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Omelia a Betlemme

«Figlie e figli miei: siamo riuniti in questo luogo santo per celebrare la Santa Messa, perché è la festa di San Giuseppe, nostro Padre e Signore, il capo di quella Sacra Famiglia alla quale apparteniamo anche noi, perché siamo figli di Dio.

»Figli, vale la pena dire di sì al Signore. Vale la pena agire come San Giuseppe, il quale, non appena riceveva un’indicazione da parte di Dio, per mezzo di un Angelo, di un sogno o in qualunque altro modo, la metteva in pratica immediatamente, senza alcuna esitazione, anche se ne poteva derivare una lacerazione per la sua vita.

»All’Annunciazione dell’Angelo, la Vergine Santissima rispose: eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me quello che tu hai detto (Lc 1, 38). San Giuseppe agì allo stesso modo: si mise immediatamente in presenza di Dio e decise di andare a cercare la Madonna e di accoglierla nella propria casa, come era giusto, perché erano già sposati. È una lezione molto eloquente, sia da parte di Maria che di San Giuseppe: una lezione di obbedienza alla Volontà divina.

»Noi siamo cristiani e dobbiamo cercare di imitare questi modelli meravigliosi. Lei era la Madre di Gesù e San Giuseppe gli fece da padre sulla terra: gli insegnò a camminare, a muoversi, a operare, e poi gli insegnò il mestiere. Gesù nostro Signore amava San Giuseppe con un amore tenerissimo, come un buon figlio ama il migliore dei padri.

»Figlie mie, figli miei, noi siamo figli di Dio e dobbiamo seguire in tutto l’esempio offertoci da Maria Santissima, da San Giuseppe e, soprattutto, da Gesù. Il Signore sarebbe potuto venire al mondo, per compiere la redenzione del genere umano, rivestito di un potere e di una maestà straordinari; invece scelse una povertà incredibile. Vedendo questi luoghi, c’è da spaventarsi: non avevano nulla, nient’altro che un grande amore di Dio e un grande amore per noi! Per questo Gesù decise di assumere la nostra carne mortale e non considerò umiliante —Lui, che era Dio— abbandonare le sembianze divine —sembianze ineffabili, inesprimibili— per divenire uguale a noi in tutto, tranne che nel peccato (cfr. Fil 2, 7; Ebr 4, 15). Ma, oltre a tutto questo, decise di morire per noi; e quale morte! La morte di croce, una morte terribile. Questo Bambino, che nasce a Betlemme, nasce per morire per noi.

»Figli miei, diciamo di sì al Signore: diciamogli che vogliamo essere fedeli, che vogliamo imitare Gesù, il nostro Modello, in tutto: nelle cose piccole e in quelle grandi. Nelle piccole cose, quando quello che il Signore chiede ci riesce difficile, dobbiamo dirgli: “Signore, lo vuoi Tu? Anch’io lo voglio”. E nelle cose grandi lo stesso, ma senza dimenticare che per il Signore non ci sono cose grandi e piccole perché, quando ci chiede qualcosa difficile da accettare, ci concede anche la grazia di cui abbiamo bisogno per riuscirci. Basta che ci mettiamo un po’ di buona volontà: questo sì che il Signore ha diritto di pretenderlo. Diciamogli dunque di sì, che lo vogliamo servire.

»Ricorriamo a San Giuseppe, nostro Padre e Signore, affinché, come capo della Sacra Famiglia, ci introduca in un contatto sempre più intimo ed affettuoso con la sua Sposa, Maria Santissima, e con il Figlio di Maria, il nostro Dio. Invochiamo la sua intercessione a favore della Santa Chiesa di Dio, del Papa, dei Vescovi e di tutto il popolo fedele.

»Pregate anche per l’Opera, per la fedeltà di tutti i fedeli della Prelatura, affinché sappiano rispondere positivamente al Signore in ogni momento, nella certezza che, se ci mettiamo la nostra buona volontà, egli non mancherà di concerderci la forza necessaria a compiere la sua Volontà. Che Dio vi benedica».

Al termine della Messa, Mons. del Portillo ha baciato la stella di metallo che indica il luogo dove nacque Gesù. Poi è rientrato a Gerusalemme, passando nei pressi del Muro del Pianto. Nel pomeriggio è ritornato a Betlemme, dove era in programma un incontro con gli amici dei membri della Prelatura.

Durante il soggiorno in Terra Santa il Prelato dell’Opus Dei ha potuto osservare la divisione esistente fra le diverse comunità e le difficoltà nel dialogo fra arabi ed ebrei. Perciò grande è stata la sua gioia quando ha saputo che a Gerusalemme persone di razze e religioni diverse hanno cominciato a frequentare i Centri della Prelatura, le cui attività apostoliche contribuiscono già fattivamente alla comprensione reciproca.

Anche all’incontro tenutosi a Betlemme ha partecipato gente di estrazione molto varia (cristiani di confessioni differenti, musulmani, ebrei) e di cultura assai eterogenea (diplomatici accreditati in Israele, studenti, artigiani ed anche un gruppo di seminaristi, di passaggio per la Terra Santa).

Nel presentarsi, Mons. Alvaro del Portillo ha affermato: «Vi parla un pover’uomo che ama molto Gesù Cristo e perciò si sente profondamente commosso da quando è giunto in questo paese, che ha contemplato le gesta del nostro Dio fatto uomo». Quindi, dopo aver accennato al desiderio del Fondatore dell’Opus Dei di compiere un pellegrinaggio in Terra Santa e alla propria gioia per aver potuto realizzare questo desiderio, ha spiegato in sintesi le caratteristiche fondamentali dello spirito dell’Opus Dei, sottolineando in particolare il senso della filiazione divina e la santificazione del lavoro ordinario, e ha così concluso: «Tutta la nostra vita si deve trasformare in orazione, in un rapporto continuo con Nostro Signore: così ci vediamo implicati in un’avventura meravigliosa e viviamo pieni di allegria, l’allegria dei figli di Dio».

In seguito i partecipanti hanno formulato domande su diversi aspetti della vita cristiana: la devozione del Beato Josemaría a San Giuseppe e la santificazione del lavoro, il ruolo degli insegnanti cristiani fra i giovani palestinesi, il matrimonio e la sofferenza, la formazione dottrinale e l’unità dei cristiani.

Ad un giovane che aveva chiesto come contribuire allo sviluppo del lavoro apostolico dell’Opus Dei in Terra Santa, ha risposto: «Abbi molta devozione allo Spirito Santo e vedrai quanto potrai fare! Tu, da solo, non puoi; ma con l’aiuto di Dio, sì! Donati al Signore, e digli: Signore, quello che io posso fare è ben poco, ma, con te, posso molto: aiutami Tu. E il Signore ti ascolterà».

Una signora lo ha interpellato sul contributo dei cristiani all’instaurazione della pace nelle regioni medio-orientali. «Bisogna amare tutti —ha affermato il Vescovo Prelato dell’Opus Dei—, pensa che tu non hai nemici, anche se c’è gente che sembra comportarsi in modo non corretto. Pensa a Gesù: morì sulla croce, per salvare tutti, tutta l’umanità senza eccezioni. Cristo non considerava nessuno come nemico: amava tutti». Ed ha illustrato questo concetto con una frase del Beato Josemaría: “Non ho bisogno di imparare a perdonare perché il Signore mi ha insegnato ad amare”.

Le ultime parole sono state un invito alla preghiera per la Chiesa, per il Papa e per l’Opus Dei.

Di ritorno a Gerusalemme, Mons. del Portillo è andato a rendere visita al Patriarca Latino, Sua Beatitudine Mons. Michel Sabbah, con cui si è trattenuto in conversazione per circa mezz’ora. Dopo cena ha avuto un altro incontro con alcuni fedeli della Prelatura.


Domenica 20 marzo, il Prelato dell’Opus Dei si è recato a Betania ed ha ricordato nella meditazione le considerazioni del Beato Josemaría sui passi evangelici svoltisi sul posto. Dopo aver visitato la tomba di Lazzaro, Mons. del Portillo è tornato a Gerusalemme per celebrare la Santa Messa in un Centro della Prelatura.

Nel pomeriggio è partito alla volta di Ain Karim, paese in cui la tradizione ritiene sia avvenuta la visitazione della Madonna alla cugina Sant’Elisabetta, ove si è trattenuto in preghiera nella Basilica della Visitazione, contemplando il mistero narrato nel Vangelo di San Luca. Prima di ritornare nella Città Santa, riferendosi alla natura accidentata del terreno, Mons. Alvaro del Portillo ha osservato: «La Madonna ha camminato in stato interessante per tutte queste valli, quando andò a visitare Elisabetta. Un atto di carità che dovette comportare una fatica non indifferente!».


Un’antica tradizione individua nella Chiesa di Sant’Anna il luogo in cui nacque la Santissima Vergine; a pregare in questo tempio Mons. Alvaro del Portillo si è recato la mattina del 21 marzo e, subito dopo, ha visitato le rovine della piscina probatica, o di Betseda, dove Gesù guarì il paralitico, e ha celebrato la Santa Messa in un Centro della Prelatura.

A mezzogiorno ha incontrato il Nunzio Apostolico. Nel pomeriggio si è trattenuto in orazione nella Cappella della Flagellazione. Poi si è recato al Litostroto, all’Arco dell’Ecce Homo e sulla Via Dolorosa. Dopo aver visitato San Pietro in Gallicantu, leggendo i passi del Vangelo che riferiscono della triplice negazione del principe degli Apostoli, è ritornato nella sede di uno dei Centri della Prelatura, dove era in programma un incontro con giovani palestinesi e con un gruppo di studenti statunitensi che si trovavano a Gerusalemme in quei giorni.

Tra i diversi argomenti proposti dai giovani a Mons. del Portillo, particolare insistenza si è registrata sugli impegni della vocazione cristiana, l’apostolato personale e la pace.


Il 22 marzo, ultimo giorno del pellegrinaggio in Terra Santa, Mons. del Portillo ha pregato nella Basilica della Dormizione di Maria, che si trova sul Monte Sion, vicino al Cenacolo. Qui, alle undici, il Prelato dell’Opus Dei ha celebrato la Santa Messa.

Mons. Javier Echevarría ha commentato: «Nella Chiesa del Cenacolo, benché ignorassi che si trattava della sua ultima Messa sulla terra, fui molto impressionato dal raccoglimento con cui indossò i paramenti sacri: era molto concentrato, emozionato. Prima di indossare il pianeta baciò adagio la croce pettorale; poi prese lo zucchetto e, con altrettanta concentrazione, se lo pose sul capo prima di uscire dalla sagrestia.

»Entrammo nella Chiesa del Cenacolo e il Padre iniziò la Messa con la mente rivolta a tutti i membri della Prelatura. Aveva il cuore invaso dal pensiero dell’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio. E celebrava con straordinaria devozione. Appariva un po’ affaticato, non solo per la stanchezza fisica, ma forse anche per l’emozione di trovarsi in quel luogo così santo».

Nel primo pomeriggio, insieme con Mons. Javier Echevarría, con Mons. Joaquín Alonso, con il Rev. Alberto Steinvorth e con il Prof. José María Araquistain, è giunto all’aeroporto di Tel-Aviv e, espletate le pratiche per l’imbarco, è partito alla volta di Roma. Durante il viaggio, oltre a discorrere affabilmente con i membri dell’equipaggio, ha recitato il Santo Rosario e ha fatto l’orazione mentale. Sorvolando Brindisi, ha recitato tre Ave Maria per l’Italia.

Giunto all’aeroporto di Ciampino, ha trovato ad attenderlo un piccolo gruppo di famiglie di membri della Prelatura, residenti nelle vicinanze, con cui si è intrattenuto a conversare per qualche minuto.

Erano circa le dieci di sera quando è rientrato nella Curia prelatizia, visibilmente soddisfatto e sorridente, ed ha salutato i membri dei Consigli Generali dell’Opus Dei.

«Molto contento, disse loro che aveva compiuto il pellegrinaggio pensando a tutti —ha commentato Mons. Javier Echevarría— ed aggiunse: ne parleremo! E la verità è che sta parlando a tutti noi dal Cielo senza interruzione e ascolta tutto ciò che gli diciamo».

Romana, n. 18, Gennaio-Giugno 1994, p. 108-112.

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