envelope-oenvelopebookscartsearchmenu

Nel pomeriggio del 21 aprile, il nuovo Prelato dell’Opus Dei si è riunito con una trentina di giornalisti di diversi Paesi nella sede centrale della Prelatura, soffermandosi in un lungo e cordiale colloquio, e ha risposto alle loro domande. Riportiamo

«Da quando, questa mattina, ho ricevuto la conferma da parte del Santo Padre, della mia elezione a Prelato, cioè la nomina di Prelato dell’Opus Dei, ho pensato subito alla grande responsabilità caduta sulle mie spalle e ho cercato di raccomandarmi al Signore e di affidarmi all’aiuto della grazia per poter svolgere il mio compito. Il peso è grande, ma non per questo mi sento demoralizzato, neanché un po’, perché so di poter disporre della grande fortezza che deriva dall’aiuto di Nostro Signore, dalla sua grazia, che non mi mancherà mai e alla quale cercherò di corrispondere. E poi conto sull’intercessione di due sacerdoti fedelissimi, i quali nella loro vita non hanno pensato ad altro che a servire la Chiesa e le anime: il Beato Josemaría e Sua Eccellenza Monsignor Alvaro del Portillo. Entrambi hanno vissuto sempre nel desiderio di servire; entrambi avevano eccellenti qualità umane e spirituali —erano due giganti alle soglie di questo terzo millennio della Chiesa— e, tuttavia, hanno sempre cercato di far risplendere la luce di Dio, di trascorrere la vita scomparendo per servire gli altri, senza darsi importanza o presumere di un rilievo che pensavano ad essi estraneo, poiché avevano dato tutto al Signore, alla Chiesa e alle anime.

»Con questi sentimenti ho ricevuto quest’oggi la carica di Prelato. Penso che non mi mancherà l’aiuto del Beato Josemaría Escrivá: ho vissuto al suo fianco dal 1950 e ho visto con quanta fede poggiava tutto il proprio lavoro sul Signore, con quanta rettitudine d’intenzione operava, con quanto desiderio di dare gloria a Dio agiva. Alla sua scomparsa, nel 1975, era ipotizzabile che nell’Opus Dei accadesse un terremoto: talvolta succede, nelle istituzioni della Chiesa, che la morte del fondatore provoca qualche confusione; invece, abbiamo visto che la continuità era perfetta, perché la persona designata dalla Volontà di Dio a raccogliere il testimone, Monsignor Alvaro del Portillo, è stato un maestro della fedeltà nella continuità: egli ha esteso ancora di più il lavoro apostolico dell’Opus Dei al servizio delle anime in tante nazioni e in tanti luoghi, ed ha compiuto fedelissimamente il proprio ministero di Pastore, di Padre, dei fedeli dell’Opus Dei.

»Penso che tanto il Beato Escrivá quanto Monsignor Alvaro del Portillo abbiano una caratteristica in comune: hanno saputo voler bene a tutti. Perciò, le migliaia e migliaia di persone che li hanno conosciuti li amano molto e si sentono loro debitori del bene ricevuto attraverso il loro esempio, le loro parole, il loro affetto. Si può dire che Monsignor Escrivá sia conosciuto in tutto il mondo, che la devozione verso di lui è attecchita alle latitudini più distanti: espressioni di questa devozione si verificano in tutti gli ambienti della società. La certezza del potere di intercessione del Beato Josemaría Escrivá dinanzi a Dio è davvero una realtà universale.

»Con Sua Eccellenza Monsignor Alvaro del Portillo stiamo assistendo ad un fenomeno molto simile. Nei pochi giorni trascorsi dalla sua morte, il 23 marzo, ci è pervenuta una pioggia di lettere di autorità civili ed ecclesiastiche, che testimoniano il proprio affetto verso la figura di Monsignor Alvaro del Portillo. E, non esagero, migliaia di lettere di gente comune che esprime tanta riconoscenza verso di lui, perché, dal momento in cui il Signore lo ha chiamato alla sua presenza, ha sentito non solo che egli non ha smesso di voler loro bene, ma che ha continuato ad aiutarli nelle necessità materiali e spirituali della vita quotidiana. La mia fiducia nella loro intercessione per il ministero pastorale che sono stato chiamato ad assumere è dunque condivisa da tantissime persone nel mondo intero».

—Che prospettive si aprono per l’Opera?

«Penso che non c’è nulla da inventare. Dopo l’epoca fondazionale, conclusasi nel 1975, è seguita nell’Opus Dei la fase della continuità, dell’assoluta fedeltà al suo spirito, sotto la guida del figlio più unito al nostro Fondatore, Monsignor Alvaro del Portillo. Noi cercheremo d’approfondire ulteriormente il messaggio trasmessoci da Monsignor Escrivá de Balaguer e di fargli eco, proprio come Sua Eccellenza Monsignor Alvaro del Portillo. Continueremo a lavorare per estendere lo spirito dell’Opus Dei nel mondo, servendo in questo modo la Chiesa, le anime e la società civile. Con il nostro lavoro speriamo di rendere più umana, più grata, la vita della persona nella società civile».

—Vorrei chiederle se Lei pensa che la sua nomina sia quanto di meglio potesse capitare all’Opus Dei.

«Non conosco la Provvidenza di Dio. Non mi considero all’altezza della situazione; mi sembra che da parte mia sarebbe presunzione considerarmi il modello del Prelato dell’Opus Dei. Ma, dal momento in cui il Signore ha voluto affidarmi questo incarico, accetto la Volontà del Signore. E l’accetto con gioia, con serenità, con semplicità, pensando che, se il Signore ha posato su di me questo peso, mi darà anche la grazia indispensabile a compierne i doveri relativi. Naturalmente, voglio già amare i fedeli dell’Opus Dei come figli, desidero servirli e dimenticare completamente me stesso».

—Oggi, nel Sinodo dei Vescovi, il Cardinal Sodano ha affrontato un tema che proccupa molto la Chiesa: il problema demografico, il problema della popolazione, il problema del modello di famiglia cristiana. Come contribuirà l’Opus Dei, come istituzione —oltre, naturalmente ai suoi membri—, in appoggio di questa denuncia e di questa preoccupazione della Santa Sede per la prossima conferenza del Cairo, in cui il il progetto finale, che verrà sottoposto a votazione, sembra molto distante dal modello cristiano della famiglia e, in generale, dalla visione cristiana della vita sessuale e della vita familiare?

«Sia chiaro che l’Opus Dei, in gruppo, non agisce mai. Ogni membro dell’Opus Dei è personalmente responsabile di tutto ciò che fa e agisce liberamente in ogni momento. Per quanto riguarda questo problema, è stato detto che era l’anno per la famiglia e invece, purtroppo, stiamo osservando che molte delle iniziative avvengono contro la famiglia ed infrangono il quadro in cui si iscrive non solo la famiglia cristiana, ma la famiglia come istituto naturale, dal momento che, evidentemente, la famiglia cristiana e quella naturale —intendendo per naturale ciò che risponde alla legge naturale impressa da Dio nell’anima— coincidono.

»Circa la politica demografica, è doveroso opporsi alla tesi ingannosa della sovrappopolazione: nel mondo mancano braccia. Tutti noi ci rendiamo conto che, se continuano a diminuire le nascite, non soltanto il mondo è destinato ad invecchiare —con tutto ciò che consegue all’inevitabile depauperamento delle risorse umane—, ma diverrà persino problematica l’assistenza degli anziani.

»Da parte dei membri dell’Opus Dei —sacerdoti e laici— verrà assecondata integralmente la dottrina pontificia. Come sappiamo, è compito del Magistero illuminare l’agire del cristiano; a noi spetta solo di metterlo in pratica, ciascuno nell’ambito personale in cui si muove».

—Ormai sono trascorsi gli anni dell’epoca fondazionale ed il suo ministero avrà il sigillo della continuità. Tuttavia, ci sono nuovi ambienti ai quali Lei vorrebbe portare l’Opus Dei e nuove strategie da aggiungere a quelle già sperimentate?

«Anche se l’epoca fondazionale si è conclusa quasi vent’anni fa, il Fondatore aveva una mente universale ed era già molto presente in lui il desiderio di far arrivare il Vangelo a tutti gli ambienti della società. Perciò, io non devo inventare proprio niente, né pormi il problema di fare qualcosa di nuovo, perché tutti questi progetti esistevano già nella mente del Fondatore. Parlando con lui degli impegni che ci attendevano, non si aveva la sensazione che egli parlasse di progetti futuri, ma di realtà che si toccavano con mano. L’attuale espansione dell’Opus Dei, non solo in tante nazioni, ma anche nei vari settori della società in cui lavorano i fedeli della Prelatura, era un qualcosa che non si poteva neppure sognare negli anni in cui visse il Fondatore; però egli la descriveva già nei particolari. A me spetta soltanto portare avanti quella luce fondamentale, impostare cioè il lavoro dell’Opus Dei sulla base di quanto ha seminato e fatto il Fondatore. Da parte mia, non ci sarà alcun cambiamento: mi limiterò ad trarre spunto da quella luce e continuare a farla operare in tutta la sua forza: la forza, sempre attuale, dello spirito dato da Dio al Beato Josemaría».

—In occasione del Sinodo africano, molti Vescovi africani chiedono più autonomia locale in Africa. Questo ha delle conseguenze sulla politica dell’Opus Dei?

«L’Opus Dei non ha una politica di gruppo o istituzionale. Inoltre questo argomento compete al governo della Chiesa, al Romano Pontefice, alla Santa Sede; noi seguiremo in piena fedeltà tutte le disposizioni provenienti dal Romano Pontefice e dalla Santa Sede. Se ritengono che sia opportuna una decentralizzazione, noi collaboreremo a questa decentralizzazione; se pensano che si debba segiure un’altra strada, seguiremo quella strada; ma l’Opus Dei, in quanto tale, non può stabilire se si deve decentralizzare o meno, perché non è il nostro compito».

—Avrei due domande. La prima: i suoi programmi più immediati: cioè se sia rimasto da fare qualcosa che pensava di fare don Alvaro del Portillo e adesso lei intende compiere. E che cosa: qualche viaggio, qualche programma immediato di viaggio... E poi, se ha parlato con il Papa dopo che è stata resa pubblica la nomina e, in questo caso, che cosa le ha detto.

«Il Papa ha inviato la benedizione apostolica al nuovo Prelato e a tutti i membri della Prelatura. Per noi questo è non solo un fattore di consolazione, ma anche un segno di sicurezza, perché il Vicario di Cristo è per noi uno dei tre amori che ispirano l’azione dell’Opus Dei: Cristo, Maria, il Papa. Nel Papa, come Santa Caterina da Siena, vediamo il dolce Cristo in terra; perciò vorremmo baciare laddove passa il Papa, chiunque egli sia, poiché ci rendiamo conto che egli è lo stumento eletto da Dio per reggere la Chiesa, cui ci sentiamo orgogliosi e felici d’appartenere.

»Quanto ai programmi, ne restano alcuni da compiere. Nell’ultimo Congresso generale presieduto da Sue Eccellenza Monsignor Alvaro del Portillo, si era parlato di una serie di paesi in cui si voleva cominciare stabilmente l’attività apostolica: così, fra gli altri, la Lituania, Panama, la Corea, l’Uganda, Cuba... Non appena possibile, sia per la disponibilità delle persone e sia per l’apertura delle condizioni indispensabili ad iniziare la nostra presenza sul posto, non mancheremo di rivolgere ai responsabili locali l’offerta dei nostri servizi; perché i membri dell’Opus Dei si recano in tutti i luoghi del mondo non per insegnare, ma per imparare. Vogliamo imparare da tutti, tutti possiedono specifiche qualità e virtù caratteristiche: perciò desideriamo trattare tutti con amicizia umana per imparare da loro ed offrire loro ciò che possiamo».

—Circa il mondo della cultura, che nelle sue previsioni rappresenta uno degli ambiti più importanti per il futuro, l’Opus Dei può fare qualcosa di più di quanto ha fatto finora? Quali sarebbero i modelli da seguire?

«Il mondo della cultura è molto vasto e ripeto che non ci prefiggiamo come programma di inserirci ora in un ambito, ora in un altro... Ciascun fedele della Prelatura sa che, nel luogo in cui si muove, è chiamato ad influire cristianamente: questo il nostro dovere di cristiani. Non ce lo siamo inventato noi e non l’abbiamo come obiettivo programmatico dell’Opus Dei; lo ha detto Cristo a tutti i suoi discepoli: andate e insegnate a tutte le genti. Noi vogliamo insegnare con la nostra vita, con il lavoro professionale, con il dono di noi stessi agli altri, con il servizio, la comprensione, il desiderio d’imparare e la disponibilità a favore di tutti».

—L’Opus Dei avrà una maggior presenza nel mondo politico, economico, ecc.?

«L’Opus Dei —torno a insistere— in quanto istituzione non agisce. Dà a ciascuno dei suoi fedeli una formazione spirituale adeguata; poi ognuno deve seguire la propria vocazione professionale liberamente, perché sa che quello è il luogo in cui il Signore lo chiama, quello lo strumento che gli ha dato per influire evangelicamente e dare, attraverso la professione, una testimonianza cristiana. Ma non perché glielo dice l’Opus Dei... L’Opus Dei non può dare orientamenti di nessun genere; non può intervenire per nulla nelle questioni temporali. Anzi, un membro dell’Opus Dei non avrebbe l’obbligo di seguire una simile indicazione qualora —ragionando per impossibili— gli venisse data. Secondo le parole del Beato Josemaría, nel caso in cui un dirigente dell’Opera si fosse permesso di dare un’indicazione su questioni temporali, lui per primo, il Fondatore, se ne sarebbe andato immediatamente dall’Opus Dei, poiché ne sarebbe stato tradito lo spirito. Noi seguiamo soltanto i principi della Chiesa, del Magistero; poi ciascuno, con la propria formazione spirituale e professionale, influisce e lavora nel proprio ambiente. Coloro che devono lavorare nell’ambiente civile o politico, lo facciano pure, ma sempre a titolo personale. Per questo nella Prelatura esiste un pluralismo immenso, per la grande diversità che esiste fra i membri dell’Opus Dei, i quali militano in formazioni politiche diverse, sempre nei limiti indicati dalla morale e dalla fede cattolica».

—Prima ha parlato di rendere più umana la società. Ciò è possibile se i laici dell’Opus Dei s’impegnano a svolgere una certa funzione...

«Come tutti. Tutti i cattolici devono avere le braccia aperte a tutti. Per questo i membri dell’Opus Dei non fanno discriminazioni di alcun tipo; sono sempre disposti a servire tutti e perciò cercano di lavorare in modo più umano, più amabile, sapendo che tutti gli altri possono contribuire a fornire soluzioni utili per la società e per la vita ordinaria».

—Forse è una domanda un po’ indiscreta. Qual è stata la sua prima preghiera dopo l’elezione e che cosa ha più a cuore?

«La prima cosa che mi è venuta in mente è stato di chiedere luci allo Spirito Santo, seguendo un’orazione imparata dal nostro Fondatore: gli ho chiesto d’illuminare la mia mente per seguire i suoi comandamenti, di dare forza al mio cuore contro le insidie del diavolo, d’infiammare la mia volontà per compiere ciò che il Signore desidera; e poi, di insegnarmi ad abbandonarmi nelle mani dello Spirito Santo, in modo che sia Lui a guidare il mio lavoro. Ho chiesto aiuto alla Madonna, a San Giuseppe, al mio Angelo Custode ed anche, con molta forza, al Fondatore e al mio predecesore, Monsignor Alvaro del Portillo, che non dubito stia godendo in Cielo della presenza di Dio, perché continuino non solo a sostenere tutti i loro figli, ma anche ad aiutarmi nel lavoro di direzione dell’Opera».

—L’elezione è stata all’unanimità?

«No, non è stata all’unanimità».

—Lei sarà il Prelato che entrerà con l’Opus Dei nel 2000. Per il 2000 è annunciato un Giubileo. Fra poco ci sarà una riunione del Collegio cardinalizio in vista di questo Giubileo. L’Opus Dei non ha Cardinali, ma per questo Giubileo del 2000 il Papa ha proposto ai Cardinali una bozza sulle grandi idee del dialogo interrreligioso, ecumenico, e di considerazione critica della storia della Chiesa...

«Non della Chiesa, ma degli ecclesiastici. Penso che abbia puntualizzato perfettamente dicendo che si tratta di una riflessione critica non della Chiesa, ma degli ecclesiastici; perché siamo noi uomini che ci sbagliamo».

—C’è una riflessione da parte dell’Opera, o un commento suo personale, su questi progetti del Pontificato circa il Giubileo del 2000?

«No. In verità, per il momento, come Prelato non mi sono posto questo problema: quando lo affronterò cercherò di seguire in tutto gli orientamenti del Vicario di Cristo e di mettere in pratica le indicazioni che darà perché il Millennio si compia, con questo Giubileo, nel modo più benefico per tutto il mondo».

—In Portogallo non c’è alcun beato di questo Pontificato. Poiché Lei lavora nella Congregazione delle Cause dei Santi, che cosa ci può dire in proposito?

«Prima non mi occupavo di Cause di beatificazione. Adesso lavoro come consultore della Congregazione dei Santi. La cosa non dipende da me; svolgo il lavoro che mi affidano. Mi dispiace, perché il Portogallo ha una splendida tradizione di santi e tanti suoi figli potrebbero essere elevati agli onori degli altari; posso assicurare che quando ho accompagnato Monsignor Escrivá o Monsignor Alvaro del Portillo nei viaggi a Fatima o in altri luoghi del Portogallo, abbiamo pregato con affetto per quella nazione dalle qualità così palesi e dotata di tanti candidati agli altari. Io posso aiutare con la preghiera; e, per quanto posso, non mancherò di dare il mio contributo».

Romana, n. 18, Gennaio-Giugno 1994, p. 158-163.

Invia ad un amico