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“Ringraziamo Dio per Benedetto XVI, umile lavoratore della vigna del Signore” (Agenzia Exaudi, 31-XII-2022)

Con la morte di Benedetto XVI ci lascia un sacerdote, un teologo, un vescovo, un cardinale e un Papa che si è visto come “un umile lavoratore nella vigna del Signore”. Insieme al dolore, è naturale ringraziare Dio per la sua vita e per i suoi insegnamenti. L’ultima lezione del Pontefice tedesco è stata la discrezione e la sobrietà con cui ha vissuto dal 2013, in atteggiamento di preghiera.

Fin da quando l’ho conosciuto personalmente nel 1986, quando ho iniziato a collaborare come consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, sono rimasto colpito dalla sua disponibilità all’ascolto di tutti. Ho avuto l’opportunità di stare da solo con lui in molte occasioni, sia per questioni congregazionali che per altre. In questi incontri non era mai lui a chiudere la conversazione, né a far sapere che lo attendevano altre faccende. Era edificante percepire la grande considerazione che meritavano le opinioni degli altri, anche se a volte erano diverse dalle sue. Opinioni opposte gli potevano essere presentate con tutta tranquillità e lui non si sarebbe turbato, nonostante provenissero da un interlocutore di età, preparazione o esperienza inferiori. Ciò che contava davvero per lui era la verità. Così aveva inciso nel suo motto episcopale alcune parole di san Giovanni: Cooperatores veritatis (3 Gv 8).

Esemplare il suo amore per la Chiesa e per il Papa, che andava oltre l’affettivo. Ricordo, per esempio, quando mons. Lefebvre accettò quanto gli veniva proposto e poco dopo fece marcia indietro. Prima di questo fatto, al cardinale Ratzinger era venuto di esclamare con dolore: “Come mai non si accorgono che senza il Papa non sono niente!”.

La sua umiltà e il suo amore per il Signore lo rendevano capace di rispondere con un “sì” a ciò che il Signore e la Chiesa gli chiedevano. È noto che, a più riprese, presentò le sue dimissioni a san Giovanni Paolo II, perché lo sostituisse con qualcuno più giovane e dotato di maggiore vitalità fisica. Di fronte alla richiesta del Papa di restare in carica, il cardinale Ratzinger non ha esitato.

Poco dopo essere stato eletto alla Sede di Pietro, disse che alla morte di san Giovanni Paolo II pensava di potersi ritirare nella nativa Germania per dedicarsi alla preghiera e allo studio. Ma il Signore aveva altri progetti, e ha dovuto ascoltare, riferendosi a sé stesso, le parole del capitolo 21 del Vangelo di san Giovanni: “Ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi. Ma quando sarai vecchio tenderai le braccia e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”.

Allo stesso modo, si è saputo far da parte quando, al cospetto di Dio, ha visto di non poter più svolgere adeguatamente le impegnative responsabilità che comporta la missione di successore di Pietro. Come tutti, ho ricevuto la notizia delle sue dimissioni con un misto di dolore e affetto per questo grande successore di san Pietro. Negli ultimi mesi si è visto come la sua forza fisica stesse scemando, ma non la sua lucidità mentale e la sua serenità d’animo, la sua semplicità e la sua gentilezza.

Quel saper scomparire, servendo la Chiesa con la sua preghiera silenziosa, è stata la nota caratteristica di questi ultimi anni dopo le sue dimissioni. Ho avuto modo di visitarlo in alcune occasioni nella sua residenza nei giardini vaticani: sembrava interessato agli altri e concentrato sulla preghiera. Come egli stesso ha affermato, si è sentito come un pellegrino in cammino verso la casa del Padre, verso l’abbraccio di Cristo, oggetto del suo amore e dei suoi lunghi anni di studio.

Nei suoi quasi otto anni di pontificato, Benedetto XVI ci ha lasciato un grande patrimonio spirituale e dottrinale, costituito dalle Encicliche Deus caritas est, Spe salvi,Caritas in veritate; oltre ad abbondanti esortazioni apostoliche e omelie. Enormemente ricco è il magistero svolto attraverso le udienze del mercoledì, come quello riferito alla Chiesa, agli Apostoli e ai Padri della Chiesa, o il ciclo di udienze sulla preghiera, che costituisce un trattato di grande bellezza e profondità sul dialogo con Dio.

Tutta la sua vita potrebbe essere riassunta in una frase preziosa che pronunciò nella Messa per l’inizio del suo ministero petrino: “Non c’è niente di più bello che lasciarsi raggiungere dal Vangelo, da Cristo”. Per lui la felicità “ha un nome, ha un volto: quello di Gesù di Nazaret, nascosto nell’Eucaristia”.

Benedetto XVI ha guidato la barca della Chiesa nel mare della storia con lo sguardo fisso su Gesù Cristo, nei “giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca era abbondante, e in tempi in cui le acque erano agitate”, il vento era contrario e sembrava che il Signore dormisse. Ma sapeva che la barca apparteneva a Cristo.

Benedetto XVI è stato “una di quelle luci vicine, persone che illuminano riflettendo la luce di Cristo, offrendo una guida per la nostra vita”, come ha espresso magnificamente nell’EnciclicaSpe salvi.

Il suo lavoro nella vigna della Chiesa gli sarà valso le parole amorose di Cristo: “Vieni, servo buono e fedele, entra nella casa del tuo Signore”.

Romana, n. 75, Luglio-Dicembre 2022, p. 210-211.

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