Cardinale Angelo Becciu in occasione della beatificazione, Vistalegre, Madrid (18-V-2019)
Cari fratelli e sorelle,
ascoltando queste parole di Cristo, rivolte ai discepoli e oggi indirizzate a noi, siamo quasi catturati da timore. Vorremmo subito rispondere al Maestro: sei tu la luce del mondo! E infatti ci torna alla mente quanto Egli ha detto di sé stesso: “Io sono la luce del mondo...chi segue me avrà la luce della vita” (Gv 8, 12). Tuttavia, l’odierna pagina evangelica ci ricorda che Cristo dice che anche noi siamo nel mondo luce, perché l’abbiamo ricevuta da Lui, il quale è venuto nel mondo non soltanto per “essere la luce”, ma per “dare la luce”, per trasferirla nelle menti e nei cuori di quanti credono in Lui. Gesù vuole da noi proprio questo, quando dice “voi siete la luce del mondo”. Infatti aggiunge: “Non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa” (Mt 5, 14-15).
Abbiamo quindi un compito. Abbiamo una responsabilità per il dono ricevuto: la responsabilità per la luce che ci è stata tramandata. Non possiamo soltanto appropriarci di essa e tenerla per noi stessi, ma siamo chiamati a comunicarla agli altri, a donarla; dobbiamo farla risplendere “davanti agli uomini” (Mt 5, 16).
Di questa verità ebbe consapevolezza la beata Guadalupe. Essa è per noi un modello di come attingere questa luce che è Cristo e di come trasmetterla ai fratelli. Ci troviamo, infatti, davanti a una donna la cui vita è stata rischiarata solo dalla fedeltà al Vangelo. Poliedrica e perspicace, è stata luce per quanti ha incontrato nel corso della sua esistenza, attingendo coraggio e gioia di vivere dal suo abbandono in Dio, alla cui volontà aderiva giorno dopo giorno e la cui scoperta la rendeva coraggiosa testimone e annunciatrice della Parola di Dio. La sorgente della sua feconda vita cristiana era l’intima e costante unione con Cristo. Il suo dialogo con Dio, fin da giovinetta, era continuo e avveniva soprattutto mediante un’intensa vita sacramentale e prolungati tempi di raccoglimento: la Santa Messa e la confessione erano i pilastri del suo vissuto spirituale. La preghiera del rosario, recitata con grande devozione, era il segno evidente del suo profondo legame con la Madre di Dio, alla cui intercessione era solita affidarsi. Guadalupe ha compiuto un cammino di orazione completo e maturo, che la portò a sperimentare in modo profondo e mistico la presenza del Signore e il suo amore misericordioso. È infatti dalla contemplazione del mistero pasquale che scaturì la luce della verità che guidò i suoi passi. La stessa luce la rese una “lanterna” posta “sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa” (Mt 5, 15).
La croce non tardò ad apparire nella sua vita. Nel terribile periodo della guerra civile accettò con eroica fortezza, frutto di fede, speranza e carità altrettanto eroiche, la tragica fucilazione del padre, i pericoli del conflitto armato, l’allontanamento da Madrid, la povertà e l’interruzione degli studi. Nel mezzo di tanto deserto spirituale e materiale avvenne l’incontro che avrebbe dato una svolta totale alla sua esistenza. Toccata dalla “Grazia”, sperimentata durante una Messa domenicale, sentì il desiderio di incontrare qualcuno che l’aiutasse a trovare risposte più esaurienti alle sue esigenze spirituali e così, mediante un amico, entrò in contatto con il fondatore dell’Opus Dei. Il colloquio segnò un decisivo passo verso una vita di totale donazione a Dio. Entrata nell’Opera, si rese disponibile, con animo entusiasta e generoso, a comunicare ovunque e a chiunque la gioia della scoperta della “perla preziosa” e iniziò a svolgere un intenso apostolato in varie località, stringendo facilmente e dovunque amicizia con giovani che erano edificate dalla sua fede, pietà, carità e allegria sana e contagiosa. Aveva ormai capito che l’unione con Dio non poteva limitarsi al momento della preghiera in cappella, ma che tutta la giornata le era offerta per intensificare il suo rapporto con il Signore. Una sua caratteristica spirituale infatti era quella di trasformare in preghiera tutto ciò che faceva. Al riguardo, amava ripetere che occorre “camminare con i piedi per terra ma con lo sguardo sempre rivolto al Cielo, per vedere meglio quello che succede intorno a noi” (Informatio, Sez. II, Biographia documentata, p. 46).
Quando il fondatore, Escrivá de Balaguer, le chiese se era disposta ad andare in Messico per impiantarvi l’Opera, accettò subito e con gioia. Ormai non aveva nessun interesse se non quello di essere docile strumento nelle mani di Dio. Per superare le comprensibili difficoltà di famiglia, prepararsi spiritualmente al fine di compiere quanto Dio le domandava, si affidò a Nostra Signora di Guadalupe. In Messico, il suo lavoro apostolico si basava sull’amore di Dio, che si traduceva in una vita di pietà e di abbandono nelle Sue mani, di zelo missionario; si preoccupava anzitutto di formare bene le nuove leve; insisteva sulla necessità della perseveranza; edificava con il suo spirito di orazione, di sobrietà e di penitenza; era evidente che lavorava soltanto per la gloria di Dio e per l’estensione del suo regno.
Destinata a Roma, con responsabilità di governo, fu obbediente, umile e allegra come sempre, dedicandosi al lavoro d’ufficio e alla preghiera. Rientrata in Spagna, riprese l’insegnamento e la formazione delle giovani dell’Opera: fu il tempo di un impegno deciso, costante, generoso e gioioso nel vivere con sempre più radicalità il Vangelo; fu una risposta cosciente all’amore di Dio, di cui lei si sentì sempre investita soprattutto nei momenti più tragici della sua esistenza, con il proposito di farsi santa e, sulla scia della spiritualità dell’Opus Dei, fortemente animata dal desiderio di coinvolgere il maggior numero possibile di fratelli e di sorelle nella stessa avventura.
La beata Guadalupe ha saputo essere, in ogni circostanza, dono per gli altri, curando specialmente la formazione delle studentesse e dedicandosi alla ricerca scientifica per promuovere il progresso dell’umanità. Inoltre, il suo cuore fu sempre aperto alle necessità del prossimo, traducendosi in accoglienza e comprensione. In ogni circostanza dimostrò di essere una donna forte. La sua fortezza era particolarmente evidente nelle difficoltà, nell’attuazione di nuove opere apostoliche, nell’evangelizzazione di frontiera e, soprattutto, nell’accoglienza paziente delle sofferenze di natura fisica, che ne condizionavano pesantemente il vissuto. Tutto ha saputo accogliere senza riserve e senza lamenti, trasformando le infermità in preziosa offerta all’Altissimo e in un’occasione di profonda unione al Crocifisso.
La nuova beata comunica a noi cristiani di oggi che è possibile armonizzare preghiera e azione, contemplazione e lavoro, secondo uno stile di vita che ci porta a fidarci di Dio e a sentirci espressione della sua volontà da vivere in ogni momento. Inoltre, ci insegna quanto sia bello e attraente possedere capacità di ascolto e atteggiamento sempre gioioso anche nelle situazioni più dolorose. Guadalupe si presenta così ai nostri occhi come un modello di donna cristiana sempre impegnata laddove il disegno di Dio l’ha voluta, specificamente nel sociale e nella ricerca scientifica. In definitiva è stata un dono per tutta la Chiesa ed è un valido esempio da seguire.
La sua ricchezza di fede, speranza e carità è una mirabile dimostrazione di quanto il Concilio Vaticano II ha affermato circa la chiamata di tutti i fedeli alla santità, specificando che ognuno persegue questo obiettivo «seguendo la propria via» (Lumen gentium, 41). Questa indicazione del Concilio trova oggi una compiuta attuazione con la beatificazione di questa donna, alla cui preghiera e intercessione ci rivolgiamo per essere sempre più testimoni della luce di Cristo e lampade che illuminano le tenebre del nostro tempo.
Sì, invochiamola: beata Guadalupe, prega per noi!
Romana, n. 68, Gennaio-Giugno 2019, p. 34-35.