In occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 1992_93, S.E. Rev.ma Mons. Alvaro del Portillo, Gran Cancelliere dell'Ateneo Romano della Santa Croce, ha tenuto la seguente prolusione (28-X-1992).
Eminentissimi ed Eccellentissimi Signori, autorità accademiche, professori, studenti, e personale non docente dell'Ateneo Romano della Santa Croce, Signore e Signori.
Abbiamo da poco ascoltato la relazione sulle attività svolte nell'ultimo anno accademico che costituisce sempre un motivo di profonda gratitudine al Signore. Tra gli avvenimenti più significativi ricordati dal Segretario Generale, ve n'è uno che spicca, anche perché legato così strettamente alla storia di questo Ateneo.
Mi riferisco alla beatificazione del Venerabile Servo di Dio Josemaría Escrivá avvenuta lo scorso 17 maggio. Sono ancora vivissimi in noi quei momenti, colmi di emozione, conclusisi con la traslazione delle sacre spoglie del Beato Josemaría nella Chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace.
Il Beato Josemaría, che ha ispirato e si è tanto adoperato per questo Ateneo, predicò instancabilmente la chiamata universale alla santità, e assistette alla solenne proclamazione di tale messaggio durante il Concilio Vaticano II[1]. E noi, nel partecipare alla cerimonia della sua beatificazione, siamo stati testimoni di quella che potremmo chiamare una particolarmente significativa conferma della praticabilità dell'ideale da lui predicato[2]. Non esito dunque ad affermare che, per tutti voi che lavorate in questo Ateneo, la beatificazione del Fondatore dell'Opus Dei abbia riproposto vivamente la chiamata di Dio alla santità e all'apostolato, da vivere proprio nelle realtà quotidiane, per poter servire fedelmente la Chiesa, condividendone le speranze, i progetti, le difficoltà di fronte al gigantesco impegno che la nuova evangelizzazione richiede a tutti i fedeli cristiani.
Per questo, sull'esempio del Beato Josemaría, che nel diffondere il messaggio ispiratogli da Dio il 2 ottobre 1928 e nel promuovere imprese apostoliche, tra cui un centro di studi superiori ecclesiastici qui a Roma, fu mosso sempre dal desiderio ardente di essere a completo servizio della Chiesa, pure noi ci sentiamo profondamente coinvolti negli eventi ecclesiali che stanno caratterizzando questo nostro tempo, consapevoli che essi rappresentano inviti pressanti del Signore ad un maggiore impegno personale e ad un più abnegato coinvolgimento del lavoro accademico.
Ricordando quanto tante volte ho sentito dalle labbra del Beato Josemaría Escrivá, e rivolgendomi ad ognuno dei professori del claustro accademico, ad ogni studente ed al personale non docente, consentitemi che insista sulla necessità di dare molta importanza al vostro compito di ogni giorno. Impegnamoci a mettere la novità di Cristo in tutto ciò che facciamo: perché è un obbligo di ogni cristiano; ed anche perché i nemici di Dio, loro sí, sanno arrivare fino al più piccolo dettaglio della vita quotidiana nella loro ansia di soffocare o deformare la Verità. A noi, che sappiamo di essere figli di Dio e che desideriamo comportarci come tali, a noi tocca dare esempio di unità di vita, di cristiani tutti di un pezzo, in ogni momento ed in ogni lavoro.
Desidero profittare di questa circostanza per riferirmi a due momenti di particolare importanza per la vita della Chiesa dei nostri giorni: l'inaugurazione solenne della fase finale del Sinodo della diocesi di Roma e la ricorrenza del quinto centenario dell'arrivo del Vangelo nel continente americano.
Il fatto che questo Ateneo sia romano non solo per l'ubicazione geografica ma per quanto Roma significa per la Chiesa e la sua cattolicità, ci rende particolarmente vicini allo svolgimento del Sinodo romano, le cui tematiche e conclusioni varcano ampiamente i limiti spaziali della città di Roma, e possiedono quella spiccata valenza universale tipica degli eventi ecclesiali della diocesi del successore di Pietro.
Quanto all'evangelizzazione del continente americano, se da un lato essa ci ricorda la straordinaria fecondità apostolica di tanti uomini e donne frutto della loro generosità accompagnata dalla benedizione del Signore e dalla materna protezione della Madre di Dio, dall'altro ci avverte con chiarezza che l'autentica diffusione del Vangelo di Gesù Cristo deve andare di pari passo con la promozione umana e con soluzioni degne dell'inestimabile valore di ogni persona redenta dal Salvatore.
Gli avvenimenti poc'anzi ricordati sottolineano la grande ripercussione che ha un centro di formazione nelle scienze sacre, giacché esso prepara uomini e donne ad essere a loro volta maestri di altri fedeli lungo la via tracciata dall'unico Maestro che è il Signore morto e risorto.
E come ci ricorda il Santo Padre nell'ultima esortazione post_sinodale: «E' la stessa situazione contemporanea ad esigere sempre più dei maestri che siano veramente all'altezza della complessità dei tempi e siano in grado di affrontare, con competenza e con chiarezza e profondità di argomentazioni, le domande di senso degli uomini d'oggi, alle quali solo il Vangelo di Gesù Cristo dà la piena e definitiva risposta»[3].
E l'impegno di seguire e proclamare Cristo possiede tanti risvolti concreti nello studio e nell'insegnamento delle scienze sacre: esso deve muovere a cercare senza sosta la Verità —con sempre maggiore profondità— e ad agire in modo da condurre questa ricerca nello spirito suggerito dall'Apostolo del veritatem facientes in caritate[4], così che ogni passo nel tragitto verso la Verità, sia veramente occasione per servire con gioia e semplicità la Chiesa, il Romano Pontefice e tutte le anime[5]; ben consci che la verità della fede e la testimonianza della carità sono inscindibili, perché confluiscono nell'unità di vita segno dell'autentico progresso spirituale[6].
Affidando alla intercessione della Santissima Vergine, Sedes Sapientiae, queste nostre intenzioni, e confidando nell'aiuto del Beato Josemaría Escrivá, dichiaro inaugurato il presente anno accademico 1992-1993.
[1] Cfr. Cost. dogm. Lumen gentium, nn. 40-42; Decr. Apostolicam actuositatem, nn. 1-4.
[2] Cfr. Giovanni Paolo II, Omelia nella beatificazione dei Servi di Dio Josemaría Escrivá e Giuseppina Bakhita, 17-V-1992.
[3] Cfr. Giovanni Paolo II, Es. ap. Pastores dabo vobis, n. 56.
[4] Ef 4, 15.
[5] Cfr. Preghiera al Beato Josemaría.
[6] Cfr. Giovanni Paolo II, Es. ap. Christifideles laici, n. 59.
Romana, n. 15, Luglio-Dicembre 1992, p. 254-256.