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Omelia pronunciata durante la Santa Messa concelebrata a Roma, nella Basilica di Sant’Eugenio, all’indomani dell’ordinazione episcopale (7-I-1995).

1. Ieri, solennità dell’Epifania, il Santo Padre Giovanni Paolo II si è degnato di conferirmi l’ordinazione episcopale. Mentre, nel corso della cerimonia, egli chiedeva al Signore per i nuovi Vescovi la grazia di pascere il suo santo gregge, e di compiere in modo irreprensibile la missione del sommo sacerdozio[1], in modo immediato e vivissimo è tornato alla mia memoria il ricordo del Fondatore dell’Opus Dei, che seppe incarnare con perfezione tangibile la figura del buon Pastore, descritta da Gesù nel Vangelo con tratti incancellabili.

Quattro anni prima, nella medesima Basilica di San Pietro, il Papa aveva consacrato Vescovo il mio indimenticabile predecessore, Mons. Álvaro del Portillo. Anche la sua immagine di Padre sollecito e forte mi era viva e presente nel cuore in quei momenti: nel corso dei diciannove anni in cui egli guidò l’Opus Dei, infatti, fu per tutti i fedeli della Prelatura il Pastore, il cui unico pensiero era costituito dall’impegno di provvedere al bene delle anime che gli erano state affidate. In ogni istante io supplico il Beato Josemaría e don Álvaro di intercedere per me dinanzi al trono di Dio, affinché il Signore conceda anche a me un cuore grande come il loro, il cuore del buon Pastore.

2. Il sacramento dell’Ordine, mediante l’unzione dello Spirito Santo, configura coloro che lo ricevono con Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote, Capo del Corpo Mistico. Ed i Vescovi, «figura del Padre» nella Chiesa, come osserva Sant’Ignazio di Antiochia[2], sono «costituiti dallo Spirito Santo, che è stato loro donato, come veri ed autentici maestri della fede, pontefici e pastori»[3], e rendono presente Gesù Cristo, Pastore supremo delle anime[4], nel popolo assegnato alle loro cure.

Nell’omelia della Messa con cui, nel 1991, inaugurò il proprio ministero episcopale, Mons. Álvaro del Portillo disse che «l’ordinazione episcopale del Prelato dell’Opus Dei significa un gran bene per la Prelatura dell’Opus Dei e, nel contempo, un nuovo attestato da parte della Santa Sede sulla sua natura giuridica quale struttura giurisdizionale nella Chiesa»[5]. I quattro anni trascorsi hanno confermato la profonda verità di queste parole. L’ordinazione episcopale inserisce il Prelato nel Collegio episcopale, che succede al Collegio degli Apostoli cum Petro et sub Petro[6]; in tal modo essa non solo rafforza sacramentalmente l’unione del Prelato con il Papa e con i Vescovi, ma rende ancora più saldo e profondo il legame di comunione che stringe la pastorale della Prelatura con quella delle Chiese locali, al servizio delle anime.

3. Per pascere il gregge di Cristo bisogna servire le anime in completa abnegazione, secondo l’esempio di Cristo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti[7]. Sant’Agostino lo ribadisce in uno dei suo sermoni: «Colui che presiede un popolo —scrive— deve anzitutto ricordare di essere servo di molti. E ciò non va interpretato come un disonore (...), perché neppure il Signore dei signori disdegnò di farsi nostro servitore»[8]. E il Concilio Vaticano II, nel decreto sul ministero pastorale dei Vescovi, ammonisce: «Nell’esercizio del loro ufficio di padri e di pastori, i Vescovi in mezzo ai loro fedeli si comportino come coloro che prestano servizio (cfr. Lc 22, 26-27); come buoni pastori che conoscono le loro pecorelle e sono da esse conosciuti; come veri padri che eccellono per il loro spirito di carità e di zelo verso tutti; di modo che tutti ben volentieri si sottomettano alla loro autorità, ricevuta da Dio. Raccolgano intorno a sé l’intera famiglia del loro gregge, e diano ad essa una tale formazione che tutti, consapevoli dei loro doveri, vivano ed operino in comunione di carità»[9].

Nel corso dei venticinque anni in cui ho avuto l’immensa fortuna —autentica grazia di Dio— di vivere accanto al Fondatore dell’Opus Dei, sono stato testimone oculare ed assiduo del suo eroico spirito di servizio a tutte le anime e, specialmente, a quelle che il Signore gli aveva affidato. Ho visto plasmarsi in modo pieno ed eloquente nella sua vita l’insegnamento evangelico; l’ho visto dare la vita per le sue pecorelle[10], giorno dopo giorno e sempre col sorriso sulle labbra.

Le parole che egli fece scolpire sulla cattedra di quella che ora è la Chiesa prelatizia dell’Opus Dei sono una sintesi delle caratteristiche che debbono ispirare la missione del buon Pastore di questa porzione del Popolo di Dio che è la Prelatura e, allo stesso tempo, sono il ritratto compiuto dell’esempio lasciatoci dal Beato Josemaría e da don Álvaro. Con espressioni tratte dallo Ius particulare dell’Opera vi si dice che il Prelato deve essere «maestro e Padre per tutti i fedeli della Prelatura; li ami tutti veramente nel cuore di Cristo; tutti istruisca e protegga con affettuosa carità; doni se stesso generosamente in favore di tutti e sempre più sacrifichi se stesso con gioia»[11].

Vi supplico di pregare per me la Santissima Trinità, ricorrendo all’intercessione del Beato Josemaría, affinché anch’io riesca, per l’intero arco del mio servizio pastorale alla guida dell’Opus Dei, ad incarnare queste parole del nostro carissimo Padre.

4. Nei giorni scorsi abbiamo contemplato con profondo stupore l’admirabile commercium[12], il mirabile scambio verificatosi con l’Incarnazione del Figlio di Dio: il Verbo assume la natura umana, diventa Uomo perfetto pur senza cessare di essere Dio, dandoci così la possibilità di divenire partecipi della natura divina e, in questo modo, senza cessare a nostra volta di essere molto umani, veniamo elevati alla dignità dei figli di Dio. Non è possibile neppure immaginare una grazia più grande di questa, salvo quella, davvero incomparabile, della maternità divina di Maria, prerogativa esclusiva della Santissima Vergine.

Perciò, pur essendo così alta la dignità connessa con il ministero episcopale, è molto più grande quella che compete a tutti i fedeli cristiani in virtù del fatto —semplice e meraviglioso— di essere stati rigenerati nel Battesimo. Come recita la celebre ed espressiva formula di Sant’Agostino, «vobis enim sum episcopus, vobiscum sum christianus. Illud est nomen suscepti officii, hoc gratiæ»[13]: per voi sono Vescovo, con voi sono cristiano; quello è il nome dell’ufficio che ho ricevuto, questo è il nome della grazia.

5. Hemos escuchado en el relato evangélico que, cuando se bautizaba todo el pueblo, y Jesús, habiendo sido bautizado, estaba en oración, sucedió que se abrió el cielo, y bajó el Espíritu Santo sobre Él en forma corporal, como una paloma, y se oyó una voz que venía del cielo: “Tú eres mi Hijo, el Amado, en ti me he complacido”[14].

Sólo después de su resurrección gloriosa iba a promulgar Jesucristo la necesidad de recibir el Bautismo, pero ya ahora quiere indicarnos sus efectos sobrenaturales. La manifestación de la Santísima Trinidad que nos refiere el Evangelio es prototipo e imagen de lo que sucede en las almas que reciben las aguas purificadoras. Dios Padre proclama que Jesús es su Hijo muy amado, el único Mediador capaz, por ser Dios y Hombre, de unir la tierra con el Cielo. Y el Paráclito, con su presencia visible, testimonia la verdad de las palabras del Padre y hace manifiesta la unción sacerdotal, profética y real que la Humanidad Santísima de Jesucristo había recibido en el momento mismo de la Encarnación.

También nosotros, en el Bautismo, hemos acogido en nuestras almas al Paráclito y, con Él, al Padre y al Hijo. Al convertirnos en templo santo de la Trinidad divina, hemos sido elevados a la inmensa dignidad de hijos de Dios y hechos partícipes de la misión de Jesucristo. De ahí arranca la llamada perentoria que el Señor hace a todos los cristianos para ser santos como lo es el Padre celestial[15]; ahí tiene su origen el deber de contribuir, cada uno en la medida de sus fuerzas, a la extensión del Reino de Cristo por medio del apostolado personal.

Hermanas y hermanos míos, hijas e hijos que me escucháis. Permitid que os pregunte y me pregunte, para que cada uno se responda en la intimidad de su corazón, si estas verdades basilares de la fe cristiana han calado profundamente en nuestras almas. ¿Buscamos la compañía y el trato amistoso con ese Dios escondido que habita dentro de cada uno de nosotros por la gracia? ¿Tratamos de corresponder a su amor con amor? ¿Tenemos deseos eficaces de purificación interior, de modo que el Señor se encuentre a gusto en nuestros corazones? ¿Experimentamos la necesidad de acudir al sacramento del perdón, siempre que nuestra alma lo necesite? ¿Nos preparamos cuidadosamente para acoger a Jesús cuando lo recibimos en el sacramento de la Eucaristía? ¿Tenemos hambre y sed de que nuestros parientes, amigos y conocidos estén muy cerca del Señor? ¿Buscamos la ocasión oportuna para hablarles de Dios?

6. Me dirijo ahora de modo especial a los fieles de la Prelatura del Opus Dei —hombres y mujeres, laicos y sacerdotes— que asistís a esta Santa Misa y a los que, esparcidos por todo el mundo, se encuentran muy unidos a nosotros en estos momentos.

Hijas e hijos míos, querría hablar largamente con cada una y cada uno de vosotros, «en confidencia de amigo, de hermano, de padre»[16]. Todo lo que me gustaría deciros se puede resumir en aquella palabra que estaba constantemente en labios de don Álvaro: fidelidad. ¡Que seáis muy fieles al Señor, a la Iglesia, a la Obra! «De que tú y yo nos portemos como Dios quiere —no lo olvides— dependen muchas cosas grandes»[17].

Me gusta recordaros que —como nos decía don Álvaro—, lejos de quedar relegados al archivo de la historia con el transcurrir de los años, los tiempos de nuestro Padre son y serán siempre actuales. Habrán de tener permanente actualidad, no sólo porque será siempre elocuente su ejemplo y su enseñanza, vivo su espíritu y eficacísima su intercesión desde el Cielo, sino además porque hemos de corresponder a la vocación cristiana en la Obra con la plenitud y la santa urgencia de nuestro Fundador.

Tened mucho sentido de responsabilidad, hijas e hijos míos: la Obra está ahora especialmente en nuestras manos. No penséis nunca que vuestra cooperación a la tarea apostólica es pequeña o de poca monta: colaboráis muchísimo al empeñaros de verdad en ser Opus Dei y en hacer el Opus Dei, al tratar de conducir a Dios todas las ocupaciones y circunstancias de vuestra existencia. Mirando las cosas con ojos humanos, podría parecer que la aportación de cada uno es como un hilillo insignificante, en ese hermoso tejido que la Prelatura trata de ofrecer al Señor en cada jornada. Pero, como nos decía nuestro Fundador, si ese hilillo se suelta, podría comenzar a deshacerse el tapiz maravilloso que el Señor espera de nosotros cada día[18]. Tened siempre presente, hijas e hijos míos, que Dios cuenta con nuestra colaboración esforzada y generosa, unida a la de muchos otros cristianos, para poner a Cristo en la cima de las actividades humanas, en los umbrales del nuevo milenio y en los años venideros.

También yo os necesito, hijas e hijos míos. Por eso os pido que recéis mucho por mí, para que sepa conducir el Opus Dei por los caminos señalados por nuestro amadísimo Padre, con la misma fidelidad con que gobernó la Obra don Álvaro.

7. El Apóstol San Juan, en una de sus epístolas, afirma: me alegré mucho cuando vinieron unos hermanos y dieron testimonio de tu fidelidad, de que caminas en la verdad. No hay para mí mayor alegría que oír que mis hijos caminan en la verdad[19]. También yo os repito lo mismo: el apoyo más firme que podéis ofrecerme consiste en que manifestéis la verdad de vuestro amor a Dios y a las almas en la lucha cotidiana para ser santos y para empujar a vuestros parientes, amigos y compañeros por las sendas del amor divino.

De los primeros cristianos afirma la Sagrada Escritura que, por la acción del Espíritu Santo, vivían cor unum et anima una[20], estrechamente unidos unos a otros, con unidad de voluntades y de corazones. Así, por la gracia de Dios, debemos permanecer siempre nosotros: ¡vamos a recorrer todos juntos esta senda que el Señor ha abierto en la tierra, y procuremos que sean muchas las personas que descubran a Dios y se enamoren de Él! Millones de hombres y de mujeres esperan conocer, en todo el mundo, la buena nueva de que Dios los llama a ser santos —a ser y sentirse Iglesia, Cuerpo Místico de Cristo, colaborando con Él activamente en la aplicación de los frutos de la Redención—, sin salirse del lugar donde los ha colocado la Providencia divina: en su trabajo profesional, en su familia, en sus circunstancias personales. La misión que el Señor nos confía es gigantesca; por eso hemos de acudir constantemente a Él en demanda de ayuda. Sólo de este modo la llevaremos a cabo.

No puedo dejar de dar gracias a mis padres, como doy gracias a los padres de todas las mujeres y de todos los hombres del Opus Dei; y doy gracias a mis hermanos, a mi familia y a vuestras familias. Queredlas, y decidles que nos quieran: no hacemos más que cumplir unos y otros nuestro deber, insistía nuestro Padre. Ayudadnos y sentíos queridos y ayudados.

8. I testi liturgici della solennità dell’Epifania[21] commemorano la triplice manifestazione di Cristo. L’adorazione dei Magi, primizie della gentilità, ce lo presenta come Salvatore di tutti gli uomini; nel Giordano, dinanzi a Giovanni Battista e al popolo ebreo, Egli ci appare come Figlio di Dio e Messia di Israele; nelle nozze di Cana, con il prodigio della trasformazione dell’acqua in vino, consolida la fede dei discepoli[22].

Gesù operò questo miracolo, il primo da lui compiuto sulla terra, cedendo alle invocazioni della Madonna. Maria, non dimentichiamolo, è l’Onnipotenza supplice. Consapevole della nostra indigenza, ricorriamo anche noi a Colei che è nostra Madre e chiediamole di intercedere a nostro favore, come a Cana di Galilea, affinché il suo divino Figlio, servendosi di ciascuno di noi, trasformi l’acqua delle attività terrene in vino di santità. E così una moltitudine innumerevole di anime saprà incontrare Dio nelle circostanze quotidiane della vita, molti uomini e molte donne —in numero sempre crescente— porteranno lo spirito di Cristo in tutti gli ambienti nei quali svolgono il proprio lavoro. Così sia.

[1] Ordinazione dei Vescovi, Preghiera di consacrazione.

[2] Sant’Ignazio di Antiochia, Epistola ad Trallianos, III, 1: cfr. Epistola ad Magnesios, III, 1.

[3] Concilio Vaticano II, decr. Christus Dominus, n. 2.

[4] Cfr. 1 Pe 2, 25.

[5] Mons. Alvaro del Portillo, Omelia, 7-I-1991.

[6] Cfr. Concilio Vaticano II, decr. Christus Dominus, n. 2.

[7] Mt 20, 28.

[8] Sant’Agostino, Sermo 340 A, 1: PLS 2, 637.

[9] Concilio Vaticano II, decr. Christus Dominus, n. 16.

[10] Cfr. Gv 10, 11.

[11] Statuta, n. 132, § 3.

[12] Solennità di Santa Maria Madre di Dio, Ant. 1 dei primi Vespri.

[13] Sant’Agostino, Sermo 340, 1: PL 38, 1483.

[14] Ev. (Lc 3, 21-22).

[15] Cfr. Mt 5, 48.

[16] Beato Josemaría Escrivá, Camino, Prólogo del autor.

[17] Beato Josemaría Escrivá, Camino, n. 755.

[18] Cfr. Beato Josemaría Escrivá, Forja, n. 2.

[19] 3 Jn 3-4.

[20] Act 4, 32.

[21] Cfr. Epifania del Signore, Inno dei secondi Vespri.

[22] Cfr. Gv 2, 11.

Romana, n. 20, Gennaio-Giugno 1995, p. 136-140.

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