la possibilità di mettere in pratica nella loro vita quotidiana i valori acquisiti. D’altra parte, avverte il Papa, è ingenuo pensare che i problemi ambientali si risolverebbero con un maggior controllo della natalità, quando in realtà non si sta affrontando alla radice il problema di un consumo senza etica[17].

Una cultura della sostenibilità richiede che i cittadini comprendano come funzionano i sistemi naturali, comprendano le interrelazioni tra gli esseri umani e la natura, abbiano delle motivazioni per assumere un comportamento sostenibile e agiscano realmente in modo sostenibile perché sono virtuosi.

Attualmente persone appartenenti a parecchie religioni stanno sviluppando questa cultura della sostenibilità. Nel cristianesimo sono profonde le motivazioni teologiche per avere un comportamento sostenibile, perché i cristiani sanno che il mondo è buono, perché è stato creato[18] e perché è affidato all’essere umano affinché lo custodisca[19]. A sua volta la Dottrina Sociale della Chiesa ricorda il valore assoluto di ogni persona umana[20] e la destinazione universale dei beni[21].

La difesa di san Josemaría della sostenibilità

Nel momento in cui viene scritto questo articolo, due autori, Guillaume Derville[22] e Rafael Hernández[23], hanno proposto un approccio alla verosimile relazione tra gli insegnamenti e la vita di san Josemaría e la questione ecologica. In occasione della pubblicazione della LS, Guillaume Derville[24] sostiene che, leggendo l’enciclica, si colgono molti punti in comune con gli insegnamenti di san Josemaría, benché espressi con altre parole. Fra le altre l’autore sottolinea le seguenti:

«[...] la portata del dogma della creazione, anche per la vita morale e per quella spirituale; il valore del mondo; la consapevolezza della vicinanza di Dio in ogni momento; il rispetto delle realtà materiali; la cura delle cose, comprese quelle piccole»[25].

L’amore appassionato al mondo, che deriva dalla fede nel fatto che il mondo è creazione e Dio lo ha lasciato in custodia all’essere umano, può essere la motivazione profonda[26] alla quale allude Papa Francesco. Questo amore per il mondo creato costituirebbe così la ragione teologica che induce alla cura del pianeta come la casa comune e di tutte le persone che lo abitano. Da parte loro, virtù come la povertà cristiana e una carità vissuta con quel cuore universale che san Josemaría predicò e visse farebbero parte di quegli abiti necessari per far fronte al consumismo mediante uno stile di vita semplice ed ecosostenibile[27].

2. La motivazione per la sostenibilità integrale: un amore appassionato per il mondo

Mondo, natura e creazione

Negli scritti di san Josemaría pulsa un amore appassionato per il mondo e per tutte le realtà create. Spesso impiega il termina «mondo» per riferirsi alla cultura, al contributo umano per migliorare la società[28] e il pianeta in generale, e sempre con un approccio positivo[29]. Seguendo Gesù Cristo, il motore delle realizzazioni umane nella società e nella creazione dev’essere l’amore, come appare evidente in questa citazione:

«Ciò che muove il cristiano è l’amore di Dio, che ci è stato manifestato in Cristo e che ci insegna ad amare tutti gli uomini e l’intera creazione»[30].

D’altra parte, il suo amore per la creazione lo porta a dare valore a tutte le realtà create inanimate e a goderne: la terra, l’acqua e l’aria. San Josemaría contempla e coglie in un modo cosmico, in particolare nella Santa Messa, come la creazione e tutti gli esseri viventi danno gloria a Dio:

«Quando celebro la Santa Messa con la sola partecipazione di colui che mi aiuta, anche allora il popolo è presente. Sento accanto a me tutti i cattolici, tutti i credenti e anche quelli che non credono. Sono presenti tutte le creature di Dio – la terra, il cielo, il mare, gli animali e le piante –: la Creazione intera che dà gloria al Signore»[31].

Anche Papa Francesco descrive l’Eucaristia come un atto di amore cosmico nel quale si uniscono il cielo e la terra. Attraverso il pane e il vino, «frutto della terra e del lavoro dell’uomo»[32], il mondo creato da Dio «ritorna a Lui in una felice e piena adorazione»[33]. Ugualmente Benedetto XVI considera questa dimensione dell’Eucaristia come una liturgia cosmica[34]. In questa stessa linea, san Josemaría, dopo aver celebrato la Santa Messa, recitava e raccomandava di recitare l’inno Trium puerorum, nel quale si benedice Dio e gli si dà gloria in unione con tutta la creazione. Derville sottolinea questa pratica di pietà:

«Per questo, dopo aver celebrato l’Eucaristia, il fondatore dell’Opus Dei amava recitare un inno preso dal libro di Daniele (cap. 3) unito al Salmo Laudate (Sal 150), il Trium puerorum o Benedicite, il cui uso risale almeno al terzo secolo. Invita tutta la creazione a benedire il Signore: lo sguardo si rivolge verso il sole, la luna, le stelle; raggiunge l’immensa estensione delle acque; s’innalza sui monti, contempla le più diverse situazioni atmosferiche, passa dal freddo al caldo, dalla luce alle tenebre; considera il mondo minerale e quello vegetale; si sofferma sulle differenti specie animali; culmina nell’uomo»[35].

Benché gli insegnamenti cristiani siano chiari circa il valore delle realtà create, come l’aria, l’acqua, la terra e tutti gli esseri viventi – ogni essere vivo, ogni ecosistema e le realtà inanimate sono in sé stesse un bene intrinseco, indipendentemente dalla loro utilità per l’essere umano –, in Occidente, e come frutto della modernità, si è prodotto un allontanamento tra la persona e il mondo naturale, come se l’uomo e la donna non facessero parte della natura[36]. Si è enfatizzato il fatto che queste realtà create sono delle risorse naturali, ma senza considerare che, indipendentemente dal loro valore strumentale, sono buone in sé stesse e danno gloria a Dio[37].

Legata a questa mancanza di una visione sistematica della natura, della quale l’essere umano fa parte, c’è la percezione della creazione come statica ed estranea, simile a uno «scenario» di un’opera teatrale con la quale non c’è un’interazione reale e vicina. In questa concezione non è possibile scoprire il pianeta come la casa comune di tutti.

Spesso tale posizione si è diffusa tra i cristiani per timore di cadere in un panteismo o in una concezione biocentrista[38], nella quale tutti gli esseri viventi hanno il medesimo valore: il mondo naturale è lo scenario nel quale l’essere umano si destreggia, ma non una realtà della quale fa parte. A san Josemaría, invece, piaceva ricordare le conseguenze teologiche dell’incarnazione di Gesù Cristo e che pertanto non si può avere una concezione spiritualista del mondo.

«Non c’è nulla che sia estraneo alle attenzioni di Cristo. [...] non si può dire che ci siano realtà – buone, nobili, e anche indifferenti – esclusivamente profane: perché il Verbo di Dio ha stabilito la sua dimora in mezzo ai figli degli uomini, ha avuto fame e sete, ha lavorato con le sue mani, ha conosciuto l’amicizia e l’obbedienza, ha sperimentato il dolore e la morte. [...]

«Perché il mondo è buono: il peccato di Adamo ruppe la divina armonia del creato, ma Dio ha inviato suo Figlio unigenito a ristabilire la pace. E così noi, divenuti figli di adozione, possiamo liberare la creazione dal disordine e riconciliare tutte le cose con Dio»[39].

Amare il mondo – e amarlo appassionatamente, perché si sa e si scopre che tutte le realtà create sono buone, e che Dio creatore le ha affidate all’essere umano perché se ne prenda cura (cfr. Gn 1, 26-30) – porta a riconoscere e a rispettare il loro valore intrinseco. Amare il mondo significa, in un contesto di crisi climatica ed ecologica, essere consapevoli che viviamo in un ambiente con risorse limitate, e molte di esse deteriorate, che debbono soddisfare le necessità basilari delle persone, oggi e nel futuro. Pertanto noi cristiani, in quanto cittadini responsabili, dobbiamo preoccuparci delle risorse, sia perché scopriamo il loro valore ontologico, sia perché comprendiamo il loro valore come beni comuni a tutta l’umanità presente e futura.

Dagli insegnamenti di san Josemaría sulla creazione si deduce una concezione universale, e al tempo stesso responsabile, dell’uso delle risorse naturali che nel corso della sua vita si è materializzato in diverse maniere.

Un esempio di economia circolare

Le prime case dedicate alla formazione delle vocazioni all’inizio dell’Opus Dei, o centri di incontro, furono Molinoviejo e Los Rosales, entrambe non lontane da Madrid. Negli anni del dopoguerra spagnolo e con ben poche risorse economiche e umane, la loro gestione è un chiaro esempio di quella che oggi viene chiamata «economia circolare».

L’economia circolare è una nuova tendenza economica che si sviluppa di fronte alle conseguenze del degrado ambientale causato dall’economia lineare. L’economia lineare presuppone che le risorse del pianeta si possano continuare a sfruttare come se fossero illimitate. Le evidenze dell’esaurimento di risorse come i combustibili fossili[40] e le conseguenze del loro utilizzo sul cambiamento del clima[41], insieme all’eccesso di rifiuti e ai problemi che ne derivano, hanno portato al riciclaggio delle risorse, facendo in modo che queste abbiano un utilizzo ciclico. Si passa da una economia lineare, basata sullo sfruttamento continuo delle risorse, sul consumo dei prodotti e sulla produzione di rifiuti, a un’economia circolare, basata sulla riduzione al minimo dello sfruttamento delle risorse (con la consapevolezza che sono scarse) e su un modo di utilizzarle che produca il minimo di rifiuti.

Nel 1945 san Josemaría chiese a Encarnita Ortega e a Paula Gómez di impiantare una fattoria sul terreno della tenuta di Los Rosales, con l’obbiettivo di poter rifornire le case dell’Opera di Madrid. Erano entrambe inesperte, ma la loro fiducia in san Josemaría e la loro generosità le indusse a dedicarsi a questa nuova attività. Nella fattoria c’erano diversi animali, come conigli, maiali e galline, alberi da frutto, un orto e una serra[42].

Questo modello, che ebbe inizio a Los Rosales, fu ripetuto poi in altre case come Molinoviejo a Segovia. In un momento di penuria economica, in pieno dopoguerra spagnolo, riuscivano così ad avere alimenti ricchi di proteine e di vitamine e i rifiuti prodotti in cucina venivano utilizzati come mangime per gli animali della fattoria. San Josemaría diede impulso a questa iniziativa, con l’idea di utilizzare al massimo le risorse e di provvedere ai fedeli dell’Opera e a coloro che partecipavano alle loro attività apostoliche.

Saper discernere nella vita quotidiana

Ma come è possibile applicare i principi dell’economia circolare alla vita di ogni giorno? Non sempre è facile, perché spesso non si avvertono le interconnessioni tra ciò che consumiamo individualmente o collettivamente in energia, beni e servizi, alimentazione e alloggio[43], e le conseguenze sociali o di degrado ecologico che comportano. Papa Francesco insiste in diversi punti della LS sul fatto che tutto è interconnesso[44]. Con la globalizzazione è possibile consumare prodotti come indumenti, dispositivi elettronici, ecc., in luoghi lontani da dove sono state estratte le materie prime e sono state elaborate, e questo rende difficile conoscere la tracciabilità del prodotto e il suo reale impatto sociale e ambientale. Non si avvertono le interdipendenze tra i problemi ambientali e sociali, né – ed è ciò che è più preoccupante – tra questi e il proprio comportamento personale. Questa mancanza di trasparenza o di visibilità può rendere difficile prendere decisioni, ma non esime dall’interrogarsi sulla ripercussione etica delle proprie azioni. Come ricordano Benedetto XVI e Papa Francesco, comprare è un atto morale[45].

«Molti diranno che non sono consapevoli di compiere azioni immorali, perché la distrazione costante ci toglie il coraggio di accorgerci della realtà di un mondo limitato e finito»[46].

L’esempio dell’applicazione di una economia circolare nelle case di Los Rosales eMolinoviejo vuol far constatare che, pur se le protagoniste, Encarnita Ortega e Paula Gómez fra le altre, sicuramente non erano consapevoli che stavano promuovendo la sostenibilità e l’economia circolare, sapevano bene invece che le risorse erano limitate e che ci si doveva preoccupare delle persone. La creatività e lo spirito innovativo di san Josemaría e di quelle prime donne dell’Opera contribuirono a far sì che, in tempi di penuria, si creasse un clima di famiglia a partire dallo sfruttamento massimo delle risorse e dal riciclaggio, che a molti commensali sicuramente passò inosservato.

Dall’universale al particolare

Il riscaldamento globale e altri problemi ambientali sono invisibili e complessi. Non considerarli, o percepirli come problemi giganteschi, induce a pensare che le piccole azioni che può compiere un singolo individuo siano irrilevanti. Ingenuamente si pensa che la tecnica prima o poi troverà una soluzione, quando in realtà la radice dei problemi non è tecnica ma etica.

San Josemaría aveva una visione ottimista del mondo[47] dovuta alla consapevolezza della filiazione divina, che porta a trasformare il mondo dall’interno, ripristinando l’armonia della creazione senza disinteressarsi dei problemi del momento.

«Il modo specifico che hanno i laici di contribuire alla santità e all’apostolato della Chiesa è la loro libera e responsabile azione all’interno delle strutture temporali, nelle quali essi infondono il lievito del messaggio cristiano. La testimonianza di vita cristiana, la parola che illumina nel nome di Dio, l’azione responsabile per servire gli altri contribuendo a risolvere i comuni problemi: ecco come si manifesta questa presenza, attraverso la quale il comune cristiano compie la sua missione divina»[48].

Nella LS Papa Francesco invita ad avere una nuova visione del mondo, più integrale e più sistematica, nella quale il senso umano dell’ecologia si mette in relazione con la cura dell’ambiente e delle persone e porta a cercare «altri modi di intendere l’economia e il progresso»[49]. L’amore appassionato per il mondo può aiutare a contribuire a che beni naturali come l’acqua, i prodotti alimentari e l’energia abbiano una destinazione universale, realizzando un loro uso sostenibile. L’impegno etico con la sostenibilità si fonda, secondo Papa Francesco – e in consonanza con gli insegnamenti sociali della Chiesa –, sulla concezione che si ha di Dio come creatore (cfr. Gn 1, 4.10.12.18.21.25) e della persona umana come essere creato a Sua immagine (cfr.Gn 1, 27), con la precisa vocazione di essere il custode della creazione (cfr. Gn 1, 26-30) come realtà buona e luogo di santificazione.

In definitiva, l’amore appassionato per il mondo, predicato e vissuto da san Josemaría, insieme al valore assoluto di ogni persona, fa parte di una teologia della creazione e possono essere queste le motivazioni profonde che Papa Francesco ritiene indispensabili per la cura della casa comune.

Il comportamento sostenibile presuppone, come propone il Pontefice, una conversione ecologica[50], un cambiamento profondo nel modo di guardare il mondo e di comportarsi. Questa conversione comporta tutta una serie di comportamenti e di virtù morali tra loro interconnessi, che permettano di passare dalla convinzione di doversi prender cura del pianeta all’azione di come metterli in pratica.

3. Virtù e atteggiamenti per una spiritualità ecologica

Abiti che trascendono sé stessi

Come si è accennato in precedenza, san Josemaría, senza arrivare a parlare di sostenibilità o di ecologia nella vita quotidiana, ha praticato e predicato alcune virtù come la povertà cristiana e la laboriosità, e ha trasmesso atteggiamenti di cura e di operosità generosa nel presente, con il pensiero al futuro e al bene altrui, cosa che costituisce ciò che si potrebbe chiamare una spiritualità ecologica o uno stile di vita ecosostenibile.

«La coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini»[51], insiste Papa Francesco, quindi «la sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale»[52].

Queste «nuove abitudini» alle quali fa riferimento il Papa dipendono dalla capacità di autosuperarsi, di non rimanere centrati sul beneficio personale e di agire, sia pure attraverso una gran quantità di piccoli dettagli, pensando al bene degli altri. La morale ecologica dobbiamo viverla tutti noi cristiani, non solo non operando negativamente sull’ambiente con la distruzione e la contaminazione dei grandi ecosistemi (boschi, fiumi, oceani), ma modificando il proprio stile di vita adottando un comportamento sostenibile. Qualunque persona, nella sua attività quotidiana, mediante il consumo di energia, l’acquisto e il consumo di prodotti alimentari, di beni e di servizi, ha un impatto ambientale e, se ama la creazione e le persone, dovrà cercare di far sì che tale impatto sia il minore possibile. La gravità di problemi come il riscaldamento globale e le sue conseguenze sull’aumento della povertà richiede che ogni cittadino e ogni cittadina si pongano il problema di come ridurre al minimo l’impatto negativo e aumentare al massimo la cura della creazione, il che significa prendersi cura delle persone e fare in modo che le risorse naturali siano disponibili per tutti oggi e in futuro. In tal modo, benché apparentemente non vi siano grandi effetti economici, ambientali e sociali, si produce un proprio cambiamento personale – quella «conversione» della quale parlavano san Giovanni Paolo II e il patriarca Bartolomeo I – e si collabora alla diffusione del bene.

«Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo. Tali azioni diffondono un bene nella società che sempre produce frutti al di là di quanto si possa constatare, perché provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente»[53].

L’uso delle cose in san Josemaría

«Secondo me, una manifestazione del nostro sentirci padroni del mondo, amministratori fedeli di Dio, è prenderci cura di ciò che usiamo, facendo in modo che si conservi, che duri, che faccia bella figura, che serva il più a lungo possibile al suo scopo, che non vada a male. Nei centri dell’Opus Dei troverete un arredamento semplice, accogliente, e, soprattutto molta pulizia, perché la povertà di una casa non va confusa con il cattivo gusto e con la sporcizia»[54].

In san Josemaría compaiono atteggiamenti e virtù che portano a curare il creato, gli oggetti materiali e le persone attraverso piccoli atti quotidiani. Queste attitudini alla cura delle cose si materializzano, per esempio – come si può vedere nella citazione precedente –, nel modo di costruire, di ammobiliare, di mantenere e arredare i centri dell’Opus Dei, puntando sempre a farli durare a lungo. San Josemaría lavorava con visione di futuro. Per esempio, non si faceva condizionare dalle scarse risorse o dalle necessità del momento, ma incitava a costruire edifici, come le sedi dei centri di studi a Roma, con l’intenzione di far sì che durassero molto a lungo.

Nello stesso tempo si preoccupava che i centri non fossero luoghi freddi, senz’anima e senza padrone, ma focolari domestici nei quali chi vi abita o chi vi fa visita si possa trovare a suo agio. Non vi è nulla di superfluo, perché ci si prende cura delle cose in modo che durino per le successive generazioni e molte persone se ne possano servire. Seguiva lo stesso orientamento in materia di alimentazione: menù variati, sani, con l’accorgimento, nello stesso tempo, di utilizzare il cibo che avanzava. Inoltre metteva in rilievo altri aspetti, come l’importanza di attenersi a un orario ragionevole, di prevedere tempi per riposare e di prendersi cura della salute.

Questa ecologia della vita quotidiana lo portava a curare ciò che usava, scoprendo la grande importanza delle piccole azioni:

«Ora specifichiamo alcune caratteristiche della vera povertà nella nostra Opera: a) non avere nulla di proprio; b) non tenerci nulla che sia superfluo; c) non lamentarsi quando manca il necessario; d) se si deve scegliere, prendere ciò che è più povero, meno gradevole; e) non rovinare nulla di ciò che usiamo, sia nei nostri centri, sia nei luoghi di lavoro, o da qualsiasi parte; f) far fruttare il tempo»[55].

Papa Francesco riflette sulla difficoltà di mantenere un comportamento sostenibile nelle società consumiste in cui spesso si associa la felicità alla capacità di fare acquisti[56]. Infatti la povertà cristiana e la sobrietà sono direttamente collegate alla cura della casa comune e alla sostenibilità.

«Così dobbiamo anche noi sbrigarcela in mezzo al mondo: come ha fatto nostro Signore. Per dirtela in poche parole, dobbiamo avere i vestiti puliti, il corpo pulito e, soprattutto, pulita l’anima.

«Inoltre – perché non rilevarlo? – il Signore che predica un così meraviglioso distacco dai beni terreni dimostra nel contempo una cura ammirevole di non sprecarli. Dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani, che con tanta generosità servì a sfamare più di cinquemila uomini, disse ai discepoli: “Raccogliete i pezzi avanzati perché nulla vada perduto”. Li raccolsero, e riempirono dodici canestri (Gv 6, 12-13). Se meditate con attenzione tutto questo episodio, imparerete a non essere mai taccagni, ma buoni amministratori dei talenti e dei mezzi materiali da Dio concessi»[57].

Nel messaggio congiunto per la protezione della Creazione scritto da Papa Francesco, dal Patriarca Ecumenico e arcivescovo di Costantinopoli Bartolomeo I e dall’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, si ricorda che il concetto di amministrare con prudenza e generosità i beni ha una origine evangelica e molti santi l’hanno praticato in modo esemplare. L’amministrazione personale e collettiva di ciò che Dio ha affidato alla responsabilità umana dev’essere «un punto di partenza vitale» per la sostenibilità integrale[58].

Inoltre nell’articolo di Derville citato sopra appaiono evidenti le convergenze tra la LS e la vita e la predicazione di san Josemaría nell’aspetto relativo alla necessità di essere buoni amministratori delle risorse evitando gli sprechi[59].

Le “cose piccole” come impegno

La vita cristiana si identifica in san Josemaría con la vita ordinaria, abituale, sapendo scoprire Dio e servire la società attraverso l’impegno nelle cose piccole della giornata[60]. Questo atteggiamento secolare è per lui una manifestazione dell’unità di vita.

Anche nella LS si parla di come le piccole azioni quotidiane incidano a favore dell’ambiente, prendendosi così cura della Terra come casa comune. Papa Francesco ne suggerisce alcune molto concrete:

«…evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili»[61].

Nella misura in cui si comprende meglio la sostenibilità integrale e si è consapevoli, come raccomanda il Papa, del fatto che tutto è interconnesso, si scopre la trascendenza di queste piccole azioni. Così, non è indifferente per la cura del pianeta impiegare materiali monouso (come piatti e posate) o utilizzare energia proveniente da combustibili fossili. Aver cura delle cose che si usano significa anche scegliere quelle che hanno il minore impatto ecologico, e questo non soltanto per un beneficio ambientale, ma anche perché questo presuppone uscire da sé stessi e pensare agli altri.

«L’atteggiamento fondamentale di auto-trascendersi, infrangendo la coscienza isolata e l’autoreferenzialità, è la radice che rende possibile ogni cura per gli altri e per l’ambiente, e fa scaturire la reazione morale di considerare l’impatto provocato da ogni azione e da ogni decisione personale al di fuori di sé. Quando siamo capaci di superare l’individualismo, si può effettivamente produrre uno stile di vita alternativo e diventa possibile un cambiamento rilevante nella società»[62].

Nella spiritualità dell’Opus Dei si cerca di praticare questa cura per le cose piccole, che porta ad autosuperarsi, non pensando soltanto al beneficio personale. I fedeli della Prelatura si sforzano di praticare questa cura senza rendersi conto, in molti casi, che con questo atteggiamento stanno osservando un comportamento sostenibile e incarnando ciò che si potrebbe definire una «spiritualità ecologica».

L’impegno etico attraverso la professione

L’amore appassionato per il mondo e la promozione diretta o indiretta di atteggiamenti e di virtù per la sostenibilità integrale si possono considerare come una spiritualità ecologica[63] o come una motivazione invisibile di san Josemaría, che facilita la cura della casa comune, che è la Terra, e di tutte le persone che la abitano. Nell’enciclica LS Papa Francesco parla del dovere morale di avere un comportamento sostenibile, curando la creazione e ogni persona, facendo un uso responsabile e solidale dei beni naturali.

All’inizio dell’enciclica il Papa sostiene che per i cristiani «nulla di questo mondo è indifferente»[64] e san Josemaría invita a santificare il lavoro contribuendo con ciò non solo alla propria santità ma anche al miglioramento della società. Ogni cittadino, ma soprattutto i cristiani che hanno ricevuto una chiamata alla santità in mezzo al mondo – come è il caso dei fedeli dell’Opus Dei – debbono contribuire, attraverso la propria attività professionale e ogni loro occupazione, a far sì che la creazione si riconcili con il Creatore[65]. Di fronte alle crisi dei nostri giorni, come è quella climatica, non è possibile cedere alla tentazione di isolarsi per non farsi contaminare, fuggire o rimanere al margine, come se il mondo non fosse qualcosa di proprio, la casa comune di tutti. Noi cristiani dobbiamo impegnarci a risolvere i problemi contemporanei e l’attuale crisi ecologica è una opportunità per prendersi cura del pianeta proprio perché è la casa comune, in collaborazione con molte persone di buona volontà.

«Non vogliamo andarcene dal mondo. Non vogliamo accorciare i giorni, anche se diventano molto lunghi, anche se vediamo che coloro che ne hanno il potere non purificano le acque e contribuiscono a contaminare i fiumi, a gettare sostanze nocive nei grandi mari, che non riescono a liberarsene [...].

«Questo, figli miei, è ciò che a nome vostro e mio chiedo molte volte al Signore. Che questo mondo che Egli ha fatto, e che noi uomini stiamo rovinando, torni a essere uguale a quando è uscito dalle sue mani: bello, senza corruzione, un’anticamera del Paradiso»[66].

Guardando al futuro

La situazione di crisi climatica comporta un richiamo alla responsabilità etica personale e collettiva. Non si tratta esclusivamente di un ambito di decisioni politiche, benché di fatto questo abbia costretto molti governi a dichiarare lo stato di emergenza climatica[67]. In questa linea sono anche gli impegni climatici di molte religioni o gli impegni interreligiosi a prendersi cura del clima.

«Ci impegniamo ad agire, a cambiare le nostre abitudini, le nostre scelte, e la maniera di vedere il mondo [...], a conservare le risorse limitate della nostra casa comune, il pianeta Terra, e a conservare le condizioni climatiche dalle quali dipende la vita»[68].

Nel sesto Rapporto sulla crisi climatica pubblicato nell’aprile del 2022 dal Gruppo Intergovernativo di esperti dei Cambiamenti Climatici (IPCC)[69] si afferma che, anche se le emissioni di gas a effetto serra di origine antropogenica continuano ad aumentare, se i Paesi si attenessero a quanto concordato nei summit sul clima, si potrebbe frenare l’aumento della temperatura globale, evitando di arrivare a un aumento, in media, di 2 gradi centigradi. Il riscaldamento globale sta provocando l’aumento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani, tormente tropicali più intense e più frequenti, uragani e aridità estreme, cose che comportano la distruzione di certi ecosistemi e l’aumento della miseria umana. La metà della vita del pianeta si trova in una fase di «rischio elevato» dovuto alla crisi climatica, e questo riguarda maggiormente i Paesi più poveri, che sono quelli meno responsabili del riscaldamento globale. La gravità della crisi climatica, alla quale si è aggiunta la crisi sanitaria dovuta al Covid-19, ci ha dimostrato che tutti noi esseri umani siamo vulnerabili e interdipendenti. Queste crisi ci impongono di pensare al bene comune[70] guardando al futuro.

Papa Francesco ha dato impulso a diverse iniziative della Santa Sede e, come Capo di Stato, si è mostrato interessato a partecipare al summit sul clima dei Paesi aderenti alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, la COP26[71] (Glasgow, 1-12 novembre 2021)[72]. Vuole mostrare il suo impegno a far sì che i governi prendano misure urgenti per frenare il riscaldamento globale e ottenere la neutralità climatica entro il 2050.

Conclusione

Negli insegnamenti di san Josemaría c’è un’esplicita concezione del mondo e di tutte le realtà materiali create come qualcosa di buono «perché è uscito dalle mani di Dio, perché è creatura sua, perché Jahvè lo guardò e vide che era buono»[73], e questa visione positiva porta ad amare il mondo appassionatamente e a impegnarsi a migliorarlo. Il mondo come creazione, insieme con il dovere di custodirlo con «sapienza e amore»[74], e il riconoscimento che ogni persona ha un valore assoluto ed è soggetto di diritti fondamentali, costituiscono il fondamento teologico o il motivo soprannaturale per prendersi cura del mondo in quanto casa comune.

D’altra parte, nella spiritualità dell’Opus Dei, nelle abitudini e nei modi di fare che praticano i suoi fedeli, c’è una motivazione spirituale di san Josemaría all’attenzione e allo zelo nei confronti delle persone, come anche alla conservazione dei beni materiali. Come si è dimostrato in questo articolo, tali atteggiamenti coincidono con la proposta di Papa Francesco di sviluppare una «cultura della cura»[75]. Nella vita di ogni giorno essa si manifesta nella cura delle persone, delle case, dei beni che si utilizzano, dell’ambiente e anche dei menù, e arriva fino a quelle che san Josemaría chiamava «cose piccole», vale a dire quei dettagli che possono sembrare insignificanti, ma che sono proprio l’espressione della cura, e non l’indifferenza. Tutti questi atti si potrebbero qualificare come atti di promozione di una vita semplice, sostenibile e sana.

L’amore appassionato e impegnato per il mondo, e gli atteggiamenti di cura e i comportamenti che san Josemaría ha lasciato in eredità ai suoi figli e alle sue figlie, sono, a mio avviso, una sorta di legato spirituale invisibile, o una parte dei percorsi pedagogici[76] che Papa Francesco propone di sviluppare per generare una nuova cultura ecologica. Ma questa non è una sfida facile, perché comporta il fatto di presentare come valori la passione per la cura[77], la solidarietà e la sobrietà in una società individualista e materialista.

Per la conversione ecologica si richiede un cambiamento di mentalità, e questo presuppone un modo nuovo di guardare le cose, una visione più complessiva che coglie le interdipendenze tra il proprio comportamento e il resto del pianeta. Si tratta di saper guardare la realtà come creazione, e pertanto come dono e regalo. In definitiva, questo modo nuovo di guardare richiede che si lavori per acquistare una visione più planetaria, più rispettosa e più riconoscente.

La conversione verso questo modo di porsi di fronte al mondo non si riduce però alla sola visione, ma esige un comportamento virtuoso. Un comportamento nel quale ogni decisione (modo di alimentarsi, di spostarsi, di vestire o di consumare energia) tenga conto che si sta consumando una parte della casa comune di tutti e che, pertanto, è una responsabilità personale quella di produrre o consumare pensando che le risorse devono bastare per tutti oggi e per le generazioni che verranno. Questo comportamento, che in una chiave di sostenibilità si potrebbe qualificare come le azioni tendenti a ridurre le conseguenze ecologiche, in termini di ascetismo cristiano si può definire come sobrietà e solidarietà. Occorre perciò valutare l’impatto che le proprie azioni hanno sul pianeta o casa comune e, pertanto, dare importanza alle abitudini quotidiane: evitare l’uso della plastica, ridurre i rifiuti e, se si producono, riciclarli[78], diminuire le emissioni di gas a effetto serra, ecc. Queste azioni richiedono un allenamento alla virtù, dato che aiutano a curare il creato.

L’impegno etico per la sostenibilità si adatta perfettamente al legato spirituale di san Josemaría per la cura della casa comune. In questo momento di crisi globale – ecologica ed economica – il Magistero di Papa Francesco, in continuità con i suoi predecessori, ci ricorda: «Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia»[79]. Questa nuova antropologia che il Papa auspica si basa sul sapersi figli e figlie di Dio, fratelli di tutta la famiglia umana[80], in un mondo che siamo chiamati ad amareappassionatamente e a curare come la casa comune di tutti.

[1] Cfr. Andrés Vázquez de Prada, Il Fondatore dell’Opus Dei. I cammini divini della terra, Leonardo International, Milano, 2004, vol. III, p. 588, nota n. 79, nella quale si cita un brano di una lettera diretta a M. Gómez Padrós.

[2] Nel 1983, per incarico dell’allora segretario generale dell’ONU Pérez de Cuellar, Gro Harlem Brundtland (primo ministro norvegese) organizzò e diresse la Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo. Questa commissione elaborò il Rapporto Il nostro futuro comune, conosciuto comeRapporto Brundtland.

[3] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 211.

[4] Cfr. Idem.

[5] Comisión Mundial del Medio Ambiente e del Desarrollo, Nuestro Futuro Común, Alianza, Madrid, 1988, p. 67.

[6] In questa Nota la Santa Sede esprime riserve esplicite in riferimento a due delle 169 azioni proposte dalle Nazioni Unite (più precisamente, i nn. 3.7 e 5.6) e fornisce, in base a un’antropologia trascendente, un’ampia argomentazione sull’interpretazione adeguata di alcuni concetti usati nell’Agenda. Cfr. Osservatorio Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, Nota della Santa Sede nel primo anniversario della adozione degli Obbiettivi dello Sviluppo Sostenibile (25-IX-2016), in https://www.caritasjaen.es/mai...ón-de-los-Objetivos-de-Desarrollo-Sostenible.pdf

[7] Cfr. Organizzazione delle Nazioni Unite, Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, 2015.

[8] Cfr. soprattutto le encicliche di San Giovanni Paolo II (Redemptor hominis, 1979, n. 8; Sollicitudo rei socialis, 1987, nn. 28, 30 e 37; Centesimus annus, 1991, nn. 36-39; Evangelium vitae, 1995, nn. 22, 44 e 98), e inoltre l’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, 2009, nn. 43-52.

[9] Specialmente nell’articolo dedicato al settimo comandamento.

[10] Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, 2005, cap. 10: “Salvaguardare l’ambiente”, nn. 251-487.

[11] Cfr. San Giovanni Paolo II, Pace con Dio creatore. Pace con tutta la creazione, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1990, 8-XII-1989.

[12] Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1990 san Giovanni Paolo II non impiega l’aggettivo “ecologica” quando si riferisce a una conversione che richiede un cambiamento di mentalità e di comportamento, come invece fa altre volte: «Occorre, perciò, stimolare e sostenere la “conversione ecologica”, che in questi ultimi decenni ha reso l’umanità più sensibile nei confronti della catastrofe verso la quale si stava incamminando. L’uomo, non più “ministro” del Creatore ma despota autonomo, sta comprendendo di doversi finalmente arrestare davanti al baratro [...]. Non è in gioco solo una ecologia “fisica” [...], ma anche un’ecologia “umana” che renda più dignitosa l’esistenza delle creature, proteggendone il bene radicale della vita in tutte le sue manifestazioni e preparando alle future generazioni un ambiente che si avvicini di più al progetto del Creatore» (San Giovanni Paolo II, Udienza generale, 17-I-2001).

[13] Cfr. Benedetto XVI, Se vuoi promuovere la pace, proteggi la creazione, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2010, 8-XII-2009.

[14] La conversione presuppone un cambiamento interiore di cuore che si traduce in un cambiamento di stile di vita, in vista di un comportamento più sostenibile. Cfr. San Giovanni Paolo II e Bartolomeo I, Firma della “Dichiarazione di Venezia”. Dichiarazione congiunta del Santo Padre Giovanni Paolo II e Sua Santità Bartolomeo I, 10-VI-2002. La sottolineatura di “conversione” è nel testo originale.

[15] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 211.

[16] Cfr. Ibidem, n. 209.

[17] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 50.

[18] Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, 2005, nn. 26 e 113.

[19] Cfr. Ibidem, nn. 255-256, 460 e 462.

[20] Cfr. Ibidem, nn. 4 e 35-37.

[21] Cfr. Ibidem, nn. 466, 467, 482 e 484.

[22] Cfr. Guillaume Derville, «“Cittadini sulla terra come in cielo?”. Un approccio all’enciclica Laudato si’ e al messaggio di Josemaría Escrivá», Romana, 60 (2015).

[23] Cfr. Rafael Hernández Urigüen, Juego, ecología y trabajo. Tres temas teológicos desde las enseñanzas de san Josemaría Escrivá, Eunsa, Pamplona, 2011, pp. 26-90.

[24] Cfr. Guillaume Derville, «“Cittadini sulla terra come in cielo?”. Un approccio all’enciclica Laudato si’ e al messaggio di Josemaría Escrivá», Romana, 60 (2015).

[25] Idem.

[26] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 211.

[27] Cfr. Papa Francesco, Uno stile di vita ecosostenibile (1-IX-2021), https://www.youtube.com/watch?...

[28] Questo approccio è quello impiegato nell’omelia pronunciata nel Campus dell’Università di Navarra l’8-X-1967 e che ha per titolo “Amare il mondo appassionatamente”, Cfr. San Josemaría, Conversaciones, n. 114a, Edición crítico-histórica preparada bajo la dirección de José Luis Illanes, Rialp, Madrid, 2012.

[29] Si distingue da altre accezioni del termine “mondo” che si impiegavano spesso nel contesto teologico spirituale contemporaneo a san Josemaría, quando ci si riferiva all’espressione “il mondo, il demonio e la carne”, considerando il mondo come una realtà mondana lontana da Dio. Cfr. José Luis Illanes, “Mundo” in César Izquierdo (dir.), Diccionario de Teología, Eunsa Pamplona, pp. 714-719.

[30] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 59.

[31] San Josemaría, La Chiesa nostra Madre, n. 44.

[32] Offertorio della Santa Messa. Liturgia eucaristica.

[33] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 236.

[34] Nella Laudato si’ si sviluppa quella visione cosmica dei sacramenti che è il filo conduttore delle parole pronunciate da Benedetto XVI: «La creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le sante nozze, verso l’unificazione con il Creatore stesso», Benedetto XVI, Omelia nella Messa del Corpus Christi, 15-VI-2006.

[35] Guillaume Derville, “San Josemaría y el amor a la creación”, 18-VI-2015, pubblicato nel web dell’Opus Dei: https://opusdei.org/es/article...

[36] La concezione dualista tra l’essere umano e la natura non proviene tanto dal cristianesimo, quanto dalla filosofia cartesiana, diffusa soprattutto nel mondo anglosassone, Paesi in maggioranza di radici cristiane. Cfr. Joshtrom Isaac Kureethadam,René Descartes and the philosophical roots of the ecological crisis, Pontificia Università Gregoriana, Roma, 2007.

[37] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 69, dove il Pontefice ricorda la bontà intrinseca di ogni creatura che dà gloria a Dio e mette in guardia dal pericolo di cadere in un antropocentrismo dispotico come prevenzione dal biocentrismo.

[38] Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 463.

[39] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 112.

[40] Cfr. Shahriar Shafiee - Erkan Topal, “When will fossil fuel reserves be diminished?”, Energy policy 37.1, pp. 181-189, 2009.

[41] Cfr. IPCC, P.R. Shukla e altri (eds.), “Resunen para responsables de políticas”, in: El cambio climático y la tierra: Informe especial del IPCC sobre el cambio climático, la desertificación, la degradación de las tierras, la gestión sostenible de las tierras, la seguridad alimentaria y los flujos de gases de efecto invernadero en los ecosistemas terrestres, 2019.

[42] Cfr. Mercedes Montero, “La formación de las primeras mujeres del Opus Dei (1945-1950)”, in Studia et Documenta, rivista dell’Istituto Storico San Josemaría Escrivá, 2020, pp. 119, 126-127 e 141.

[43] Queste sono le frazioni del tracciato ecologico o tracciato del carbonio che misura l’impatto delle azioni individuali e collettive sul pianeta. Attraverso l’osservatorio della CO2 della Cattedra di Etica Ambientale dell’Università di Alcalá (Spagna) si può calcolare il tracciato del carbonio. Lo stesso calcolo è in grado di suggerire i cambiamenti da adottare per avere un comportamento più sostenibile: https://huellaco2.org/tuhuella...

[44] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), nn. 16, 117, 138, 220 e 240.

[45] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 206 e Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29-IX-2009), n. 66.

[46] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 56.

[47] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 183.

[48] San Josemaría, Colloqui, n. 59.

[49] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 16.

[50] Cfr. Ibidem, nn. 216-221.

[51] Ibidem, n. 209.

[52] Ibidem, n. 13.

[53] Ibidem, n. 212.

[54] San Josemaría, Amici di Dio, n. 122.

[55] Javier Echevarría - Salvador Bernal, Memoria del Beato Josemaría Escrivá. Entrevista con Salvador Bernal, Rialp, Madrid, 2000, p. 319.

[56] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 203.

[57] San Josemaría, Amici di Dio, n. 121.

[58] Cfr. Papa Francesco, Bartolomeo I e Justin Welby, Messaggio congiunto per la protezione della Creazione del Santo Padre Francesco, Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico e arcivescovo di Costantinopoli, e Sua Grazia Justin Welby, arcivescovo di Canterbury (7-IX-2021). Disponibile in: https://press.vatican.va/conte...

[59] Cfr. Guillaume Derville, «“Cittadini sulla terra come in cielo?”. Un approccio all’enciclica Laudato si’ e al messaggio di Josemaría Escrivá», Romana, 60 (2015).

[60] Cfr. San Josemaría, Amici di Dio, n. 312.

[61] Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 211.

[62] Ibidem, n. 208.

[63] Cfr. Ibidem, n. 202.

[64] Ibidem, n. 3.

[65] Cfr. Ibidem, n. 218.

[66] Andrés Vázquez de Prada, Il fondatore dell’Opus Dei, vol. III, Leonardo International, Milano, 2004, p. 588. San Josemaría impiegava l’immagine della contaminazione come metafora per riferirsi alla contaminazione che produce il peccato nella vita della Chiesa e nella società umana. Invitava a non disinteressarsi dei problemi dell’oggi, cercando invece di risolverli, senza cadere nella tentazione di volersene andare dal mondo.

[67] Per esempio, cfr. Governo della Spagna: https://www.miteco.gob.es/es/p...ática-/tcm:30-506550

[68] Interfaith Declaration on Climate Change, 2015. Disponibile in: idcc-spanish (interfaithdeclaration.org)

[69] Working Group III contribution to the IPCC sixth assessment report (AR6). Climate Change 2022: Mitigation of Climate Change. https://report.ipcc.ch/ar6wg3/...

[70] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 201.

[71] Cfr. https://www.aciprensa.com/noti...

[72] Cfr. https://ukcop26.org/

[73] San Josemaría, Colloqui, n. 114.

[74] Nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1990 san Giovanni Paolo II ricordava che la cooperazione dell’uomo e della donna nella creazione deve essere fatta al modo di Dio, cioè con sapienza e amore. Cfr. San Giovanni Paolo II, Pace con Dio creatore.Pace con tutta la creazione, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 8-XII-1989.

[75] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), nn. 10, 14, 64, 70, 179 e 201; Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2021: La cultura della cura come cammino di pace, 8-XII-2020.

[76] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Laudato si’. Sulla cura della casa comune (24-V-2015), n. 210.

[77] Cfr. Ibidem, n. 216.

[78] Cfr. Ibidem, n. 211.

[79] Ibidem, n. 118.

[80] Cfr. Papa Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3-X-2020).

Romana, n. 74, Gennaio-Giugno 2022, p. 125-143.

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