Discorso per l’inaugurazione dell’Anno accademico, Pontificia Università della Santa Croce, Roma (8-X-2018)
Eminenze Reverendissime, Eccellenze, professori, collaboratori, studenti, signore e signori,
questa volta l’inizio dell’Anno accademico costituisce il momento previsto per l’entrata in vigore della Costituzione apostolica Veritatis gaudium, con cui il Santo Padre ha voluto dare un rinnovato assetto legislativo alle Università e Facoltà ecclesiastiche[1]. In questa occasione vorrei indicare brevemente una linea di fondo che, a mio parere, sorregge il proemio di questo documento, e cioè la piena e vitale inserzione degli studi ecclesiastici nel processo di evangelizzazione del mondo cui siamo chiamati.
Con parole del Papa: «L’occasione è propizia per procedere con ponderata e profetica determinazione alla promozione, a tutti i livelli, di un rilancio degli studi ecclesiastici nel contesto della nuova tappa della missione della Chiesa, marcata dalla testimonianza della gioia che scaturisce dall’incontro con Gesù e dall’annuncio del suo Vangelo, che ho programmaticamente proposto a tutto il Popolo di Dio nella Evangelii gaudium»[2].
In questo senso, occorre evitare decisamente l’idea secondo cui il mondo delle scienze ecclesiastiche sarebbe una sorta di recinto separato, avente una logica apparentemente autosufficiente, rispetto ai problemi reali della Chiesa e del mondo. Una visione meramente erudita di quelle scienze porterebbe a concepire l’ambito accademico come chiuso nella sua crescente specializzazione, distante da ogni preoccupazione di annuncio del Vangelo e di conseguente risposta alle angosce personali e collettive.
L’atteggiamento scientifico nella ricerca e nella docenza sembrerebbe esigere una sorta di distacco da quanto avviene nel mondo reale e da ogni prospettiva di vero servizio.
Più profonda diventerebbe quella separazione dalla realtà viva della Chiesa quando si dimenticasse che, usando ancora parole della Veritatis gaudium, «criterio prioritario e permanente [del rinnovamento degli studi] è quello della contemplazione e della introduzione spirituale, intellettuale ed esistenziale nel cuore del kerygma, e cioè della sempre nuova e affascinante lieta notizia del Vangelo di Gesù»[3].
Perciò l’anima degli studi deve essere sempre l’autenticità del messaggio cristiano, con il presupposto fondamentale di servire la Chiesa e la società. Così non c’è il rischio di confondere la libertà nel lavoro teologico e nelle altre discipline e il legittimo pluralismo, con un distacco intellettuale e vitale dall’unica verità che salva, dall’adesione a Cristo e alla Chiesa.
In questa Università contiamo su un patrimonio fondazionale che afferma con vigore la trascendenza apostolica dei nostri sforzi. Mi vengono alla mente, per esempio, alcune parole di san Josemaría, che certamente vanno oltre l’ambito delle scienze ecclesiastiche, ma si applicano perfettamente a esse: «Per te, che desideri formarti una mentalità cattolica, universale, ne trascrivo alcune caratteristiche: — ampiezza di orizzonti, e vigoroso approfondimento di ciò che è perennemente vivo nell’ortodossia cattolica; — anelito retto e sano — mai frivolezza — di rinnovare le dottrine tipiche del pensiero tradizionale, nella filosofia e nell’interpretazione della storia...; — una premurosa attenzione agli orientamenti della scienza e del pensiero contemporanei; — un atteggiamento positivo e aperto di fronte all’odierna trasformazione delle strutture sociali e dei modi di vita» (Solco, n. 428).
Il fondatore dell’Opus Dei ci spronava alla ricerca dell’unità di vita in tutti gli ambiti dell’esistenza cristiana, e perciò in piena sintonia con un orizzonte che unisce lo studio con il servizio, senza dimenticare mai il radicamento nella vita sacramentale e di preghiera.
Mi ricordo di un incontro informale che il beato Álvaro del Portillo, fondatore di questa Università, ebbe nel 1984 con il corpo docente, che si avviava a cominciare la vita di quel che si chiamava allora Centro Accademico Romano della Santa Croce.
Fra gli altri consigli pratici che ci dava ve n’erano due che indicavano molto bene il modo in cui concepiva il lavoro accademico. Il primo riguardava la scelta degli argomenti di ricerca: fra tantissime possibilità, don Álvaro ci consigliò caldamente di optare per quelle che potessero avere una maggiore incidenza nel servizio della Chiesa e delle anime. Il secondo suggerimento, non meno pratico, era rivolto specialmente ai filosofi, ma valeva per tutti: cercare la chiarezza nei nostri testi, quella chiarezza da lui stesso amata e messa in pratica nei suoi scritti.
L’inserimento nella missione salvifica della Chiesa deve informare tutto il lavoro universitario e concerne tutti i componenti dell’Università. Dedicarsi come docenti alla ricerca e all’insegnamento nelle scienze sacre è in sé stesso un compito profondamente apostolico. Trascorrere un tempo a Roma come studenti non solo non è separarsi dal proprio servizio alla Chiesa, ma implica un dono per potenziare tale servizio. Lavorare nell’Università in svariati compiti di direzione, organizzazione e di indole tecnica mostra il suo pieno valore quando si vive come partecipazione indispensabile per la comune missione.
Chiedendo per l’intercessione di Maria Sedes Sapientiae il dono della gioia della verità, dichiaro inaugurato l’Anno accademico 2018-2019.
[1] Cfr. Papa Francesco, Cost. ap. Veritatis gaudium, art. 88.
[2] Papa Francesco, Cost. ap. Veritatis gaudium, proemio, n. 2.
[3] Papa Francesco, Cost. ap. Veritatis gaudium, proemio, n. 4a.
Romana, n. 67, Luglio-Dicembre 2018, p. 267-269.