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La Stampa(Torino) 26-I-2006 Sull’Enciclica Deus caritas est.

«Deus caritas est», dice il testo latino di San Giovanni che il Papa ha voluto scegliere come titolo della sua prima enciclica. Questa frase è stata tradotta in tutte le lingue con «Dio è amore». La carità e l’amore si identificano? In parte sì e in parte no. La parola «amore» è piuttosto inflazionata: forse la usiamo troppo, a volte per riferirci a sentimenti effimeri, o anche a manifestazioni di egoismo, come fa notare il Papa.

La carità fa parte della identità cristiana: “In questo riconosceranno che siete miei discepoli: se vi amerete gli uni gli altri” disse il Signore. I pagani riconoscevano i cristiani per questa caratteristica: “Guarda come si amano”, esclamavano. L’amore di Cristo costituisce una disposizione morale che si proietta in un’enorme varietà di azioni. Carità significa servire, comprendere, consolare, scusare, sorridere, accompagnare, correggere, incoraggiare, chiedere perdono e perdonare, dare e ricevere. San Josemaría affermava senza giri di parole: “Il principale apostolato che noi cristiani dobbiamo realizzare nel mondo, la migliore testimonianza della fede, è contribuire a che all’interno della Chiesa si respiri il clima della autentica carità”.

Se affrontiamo la lettura e la meditazione della enciclica con la sana curiosità di chi sa che ci descriverà qualcosa di nuovo, con la mente e il cuore aperti, incontreremo la novità permanente di questa rivelazione: Dio è amore che si irradia a tutti e a ciascuno degli uomini. E si compirà il desiderio di Benedetto XVI: che questa Enciclica “illumini e aiuti la nostra vita cristiana”.

Romana, n. 42, Gennaio-Giugno 2006, p. 86.

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