Nel XXX anniversario del decreto “Presbyterorum Ordinis”
Trent’anni or sono, il 7 dicembre 1965, venivano votati e approvati dai Padri conciliari, e successivamente promulgati da Sua Santità il Papa Paolo VI, gli ultimi quattro documenti che il Concilio Vaticano II consegnava alla Chiesa e al mondo: la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et spes), i Decreti sull’attività missionaria della Chiesa (Ad gentes divinitus) e sul ministero e la vita dei presbiteri (Presbyterorum Ordinis) e la Dichiarazione sulla libertà religiosa (Dignitatis humanæ) . L’indomani, solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, il Concilio veniva solennemente chiuso dal Papa con la Lettera apostolica In Spiritu Sancto [1]. Erano passati poco più di tre anni dall’11 ottobre 1962, il giorno della sua apertura ad opera di Giovanni XXIII, data in cui la Chiesa celebrava un’altra festa mariana, la Maternità di Maria[2].
In questi trent’anni le Costituzioni, i Decreti e le Dichiarazioni conciliari sono stati un punto di riferimento costante per la Chiesa. Ad essi i Papi ed i Vescovi succedutisi alla guida della Chiesa universale e delle Chiese particolari hanno ispirato il proprio governo pastorale. Nella consapevolezza che, come sottolineato dal Sinodo straordinario del 1985, il Concilio Vaticano II è stato un vero dono di Dio alla Chiesa e al mondo, «la grande grazia di questo secolo»[3], la Sposa di Cristo ha continuato ad approfondire il contenuto dei sedici documenti conciliari, sentendosi chiamata a svilupparne e metterne in pratica sempre più fedelmente tutte le implicazioni dottrinali e pastorali.
Questa stessa consapevolezza spiega la vivissima risonanza suscitata nella Chiesa dalle numerose commemorazioni del trentesimo anniversario della chiusura del Concilio, svoltesi da più parti negli ultimi mesi. Dato il loro particolare rilievo, segno di una sensibilità ecclesiale che è per tutti invito alla riflessione, ci riferiamo qui ad alcune, specificamente dedicate al DecretoPresbyterorum Ordinis.
Fra le altre, e non tanto per gli eccezionali riscontri che ha avuto nei mezzi di comunicazione, quanto per il significato e la densità degli interventi che lo hanno caratterizzato, il Simposio Internazionale organizzato a Roma nell’ultima settimana di ottobre dalla Congregazione per il Clero. Esula dallo spazio concesso a queste note ripercorrere i contributi offerti dai Vescovi presenti —tra i quali il Vescovo Prelato dell’Opus Dei, S.E.R. Javier Echevarría[4]—, dai teologi e dagli altri specialisti nella messa a fuoco dei punti chiave della dottrina conciliare sul sacerdote e sul suo ministero. Ma si può e si deve evidenziare la loro convergenza nel sottolineare lo spazio insostituibile occupato dal sacerdozio nella coscienza che la Chiesa ha del proprio mistero, e la necessità di adoperarsi per la santificazione dei sacerdoti: «La missione del sacerdote in quanto ministro di santificazione —ha detto Mons. Echevarría—, si dispiega nella pienezza delle proprie virtualità d’edificazione della Chiesa solo se il presbitero, toccato nella profondità del proprio essere da questa specifica chiamata che lo identifica sacramentalmente con Cristo Sacerdote, sa esprimere in tutti gli aspetti della sua vita la totalità del sì pronunciato un giorno al dono di Dio»[5].
Il senso del Simposio ci pare mirabilmente sintetizzato soprattutto in queste bellissime parole delDiscorso conclusivo del Santo Padre Giovanni Paolo II, contenente alcuni brani nei cui accenti autobiografici palpita un preciso messaggio per tutti i sacerdoti: «Nell’arco di quasi cinquant’anni di sacerdozio ciò che per me continua ad essere il momento più importante e più sacro è la celebrazione dell’Eucaristia. È dominante in me la consapevolezza di celebrare all’altare in persona Christi. Mai nel corso di questi anni ho lasciato la celebrazione del Santissimo Sacrificio. Se ciò è accaduto, è stato soltanto per motivi indipendenti dalla mia volontà. La Santa Messa è in modo assoluto il centro della mia vita e di ogni mia giornata»[6].
Il Papa ha richiamato alcune fra le linee guida della dottrina conciliare sul sacerdozio. Pur senza sviluppare diffusamente l’argomento, data anche la brevità delDiscorso ed i molteplici documenti magisteriali ad esso dedicati nel corso del Pontificato[7], egli ha ricordato come il sacerdozio ministeriale, oltre a costituire «un punto nevralgico dell’intera vita e missione della Chiesa»[8], deve essere considerato, in quanto partecipazione specifica al sacerdozio di Cristo, una vocazione divina e un dono della Trinità agli uomini.
In questo e in altri aspetti segnalati dal Papa, si intravedono le grandi linee dottrinali del decretoPresbyterorum Ordinis, peraltro già presenti nella Costituzione dogmatica Lumen gentium —alla quale il Decreto rimanda espressamente— laddove tratteggia il contenuto e il significato del ministero e della vita dei presbiteri: le nozioni di consacrazione e di missione
Queste nozioni stanno in un rapporto di reciproca compenetrazione. Il sacerdote, infatti, è un fedele cristiano scelto da Dio —senza meriti da parte sua, ma per mera generosità divina— e preso tra gli altri battezzati per ricevere una determinata configurazione sacramentale con Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote (consacrazione sacerdotale attraverso il sacramento dell’Ordine, che rende i ministri sacri capaci di agire nel nome e nella persona di Cristo Capo e Pastore della Chiesa), e per essere così inviato a prolungare la missione di Cristo (missione ministeriale al servizio del popolo di Dio e di tutti gli uomini attraverso i doni ricevuti). Di qui che i sacerdoti svolgano nella Chiesa le funzioni di insegnare, santificare e guidare pastoralmente, in un modo specifico e insostituibile.
Siamo in uno dei nuclei vitali dell’identità della Chiesa. Perciò ci sembra doveroso sottolineare la portata del servizio ecclesiale reso da coloro che hanno svolto un ruolo rilevante nella stesura del DecretoPresbyterorum Ordinis e che sono stati giustamente ricordati nelle celebrazioni del suo anniversario. Spicca, tra le altre, la figura di Mons. Álvaro del Portillo, che ricoprì durante il Concilio la funzione di Segretario della Commissione De disciplina cleri et populi cristiani, incaricata di redigere il testo del Decreto, e che sarebbe successivamente diventato il primo successore del Beato Josemaría, e ordinato Vescovo alla guida della Prelatura dell’Opus Dei. La persona e l’attività di Mons. del Portillo sono state in particolare commemorate nel corso del Simposio organizzato dalla Congregazione per il Clero e soprattutto nell’Atto accademico celebrato dalla Facoltà di Teologia del Pontificio Ateneo della Santa Croce, al quale ha partecipato S.E.R. Mons. Julián Herranz, stretto collaboratore di Mons. del Portillo durante i lavori del Concilio e attuale Presidente del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei Testi legislativi.
Nella sua conferenza[9], portando a sostegno di quest’affermazione precisi dati relativi alla lunga storia della stesura del documento, Mons. Herranz ha dichiarato che «una compiuta commemorazione del DecretoPresbyterorum Ordinis è inseparabile dall’uomo che diresse la sua non facile preparazione, Mons. Álvaro del Portillo». Fra l’altro, Mons. Herranz ha esposto il passo cruciale nell’iter del documento, quando la «Commissio de laboribus Concilio coordinandis», accogliendo l’auspicio dei Padri, che cioè il sacerdozio ministeriale dei presbiteri venisse trattato non in forma di brevi proposizioni ma tramite un Decreto d’ampio respiro ed esauriente nei contenuti, affidò alla Commissione coordinata da Mons. del Portillo l’incarico di redigerne il testo.
«Mons. Álvaro del Portillo —ha ricordato l’illustre relatore— convocò immediatamente e mise al lavoro le varie sottocommissioni di Membri e di Periti in cui era articolata la Commissione, e fu preparato in tempo record il progetto del nuovo schema. La Commissione plenaria, sempre sotto la direzione di Mons. del Portillo a cui il Presidente, Card. Pietro Ciriaci, aveva affidato questo compito, prese in esame le successive parti del nuovo schema nelle riunioni plenarie tenute —posso dire in vere e proprie “sedute fiume”— i giorni 29 ottobre e 5, 9 e 12 novembre 1964. La grazia del Signore, invocato con fiducia all’inizio di ogni sessione di lavoro, fece possibile che il progetto di DecretoDe ministero et vita Presbyterorum fosse approntato, stampato e distribuito all’intera Assemblea conciliare otto giorni dopo, il 20 novembre 1964, cioè alla vigilia della conclusione della Terza Sessione del Concilio».
Dopo aver riferito alcuni particolari dell'iter del decreto, e la sua approvazione da parte dell'Assemblea conciliare il 7 dicembre 1965, Mons. Herranz ha così proseguito: «Sono sicuro che a tutti voi, in particolare a quelli che hanno avuto la fortuna di conoscere e frequentare Don Álvaro, piacerà rileggere una lettera che il Card. Pietro Ciriaci gli scrisse una settimana dopo, il 14 dicembre 1965. Leggerò soltanto qualche brano: “Rev.mo e caro Don Álvaro: Con l’approvazione definitiva del 7 dicembre scorso si è chiuso, grazie a Dio, felicemente, il grande lavoro della nostra Commissione, che ha potuto così condurre in porto il suo Decreto, non ultimo per importanza dei decreti e costituzioni conciliari”. Poi, dopo aver ricordato con gioia la “votazione quasi plebiscitaria del testo”, l’Emm.mo Presidente aggiungeva: “So bene quanto in tutto questo abbia avuto parte il Suo lavoro saggio, tenace e gentile, che, senza mancare di rispetto alla libertà di opinione altrui, non ha trascurato di seguire una linea di fedeltà a quelli che sono i grandi principi orientatori della spiritualità sacerdotale. Nel riferire al Santo Padre non mancherò di segnalare tutto questo. Intanto voglio che Le giunga, con un caldo plauso, il mio grazie più sentito”».
Ci sembra assai significativo rilevare come, al ricordo di Mons. Álvaro del Portillo, richiamato dalle commemorazioni dell’anniversario delPresbyterorum Ordinis, sia stato autorevolmente associato quello del Beato Josemaría Escrivá. Anche sul presbiterato, infatti, il suo pensiero, mentre approfondisce il solco più solido della dottrina cattolica, introduce spunti originali e fecondi per quanto in particolare attiene alla spiritualità sacerdotale.
«Il presbiterato è essenzialmente e anzitutto, una configurazione, una trasformazione sacramentale e misteriosa della persona dell’uomo-sacerdote nella persona dello stesso Cristo, unico Mediatore»[10]: rileggendo queste parole di Mons. del Portillo non si può fare a meno di pensare alla dottrina ripetutamente ribadita dal Beato Josemaría fin dagli anni precedenti il Concilio. Così, in un’omelia del 1960, egli aveva descritto il Sacrificio Eucaristico con le seguenti espressioni: «La Messa —ripeto— è azione divina, trinitaria, non umana. Il sacerdote che celebra, collabora al progetto del Signore, prestando il suo corpo e la sua voce; ma non agisce in nome proprio, main persona et in nomine Christi, nella Persona di Cristo, e nel nome di Cristo»[11]. Affermazioni essenziali, informate di rigore teologico e ricche di suggestioni esistenziali, con cui il Beato Josemaría delinea i tratti fondamentali della figura del presbitero che emergeranno in seguito dai documenti conciliari: uomo configurato ontologicamente con Cristo, Capo e Pastore della Chiesa, per agire in persona Christi e con la sua autorità e potestà.
Una chiara impronta della dottrina spirituale del Beato Josemaría si può riscontrare nell’insegnamento conciliare sulla santità dei presbiteri secolari, così come nel riferimento all’unità di vita dei sacerdoti e al suo fondamento, che, in parole diPresbyterorum Ordinis, consiste nell’unirsi a Cristo «nella scoperta della volontà del Padre e nel dono di sé per il gregge loro affidato»[12].
Questa dottrina sull’unità di vita del sacerdote e, in specie, sul suo impegno personale per incarnarla ed insegnarla nello svolgimento del proprio ministero secondo l’esempio di Cristo traspare in un episodio della vita del Fondatore dell’Opus Dei che il Card. Ratzinger ha voluto espressamente citare nel suo intervento al Simposio sulPresbyterorum Ordinis, organizzato dalla Congregazione per il Clero:
«Parlando delle diverse forme della predicazione, il documento rileva in tutte queste forme una costante: il sacerdote non deve mai insegnare la sua propria sapienza, ma ciò che importa è sempre la parola di Dio che spinge alla verità e alla santità. Modellandosi sulla parola di San Paolo, il ministero della parola esige dal sacerdote di spogliarsi profondamente di se stesso: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”(Gal 2, 20) . Qui mi viene in mente un piccolo episodio degli inizi dell’Opus Dei. Una giovane donna ebbe per la prima volta l’occasione di partecipare alle conferenze di Don Escrivá, fondatore dell’Opus Dei. Era curiosissima di ascoltare l’oratore tanto famoso. Dopo aver però partecipato alla Messa con lui —così ella raccontava più tardi—, non volle più mettersi in ascolto di un oratore umano, ma soltanto ormai riconoscere la parola e la volontà di Dio. Il ministero della parola esige dal sacerdote la partecipazione alla kenosis di Cristo, il sorgere e il tramontare in Cristo. Il fatto che non parla di se stesso, ma porta il messaggio di un altro, certo non significa in nessun modo indifferenza personale, ma piuttosto il contrario: il perdersi in Cristo che riprende il cammino del suo mistero pasquale, e così porta a ritrovare veramente se stesso ed alla comunione con Colui, che è il Verbo di Dio in persona»[13].
Guidata dal Santo Padre Giovanni Paolo II, la Chiesa si incammina verso il terzo millennio con rinnovato spirito evangelizzatore. «Il Concilio Vaticano II —ha recentemente scritto il Papa, mostrando una valenza nuova del messaggio conciliare— costituisce un evento provvidenziale, attraverso il quale la Chiesa ha avviato la preparazione prossima al Giubileo del secondo Millennio»[14]. La conseguenza che il Papa stesso ne ricava è che «la miglior preparazione alla scadenza bimillenaria, pertanto, non potrà che esprimersi nel rinnovato impegno di applicazione, per quanto possibile fedele, dell’insegnamento del Vaticano II alla vita di ciascuno e di tutta la Chiesa»[15].
[1] PAOLO VI, Lettera Apostolica In Spiritu Sancto, 8 dicembre 1965: AAS 58 (1966) pp. 18-19.
[2] GIOVANNI XXIII, Discorso Gaudet Mater Ecclesiae, nella solenne apertura del Concilio, 11 ottobre 1962: AAS 54 (1962) pp. 785-795.
[3] SINODO DEI VESCOVI, Assemblea generale straordinaria, 1985. Messaggio Nos, episcopi ai fedeli cristiani sul Concilio Ecumenico Vaticano II come dono di Dio alla Chiesa e al mondo, 7 dicembre 1985: Ench. Vat., 9, 1778.
[4] Il testo è riportato integralmente alle pp. 371 ss di questo numero di “Romana”.
[5] Cfr. ibid., § 2.
[6] GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Simposio Internazionale in occasione del XXX anniversario della promulgazione del Decreto conciliare Presbyterorum Ordinis, 27 ottobre 1995, n. 4.
[7] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 25 marzo 1992: AAS 84 (1992) pp. 657-804; Lettere ai sacerdoti in occasione del Giovedì Santo; Catechesi sui Presbiteri, nelle Udienze generali dal 31 marzo al 22 settembre 1993; cfr. anche CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, 19 marzo 1985: Ench. Vat., S1, 918-1072; CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri, 31 gennaio 1994, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1994.
[8] GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Simposio Internazionale in occasione del XXX anniversario della promulgazione del Decreto conciliare Presbyterorum Ordinis, 27 ottobre 1995, n. 2.
[9] MONS. JULIÁN HERRANZ, Il Decreto Presbyterorum Ordinis. Riflessioni storico-teologiche sul contributo di Mons. Álvaro del Portillo, in “Annales Theologici” 2/1995 (in corso di stampa).
[10] ALVARO DEL PORTILLO, Consacrazione & Missione del sacerdote, ARES, Milano 1990, 2ª ed., pp. 55-56.
[11] B. JOSEMARÍA ESCRIVÁ, L’Eucaristia, Mistero di fede e di amore, in È Gesù che passa, Edizioni ARES, Milano 1982, 3ª ed., nn. 86, 186.
[12] CONC. ECUM. VATICANO II, Decreto sul ministero e la vita sacerdotale Presbyterorum Ordinis, n. 14.
[13] CARD. JOSEPH RATZINGER, Il ministero e la vita dei presbiteri, relazione nel Simposio Internazionale in occasione del XXX anniversario della promulgazione del Decreto conciliare Presbyterorum Ordinis, Città del Vaticano 23-28 ottobre 1995, n. 1.1, in “Sacrum Ministerium”, Annus II, 1/96, p. 12.
[14] GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Tertio Millennio adveniente, 10-XI-1994, n. 18.
[15] Ibid., n. 20.
Romana, n. 21, Luglio-Dicembre 1995, p. 245-251.