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Riportiamo il testo dell'Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede circa alcuni aspetti dell'uso degli strumenti di comunicazione sociale nella promozione della dottrina della fede (30-III-1992).

CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

ISTRUZIONE CIRCA ALCUNI ASPETTI

DELL'USO DEGLI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE SOCIALE

NELLA PROMOZIONE DELLA DOTTRINA DELLA FEDE

INTRODUZIONE

Il Concilio Vaticano II ricorda che tra i compiti principali dei Vescovi «eccelle la predicazione del vangelo» (LG 25), in conformità con il mandato del Signore di insegnare a tutte le genti e di predicare il vangelo ad ogni creatura (cf. Mt 28, 19).

Tra gli strumenti più efficaci oggi a disposizione per la diffusione del messaggio evangelico, vanno annoverati sicuramente quelli delle comunicazioni sociali. La Chiesa non solo ne rivendica il diritto di uso (cf. can. 747), ma esorta i Pastori ad avvalersene nel compimento della loro missione (cf. can. 822, § 1).

Dell'importanza dei mezzi di comunicazione sociale e del loro significato alla luce della missione evangelizzatrice della Chiesa hanno già trattato ampiamente il Decreto del Concilio Vaticano II Inter mirifica e le Istruzioni pastorali del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali Communio et progressio ed Ætatis novæ. Occorre inoltre menzionare gli Orientamenti per la formazione dei futuri sacerdoti circa gli strumenti della comunicazione sociale, pubblicati dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica. Degli strumenti di comunicazione sociale tratta anche il nuovo Codice di diritto canonico (cann. 822_832), che ne affida la cura e la vigilanza ai Pastori. Determinate responsabilità al riguardo hanno anche i Superiori religiosi, specie quelli maggiori, in virtù della loro competenza disciplinare.

Sono note le difficoltà che, per diversi motivi, incontrano coloro che sono chiamati a svolgere tale compito di cura e di vigilanza. D'altra parte, attraverso i mezzi di comunicazione sociale in generale e in specie i libri, si vanno oggi sempre più diffondendo delle idee erronee. Dopo aver illustrato sotto il profilo dottrinale la responsabilità dei Pastori in materia di magistero autentico con la pubblicazione dell'Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo del 24 maggio 1990, la Congregazione per la Dottrina della Fede, nella sua missione di promuovere e tutelare la dottrina della fede e dei costumi, ha pertanto ritenuto opportuno pubblicare la presente Istruzione, d'intesa con la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e dopo aver consultato anche il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali.

Il documento ripresenta in forma organica la legislazione della Chiesa in merito. Richiamando le norme canoniche, chiarendone le disposizioni, sviluppando e determinando i procedimenti attraverso cui eseguirle, l'Istruzione si propone quindi di incoraggiare ed aiutare i Pastori nell'adempimento del loro dovere (cf. can. 34).

Le norme canoniche costituiscono una garanzia per la libertà di tutti: sia dei singoli fedeli, che hanno il diritto di ricevere il messaggio del Vangelo nella sua purezza e nella sua integralità; sia degli operatori pastorali, dei teologi e di tutti i pubblicisti cattolici, che hanno il diritto di comunicare il loro pensiero, salva restando l'integrità della fede e dei costumi ed il rispetto verso i Pastori. Così come, d'altra parte, le leggi che regolano l'informazione garantiscono e promuovono il diritto di tutti gli utenti dei mezzi di comunicazione sociale all'informazione veritiera e dei pubblicisti in generale alla comunicazione del loro pensiero, entro i limiti della deontologia professionale, concernente anche il modo di trattare i temi religiosi.

Al riguardo, considerando le difficili condizioni in cui devono espletare le loro funzioni, la Congregazione per la Dottrina della Fede sente qui il dovere, in particolare, di esprimere ai teologi, agli operatori pastorali e ai pubblicisti cattolici, così come ai pubblicisti in genere, la stima e l'apprezzamento per l'apporto concreto che essi danno in questo campo.

I

RESPONSABILITÀ DEI PASTORI IN GENERE

1. La responsabilità di istruire i fedeli

1. I Vescovi, in quanto maestri autentici della fede (cf. cann. 375 e 753), devono avere cura di istruire i fedeli sul diritto e dovere che essi hanno di:

a) «impegnarsi perché l'annuncio divino della salvezza si diffonda sempre più tra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo» (can. 211);

b) manifestare ai Pastori le proprie necessità, soprattutto spirituali, e i propri desideri (cf. can. 212, § 2);

c) manifestare ai Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa (cf. can. 212, § 3);

d) rendere noto il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa anche agli altri fedeli «salva restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l'utilità comune e la dignità delle persone» (can. 212, § 3).

2. I fedeli devono inoltre essere istruiti sul dovere che essi hanno di:

a) «conservare sempre, anche nel loro modo di agire, la comunione con la Chiesa» (can. 209, § 1; cf. can. 205);

b) «osservare con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori, in quanto rappresentano Cristo, dichiarano come maestri della fede o dispongono come capi della Chiesa» (can. 212, § 1);

c) conservare, qualora si dedichino alle scienze sacre, il dovuto ossequio nei confronti del magistero della Chiesa, pur godendo della giusta libertà di investigare e di manifestare con prudenza il loro pensiero su ciò di cui sono esperti (cf. can. 218);

d) cooperare perché l'uso degli strumenti di comunicazione sociale sia vivificato da spirito umano e cristiano (cf. can. 822, § 2) in modo che «la Chiesa, anche con tali strumenti, possa esercitare efficacemente la sua funzione» (can 822, § 3 ).

2. Responsabilità riguardo agli scritti e all'uso dei mezzi di comunicazione sociale

Gli stessi Pastori, nell'ambito del loro dovere di vigilare e di custodire intatto il deposito della fede (cf. cann. 386 e 747 § 1), e di rispondere al diritto che i fedeli hanno di essere guidati sulla strada della sana dottrina (cf. cann. 213 e 217), hanno il diritto e il dovere di:

a) «vigilare che non si arrechi danno alla fede e ai costumi dei fedeli con gli scritti o con l'uso degli strumenti di comunicazione sociale» (can. 823, § 1);

b) «esigere che vengano sottoposti al proprio giudizio prima della pubblicazione gli scritti dei fedeli che toccano la fede o i costumi» (can. 823, § 1);

c) «riprovare gli scritti che portino danno alla retta fede o ai buoni costumi» (can. 823, § 1 );

d) applicare, a seconda dei casi, le sanzioni amministrative o penali previste dal diritto della Chiesa, per chi, trasgredendo le norme canoniche, viola i doveri del proprio ufficio, costituisce un pericolo per la comunione ecclesiastica, arreca danno alla fede o ai costumi dei fedeli (cf. cann. 805; 810, § 1; 194, § 1, n. 2; 1369; 1371, n. 1; 1389).

3. Dovere di intervenire con mezzi idonei

Gli strumenti, morali e giuridici, che la Chiesa prevede per la salvaguardia della fede e dei costumi e che mette a disposizione dei Pastori, non possono essere da essi trascurati, senza venire meno ai propri obblighi, quando il bene delle anime lo richieda o lo consigli. I Pastori si mantengano in costante contatto con il mondo della cultura e della teologia nelle rispettive diocesi, così che ogni eventuale difficoltà possa essere prontamente risolta attraverso il dialogo fraterno, in cui le persone interessate abbiano la possibilità di dare i necessari chiarimenti. Nel seguire le procedure canoniche, gli strumenti disciplinari siano gli ultimi ai quali ricorrere (cf. can. 1341), anche se non si può dimenticare che per provvedere alla disciplina ecclesiastica l'applicazione delle pene in certi casi si rivela necessaria (cf. can. 1317).

4. Peculiare responsabilità dei Vescovi diocesani

Fatta salva la competenza della Santa Sede (cf. Costituzione Apostolica Pastor bonus, artt. 48 e 50_52), delle Conferenze Episcopali e dei Concili particolari (cf. can. 823, § 2), i Vescovi, nell'ambito della propria diocesi e della propria competenza, esercitino tempestivamente, anche se con prudenza, il diritto_dovere di vigilanza, quali Pastori e primi responsabili della retta dottrina circa la fede ed i costumi (cf. cann. 386; 392; 753 e 756, § 2). Nell'esercizio di tale funzione il Vescovo si riferirà, se necessario, alla Conferenza Episcopale o ai Concili particolari o alla stessa Santa Sede, presso il Dicastero competente (cf. can. 823, § 2).

5. Aiuto delle Commissioni dottrinali

§ 1. Di grande aiuto potranno essere ai Vescovi le Commissioni dottrinali, a livello sia diocesano che di Conferenze Episcopali; la loro attività va seguita e incoraggiata, perché diano un aiuto prezioso ai Vescovi nell'adempimento della loro missione dottrinale (cf. la Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 23 novembre 1990, a tutti i Presidenti delle Conferenze Episcopali).

§ 2. Va anche cercata la collaborazione di persone e di istituzioni, quali i Seminari, le Università e le Facoltà ecclesiastiche, che, fedeli all'insegnamento della Chiesa e con la necessaria competenza scientifica, possono contribuire all'adempimento dei doveri dei Pastori.

6. Comunione con la Santa Sede

I Pastori manterranno il contatto con i Dicasteri della Curia Romana, particolarmente con la Congregazione per la Dottrina della Fede (cf. can. 360; Costituzione Apostolica Pastor bonus, art. 48_55), alla quale rimetteranno le questioni che eccedono la loro competenza (cf. Costituzione Apostolica Pastor bonus, art. 13) o che per qualsiasi motivo possono rendere opportuno l'intervento o la consultazione della Santa Sede. A questa inoltre comunicheranno tutto ciò che si considera rilevante in materia dottrinale, sia dal punto di vista positivo che negativo, suggerendo anche eventuali interventi.

II

APPROVAZIONE O LICENZA PER DIVERSE CATEGORIE DI SCRITTI

7. Obbligo della approvazione o della licenza

§ 1. Per determinate pubblicazioni il codice esige o l'approvazione o la

a) In particolare, si esige la previa approvazione per la pubblicazione dei libri delle Sacre Scritture e delle loro traduzioni nelle lingue correnti (cf. can. 825, § 1), per i catechismi e per gli scritti di catechetica (cf. cann. 775, § 2; 827, § 1), per i testi destinati alle scuole, non soltanto elementari e medie ma anche superiori, su discipline collegate con la fede o la morale (cf. can. 827, § 2).

b) E' necessaria invece la previa licenza per la preparazione e la pubblicazione da parte dei fedeli, anche in collaborazione con i fratelli separati, delle traduzioni delle Sacre Scritture (cf. can. 825, § 2), per i libri di preghiera ad uso sia pubblico che privato (cf. can. 826, § 3), per le nuove edizioni delle collezioni di decreti o atti della autorità ecclesiastica (cf. can. 828), per gli scritti dei chierici e dei religiosi nei giornali, opuscoli o riviste periodiche che sono solite attaccare apertamente la religione cattolica o i buoni costumi (cf. can. 831, § 1), per gli scritti dei religiosi che trattano di questioni di religione o di costumi (cf. can. 832).

§ 2. L'approvazione o licenza ecclesiastica presuppone il parere del revisore o dei revisori, se si ritiene opportuno che siano più di uno (cf. can. 830), garantisce che lo scritto non contiene nulla di contrario al magistero autentico della Chiesa sulla fede e sui costumi e attesta che sono state adempiute tutte le prescrizioni della legge canonica in materia. E' opportuno pertanto che la stessa concessione contenga il riferimento esplicito al canone corrispondente.

8. Scritti per i quali è opportuno il giudizio dell'Ordinario del luogo

§ 1. Il Codice raccomanda che i libri che trattano materie concernenti la Sacra Scrittura, la teologia, il diritto canonico, la storia ecclesiastica e le discipline religiose o morali, anche se non sono adoperati come testi d'insegnamento, come pure gli scritti in cui ci sono elementi che riguardano in modo peculiare la religione o l'onestà dei costumi, vengano sottoposti al giudizio dell'Ordinario del luogo (cf. can. 827, § 3).

§ 2. Il Vescovo diocesano, in forza del diritto che ha di vigilare sull'integrità della fede e dei costumi, qualora abbia particolari e specifici motivi, potrebbe anche esigere, con precetto singolare (cf. can. 49), che i suddetti scritti vengano sottoposti al suo giudizio. Di fatto il can. 823, § 1 dà diritto ai Pastori di «esigere che vengano sottoposti al proprio giudizio prima della pubblicazione gli scritti dei fedeli che toccano la fede o i costumi», senza alcuna limitazione, se non quella di ordine generale «perché sia conservata l'integrità della verità della fede e dei costumi». Tale precetto potrebbe essere imposto per casi particolari, sia per singole persone che per categorie di persone (chierici, religiosi, case editrici cattoliche, ecc.), o per determinate materie.

§ 3. Anche in questi casi la licenza ha il significato di una dichiarazione ufficiale che garantisce che lo scritto non contiene niente di contrario all'integrità della fede e dei costumi.

§ 4. Dal momento che lo scritto potrebbe contenere opinioni o questioni proprie di specialisti o attinenti determinati ambienti, e potrebbe causare scandalo o confusione in ambiti o presso persone determinate e non altrove, la licenza potrebbe essere data a certe condizioni, che possono riguardare il mezzo di pubblicazione o la lingua e che comunque evitino i pericoli indicati.

9. Estensione della approvazione o licenza

L' approvazione o la licenza per una pubblicazione vale per l'originale; non è estensibile né alle successive edizioni né alle traduzioni (cf. can. 829). Le semplici ristampe non si considerano nuove edizioni.

10. Diritto alla approvazione o licenza

§ 1. Poiché la licenza costituisce una garanzia, sia giuridica sia morale, per gli autori, gli editori e i lettori, colui che ne fa richiesta, o perché essa è obbligatoria o perché è raccomandata, ha diritto alla risposta dell'autorità competente.

§ 2. Nell'esame previo per la licenza è necessaria la massima diligenza e serietà, tenuto conto sia dei diritti degli autori (cf. can. 218) che di quelli di tutti i fedeli (cf. cann. 213; 217).

§ 3. Contro la negazione della licenza o approvazione è possibile il ricorso amministrativo a norma dei cann. 1732_1739, presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, dicastero competente in materia (cf. Costituzione Apostolica Pastor bonus, art. 48).

11. Autorità competente a dare l'approvazione o la licenza

§ 1. L'autorità competente a dare la licenza o l'approvazione, a norma del can. 824, è indistintamente l'Ordinario del luogo dell'autore o l'Ordinario del luogo di edizione del libro.

§ 2. Quando la licenza è stata negata da un Ordinario del luogo si può ricorrere ad un altro Ordinario competente, con l'obbligo però di fare menzione della negazione precedente; il secondo Ordinario a sua volta non deve concedere la licenza senza aver ottenuto dal precedente Ordinario le ragioni della negazione (cf. can. 65, § 1).

12. Procedura da seguire

§ 1. L'Ordinario, prima di dare la licenza, sottoponga lo scritto al giudizio di persone per lui sicure, scegliendole eventualmente dall'elenco preparato dalla Conferenza Episcopale o consultando la commissione di revisori, se esiste, a norma del can. 830, § 1. Il revisore nel dare il suo giudizio si atterrà ai criteri del can. 830, § 2.

§ 2. Il revisore dia il suo parere per iscritto. In caso di parere favorevole, l'Ordinario potrà dare la licenza, esprimendo il proprio nome, il tempo e il luogo della concessione; se invece credesse opportuno di non darla, ne comunichi le motivazioni all'autore (cf. can. 830, § 3).

§ 3. I rapporti con gli autori siano sempre improntati ad uno spirito costruttivo di dialogo rispettoso e di comunione ecclesiale, che consenta di trovare le vie affinché nelle pubblicazioni non vi sia niente di contrario alla dottrina della Chiesa.

§ 4. La licenza, con le indicazioni segnalate, deve essere stampata nei libri che vengono editi; non basta quindi l'uso della formula «con approvazione ecclesiastica», o simili; si debbono stampare anche il nome dell'Ordinario che la concede, nonché il tempo e il luogo della concessione (cf. interpretazione autentica del can. 830, § 3: AAS, LXXIX, 1987, 1249).

13. Licenza per scrivere su alcuni mezzi di comunicazione

L'Ordinario del luogo ponderi attentamente se sia opportuno o meno, e a quali condizioni, dare il permesso ai chierici o ai religiosi di scrivere sui giornali, opuscoli o riviste periodiche, che sono soliti attaccare apertamente la religione cattolica o i buoni costumi (cf. can. 831, § 1).

III

L'APOSTOLATO DEI FEDELI IN CAMPO EDITORIALE

E, IN PARTICOLARE, L'EDITORIA CATTOLICA

14. L'impegno e la cooperazione di tutti

I fedeli che lavorano nel campo dell'editoria, compresa la distribuzione e la vendita di scritti, hanno, ognuno secondo la specifica funzione svolta, una propria e peculiare responsabilità nella promozione della sana dottrina e dei buoni costumi. Essi pertanto, non solo sono tenuti ad evitare di cooperare alla diffusione di opere contrarie alla fede e alla morale, ma debbono positivamente adoperarsi per la diffusione di scritti che contribuiscono al bene umano e cristiano dei lettori (cf. can. 822, §§ 2_3).

15. Editoria dipendente da istituzioni cattoliche

§ 1. L'editoria che dipende da istituzioni cattoliche (Diocesi, Istituti religiosi, associazioni cattoliche, ecc.) ha una peculiare responsabilità in questo settore. La sua attività deve svolgersi in sintonia con la dottrina della Chiesa e in comunione con i Pastori, in obbedienza alle leggi canoniche, tenuto anche conto dello speciale vincolo che la unisce alla autorità ecclesiastica. Gli editori cattolici non pubblichino scritti che non abbiano la licenza ecclesiastica, quando sia prescritta.

§ 2. Le case editrici dipendenti da istituzioni cattoliche dovranno essere oggetto di particolare sollecitudine da parte degli Ordinari locali, affinché le loro pubblicazioni siano sempre conformi alla dottrina della Chiesa e contribuiscano efficacemente al bene delle anime.

§ 3. I Vescovi hanno il dovere di impedire che siano esposte o vendute nelle chiese pubblicazioni, riguardanti questioni di religione o di costumi, che non abbiano ricevuto la licenza o l'approvazione dell'autorità ecclesiastica (cf. can. 827, § 4).

IV

LA RESPONSABILITA DEI SUPERIORI RELIGIOSI

16. Principi generali

§ 1. I Superiori religiosi, pur non essendo, in senso proprio, maestri autentici della fede e Pastori, tuttavia hanno una potestà che viene da Dio, mediante il ministero della Chiesa (cf. can. 618).

§ 2. L'azione apostolica degli Istituti religiosi deve essere esercitata a nome e per mandato della Chiesa e va condotta in comunione con essa (cf. can. 675, § 3). Particolarmente per loro vale quanto prescrive il can. 209, §1, sulla necessità che tutti i fedeli nella loro attività conservino sempre la comunione con la Chiesa. Il can. 590 ricorda agli Istituti di vita consacrata il loro peculiare rapporto di sottomissione alla suprema autorità della Chiesa e il vincolo di obbedienza che lega i singoli membri al Romano Pontefice.

§ 3. I Superiori religiosi hanno la responsabilità, insieme all'Ordinario del luogo, di dare la licenza ai membri dei loro Istituti per pubblicare scritti che trattano questioni di religione o di costumi (cf. cann. 824 e 832).

§ 4. Tutti i Superiori, e in particolare quelli che sono Ordinari (cf. can. 134, § 1), hanno il dovere di vigilare perché nell'ambito dei loro Istituti sia rispettata la disciplina ecclesiastica, anche in materia di strumenti di comunicazione sociale, e di urgerne l'applicazione qualora rilevassero abusi.

§ 5. I Superiori religiosi, particolarmente quelli i cui Istituti hanno come finalità propria l'apostolato della stampa e dei mezzi di comunicazione sociale, si dovranno adoperare affinché i membri rispettino fedelmente le norme canoniche in materia, e cureranno in modo particolare le case editrici, librerie, ecc. collegate con l'Istituto, perché siano uno strumento apostolico efficace e fedele alla Chiesa e al suo magistero.

§ 6. I Superiori religiosi agiranno in collaborazione con i Vescovi diocesani (cf. can. 678, § 3), eventualmente anche mediante convenzioni appropriate (cf. can. 681, §§ 1_2).

17. Licenza del Superiore religioso

§ 1. Il Superiore religioso cui, a norma del can. 832, compete di concedere ai propri religiosi la licenza per la pubblicazione di scritti che trattano questioni di religione o di costumi, non la dia se non dopo essersi reso conto, previo giudizio di almeno un censore di sua fiducia, che la pubblicazione non contiene nulla che possa arrecare danno alla dottrina della fede e dei costumi.

§ 2. Il Superiore può esigere che la sua licenza preceda quella dell'Ordinario del luogo; e che di essa si faccia esplicita menzione nella pubblicazione.

§ 3. Tale licenza può essere concessa in modo generale, quando si tratti di una collaborazione abituale in pubblicazioni periodiche.

§ 4. Anche in questo settore è particolarmente importante una mutua collaborazione tra Ordinari del luogo e Superiori religiosi (cf. can. 678, § 3 ).

18. Le case editrici dei religiosi

Alle case editrici dipendenti dagli Istituti religiosi si applica quanto è stato affermato a proposito della case editrici dipendenti dalle istituzioni cattoliche in generale. Queste iniziative editoriali devono sempre essere viste come opere apostoliche che vanno esercitate per mandato della Chiesa e condotte in comunione con essa, nella fedeltà al carisma proprio dell'Istituto e nella sottomissione al Vescovo diocesano (cf. can. 678, § 1).

Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell'Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha approvato la presente Istruzione, decisa nella riunione ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 30 marzo 1992.

JOSEPH Card. RATZINGER

Prefetto

+ ALBERTO BOVONE

Arcivescovo tit. di Cesarea di Numidia

Segretario

Romana, n. 14, Gennaio-Giugno 1992, p. 80-88.

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