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Omelia del Prelato pronunciata nella solenne concelebrazione eucaristica svoltasi a Roma, nella Basilica di Sant’Eugenio, nella memoria liturgica del Beato Josemaría (26-VI-1995).

Carissimi fratelli e sorelle, figlie e figli miei amatissimi,

nell’odierna celebrazione eucaristica —azione di grazie e sacrificio che Cristo, insieme al suo mistico corpo che è la Chiesa, rende al Padre nello Spirito Santo— ci rivolgiamo alla Trinità Beatissima con nuovo slancio di sincera e profonda gratitudine. Si compiono infatti vent’anni dal dies natalis del Beato Josemaría Escrivá, mentre è ancora vivissimo in tutti noi il ricordo dell’indimenticabile cerimonia della sua solenne beatificazione in piazza San Pietro, appena tre anni or sono.

Era il 26 di giugno, quello dell’anno 1975, quando ci inginocchiammo ancora increduli accanto al corpo senza vita del Fondatore dell’Opus Dei, accettando con indicibile dolore, ma anche con abbandono filiale, una volontà divina che in quel momento ci obbligava ad una separazione tanto dura quanto inaspettata. Dopo una vita di profonda unione con Dio, spesa in eroica dedizione alla Chiesa e al servizio di tutte le anime, il Signore lo chiamava alla Sua presenza, nella normalità di una giornata come tante altre, vissuta, come sempre, con infaticabile zelo di sacerdote e di Padre.

Ripeto: oggi, nella Santa Messa, rendiamo una particolare azione di grazie al Signore, perché nella vita di questo servo fedele ha operato in modo mirabile il mistero della santificazione: mistero nel quale confluiscono il dono di Se stesso che Dio elargisce ad ogni anima e l’infinita sollecitudine con cui Egli segue tutti i suoi passi. È dunque a Lui, al Creatore, che si deve il rilievo soprannaturale delle nostre risposte. Sì, Dio vuole operare in noi e con noi non solo al fine della nostra personale santificazione, ma affinché raggiungiamo tutte le anime e, con l’orazione e la mortificazione, con il lavoro ben fatto ed il calore della carità fraterna, le aiutiamo a nutrire questa stessa certezza del suo amore paterno. Il Beato Josemaría rese sempre più fecondo il proprio dialogo con Dio ricorrendo al sostegno della Madonna, la gratia plena, e a Lei rivolse il suo ultimo sguardo prima di lasciare questa terra.

Celebrando il Santo Sacrificio in memoria del Beato Josemaría, in unione con innumerevoli altri fedeli cristiani che, nei cinque continenti, lo invocheranno oggi come speciale intercessore presso l’altare di Dio, vogliamo anche esprimere la nostra riconoscenza alla Santissima Trinità per tutti i benefici concessi alla Chiesa, a ciascuno di noi, attraverso il lavoro apostolico della Prelatura dell’Opus Dei ed il ministero sacerdotale di questo suo servo buono e fedele. Ci muova a questa gratitudine il fatto che egli amasse chiamare «storia delle misericordie di Dio», la fondazione, lo sviluppo geografico e la consolante estensione dell’Opus Dei in tutti gli ambienti della società. Vedeva tutto questo come parte di quel disegno misericordioso e salvifico con cui Dio guida continuamente la storia e vuole che la salvezza, offerta al mondo nel suo Figlio, illumini ogni epoca e raggiunga ogni cuore. Riferendosi alla chiamata universale alla santità nella vita ordinaria, tema centrale della sua predicazione, il Beato Josemaría affermava: «Vi dicevo che le mie parole volevano annunciarvi qualcosa della grandezza e della misericordia di Dio. Ritengo di averlo fatto dicendovi di vivere santamente la vita ordinaria: perché una vita santa nel mezzo della realtà temporale —una vita senza risonanza, semplice, verace— non è forse oggi la manifestazione più commovente delle magnalia Dei (Sir 18, 4), delle mirabili prove di misericordia che Dio ci ha dato sempre, e che sempre continua a darci per salvare il mondo?»[1].

La storia della salvezza si è già compiuta nel mistero pasquale di Cristo, ma l’applicazione dei suoi frutti nella vita dei popoli dipende dall’azione invisibile dello Spirito, dai sacramenti che il Figlio ha affidato alla sua Chiesa, dalla predicazione della Parola, dalla libera e generosa cooperazione di ciascun cristiano. Colui che scruta i cuori —abbiamo letto poco fa nell’epistola ai Romani— sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio[2]. Perché ciascuno di noi possa concorrere a compiere questi disegni, occorre dunque ascoltare le ispirazioni dello Spirito Santo; occorre assecondarne l’azione nelle nostre anime, perché per mezzo suo si realizzi l’eterno progetto del Padre che ci ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo[3].

Quale attualità rivestono, e rivestiranno sempre, quelle parole del nostro santo Fondatore quando ricordava ad ogni credente che in forza del battesimo doveva essere alter Christus, ipse Christus! Quanto bene scaturirebbe per la Chiesa e per il mondo, se ogni cristiano —noi tutti qui presenti— si comportasse secondo la dignità e le esigenze della propria vocazione!

Nel considerare la società in cui oggi viviamo, caratterizzata sì da incertezze e da gravi sbandamenti morali, ma anche da nuove prospettive di evangelizzazione e da tanti motivi di speranza, vorrei che tutti noi ci rendessimo conto del grande tesoro che abbiamo fra le mani. Permettetemi di ricordarvelo ancora una volta con le sue parole: «Unire il lavoro professionale alla lotta ascetica e alla contemplazione —cosa che può sembrare impossibile, ma che è necessaria, per contribuire a riconciliare il mondo con Dio—, e trasformare quel lavoro normale in uno strumento di santificazione personale e di apostolato... Non è forse questo un ideale nobile e grande, per il quale vale la pena di dare la vita?»[4]. Questo tesoro appartiene alla Chiesa intera ed è per il bene di tutte le anime. Gesù torna a dire oggi a ciascuno di noi, come già fece con i suoi discepoli, che quanto abbiamo ascoltato all’orecchio è davvero giunto il momento di predicarlo sui tetti[5].

Sorelle e fratelli carissimi, ormai alle soglie del terzo millennio siamo sempre più consapevoli della necessità di una nuova evangelizzazione, specialmente in quei paesi europei ed americani ove la crescente secolarizzazione e la profonda crisi della cultura occidentale hanno condotto ad un quasi totale oscuramento delle coscienze circa valori quali il rispetto della vita, la dignità dell’amore coniugale, i diritti della famiglia, il diritto dei giovani ad un’educazione rispettosa della verità, la promozione della giustizia sociale e di una cultura fattiva della solidarietà. Stiamo assistendo allo sforzo con cui il Romano Pontefice, con un magistero instancabile e coraggioso, si sta prodigando affinché tutti i cristiani si impegnino senza riserve a costruire la “civiltà dell’amore” e a diffondere la “cultura della vita”.

Comportarsi come amici di Dio, come discepoli di Cristo, vuol dire oggi prendere posizione, anche a costo del proprio onore o perfino della propria vita, in questo impegno di pace teso a diffondere la consapevolezza di tutta la ricchezza della verità, del valore soprannaturale ed umano di ogni persona, creata ad immagine di Dio. Essa vale tutto il sangue di Cristo! Quindi la nostra identità di cristiani leali, responsabili, ci richiede di prodigarci perché questa verità fontale non sia cancellata dalla coscienza dell’umanità.

Essere cristiani coerenti e vivere ogni giorno da figli di Dio è anche la sfida, impegnativa ed insieme appassionante, nella quale la Prelatura dell’Opus Dei, fedele al proprio carisma fondazionale, aspira a servire la Chiesa universale e il Romano Pontefice. È questa la sollecitudine che accomuna il suo Vescovo e Prelato a tutti i suoi fratelli nell’episcopato, posti alla guida delle rispettive Chiese locali. È questo ciò che caratterizza e giustifica la stessa erezione della Prelatura nel seno della struttura gerarchica della Chiesa: «Affinché sia —sono parole di Giovanni Paolo II, nella Bolla Ut sit— uno strumento valido ed efficace per la missione salvifica della Chiesa e per la vita del mondo»[6]. In questo servizio ed in questa sollecitudine, gli insegnamenti del Beato Josemaría ci offrono certamente una preziosa eredità di dottrina e di riflessione sui temi centrali della nuova evangelizzazione, quali la santificazione del lavoro, la dignità della vocazione matrimoniale o l’apostolato della cultura. Ma è il vivo ricordo del suo zelo di pastore e di Padre a costituire per noi un’eredità forse ancora più importante. Come non ricordare la sua dedizione a tutte le anime, sempre sospinto dall’anelito di amare, sempre capace di trovare nella preghiera nuove energie e, nelle piaghe di Cristo, un rifugio dal quale trarre spinta per nuovi slanci e nuove pazzie di amore? Non era un desiderio teorico. Egli lo metteva in pratica servendo chi gli era vicino e coloro che incontrava anche per caso.

Nel chiedervi un rinnovato impegno in questa quotidiana testimonianza del Vangelo, vi esorto a fare eco in questo momento al Magistero di Giovanni Paolo II sulla famiglia e sulla difesa della vita, in modo particolare alla dottrina da lui esposta nella Lettera alle famiglie e nella recente enciclica Evangelium vitæ. Non abbiate rispetti umani e non temete di dover andare controcorrente in molti ambienti o di dover sfatare molti luoghi comuni. Accade spesso, sono parole del Santo Padre, «che si cerchi in ogni modo di presentare come “regolari” ed attraenti, conferendo loro esterne apparenze di fascino, situazioni che di fatto sono “irregolari”. Esse infatti contraddicono “la verità e l’amore” che devono ispirare e guidare il reciproco rapporto fra uomini e donne e, pertanto, sono causa di tensioni e di divisioni nelle famiglie, con gravi conseguenze specialmente sui figli»[7].

Non perdete mai la consapevolezza, carissimi fratelli e sorelle, che non vi è nulla nella dottrina di Cristo che non sia fattore di autentica promozione umana e sociale. «Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo»[8]! «Quando la Chiesa dichiara che il rispetto incondizionato del diritto alla vita di ogni persona umana innocente, dal concepimento fino alla morte naturale, è uno dei pilastri su cui si regge ogni società civile, essa vuole semplicemente promuovere uno stato umano»[9].

Alla donna, poi, è affidato —direi in modo speciale— il Vangelo della vita, lei che fin dalla creazione, per esplicito disegno divino, ha ricevuto in affidamento l’uomo, come Maria, nuova Eva, ricevette nella persona dell’apostolo Giovanni la cura di ogni essere umano. Quante grandi cose dipendono dalla vostra santità e dalla generosa testimonianza apostolica della donna cristiana! Parrebbe quasi che quel punto di Cammino: «Dal fatto che tu e io ci comportiamo come Dio vuole —non dimenticarlo!— dipendono molte cose grandi»[10], si arricchisca nella vostra vita, sorelle e figlie carissime, di una luce particolare. La famiglia, non pochi luoghi di lavoro e la società tutta, attendono il sale insostituibile delle vostre virtù e della vostra capacità. Interi settori sociali ed una grande quantità di anime possono incontrare Cristo o allontanarsi tristemente da Lui, a seconda del vostro impegno e del vostro esempio. Non trascurate di insegnare a pregare ai vostri figli, alle vostre amiche, alle vostre colleghe; attraete tutti alla vita di preghiera, anche il vostro coniuge, nella certezza che la famiglia che prega unita resterà unita; fate delle vostre famiglie autentici «focolari cristiani luminosi e allegri», ove il Signore possa benedire il sorgere ed il maturare di nuove vocazioni, di generose decisioni di servizio a Dio e alle anime!

Ma consentitemi —mi rivolgo a tutti— di aggiungere ancora una cosa. Questi immensi orizzonti di evangelizzazione, l’impegno di diffondere il Magistero del Santo Padre, così come il desiderio di far fruttare lo spirito e gli insegnamenti del Beato Josemaría, della cui responsabilità vi parlavo all’inizio, resterebbero inefficaci senza il nostro impegno quotidiano a vivere in unione con Dio, ad essere anime di Eucaristia e a trovare in essa, come avveniva per il nostro santo Fondatore, «la ragione del nostro vivere», il motivo insuperabile di una disponibilità e di un servizio che non conoscono condizioni. La “civiltà dell’amore” nasce e si edifica sulle basi di questa unione con la fonte dell’Amore increato. Da questa fonte si trae la forza per accettare un sacrificio spesso nascosto, che vedrà soltanto Dio, la capacità di offrire con gioia le contrarietà della giornata, di perdonare chi ci sta accanto; da questa unione con Gesù nasce, infine, l’umiltà di riconoscere i nostri errori e di rialzarci nel santo sacramento della Confessione tutte le volte che è necessario o conveniente, cioè con frequenza. Vorrei fare mie, per voi, le parole di San Paolo ai Colossesi: Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente... Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione[11]. Non c’è su questa terra felicità paragonabile a quella che promana dalla coscienza di essere in grazia di Dio: con Lui la nostra dignità di persone viene potenziata e diventiamo capaci di essere migliori fratelli dei nostri fratelli, servitori più attenti, più sereni, più allegri.

In questo significativo anniversario, elevo anche il mio ricordo al mio predecessore e primo Prelato dell’Opus Dei, Mons. Álvaro del Portillo, e lo supplico di continuare dal Cielo ad aiutarci a seguire quella strada di piena fedeltà allo spirito del nostro Fondatore che egli seppe percorrere così bene. Alla Santa Madre di Dio affido questi nostri propositi. Il nostro amatissimo Padre, il Beato Josemaría, li consegnerà nelle sue mani materne affinché Ella li presenti per noi alla Trinità. All’intercessione del Beato Josemaría e alle vostre preghiere desidero infine affidare i cinquantaquattro fedeli della Prelatura che riceveranno il prossimo 7 luglio l’ordine del diaconato, per disporsi in seguito a servire come sacerdoti la Chiesa e la Prelatura.

Chiediamo quindi che possa compiersi nella vita di ciascuno di noi, sulla strada che conduce fino all’Amore che non conosce tramonto, quel programma che il nostro santo Fondatore amava riepilogare così: «Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam!» Lo chiedo a Dio per ognuno di voi e chiedo a voi di implorarlo a Dio per me. Così sia!

[1] Omelia «Amare il mondo appassionatamente», in La Chiesa nostra Madre, Ares, Milano 1993, n. 61.

[2] Rm 8, 27.

[3] Rm 8, 29.

[4] Cfr. A. de Fuenmayor, V. Gómez-Iglesias, J.L. Illanes, L’itinerario giuridico dell’Opus Dei, Giuffrè, Milano 1991, p. 41.

[5] Cfr. Mt 10, 27.

[6] Giovanni Paolo II, Cost. ap. Ut sit, 28-XI-1982, in AAS 75 (1983) 423-425.

[7] Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, 2-II-1994, n. 5.

[8] Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 41.

[9] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitæ, 25-III-1995, n. 101.

[10] Cammino, n. 755.

[11] Col 3, 12-14.

Romana, n. 20, Gennaio-Giugno 1995, p. 150-154.

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