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23- X -1996, Omelia pronunciata dal Prelato dell'Opus Dei in occasione della solenne cerimonia nella Basilica di Sant’Apollinare, a Roma, per l'inaugurazione dell’anno accademico 1996-97 del Libero Istituto Universitario “Campus Bio-Medico”.

1. Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra[1]. La professione di fede contenuta in questo versetto del Salmo responsoriale acquista una forza particolare in questa Santa Messa d’inaugurazione dell’anno accademico 1996-97 del Libero Istituto Universitario. Infatti, assieme a tutta la Chiesa e a tanti uomini di buona volontà, guidati dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, ci disponiamo ad entrare nel primo dei tre anni di preparazione al Grande Giubileo del 2000, «che celebrerà l’incarnazione del Figlio di Dio, mistero di salvezza per tutto il genere umano»[2].

L’Incarnazione del Verbo ha segnato e continua a segnare profondamente la storia dell’umanità e la vita di ogni uomo e di ogni donna. Non è un fatto circoscritto al passato, come qualunque altro episodio della storia umana, ma un evento mirabile e di costante attualità, perché —come rammentava il Beato Josemaría Escrivá in un’omelia— «Cristo vive. Questa è la grande verità che riempie di contenuto la nostra fede. Gesù, che morì sulla Croce, è risorto, ha trionfato sulla morte, sul potere delle tenebre, sul dolore, sulla angoscia»[3].

Sì, carissimi fratelli e sorelle. Cristo vive nella Chiesa, il suo Corpo Mistico. Vive nei sacramenti, azioni dello stesso Cristo, con le quali santifica gli uomini. Vive nei Pastori —sacerdoti e vescovi— suoi rappresentanti e, in modo particolare, nel Sommo Pontefice, suo Vicario in terra. Vive in ogni cristiano, che a Lui viene reso conforme nel Battesimo e partecipa alla sua vita divina mediante la grazia. Con il proprio sacrificio, infatti, Cristo ha cancellato tutti i nostri peccati ed ha acquistato per noi una vita nuova: la vita dei figli di Dio. È questo —non dobbiamo dimenticarlo mai— il significato principale racchiuso nell’evento che ci apprestiamo a celebrare.

Ma l’incarnazione del Verbo nel seno verginale di Maria, da cui è stata resa possibile la Redenzione, è opera dello Spirito Santo, come proclama il Simbolo della fede. È dunque necessario che la preparazione al Grande Giubileo si compia sotto l’ombra del Paraclito. «La Chiesa —ha scritto il Santo Padre— non può prepararsi ad esso in nessun altro modo, se non nello Spirito Santo. Ciò che “nella pienezza del tempo” si è compiuto per opera dello Spirito Santo, solo per opera sua può emergere dalla memoria della Chiesa»[4].

Risulta dunque molto pertinente dare inizio alle attività del nuovo anno accademico con la Messa dello Spirito Santo. In questa Eucaristia chiediamo al Paraclito di aiutarci a scoprire la presenza di Cristo nella nostra vita quotidiana: nel lavoro, nell’insegnamento, nello studio, nella vita familiare e sociale... Così, oltre a prepararvi al Grande Giubileo seguendo le attività che vi verranno offerte, vi disporrete a quest’appuntamento nel modo che più conta: mediante l’impegno fattivo ad assecondare le ispirazioni che lo Spirito Santo stesso vi farà giungere allo scopo di facilitare la vostra personale identificazione con Cristo Gesù nelle situazioni normali dell’esistenza quotidiana.

Il messaggio del Beato Josemaría Escrivá insegna in modo pratico e concreto che «non c’è situazione terrena, per quanto piccola e ordinaria possa sembrare, che non possa essere occasione di un incontro con Cristo e una tappa del nostro cammino verso il Regno dei Cieli»[5]. Il cristiano che vive coerentemente la fede diventa allora, in ogni circostanza, Gesù che passa, Gesù che si rende presente nel lavoro, nel riposo, nello studio, nell’Università, nel Policlinico, negli uffici del Libero Istituto.

2. Condizione fondamentale per rendere presente Cristo nella propria vita e nel proprio ambito di lavoro è quella di portarlo dentro l’anima mediante la grazia. Poiché tutti siamo peccatori, il Signore ha dato agli Apostoli e ai loro successori —i vescovi, e i collaboratori dei vescovi, i sacerdoti— la potestà di rimettere tutti i peccati, mediante l’effusione dello Spirito Santo nel sacramento della Penitenza. Dimostrerete di volervi unire a Cristo con vincoli di vera amicizia se vi accosterete con la dovuta frequenza a questo sacramento del perdono divino. Così, uniti a Dio in Cristo, sarete in grado di sperimentare la gioia della piena comunione con Lui —con il Suo Corpo, il Suo Sangue, la Sua Anima e la Sua Divinità— nel Santo Sacramento dell’Eucaristia, che è contemporaneamente segno e causa dell’unità della Chiesa e di tutti i cristiani.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato il racconto della costruzione della torre di Babele: gli uomini cercano di scalare il cielo facendo a meno di Dio. Il Signore li punisce confondendo le loro lingue e provocando così la dispersione del genere umano. L’insegnamento di questo brano biblico appare chiaro: la ribellione contro Dio è sempre causa di separazione tra gli uomini. Il peccato —ogni peccato— è la vera causa di tutti i conflitti e delle rivalità che attraversano la società: invece di vivere in serena e leale comunione con gli altri, gli uomini finiscono per farsi trascinare in un genere di vita segnato dal sospetto e dall’inquietudine. Noi, adesso, possiamo trarre un’applicazione pratica da questo insegnamento: la divisione dei compiti, necessaria per la buona riuscita di una grande impresa comune come il Libero Istituto Universitario; la diversità di funzioni e di talenti, di interessi e di opinioni, oltre a non intaccare il bene comune, la fede né la morale, non giustificarebbero mai —come voi ben sapete— la doppiezza, la mormorazione, atteggiamenti egoistici o calcolatori.

Al contrario, la presenza dello Spirito Santo è sorgente di unità e di fecondità nella diversità, come ci ricorda il miracolo delle lingue avvenuto nella Pentecoste. San Paolo, poi, nella seconda lettura ci avverte: Vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune[6]. Se saprete mettere le vostre qualità e le vostre esperienze al servizio dei grandi obiettivi comuni che vi proponete, creando un clima di leale collaborazione e di comprensione magnanima, i risultati raggiunti da questo Libero Istituto si moltiplicheranno. Ma, soprattutto, come l’Apostolo afferma in un altro testo, in questo modo riuscirete voi stessi ed aiuterete gli altri a pervenire allo stato dell’uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo[7]. E per raggiungere questo traguardo soprannaturale, bisogna impiegare i mezzi adatti: la preghiera personale e la frequenza dei sacramenti —la Confessione, la Comunione—, che, mentre ci danno la forza necessaria per esercitare le virtù cristiane, ci rendono anche capaci di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo[8].

3. La piena maturità in Cristo si raggiunge con la pratica abituale della virtù della carità, che ci sprona a voler bene a tutti, a comprendere, a scusare, a perdonare. Il Beato Josemaría amava aiutarci a meditare il mandato della carità ed a trarne tutte le conseguenze: «Dobbiamo aver un amore che copra le innumerevoli deficienze delle miserie umane. Dobbiamo avere una carità meravigliosa, veritatem facientes in caritate, sapendo difendere la verità senza ferire»[9].

Vivere secondo la verità nella carità, come consiglia San Paolo, significa crescere in ogni cosa verso di Lui che è il Capo, Cristo, dal quale tutto il corpo ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità[10]. Che bel programma di vita e com’è facile da applicare nelle attività universitarie! Vivere secondo la verità nella carità tra colleghi, nei rapporti tra docenti e studenti, in quelli di voi medici e di voi infermiere con i malati e i loro familiari... Cercate tutti, sempre, disinteressatamente, la verità che —detta con carità— non può ferire nessuno se non chi è superbo, incapace di lasciarsi aiutare, di accogliere i consigli o gli ammonimenti che mirano a rialzarlo dalle sue prostrazioni e guarire dalla malattia morale che forse lo minaccia.

La superbia è all’origine di tanti danni nei rapporti familiari, sociali e professionali. Essa è incompatibile con la Verità e con la Carità di Cristo. Tutti noi sappiamo bene che è un male universale, da cui non si guarisce definitivamente se non un’ora dopo la morte, come affermava scherzosamente, ma saggiamente, il Beato Josemaría. Tutti i giorni, dunque, dovremo lottare contro di esso. Ma c’è un rimedio molto pratico e accessibile per mantenere sotto controllo la superbia ed eliminarne almeno i sintomi più appariscenti: lo spirito di servizio, non inteso come semplice prestazione di facciata o, peggio ancora, come ornamento verbale, ma come fedele imitazione di Gesù che, pur essendo Dio, non ha voluto farsi servire, ma si è messo al servizio di tutti[11]. I cristiani che cercano di identificarsi con Cristo devono essere servitori buoni e fedeli[12], amici leali, colleghi generosi e magnanimi, laboriosi e sacrificati, forti e affidabili. Ecco la materia prima con cui, senza bisogno del suono delle fanfare, si edifica il Regno di Dio sulla terra. Nella testimonianza quotidiana di uomini e donne così risiede la vera spiegazione del prestigio di una istituzione universitaria come quella che tutti insieme state realizzando.

Ricordiamo perciò con riconoscenza coloro che hanno contribuito a dare quest’impronta alla vita del Libero Istituto Universitario: penso in particolare a quanti ci hanno preceduto nella casa del Padre e, in primo luogo, a Mons. Álvaro del Portillo, fedelissimo figlio e successore del Beato Josemaría, che diede l’impulso iniziale alla creazione di quest’Università e seguì poi da vicino tutte le fasi del suo sviluppo. Ricorrete con fiducia alla sua intercessione presso Dio in ogni vostra necessità. In questi ultimi mesi il Signore ha voluto inoltre chiamare a Sé due docenti del Libero Istituto: Franca Fazio e Raymond McBride; insieme al Prof. Pietro Bucci, primo Rettore, pregheremo per loro in questo Santo Sacrificio.

Invoco lo Spirito Santo, perché discenda su tutti voi ed infiammi i vostri cuori di amore a Gesù, di desideri operativi di seguire le sue orme di Servitore umile e verace, contribuendo così a dare gloria a Dio con il vostro impegno di lavoro e di studio nel Libero Istituto Universitario.

Affido tutti i vostri desideri di vivere secondo la verità nella carità alla Madre del Buon Consiglio e del Bell’Amore, nel cui grembo il Verbo di Dio si è fatto uomo. Maria è Madre di Dio e Madre nostra, si prende cura di ognuno di noi, ma in particolare dei più bisognosi. Affidate perciò tutti i malati del Policlinico universitario a Maria, Salute degli infermi; in questo modo apprezzerete certamente meglio il grande aiuto che essi vi prestano con le loro sofferenze, cristianamente accettate, nel compimento del vostro anelito di servizio. Così sia.

[1] Salmo responsoriale (cfr. Sal 103, 30).

[2] Giovanni Paolo II, Lett. apost. Tertio Millennio adveniente, 10-XI-1994, n. 40.

[3] Beato Josemaría Escrivá, È Gesù che passa, n. 102.

[4] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et Vivificantem, 18-V-1986, n. 51.

[5] Beato Josemaría Escrivá, È Gesù che passa, n. 22.

[6] L. II (1 Cor 12, 6-7).

[7] Ef 4, 13.

[8] Rm 15, 5.

[9] Forgia, n. 559.

[10] Ef 4, 15-16.

[11] Cfr. Mt 20, 28.

[12] Cfr. Mt 25, 21.

Romana, n. 23, Luglio-Dicembre 1996, p. 187-190.

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