25 marzo. Il solenne funerale pubblico
Alle 18.30 di venerdì 25 marzo, ha avuto luogo il solenne funerale pubblico per l’anima di Mons. Alvaro del Portillo. È stato celebrato nella Basilica di Sant’Eugenio a Valle Giulia, affidata a sacerdoti della Prelatura e situata nelle vicinanze della Curia prelatizia. Nello stesso luogo, nel 1975, era stato celebrato anche il solenne funerale di Mons. Escrivá.
Fin dalle prime ore del pomeriggio i fedeli, nonostante fosse una giornata lavorativa, hanno cominciato ad affluire nella Basilica, fino a gremirla completamente. Come nei giorni precedenti, una moltitudine eterogenea, sospinta da identici sentimenti di gratitudine e di affetto per il Prelato dell’Opus Dei, si è data appuntamento per pregare per l’eterno riposo di Mons. del Portillo e per richiederne l’intercessione presso il Signore. C’erano studenti e lavoratori, ambasciatori e collaboratrici domestiche, ecclesiastici e professionisti dei più diversi settori, seminaristi e religiosi, intere famiglie: circa tremila persone, che hanno seguito devotamente tutte le fasi della liturgia.
Nel presbiterio hanno preso posto gli Eminentissimi Cardinali Angelo Sodano, Bernardin Gantin, Pio Laghi, Eduardo Martínez Somalo, Angelo Felici, José T. Sánchez, Achille Silvestrini, Francis Arintze, Edward Cassidy, Fiorenzo Angelini, Antonio Innocenti, Edouard Gagnon, Pietro Palazzini e Augustin Mayer.
Nelle prime file della navata centrale, accanto ai membri dei Consigli che aiutano il Prelato nel governo dell’Opus Dei ed ai parenti più prossimi di Mons. del Portillo, hanno preso posto altre personalità del mondo ecclesiastico e civile. Tra gli altri, l’ex-Presidente della Repubblica Italiana, Sen. Francesco Cossiga; l’ex-Presidente del Consiglio dei Ministri, Sen. Giulio Andreotti, e molti Ambasciatori presso la Santa Sede.
Tra gli Arcivescovi e i Vescovi, le loro Eccellenze Jean-Louis Tauran, Jan P. Schotte, C.I.C.M., Alberto Bovone, Geraldo M. Agnelo, Edward Nowak, Jorge María Mejía, Francisco Javier Errázuriz, Vincenzo Fagiolo, Zenon Grocholewski, Remigio Ragonesi, Julián Herranz, Maximino Romero de Lema, Marian Oles, Emilio Eid, Giovanni De Andrea, François-Xavier Nguyen Van Thuan, Angelo Palmas, Iñaki Mallora, C.P., Cipriano Calderón, Salvatore De Giorgi.
Con il Vicario Generale dell’Opus Dei, Mons. Javier Echevarría, hanno concelebrato Mons. Francisco Vives, Vicario Segretario Centrale; Mons. Fernando Ocáriz, membro del Consiglio Generale della Prelatura; Mons. Mario Lantini, Vicario Regionale per l’Italia; Mons. Tomás Gutiérrez, Vicario Regionale per la Spagna; Mons. Iñaki Celaya, Direttore spirituale della Prelatura, e Mons. Joaquín Alonso.
Nell’omelia Mons. Javier Echevarría ha pronunciato le seguenti parole:
«Eminenze Reverendissime, Eccellenze, sorelle e fratelli miei carissimi.
»Oggi ci uniscono, con legami particolarmente forti, un gran dolore ed una profonda gioia. Dolore per l’inaspettato transito di Sua Eccellenza Mons. Alvaro del Portillo, Prelato dell’Opus Dei, Padre di questa famiglia unitissima, che tanto amavamo e amiamo. Nello stesso tempo, proviamo una gioia soprannaturale, radicata nella fede e nella speranza, sebbene il cuore soffra perché siamo esseri umani; un’allegria profonda, propria di figli che comprendono che il Padre ha già ricevuto il premio eterno promesso da Dio a coloro che non hanno mai allontanato da Lui la loro fiducia[1]. Si compiono così, ancora una volta, le parole di Nostro Signore, che abbiamo appena ascoltato nel Vangelo: Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te[2].
»L’intreccio di pena e di pace, di serenità e di dolore, che oggi proviamo noi membri dell’Opus Dei e moltissime altre persone di tutto il mondo, costituisce un segno della santità di questo Pastore esemplare della Chiesa. Sembra, dunque, soprannaturalmente logico che cominciamo con il ringraziare la Trinità Beatissima per le lezioni che ci ha voluto impartire, servendosi del nostro Prelato come strumento fedelissimo.
»Nel solco di una tradizionale consuetudine romana, il Beato Josemaría fece porre alcune iscrizioni in latino sulle architravi e sui muri di Villa Tevere, la sede centrale della Prelatura. Sopra la porta della stanza dove lavorava sempre Mons. Alvaro del Portillo, figurano alcune parole della Sacra Scrittura: Vir fidelis multum laudabitur[3], l’uomo fedele sarà lodato. In questa frase è sintetizzata la traiettoria terrena di Mons. Alvaro del Portillo. Quando si scriverà la sua biografia, fra gli altri aspetti rilevanti della sua personalità soprannaturale e umana, questo dovrà occupare un luogo preminente: il primo successore del Beato Josemaría Escrivá nel governo dell’Opus Dei fu —anzitutto e soprattutto— un cristiano leale, un figlio fedelissimo della Chiesa e del Fondatore, un Pastore completamente dedito a tutte le anime e in modo particolare al suo pusillus grex, alla porzione del popolo di Dio che il Signore aveva affidato alle sue cure pastorali, in stretta comunione con il Romano Pontefice e con tutti i suoi Fratelli nell’Episcopato. Lo ha fatto con un’assoluta dimenticanza di sé, con donazione gioiosa e allegra, con carità pastorale sempre accesa e vigilante.
»Ringraziamo Dio per la fedeltà di Mons. Alvaro del Portillo, per averlo riempito di giorni e di fecondità apostolica, compiendo in lui alla lettera la benedizione divina: Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi onora il Padre vivrà a lungo (...). La benedizione del padre consolida le case dei figli[4]. Infatti da quando il Signore lo chiamò all’Opus Dei, all’età di ventun anni, fino al momento del suo transito al Cielo, Mons. Alvaro del Portillo non concepì altro desiderio, non ebbe altra ambizione se non quella di corrispondere con tutte le forze alla vocazione ricevuta. Dapprima come collaboratore strettissimo del Fondatore nei diversi incarichi che questi gli affidava; poi, dopo la morte del Beato Josemaría, come suo successore. I suoi diciannove anni di guida dell’Opus Dei sono stati caratterizzati dalla sequela fedelissima del cammino tracciato dal Fondatore per compiere la Volontà divina.
»In questi anni, grazie alla misericordia divina e al lavoro intenso di Mons. del Portillo, l’Opus Dei ha ottenuto dalla Santa Sede la configurazione giuridica di Prelatura personale, preparata ed intensamente desiderata dal Fondatore; ha cominciato le proprie attività apostoliche in venti nuovi paesi; ha visto l’incremento del numero di vocazioni; ha posto al servizio della Chiesa quasi ottocento nuovi sacerdoti; ha intrapreso iniziative apostoliche di amplissimo influsso pastorale, come l’Ateneo Romano della Santa Croce, nella Città Eterna, e molte altre nei più diversi punti della terra. E tutto ciò tenendo sempre presente il bene della Chiesa universale e delle Chiese particolari, i cui Pastori venerava e amava come Fratelli.
»Nella sua ineffabile Provvidenza, il Signore ha disposto che Mons. del Portillo spendesse tutta la vita vicino al Beato Josemaría; che fosse sempre un sostegno saldo e solido come la roccia. Come non ricordare adesso le parole veramente profetiche che il nostro Fondatore scrisse nel lontano 1939? In una lettera a Mons. Alvaro del Portillo, che aveva allora venticinque anni, lo chiamava saxum, roccia, e gli diceva: «Saxum!: com’è bianco il cammino —lungo— che ti resta da percorrere! Bianco e pieno di frutti, come un campo maturo. Benedetta fecondità d’apostolo, più bella di tutte le meraviglie della terra!»[5]. E in un’altra lettera, datata proprio un 23 marzo —lo stesso giorno del transito del nostro Prelato in Cielo, però nel 1939—, il Beato Josemaría scriveva: “Gesù ti custodisca, saxum. E so che lo sei. Vedo che il Signore ti presta fortezza, e rende operativa la mia parola: saxum! Ringrazialo e síigli fedele...”[6].
»Non posso nascondervi che al leggere queste frasi mi commuovo. L’orazione del nostro Fondatore per il suo figlio Alvaro è stata, effettivamente, operativa. Il nostro Prelato ci ha lasciato, con le sue parole e opere, con la vita e la morte, una testimonianza che costituisce, allo stesso tempo, una chiamata pressante alla fedeltà. Lo assicurava l’altro ieri Giovanni Paolo II, nel lungo e affettuoso telegramma che ci ha fatto pervenire non appena appresa la notizia della morte di Mons. del Portillo. Insieme all’espressione delle sue condoglianze, il Papa ricorda “con animo grato al Signore la zelante vita sacerdotale ed episcopale del defunto, l’esempio di fortezza e di fiducia nella Provvidenza divina da lui costantemente offerto, nonché la sua fedeltà alla sede di Pietro ed il generoso servizio ecclesiale quale stretto collaboratore e benemerito successore del Beato Josemaría Escrivá”. E, nell’assicurare le sue preghiere per l’anima del nostro Prelato, afferma che era un servitore buono e fedele di Dio, utilizzando delle parole che il Beato Josemaría considerava come la formula di canonizzazione utilizzata da Gesù Cristo nel Vangelo[7].
»Con la scomparsa fisica del primo successore si chiude una pagina irripetibile della storia dell’Opus Dei, ma non inizia affatto una nuova tappa. Come ci diceva Mons. del Portillo nel 1975, nel ricevere l’eredità del nostro Fondatore, cominciò allora una tappa di continuità e fedeltà allo spirito e agli insegnamenti del Beato Josemaría che non si chiuderà mai. L’Opus Dei, grazie a Dio, cammina sicuro sulla strada tracciata con mano ferma dal Fondatore, e così sarà sempre, con la grazia di Dio e con la fedeltà di tutti i suoi membri. Ma ora abbiamo un modello concreto, vicino e affettuoso, di come dev’essere la fedeltà allo spirito del nostro Fondatore che Dio si attende da noi: quella che ci ha mostrato il Padre che abbiamo appena perduto.
»Non voglio terminare senza mettere in rilievo, seppur brevemente, due altri aspetti notevoli della vita di Mons. Alvaro del Portillo. Mi riferisco alla sua profonda umiltà ed al suo appassionato amore alla Chiesa e al Romano Pontefice.
»Quante volte, in questi anni, il Padre ci ha parlato di umiltà! Ci esortava continuamente a non frapporre ostacoli all’azione di Dio, perché il Signore desidera servirsi di noi e degli altri fedeli cristiani per portare la pace e la gioia di Cristo alle anime, e soltanto la superbia, l’amor proprio, sono in grado di paralizzare quest’azione divina. E che esempio ci ha dato con le sue parole e, soprattutto, con la propria vita! Non posso passare sotto silenzio il suo grande amore per il Sacramento della Riconciliazione, che riceveva con enorme devozione e gratitudine al Signore. Da quest’amore sgorgavano le vibranti parole con cui incoraggiava le anime ad accostarsi con frequenza a questa fonte di misericordia e di perdono che è il sacramento della gioia. Anch’io vi esorto, sorelle e fratelli carissimi, a continuare nella pratica di tale apostolato della Confessione, così necessario per la vita soprannaturale dei fedeli cristiani.
»Mons. Alvaro del Portillo è stato —e non mi abbaglia il profondo affetto filiale che nutro nei suoi confronti— un gigante nel firmamento ecclesiale di questa seconda metà del secolo, alla soglia del terzo millennio; un uomo che il Signore ha arricchito con doti umane e soprannaturali di prima categoria. Nonostante le sue grandissime qualità intellettuali e morali, non ha mai voluto brillare di luce propria, ma ha cercato di riflettere costantemente la luce dello spirito voluto da Dio per l’Opus Dei. Non ha cercato il riconoscimento degli indiscutibili meriti acquisiti per i suoi grandi servizi alla Chiesa, prima, durante e dopo il Concilio Vaticano II, nel quale —come si sa bene— lavorò tanto, senza far rumore, cercando solo la gloria di Dio e il bene delle anime. Ha svolto questo lavoro in silenzio, senza farlo notare. In questo modo ha seguito i passi del Beato Josemaría, che aveva come regola di vita la ben nota frase: “nascondermi e scomparire è ciò che fa per me, che solo Gesù risplenda”[8].
»Mi sono già riferito in varie occasioni all’appassionato amore alla Chiesa e al Romano Pontefice che caratterizzava il Prelato dell’Opus Dei, come riconosce esplicitamente il Papa nel telegramma che citavo poc’anzi. Ora desidero soltanto aggiungere che quest’amore, generoso e sacrificato, lo spingeva a soffrire e a gioire con il Santo Padre dinanzi alle diverse vicissitudini della vita della Chiesa; a fare eco immediatamente a tutte le disposizioni del Papa; a offrire costantemente la propria vita per il Vicario di Cristo e per la Sposa di Cristo. Ogni giorno, nel rinnovare il Santo Sacrificio, al primo posto delle sue intenzioni c’era sempre il Papa. Ed è stato così fino alla sua ultima Messa.
»Il Signore, che non ha consentito a Mons. Alvaro del Portillo e non ha concesso alle sue figlie e ai suoi figli la gioia di celebrare insieme le nozze d’oro sacerdotali il prossimo mese di giugno, ha voluto dargli una carezza, che ha toccato profondamente il cuore del Padre: il poter rinnovare il divino Sacrificio del Calvario, per l’ultima volta nella vita, nel luogo in cui si conservano la memoria sempre viva dell’istituzione della Sacra Eucaristia e del sacerdozio; il ricordo affettuoso della Vergine, nostra Madre, riunita in orazione con gli Apostoli in attesa dell’effusione dello Spirito Santo; le tracce della prima epifania pubblica della Chiesa, presieduta da Pietro nella carità ed inviata a evangelizzare tutti gli uomini.
»Anima sacerdotale e pietà eucaristica, filiale affetto alla Vergine e al Papa, zelo apostolico per l’estensione del regno di Dio, s’incontrano in quel luogo santo. Una perfetta sintesi delle ambizioni dell’anima cristiana, come scriveva in un vecchio documento il Beato Josemaría: “Cristo. Maria. Il Papa. Non abbiamo appena indicato, in tre parole, gli amori che compendiano tutta la fede cattolica?”[9].
»Questi tre amori sono stati anche i grandi affetti di Mons. Alvaro del Portillo sulla terra. Tre amori uniti e compenetrati durante tutta la vita, e che in modo plastico sono stati manifestati in quell’ultima Messa. Anche per questo sale fino alla Trinità Beatissima la nostra gratitudine in questa solenne Eucaristia.
»Per concludere, vorrei chiedere a tutti voi preghiere per l’anima del nostro Prelato. Benché animati dalla più ferma speranza che ha già ricevuto l’abbraccio di Dio —convinzione condivisa da migliaia di persone che in questi giorni sono accorse nella nostra chiesa prelatizia per dare l’ultimo saluto al Padre e per pregare davanti alle sue venerate spoglie mortali—, la pietà filiale mi obbliga a chiedervi suffragi, suffragi generosi, nella misura dell’affetto che il Padre nutriva e nutre per noi. Siate certi che, come avvenne nel momento del pio transito del nostro amatissimo e santo Fondatore, saranno preghiere d’andata e ritorno, che ritorneranno a noi sotto forma di grazie celesti.
»Che la Santissima Vergine, nostra Madre, San Giuseppe, nostro Padre e Signore, ed il Beato Josemaría presentino queste suppliche davanti al trono di Dio. Così sia».
Al termine della Santa Messa, l’assemblea dei fedeli ha cantato all’unisono la Salve Regina, supplicando la Madonna, tanto amata da Mons. Alvaro del Portillo, di accogliere il suo figlio fedele nella dimora celeste.
[1] Cfr Tb 2, 18 (Vg).
[2] Vangelo (Mt 11, 25-26).
[3] Prv 28, 20.
[4] Sir 3, 5-6. 9.
[5] Beato Josemaría Escrivá, Lettera, 18-V-1939.
[6] Beato Josemaría Escrivá, Lettera, 23-III-1939.
[7] Cfr. Mt 25, 23.
[8] Beato Josemaría Escrivá, Lettera, 28-I-1975.
[9] Beato Josemaría Escrivá, Istruzione, 19-III-1934, n. 31.
Romana, n. 18, Gennaio-Giugno 1994, p. 29-34.