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Omelia pronunciata nella cerimonia di ordinazione diaconale di membri della Prelatura, nella Basilica di Sant'Eugenio, il 31-I-1993.

Ti servirò nella tua Casa, Signore, con gioia[1].

Il salmo che abbiamo appena ripetuto ci introduce pienamente in un aspetto della vita cristiana che la cerimonia di oggi mette particolarmente in rilievo: il servizio. Ringrazio il Signore per la gioia che nuovamente mi dà di poter conferire oggi il sacramento dell'Ordine, nel grado del diaconato, a questi ventiquattro figli miei. Dopo le parole dell'ordinazione prescritte dalla Chiesa, che pronuncerò fra pochi minuti, voi, cari figli miei ordinandi, avrete un titolo in più per servire: questa nuova configurazione sacramentale a Cristo vi rende capaci di esercitare la diaconia per il bene di tutte le anime. Servizio che si configurerà con un nuovo titolo nel momento della vostra ordinazione sacerdotale, e che continuerà, con la grazia di Dio e con la vostra corrispondenza generosa, fino a quando il Signore vi chiamerà alla Sua presenza.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, nuovo strumento di fedeltà alla Chiesa nostra Madre che Sua Santità Giovanni Paolo II ha voluto offrire a tutti i fedeli, esprime con queste parole il servizio che ora vi preparate a prestare: «I diaconi partecipano in maniera particolare alla missione e alla grazia di Cristo. Il sacramento dell'Ordine imprime loro un segno ("carattere") che nulla può cancellare e che li configura a Cristo, il quale si è fatto "diacono", cioè il servo di tutti»[2].

Il vostro nuovo servizio alla Chiesa non avrebbe senso se non fosse unito al servizio di Cristo, se non cercasse di identificarsi con lo zelo del suo Santissimo Cuore. «Dovunque ti trovi —scrisse il Beato Josemaría Escrivá de Balaguer—, ricordati che il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e convinciti che chi vuole seguirlo non dovrà pretendere altra linea di condotta»[3].

Un servizio, figli miei, che riveste in voi caratteristiche proprie. «Compete ai diaconi, tra l'altro, assistere il vescovo e i presbiteri nella celebrazione dei divini misteri, soprattutto dell'Eucaristia, distribuirla, assistere e benedire il matrimonio, proclamare il Vangelo e predicare, presiedere ai funerali e dedicarsi ai vari servizi della carità»[4].

Ti servirò nella tua Casa, Signore, con gioia. La chiamata a servire, figli miei, ci conduce all'identificazione con Cristo. Voi, tramite i servizi propri del diacono enumerati dal Catechismo, che vi avvicinano ai divini misteri, e noi tutti cristiani siamo chiamati a seguire le orme divine di Gesù, che annullò se stesso prendendo la forma di servo[5]. E come ci ricorda un Padre della Chiesa, «niente può farti imitare tanto Cristo come la sollecitudine per gli altri. Anche se digiuni, se dormi per terra e —per così dire— ti ammazzi, se non ti prendi cura del prossimo hai fatto poco, sei ancora molto lontano dalla Sua immagine»[6].

Come non ricordare ora, e proprio qui, in questa basilica di Sant'Eugenio, così legata agli avvenimenti di quei giorni ormai indimenticabili attorno al 17 maggio dell'anno scorso, la figura amabile e le parole esigenti del Beato Josemaría, nostro amatissimo Fondatore? Egli trasformò la propria vita in occasione per servire con gioia e semplicità la Chiesa, il Romano Pontefice e le anime, come ricordano migliaia di persone in tutto il mondo quando quotidianamente si rivolgono con supplica fiduciosa al Signore tramite la sua intercessione. Il suo unico desiderio sulla terra era di «servire la Chiesa come la Chiesa vuole essere servita»; il suo sogno era di diventare uno strumento sempre più efficace al servizio di Dio e delle anime, anche se la sua umiltà lo portava a considerarsi solo uno «strumento inetto e sordo». Il ricordo costante della vita di servizio di nostro Padre vi servirà come guida e misura per rispondere con generosità agli appelli del Signore.

Ti servirò, Signore, con gioia. «Se si ascoltasse e si seguisse il Vangelo, l'umanità camminerebbe certamente per sentieri di autentica solidarietà e di pace duratura!», ha esclamato pochi giorni fa il Papa[7]. In questi giorni in cui vediamo gli effetti devastanti della guerra, conseguenza della dimenticanza di Dio, ci siamo uniti alla preghiera del Santo Padre implorando la pace per il mondo. Chiediamo al Signore di fare di noi strumenti di comprensione, seminatori di pace e di gioia, con l'espressione con cui la Chiesa già anni fa definiva maternamente i suoi figli dell'Opus Dei.

Alla gioia di questo giorno si unisce una circostanza speciale, che ci induce ad innalzare il cuore in fervoroso ringraziamento al Signore. Il prossimo 14 febbraio si compirà il cinquantesimo anniversario della fondazione della Società Sacerdotale della Santa Croce. Il Beato Josemaría, lungo tutta la sua vita di donazione, amò fino alla follia il sacerdozio e desiderò con tutto il cuore servire i suoi fratelli sacerdoti. Il 14 febbraio del 1943, Dio volle coronare l'edificio dell'Opera con la Santa Croce, illuminando il nostro Fondatore affinché trovasse la soluzione canonica che permetteva l'ordinazione sacerdotale di alcuni dei suoi membri. Il presbiterio della Prelatura vivifica e informa col ministero sacerdotale tutto l'Opus Dei. Il sacerdozio ministeriale dei sacerdoti e il sacerdozio comune dei laici sono intimamente uniti e si completano mutuamente, per raggiungere in unità di vocazione il fine della Prelatura. Più avanti, il Signore, nella sua infinita bontà, fece vedere al nostro Fondatore il cammino che avrebbe consentito a molti altri sacerdoti secolari di chiedere l'ammissione alla Società Sacerdotale della Santa Croce, corrispondendo alla stessa vocazione divina degli altri membri dell'Opera. Questa vocazione li spinge a cercare la santità nell'esercizio del ministero e in tutta la loro condotta sacerdotale, con lo spirito e i mezzi propri dell'Opus Dei, cercando di essere nelle rispettive diocesi strumenti di unità con i pastori e collaboratori obbedienti e generosi nella cura delle anime. Unitevi, voi tutti qui presenti, al mio ringraziamento alla Trinità Beatissima per i frutti che il Signore ha voluto dare alla Chiesa tramite la Società Sacerdotale della Santa Croce, frutti che questa ordinazione di diaconi manifesta in modo evidente. Unitevi in modo speciale voi genitori, fratelli e amici di questi figli miei che stanno per ricevere il diaconato, e accompagnateli con le vostre preghiere e con il vostro affetto in questo nuovo modo di servire che ora essi intraprendono.

Non voglio terminare senza ricordarvi che per celebrare il meglio possibile questo cinquantesimo anniversario ho voluto che il 1993 sia un anno mariano per tutti i fedeli della Prelatura. Guidati da nostra Madre, Santa Maria, sarà più facile per noi percorrere il cammino del servizio a suo Figlio e a tutte le anime. «In mezzo al giubilo della festa, a Cana —ci ricorda il Beato Josemaría—, solo Maria si accorge che manca il vino (...). L'anima giunge fino ai minimi dettagli di servizio se, come Lei, vive appassionatamente intenta ai bisogni del prossimo, per il Signore»[8]. Affidiamo alle mani della Santissima Vergine le nostre preghiere per questi futuri sacerdoti e i propositi generosi di per essere ogni giorno più fedeli al cammino che il Signore ha indicato a ciascuno di noi. Così sia.

[1] Salmo responsoriale.

[2] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1570.

[3] Josemaría Escrivá, Forgia, n. 612.

[4] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1570.

[5] Cfr. Fil 2, 7.

[6] San Giovanni Crisostomo, Omelia sulla prima epistola ai Corinzi [PG 61, 283].

[7] Giovanni Paolo II, Omelia nella parrocchia di Sant'Elena, in L'Osservatore Romano, 18-19 gennaio 1993, p. 1.

[8] Josemaría Escrivá, Solco, n. 631.

Romana, n. 16, Gennaio-Giugno 1993, p. 29-31.

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