envelope-oenvelopebookscartsearchmenu

Omelia pronunciata nell'ordinazione presbiterale di ventiquattro membri della Prelatura dell'Opus Dei, che ha avuto luogo a Roma il 13-VI-1993.

Glorifica il Signore, Gerusalemme; loda il tuo Dio, Sion. Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli[1].

È giusto intonare un canto di lode al Signore, dal quale procede ogni buon regalo e ogni dono perfetto[2], per presentargli il dovuto ringraziamento per questi ventiquattro figli miei che, oggi, saranno incorporati all'Ordine Presbiterale. È il dono del sacerdozio, che sarà ricevuto personalmente da ciascuno di loro e, allo stesso tempo, è patrimonio di tutta la Chiesa, la quale anela ad esso così come la terra secca attende la pioggia. È un dono che riceviamo nella Solennità del Corpus Domini, quale segno privilegiato, e meravigliosamente adeguato, per ricordarci l'intrinseca unione esistente fra il Sacerdozio e l'Eucarestia. È un dono che riceviamo nell'anno in cui, nella Prelatura dell'Opus Dei, festeggiamo il cinquantesimo anniversario della Società Sacerdotale della Santa Croce, nata nell'anima del Beato Josemaría per assecondare un volere di Dio. È logico quindi che sgorghino naturalmente e con fervore dal nostro cuore, con le parole della liturgia di oggi, un ringraziamento e una lode al Signore: loda, Sion, il Salvatore, la tua guida, il tuo pastore con inni e cantici[3].

Ed oggi, a pochi giorni dalla festa del dies natalis del nostro Fondatore, mi tornano in mente con forza quelle parole che egli rivolgeva ai suoi figli sacerdoti: «siete tutti figli della mia orazione e della mia mortificazione». Non dimenticatelo mai, perchè questa realtà comporta per noi l'impegno di imitare la sua santità e la sua dedizione.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica chiama l'Ordine Sacro «sacramento del ministero apostolico», perché grazie ad esso «la missione affidata da Cristo ai suoi Apostoli continua ad essere esercitata nella Chiesa sino alla fine dei tempi»[4]. Si tratta di un ministero ecclesiale attraverso il quale «Cristo stesso si fa presente alla sua Chiesa quale Capo del suo Corpo, Pastore del suo gregge, Sommo Sacerdote del sacrificio redentore, Maestro di Verità»[5].

Per essere strumenti di Dio in questo sacro ministero, questi candidati hanno ricevuto una solida preparazione, tanto nello studio scientifico della dottrina, quanto nella formazione alle virtù sacerdotali. Tuttavia, come si legge nella Lettera agli Ebrei, nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne[6]. Questi figli miei sanno che si tratta di un onore, ma di un onore impregnato di spirito di servizio. I ministri infatti —ancora con parole del Catechismo della Chiesa Cattolica— «in quanto dipendono interamente da Cristo, il quale conferisce missione e autorità, sono veramente "servi di Cristo" (cfr. Rm 1,1), ad immagine di lui che ha assunto liberamente per noi "la condizione di servo" (Fil 2,7). Poiché la parola e la grazia di cui sono i ministri non sono le loro, ma quelle di Cristo che le ha loro affidate per gli altri, essi si faranno liberamente servi di tutti»[7]. Lo spirito di servizio, quale esigenza di questa nuova configurazione con Gesù Cristo Capo della Chiesa, portava Sant'Agostino a esortare così un vescovo nel giorno della sua consacrazione: «non disdegnare di essere il servo di molti poiché non disdegnò di farsi servo il Signore dei signori»[8].

Questo spirito di servizio conferisce alla vita spirituale del sacerdote una connotazione specifica: la carità pastorale[9], che dilata il cuore dei presbiteri arricchendolo di una più viva e diligente attenzione per tutte le anime, senza distinzione di razza o condizione. Questa espansione del cuore porta Sant'Agostino a parlare del ministero sacro come di un amoris officium che esige al sacerdote non solo di comportarsi con «delicata bontà»[10], ma di amare i fedeli con lo stesso cuore di Cristo. A imitazione del Buon Pastore che dà la vita per le sue pecore, la carità pastorale porta il sacerdote a dare interamente la vita per gli altri: «è il dono di sé, il totale dono di sé alla Chiesa»[11]. Come ripeteva, con un'immagine espressiva, il Beato Josemaría ai suoi figli sacerdoti, «i sacerdoti hanno più obbligo di altri di stendere, come un tappeto, il cuore per terra, affinché i loro fratelli possano camminare sul morbido»[12].

Si rende pertanto necessaria una grande generosità per assecondare gli impulsi del Paraclito nell'anima, lottando in prima persona per superare tutto ciò che può separarvi da Dio. Con parole di un antico Padre della Chiesa, vi ricordo che «bisogna cominciare col purificare se stessi prima di purificare gli altri; bisogna essere istruiti per poter istruire; bisogna divenire luce per illuminare; avvicinarsi a Dio per avvicinare a lui gli altri; essere santificati per santificare, condurre per mano e consigliare con intelligenza»[13]. Vi prego, con premura paterna, di avere sempre presente che il sacerdote utile alla Chiesa è il sacerdote santo; il sacerdote che aiuta le anime è il sacerdote che arde di amore di Dio. Come afferma il decreto Presbyterorum ordinis del Concilio Vaticano II, «se è vero che la grazia di Dio può realizzare l'opera della salvezza anche attraverso ministri indegni, ciò nondimeno Dio, ordinariamente, preferisce manifestare le sue grandezze attraverso coloro i quali, fattisi più docili agli impulsi e alla direzione dello Spirito Santo, possono dire con l'Apostolo, grazie alla propria intima unione con Cristo e alla santità di vita: "Ormai non sono più io che vivo, bensì è Cristo che vive in me" (Gal 2, 20)»[14].

Cari figli! Per mezzo dell'imposizione delle mie mani, sarete configurati con Cristo Capo e Pastore della Chiesa. Pastori! Per questo, «il sacerdote è, anzitutto, ministro della Parola di Dio, è consacrato e mandato ad annunciare a tutti il Vangelo del Regno, chiamando ogni uomo all'obbedienza della fede e conducendo i credenti ad una conoscenza e comunione sempre più profonde del mistero di Dio, rivelato e comunicato a noi in Cristo»[15].

Allo stesso tempo, il sacerdote è anche ministro dei Sacramenti, che sono tutti finalizzati alla celebrazione del Mistero Eucaristico. Possiamo allora capire perché la Santa Messa è «la principale e centrale ragion d'essere del sacramento del sacerdozio, nato effettivamente nel momento dell'istituzione dell'Eucarestia»[16]. Come diceva il nostro amatissimo Padre, «per mezzo del sacramento dell'Ordine, il sacerdote è reso effettivamente idoneo a prestare a Gesù nostro Signore la voce, le mani e tutto il suo essere; è Gesù che, nella Santa Messa, con le parole della Consacrazione, cambia la sostanza del pane e del vino nel suo Corpo, nella sua Anima, nel suo Sangue e nella sua Divinità»[17].

Figli miei! Non permettete mai alla routine di offuscare la trasparenza del vostro rapporto con Gesù Sacramentato! Le parole saranno sempre insufficienti per poter esprimere questa meraviglia; lo abbiamo ascoltato poco fa dalle labbra del Maestro: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui[18]. A partire da ora, e per sempre, sarete strumenti di Cristo affinché queste parole continuino ad essere realtà fra gli uomini. La devozione nel ministero eucaristico sarà il vostro miglior apostolato, il vostro miglior servizio come strumenti di unità, poiché —ancora con parole della liturgia di oggi— c'è un solo pane, e noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane[19].

Se il dono del sacerdozio che state per ricevere è finalizzato a servire tutte le anime senza distinzione alcuna, un posto speciale nel vostro cuore sarà occupato dal servizio verso coloro che uniti da «intima fraternità sacerdotale»[20], condividono con voi l'Ordine Presbiterale. Risuonano qui, piene di sollecitudine, le parole del Beato Josemaría quando diceva: «Questo è il nostro grande compito: amare i nostri fratelli sacerdoti. Dobbiamo sentire la soddisfazione di essere i servitori di tutte le anime, ma in primo luogo dei sacerdoti nostri fratelli. È un dovere di giustizia amarli, è comprenderli, discolparli, cercare di salvarli». Questa sollecita preoccupazione per l'assistenza spirituale dei sacerdoti diocesani fu costantemente presente nel suo cuore e il Signore coronò questo anelito ispirandogli —sono passati da poco cinquant'anni— la fondazione della Società Sacerdotale della Santa Croce, associazione intrinsecamente unita alla Prelatura dell'Opus Dei, per diffondere fra i sacerdoti lo stesso messaggio di santificazione nel lavoro ordinario, che per loro si identifica con il ministero sacerdotale.

Ricordiamo quanto ci dice Gesù: la messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe[21]; vi chiedo pertanto, soprattutto in una occasione come quella di oggi, di unirvi alla mia orazione per chiedere al Signore della messe di coronare questi cinquant'anni di vita della Società Sacerdotale della Santa Croce con un'abbondante semina di vocazioni sacerdotali. Anche se negli ultimi anni sembra manifestarsi un lieve aumento del numero dei candidati al sacerdozio, essi continuano ad essere pochi in confronto alle necessità della Chiesa. Preghiamo affinché siano molti i cuori giovani che, accogliendo l'invito del Signore, rispondano di sì alla chiamata divina!

Uniamoci alla Persona ed alle intenzioni del Santo Padre, che ieri, nell'ambito del Congresso Internazionale Eucaristico, ha conferito il sacerdozio ad una trentina di diaconi. Preghiamo tutti per Pietro, perchè il Signore lo custodisca, lo difenda e lo vivifichi sempre più con la sua grazia. E preghiamo anche per tutti i Vescovi in comunione con la Santa Sede, affinché il loro ministero sia ogni giorno più santo ed efficace.

Desidero infine rivolgermi anche a voi, parenti e amici degli ordinandi: in molti avete dovuto percorrere lunghe distanze per condividere con loro questo momento di gioia. In modo speciale mi congratulo con i padri e le madri degli ordinandi, che, curando adeguatamente loro figli, hanno permesso al seme della vocazione di crescere con vigore.

Vi chiedo però che questa logica e naturale manifestazione di affetto, oltre che con l'incoraggiamento e la comprensione, si traduca in preghiera per i frutti futuri del loro ministero sacerdotale. Supplico a Dio affinché la grazia, che in un modo speciale scende oggi su questi novelli sacerdoti, raggiunga anche i loro parenti e amici. Avere nella famiglia un sacerdote è segno di grande predilezione da parte del Signore ed è motivo di legittimo orgoglio. Ma può essere per voi anche l'occasione per compiere una conversione più profonda, per ricorrere con più frequenza ai sacramenti, per dischiudere più generosamente il vostro cuore all'amore di Dio.

A Maria Santissima, che veneriamo col titolo speciale di Madre dei sacerdoti, eleviamo la nostra preghiera perché, al cospetto di suo Figlio, interceda per la santità dei suoi nuovi ministri, per i frutti del loro lavoro e per l'allegria delle loro famiglie. Così sia.

[1] Salmo responsoriale (Salmo 147).

[2] Gc 1, 17.

[3] Sequenza Lauda Sion.

[4] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1536.

[5] Ibid., n. 1548.

[6] Eb 5, 4.

[7] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 876.

[8] Sant'Agostino, Sermo 32, 1 (Morin Guelf.) [PL 2, 637].

[9] Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. apost. Pastores dabo vobis, 25-III_1992, n. 21.

[10] Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis, n. 6.

[11] Ibid., n. 23.

[12] Josemaría Escrivá, 1-IV-1962.

[13] San Gregorio Nazianzeno, Orationes, 2, 71 [PG 35, 480B].

[14] Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis, n. 12.

[15] Giovanni Paolo II, Esort. apost. Pastores dabo vobis, 25-III-1992, n. 26.

[16] Giovanni Paolo II, Lett. apost. Dominicæ cenæ, 24-II-1980, n. 2.

[17] Josemaría Escrivá, Omelia Sacerdote per l'eternità, 13-IV-1973.

[18] Vangelo (Gv 6, 57).

[19] Seconda lettura (1 Cor 10, 17).

[20] Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis, n. 8.

[21] Mt 9, 37-38.

Romana, n. 16, Gennaio-Giugno 1993, p. 35-39.

Invia ad un amico