Istruzione della Congregazione dei Seminari e degli Istituti di Studi sullo studio dei Padri della Chiesa nella formazione sacerdotale (30-XI-1989).
CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA
(DEI SEMINARI E DEGLI ISTITUTI DI STUDI)
Istruzione
sullo studio dei Padri della Chiesa
nella formazione sacerdotale
Introduzione
1. In considerazione delle particolari necessità odierne degli studi teologici negli Istituti di formazione sacerdotale, questa Congregazione, dopo essersi occupata a suo tempo dello studio dei Padri della Chiesa nella sua globalità[1], ora desidera dedicare la presente Istruzione ad alcuni problemi concernenti tale argomento.
L'invito a coltivare più intensamente la patristica nei Seminari e nelle Facoltà teologiche potrebbe forse sorprendere qualcuno. Perché infatti —ci si potrebbe chiedere— si invitano professori e studenti a rivolgersi verso il passato quando oggi, nella Chiesa e nella società, ci sono così tanti e gravi problemi che esigono di essere urgentemente risolti? Si può trovare una risposta convincente a questo interrogativo se si dà uno sguardo globale alla storia della teologia, se si considerano attentamente alcune caratteristiche dell'odierno clima culturale, e se si presta attenzione alle necessità profonde e ai nuovi orientamenti della spiritualità e della pastorale.
2. La rivisitazione delle varie tappe della storia della teologia rivela che mai la riflessione teologica ha rinunciato alla presenza rassicurante ed orientatrice dei Padri. Al contrario, essa ha sempre avuto la viva coscienza che nei Padri vi è qualcosa di singolare, di irripetibile e di perennemente valido, che continua a vivere e resiste alla fugacità del tempo. Come si è espresso a tale proposito il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, «della vita attinta ai suoi Padri la Chiesa ancora oggi vive; sulle strutture poste dai suoi primi costruttori ancora oggi viene edificata, nella gioia e nella pena del suo cammino e del suo travaglio quotidiano»[2].
3. La considerazione dell'attuale clima culturale fa poi emergere le molte analogie che legano il tempo presente con l'epoca patristica, nonostante le evidenti differenze. Come allora, anche oggi un mondo tramonta mentre un altro sta nascendo. Come allora, anche oggi la Chiesa sta compiendo un delicato discernimento dei valori spirituali e culturali, in un processo di assimilazione e di purificazione, che le permette di mantenere la sua identità e di offrire, nel complesso panorama culturale di oggi, le ricchezze che l'espressività umana della fede può e deve dare al nostro mondo[3]. Tutto ciò costituisce una sfida per la vita dell'intera Chiesa e in modo particolare per la Teologia la quale, per assolvere adeguatamente i suoi compiti, non può non attingere dalle opere dei Padri, come analogamente attinge dalla Sacra Scrittura.
4. L'osservazione dell'odierna realtà ecclesiale, infine, mostra come le esigenze della pastorale generale della Chiesa e, in modo particolare, le nuove correnti di spiritualità reclamano alimento solido e fonti sicure di ispirazione. Di fronte alla sterilità di tanti sforzi, torna spontaneo pensare a quel fresco soffio di vera sapienza ed autenticità cristiana, che promana dalle opere patristiche. E' un soffio che ha già contribuito, anche recentemente, ad approfondire numerose problematiche liturgiche, ecumeniche, missionarie e pastorali, le quali, recepite dal Concilio Vaticano II, sono considerate per la Chiesa di oggi fonte di incoraggiamento e di luce.
I Padri quindi dimostrano tuttora la loro vitalità e tuttora hanno molte cose da dire a chi studia o insegna teologia. E' per questa ragione che la Congregazione per l'Educazione Cattolica si rivolge ora ai Responsabili della formazione sacerdotale per proporre loro alcune utili riflessioni sull'odierna situazione degli studi patristici (I), sulle loro più profonde motivazioni (II), sui loro metodi (III), sulla loro concreta programmazione (IV).
I
Aspetti della situazione attuale
Ogni discorso sui temi suindicati suppone, come suo punto di partenza, la conoscenza della situazione in cui si trovano oggi gli studi patristici. Ci si domanda pertanto quale posto venga oggi riservato ad essi nella preparazione dei futuri sacerdoti e quali siano a tale riguardo le direttive della Chiesa.
1. I Padri negli studi teologici di oggi
5. Lo stato attuale della patristica negli Istituti di formazione sacerdotale è strettamente connesso con le condizioni generali dell'insegnamento teologico: con la sua impostazione, struttura ed ispirazione fondamentale; con la qualità e la preparazione specifica dei docenti, con il livello intellettuale e spirituale degli alunni, con lo stato delle biblioteche e, in genere, con la disponibilità dei mezzi didattici. La sua situazione non è pertanto dappertutto uguale; essa differisce non soltanto da un paese all'altro, ma è diversa anche nelle varie diocesi delle singole nazioni. Tuttavia, si possono individuare a tale riguardo, a livello della Chiesa universale, sia aspetti positivi, che certe situazioni e tendenze che pongono talvolta per gli studi ecclesiastici dei problemi.
6. a) L'inserimento della dimensione storica nel lavoro scientifico dei teologi, avvenuto agli inizi del nostro secolo, ha richiamato l'attenzione, tra l'altro, anche sui Padri della Chiesa. Ciò si è dimostrato straordinariamente proficuo e fecondo, non solo perché ha reso possibile una migliore conoscenza delle origini cristiane della genesi ed evoluzione storica di varie questioni e dottrine ma anche perché lo studio dei Padri ha trovato alcuni cultori veramente eruditi ed intelligenti i quali hanno saputo mettere in evidenza il nesso vitale che vige tra la tradizione ed i problemi più urgenti del momento presente. Grazie ad un tale accesso alle fonti i lunghi e faticosi lavori della ricerca storica non sono rimasti fissati in una mera investigazione del passato ma hanno influito sugli orientamenti spirituali e pastorali della Chiesa odierna indicando il cammino verso il futuro. E' naturale che ad approfittarne maggiormente sia stata la teologia.
7. b) Tale interesse per i Padri continua anche oggi sia pure in condizioni un po' diverse. Nonostante un notevole decadimento generale della cultura umanistica si nota qua e là un risveglio nel campo patristico che coinvolge non soltanto insigni studiosi del clero religioso e diocesano ma anche numerosi rappresentanti del laicato. In questi ultimi tempi vanno moltiplicandosi pubblicazioni di ottime collane patristiche e di monografie scientifiche le quali sono l'indice forse più evidente di una vera fame del patrimonio spirituale dei Padri, un fenomeno consolante che non manca di riflettersi positivamente anche nelle Facoltà teologiche e nei Seminari. Tuttavia l'evoluzione verificatasi in campo teologico e culturale in genere mette sotto gli occhi certe insufficienze e vari ostacoli alla serietà del lavoro che non devono essere ignorati.
8. c) Non mancano oggi concezioni o tendenze teologiche le quali contrariamente alle indicazioni del Decr. «Optatam totius» (n. 16) dedicano scarsa attenzione alle testimonianze dei Padri e in genere della Tradizione ecclesiastica limitandosi al confronto diretto dei dati biblici con la realtà sociale e con i problemi concreti della vita analizzati con l'aiuto delle scienze umane. Si tratta di correnti teologiche che prescindono dalla dimensione storica dei dogmi e per le quali gli immensi sforzi dell'epoca patristica e del medio evo non sembrano avere alcuna vera importanza. In tali casi lo studio dei Padri viene ridotto al minimo e coinvolto praticamente nel rifiuto globale del passato.
Come si vede sull'esempio di varie teologie del nostro tempo staccate dall'alveo della Tradizione in questi casi l'attività teologica o viene ridotta a un puro «biblicismo» o diventa prigioniera del proprio orizzonte storico adattandosi alle varie filosofie ed ideologie di moda. Il teologo, abbandonato praticamente a se stesso, credendo di fare teologia, non fa in realtà che storicismo, sociologismo, ecc. appiattendo i contenuti del Credo ad una dimensione puramente terrena.
9. d) Si riflette negativamente sugli studi patristici anche una certa unilateralità, che si avverte oggi in vari casi nei metodi esegetici. L'esegesi moderna, che s'avvale degli aiuti della critica storica e letteraria, getta un'ombra sui contributi esegetici dei Padri, i quali vengono ritenuti semplicistici e, in sostanza, inutili per una conoscenza approfondita della Sacra Scrittura. Tali orientamenti, mentre impoveriscono e snaturano la stessa esegesi, rompendone la naturale unità con la Tradizione, diminuiscono indubbiamente la stima e l'interesse per le opere patristiche. L'esegesi dei Padri, invece, potrebbe aprirci gli occhi ad altre dimensioni dell'esegesi spirituale e dell'ermeneutica che completerebbero quella storico-critica, arricchendola di intuizioni profondamente teologiche.
10. e) Oltre alle difficoltà provenienti da certi orientamenti esegetici, bisogna menzionare anche quelle che nascono da concezioni distorte della Tradizione. In alcuni casi infatti al posto della concezione di una Tradizione viva, che progredisce e si sviluppa con l'avanzare della storia, se ne ha un'altra troppo rigida, detta a volte «integrista», che riduce la Tradizione alla ripetizione di modelli passati e ne fa un blocco monolitico e fisso, che non lascia alcun posto al legittimo sviluppo e alla necessità della fede di rispondere alle nuove situazioni. In tal modo si creano facilmente pregiudizi nei confronti della Tradizione come tale, i quali non favoriscono un accesso sereno ai Padri della Chiesa.
Paradossalmente si ripercuote in modo sfavorevole sull'apprezzamento dell'epoca patristica la stessa concezione della tradizione ecclesiastica viva, quando i teologi nell'insistere sull'uguale valore di tutti i momenti storici, non tengono sufficientemente conto della specificità del contributo fornito dai Padri al patrimonio della Tradizione.
11. f) Inoltre, molti odierni studiosi di teologia, provenienti da scuole di tipo tecnico, non dispongono di quella conoscenza delle lingue classiche, che si richiede per un accostamento serio alle opere dei Padri. Di conseguenza lo stato della patristica degli Istituti di formazione sacerdotale risente notevolmente degli attuali cambiamenti culturali, caratterizzati da un crescente spirito scientifico e tecnologico, che privilegia quasi esclusivamente gli studi delle scienze naturali ed umane, trascurando la cultura umanistica.
12. g) Infine in vari Istituti di formazione sacerdotale i programmi di studio sono talmente sovraccaricati di varie nuove discipline ritenute più necessarie e più «attuali», che non rimane spazio sufficiente per la patristica. Questa, di conseguenza, deve accontentarsi di poche ore settimanali, o di soluzioni di ripiego nel quadro della Storia della Chiesa antica. A tali difficoltà si aggiunge spesso la mancanza nelle biblioteche di collezioni patristiche e di appropriati sussidi bibliografici.
2. I Padri nelle direttive della Chiesa
Il discorso sullo stato attuale degli studi patristici non sarebbe completo, se non venissero menzionate le relative norme ufficiali della Chiesa. Esse, come si vedrà, mettono in chiara luce i valori teologici, spirituali e pastorali contenuti nelle opere dei Padri, nell'intento di renderli fruttuosi per la preparazione dei futuri sacerdoti.
13. a) Tra queste direttive occupano il primo posto le indicazioni del Concilio Vaticano II concernenti il metodo dell'insegnamento teologico, ed il ruolo della Tradizione nell'interpretazione e nella trasmissione della Sacra Scrittura.
Nel n. 16 del Decreto «Optatam totius» viene prescritto per l'insegnamento della dogmatica il metodo genetico, tutt'altro che in contrasto con la necessità di approfondire i misteri della teologia e di «vederne il nesso per mezzo della speculazione, avendo S. Tommaso come maestro» (ibid.): metodo che nella sua seconda tappa contempla l'illustrazione del contributo che hanno fornito i Padri della Chiesa Orientale ed Occidentale per la «fedele trasmissione ed enucleazione delle singole verità rivelate».
Detto metodo, tanto importante per la comprensione del progresso dogmatico, è stato nuovamente confermato dal recente Sinodo straordinario dei Vescovi del 1985 (cfr. Relatio finalis II, B, n. 4).
14. L'importanza, che hanno i Padri per la teologia e, in modo particolare, per la comprensione della Sacra Scrittura, risulta inoltre con grande chiarezza da alcune dichiarazioni della costituzione «Dei Verbum» sul valore e sul ruolo della Tradizione:
«La Sacra Tradizione dunque e la Sacra Scrittura sono strettamente tra loro congiunte e comunicanti... La Sacra Tradizione trasmette integralmente la parola di Dio, affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli Apostoli, ai loro successori... accade così che la Chiesa attinga la certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono essere accettate con pari sentimento di pietà e di riverenza» (n. 9).
Come si vede, la Sacra Scrittura, che deve essere «l'anima della teologia» e «suo fondamento perenne» (n. 24), forma un'unità inscindibile con la Sacra Tradizione, «un solo deposito della parola di Dio affidata alla Chiesa... da non poter indipendentemente sussistere» (n. 10). E sono appunto «le asserzioni dei Santi Padri» che «attestano la vivificante presenza di questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse dalla pratica e nella vita della Chiesa che crede e prega» (n. 8). Pertanto anche oggi, nonostante gli innegabili progressi compiuti dall'esegesi moderna, la Chiesa «che si preoccupa di raggiungere una intelligenza sempre più profonda della Sacra Scrittura, per poter nutrire di continuo i suoi figli con le divine parole... a ragione favorisce anche lo studio dei Santi Padri dell'Oriente e dell'Occidente e delle Sacre Liturgie» (n. 23).
15. b) La Congregazione per l'Educazione Cattolica, nella «Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis» e nel documento su «La formazione teologica dei futuri sacerdoti» ribadisce le surriferite prescrizioni del Concilio Vaticano II, mettendone in luce alcuni importanti aspetti:
Di fronte a certe tendenze riduttive in teologia dogmatica, si insiste sulla integrità e sulla completezza del metodo genetico[4], illustrandone la validità, i valori didattici[5], come anche le condizioni che si richiedono per una sua retta applicazione[6]; a tale proposito viene fatto un esplicito riferimento alla tappa patristico-storica[7].
Secondo la «Ratio fundamentalis»[8], i professori e gli alunni devono aderire con piena fedeltà alla parola di Dio nella Sacra Scrittura e nella Tradizione, attingendone il vivo senso «anzitutto dalle opere dei Santi Padri». Essi meritano una grande stima, perché «la loro opera appartiene alla tradizione vivente della Chiesa, alla quale, per disposizione provvidenziale, hanno portato contributi di valore duraturo in epoche più favorevoli alla sintesi di fede e di ragione»[9]. Un maggiore accostamento ai Padri può pertanto considerarsi il mezzo più efficace per scoprire la forza vitale della formazione teologica[10] e, soprattutto, per inserirsi nel dinamismo della Tradizione, «che preserva da un esagerato individualismo garantendo oggettività del pensiero»[11].
Perché tali esortazioni non rimanessero lettera morta, sono state impartite nel succitato documento su «La formazione teologica dei futuri sacerdoti» alcune norme per lo studio sistematico della patristica (nn. 85-88).
16. c) Gli impulsi conferiti allo studio dei Padri dal Concilio e dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica sono stati accentuati in questi ultimi decenni in varie occasioni dai Sommi Pontefici. I loro interventi, come quelli dei loro Predecessori, si distinguono per la varietà di argomenti e l'incisività sull'attuale situazione teologica e spirituale:
«Lo studio dei Padri, di grande utilità per tutti, è di necessità imperiosa per coloro che hanno a cuore il rinnovamento teologico, pastorale, spirituale promosso dal Concilio e vi vogliono cooperare. In loro infatti ci sono delle costanti che sono alla base di ogni autentico rinnovamento»[12]. Il pensiero patristico è cristocentrico[13]; è esempio di una teologia unificata, viva, maturata a contatto con i problemi del ministero pastorale[14]; è un ottimo modello di catechesi[15], fonte per la conoscenza della Sacra Scrittura e della Tradizione[16], come pure dell'uomo totale e della vera identità cristiana[17]. I Padri, «infatti, sono una struttura stabile della Chiesa, e per la Chiesa di tutti i secoli adempiono a una funzione perenne. Cosicché ogni annuncio e magistero successivo, se vuole essere autentico, deve confrontarsi con il loro annuncio e il loro magistero; ogni carisma e ogni ministero deve attingere alla sorgente vitale della loro paternità e ogni pietra nuova aggiunta all'edificio... deve collocarsi nelle strutture già da loro poste, e con esse saldarsi e connettersi»[18].
Gli incitamenti allo studio più intenso della patristica dunque non mancano. Essi sono numerosi e ben motivati. Ora, per rendere tali sollecitazioni ancora più esplicite, si ritiene utile esporne qui di seguito alcune ragioni.
II
Perché studiare i Padri
17. E' ovvio che gli studi patristici potranno raggiungere il dovuto livello scientifico e portare i frutti sperati soltanto a condizione che siano coltivati con serietà e con amore. L'esperienza infatti insegna che i Padri schiudono le loro ricchezze dottrinali e spirituali soltanto a chi si sforza di entrare nelle loro profondità attraverso una continua ed assidua familiarità con essi. Ci vuole pertanto da parte dei docenti e degli alunni un vero impegno, per i seguenti principali motivi:
1) I Padri sono testimoni privilegiati della Tradizione; 2) Essi ci hanno tramandato un metodo teologico che è insieme luminoso e sicuro; 3) I loro scritti offrono una ricchezza culturale, spirituale ed apostolica, che ne fa grandi maestri della Chiesa di ieri e di oggi.
1. Testimoni privilegiati della Tradizione
18. Tra le varie qualifiche e i vari ruoli, che i documenti del Magistero attribuiscono ai Padri, figura in primo luogo quello di testimoni privilegiati della Tradizione. Nel flusso della Tradizione viva, che dagli inizi del cristianesimo continua attraverso i secoli fino ai nostri giorni, essi occupano una posizione del tutto speciale, che li rende inconfondibili rispetto agli altri protagonisti della storia della Chiesa. Sono essi infatti che hanno espresso le prime strutture portanti della Chiesa insieme ad atteggiamenti dottrinali e pastorali che rimangono validi per tutti i tempi.
19. a) Nella nostra coscienza cristiana, i Padri appaiono sempre legati alla Tradizione, essendone stati contemporaneamente protagonisti e testimoni. Essi sono più vicini alla freschezza delle origini; alcuni di loro sono stati testimoni della Tradizione apostolica, fonte da cui la Tradizione stessa trae origine; specialmente quelli dei primi secoli possono considerarsi autori ed esponenti di una tradizione «costitutiva», della quale nei tempi posteriori si avrà la conservazione e la continua esplicazione. In ogni caso i Padri hanno trasmesso ciò che hanno ricevuto, «hanno insegnato alla Chiesa ciò che hanno imparato nella Chiesa»[19]; «ciò che hanno trovato nella Chiesa hanno tenuto; ciò che hanno imparato hanno insegnato; ciò che hanno ricevuto dai Padri hanno trasmesso ai figli»[20].
20. b) Storicamente, l'epoca dei Padri è il periodo di alcune importanti primizie dell'ordinamento ecclesiale. Sono stati essi a fissare «l'intero canone dei Libri Sacri»[21], a comporre le confessioni basilari della fede («regula fidei»), a precisare il deposito della fede nei confronti delle eresie e della cultura contemporanea, dando così origine alla teologia. Inoltre sono ancora essi, che hanno gettato le basi della disciplina canonica («statuta patrum», «traditiones patrum»), e creato le prime forme della liturgia, che rimangono un punto di riferimento obbligatorio per tutte le riforme liturgiche posteriori. I Padri hanno dato in tal modo la prima risposta consapevole e riflessa alla Sacra Scrittura, formulandola non tanto come una teoria astratta, ma come quotidiana prassi pastorale di esperienza e di insegnamento nel cuore delle assemblee liturgiche riunite per professare la fede e per celebrare il culto del Signore risorto. Sono stati così gli autori della prima grande catechesi cristiana.
21. c) La Tradizione, di cui i Padri sono testimoni, è una Tradizione viva, che dimostra l'unità nella varietà e la continuità nel progresso. Ciò si vede nella pluralità di famiglie liturgiche, di tradizioni spirituali, disciplinari ed esegetico-teologiche esistenti nei primi secoli (ad esempio le scuole di Alessandria e di Antiochia); tradizioni diverse ma unite e radicate tutte nel fermo ed immutabile fondamento comune della fede.
22. d) La Tradizione dunque qual è stata conosciuta e vissuta dai Padri non è come un masso monolitico, immobile e sclerotizzato, ma come un organismo pluriforme e pulsante di vita. E' una prassi di vita e di dottrina che conosce, da una parte, anche incertezze, tensioni, ricerche fatte a tentoni, e dall'altra decisioni tempestive e coraggiose, rivelatesi di grande originalità e di importanza decisiva. Seguire la Tradizione viva dei Padri non significa aggrapparsi al passato come tale, ma aderire con senso di sicurezza e libertà di slancio alla linea della fede mantenendo un orientamento costante verso il fondamento: ciò che è essenziale, ciò che dura e non cambia. Si tratta di una fedeltà assoluta, in tanti casi portata e provata «usque ad sanguinis effusionem», verso il dogma e quei principi morali e disciplinari che dimostrano la loro funzione insostituibile e la loro fecondità proprio nei momenti, in cui si stanno facendo strada cose nuove.
23. e) I Padri sono quindi testimoni e garanti di un'autentica Tradizione cattolica, e perciò la loro autorità nelle questioni teologiche è stata e rimane sempre grande. Quando era necessario denunziare la deviazione di determinate correnti di pensiero, la Chiesa si è sempre richiamata ai Padri come garanzia di verità. Vari Concili, per esempio quelli di Calcedonia e di Trento, iniziano le loro dichiarazioni solenni con richiamo alla Tradizione patristica, usando la formula: «Seguendo i Santi Padri... ecc.». Ad essi vengono fatti riferimenti anche nei casi, in cui la questione è già stata di per sé risolta col ricorso alla Sacra Scrittura.
Nel Concilio Tridentino[22] e nel Vaticano I[23] è stato enunziato esplicitamente il principio, che l'unanime consenso dei Padri costituisce regola certa d'interpretazione della Scrittura, principio questo che è stato sempre vissuto e praticato nella storia della Chiesa e che si identifica con quello della normatività della Tradizione formulata da Vincenzo di Lerino[24] e prima ancora da S. Agostino.
24 f) Gli esempi e gli insegnamenti dei Padri, testimoni della Tradizione, sono stati particolarmente valutati e valorizzati nel Concilio Vaticano II, che proprio grazie ad essi ha potuto prendere una coscienza più viva che ha la Chiesa di se stessa e individuare la strada sicura particolarmente per il rinnovamento liturgico, per un fruttuoso dialogo ecumenico e per l'incontro con le religioni non cristiane, facendo fruttificare nelle odierne circostanze l'antico principio dell'unità nella diversità e del progresso nella continuità della Tradizione.
2. Metodo teologico
25. Il delicato processo di innesto del cristianesimo nel mondo della cultura antica, e la necessità di definire i contenuti del mistero cristiano nei confronti della cultura pagana e delle eresie, stimolarono i Padri ad approfondire e ad illustrare razionalmente la fede con l'aiuto delle categorie di pensiero meglio elaborate nelle filosofie del loro tempo, specialmente nella raffinata filosofia ellenistica. Uno dei loro compiti storici più importanti fu di dare vita alla scienza teologica, e di stabilire al suo servizio alcune coordinate e norme di procedimento rivelatesi valevoli e fruttuose anche per i secoli futuri, come avrebbe dimostrato nella sua opera San Tommaso d'Aquino, fedelissimo alla dottrina dei Padri.
In questa attività di teologi si delineano nei Padri alcuni particolari atteggiamenti e momenti, che sono di grande interesse e che bisogna tenere presenti anche oggi negli studi sacri:
a) il ricorso continuo alla Sacra Scrittura e il senso della Tradizione;
b) la consapevolezza dell'originalità cristiana pur nel riconoscimento delle verità contenute nella cultura pagana;
c) la difesa della fede come bene supremo e l'approfondimento continuo del contenuto della Rivelazione;
d il senso del mistero e l'esperienza del divino.
a) Ricorso alla Sacra Scrittura, senso della Tradizione
26. 1. I Padri sono in primo luogo ed essenzialmente dei commentatori della Sacra Scrittura: «divinorum librorum tractatores»[25]. In questo lavoro è vero che dal nostro odierno punto di vista, il loro metodo presenta innegabili limiti. Essi non conoscevano e non potevano conoscere le risorse di ordine filologico, storico, antropologico-culturale né le tematiche di ricerca, di documentazione, di elaborazione scientifica che sono a disposizione dell'esegesi moderna, e perciò una parte del loro lavoro esegetico è da considerarsi caduca. Ma, ciò nonostante, i loro meriti per una migliore comprensione dei Libri Sacri sono incalcolabili. Essi rimangono per noi maestri veri e si può dire superiori, sotto tanti aspetti, agli esegeti del medio evo e dell'età moderna per «una specie di soave intuizione delle cose celesti per un'ammirabile penetrazione di spirito, grazie alla quale vanno più avanti nelle profondità della parola divina»[26]. L'esempio dei Padri può, infatti, insegnare agli esegeti moderni un approccio veramente religioso della Sacra Scrittura, come anche un'interpretazione che s'attiene costantemente al criterio di comunione con l'esperienza della Chiesa, la quale cammina attraverso la storia sotto la guida dello Spirito Santo. Quando questi due principi interpretativi, religioso e specificamente cattolico, vengono disattesi o dimenticati, gli studi esegetici moderni risultano spesso impoveriti e distorti.
La Sacra Scrittura era per i Padri oggetto di incondizionata venerazione, fondamento della fede, argomento costante della predicazione, alimento della pietà, anima della teologia. Ne hanno sempre sostenuto l'origine divina, l'inerranza, la normatività, l'inesauribile ricchezza di vigore per la spiritualità e dottrina. Basti ricordare qui ciò che scriveva Sant'Ireneo sulle Scritture: esse «sono perfette, perché dettate dal Verbo di Dio e dal suo Spirito»[27], e i quattro Vangeli sono «il fondamento e la colonna della nostra fede»[28].
27. 2. La teologia è nata dall'attività esegetica dei Padri, «in medio Ecclesiae», e specialmente nelle assemblee liturgiche, a contatto con le necessità spirituali del Popolo di Dio. Quella esegesi, nella quale la vita spirituale si fonde con la riflessione razionale teologica, mira sempre all'essenziale pur nella fedeltà a tutto il sacro deposito della fede. Essa è incentrata interamente nel mistero di Cristo, al quale riporta tutte le verità particolari in una mirabile sintesi. Anziché disperdersi in numerose problematiche marginali, i Padri cercano di abbracciare la totalità del mistero cristiano, seguendo il movimento fondamentale della Rivelazione e dell'economia della salvezza, che va da Dio, attraverso il Cristo, alla Chiesa, sacramento dell'unione con Dio e dispensatrice della grazia divina, per ritornare a Dio. Grazie a questo intuito, dovuto al loro vivo senso della comunione ecclesiale, alla loro vicinanza alle origini cristiane e alla familiarità con la Scrittura, i Padri guardano tutto nel suo centro, rendendo questo tutto presente in ciascuna delle sue parti, e ricollegando con esso ogni questione periferica. Pertanto, seguire i Padri in questo loro itinerario teologico significa cogliere più facilmente il nucleo essenziale della nostra fede e lo «specificum» della nostra identità cristiana.
28. 3. La venerazione e la fedeltà dei Padri nei confronti dei Libri Sacri va di pari passo con la loro venerazione e fedeltà verso la Tradizione. Essi si considerano non padroni ma servitori delle Sacre Scritture, ricevendole dalla Chiesa, leggendole e commentandole nella Chiesa e per la Chiesa, secondo la regola della fede proposta ed illustrata dalla tradizione ecclesiastica ed apostolica. Il sopraccitato Sant'Ireneo, grande amatore e cultore dei Libri Sacri, sostiene che chi vuol conoscere la verità deve guardare alla Tradizione degli Apostoli[29], ed aggiunge che, anche se questi non ci avessero lasciato le Scritture, sarebbe bastata per la nostra istruzione e salvezza, la Tradizione[30]. Lo stesso Origene, che studiò con tanto amore e passione le Scritture e tanto operò per la loro intelligenza, dichiara apertamente che devono essere credute come verità di fede solo quelle che in nessun modo si allontanano dalla «Tradizione ecclesiastica ed apostolica»[31], facendo con ciò della Tradizione la norma interpretativa della Scrittura. Sant'Agostino, poi, che poneva le sue «delizie» nella meditazione delle Scritture[32], enunzia questo principio mirabilmente limpido e convinto, che si richiama ancora alla Tradizione: «Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l'autorità della Chiesa cattolica»[33].
29. 4. Pertanto il Concilio Vaticano II, quando dichiarò che «la Tradizione e la Sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa»[34], non ha fatto altro che confermare un antico principio teologico, praticato e professato dai Padri. Questo principio, che ha illuminato e diretto la loro intera attività esegetica e pastorale, certamente rimane valido anche per i teologi e per i pastori d'anime di oggi. Ne consegue in modo concreto che il ritorno alla Sacra Scrittura, che è una delle caratteristiche maggiori dell'attuale vita della Chiesa, deve essere accompagnato dal ritorno alla Tradizione attestata dagli scritti patristici, se si vuole che produca i frutti sperati.
b) Originalità cristiana e inculturazione
30. 1. Altra caratteristica importante e attualissima del metodo teologico dei Padri è che esso offre la luce per comprendere «meglio secondo quali criteri la fede, tenendo conto della filosofia e del sapere dei popoli, può incontrarsi con la ragione»[35]. Essi, infatti, dalla Scrittura e dalla Tradizione hanno attinto la chiara consapevolezza dell'originalità cristiana, cioè la ferma convinzione che l'insegnamento cristiano contiene un nucleo essenziale di verità rivelate, che costituiscono la norma per giudicare della sapienza umana e per distinguere la verità dall'errore. Se una tale convinzione ha portato alcuni di loro a respingere l'apporto di questa sapienza e a considerare i filosofi quasi dei «patriarchi degli eretici», non ha impedito alla massima parte di accogliere questo contributo con interesse e con riconoscenza, come procedente dall'unica fonte della sapienza, che è il Verbo. Basti ricordare a tale proposito S. Giustino Martire, Clemente Alessandrino, Origene, S. Gregorio Nisseno e, in modo particolare, S. Agostino, il quale nella sua opera «De doctrina christiana» ha tracciato per tale attività un programma: «Se coloro che sono chiamati filosofi hanno detto cose vere e consone alla nostra fede... non solo non devono incutere motivo di timore, ma... devono essere reclamate a nostro uso... Non è questo appunto che hanno fatto molti dei nostri buoni fedeli?... Cipriano... Lattanzio... Vittorino... Ottato, Ilario, per non parlare che dei morti, e una quantità innumerevole dei greci?»[36].
31. 2. A questo studio di assimilazione si aggiunge l'altro, non meno importante e da esso inseparabile, che potremmo chiamare della disassimilazione. Ancorati alla norma della fede, i Padri hanno accolto molti apporti della filosofia greco-romana, ma ne hanno respinto i gravi errori, evitando in modo particolare il pericolo del sincretismo così diffuso nella cultura ellenistica allora dominante, come anche del razionalismo che minacciava il ridurre la fede ai soli aspetti accettabili per la razionalità ellenica. «Contro i loro grandi errori —scrive S. Agostino— occorre difendere la dottrina cristiana»[37].
32. 3. Grazie a tale oculato discernimento dei valori e dei limiti nascosti nelle varie forme di cultura antica, sono state aperte nuove vie verso la verità e nuove possibilità per l'annunzio del Vangelo. Istruita dai Padri greci, latini, siriaci... la Chiesa, infatti, «fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio del Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli; e inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi, allo scopo, cioè, di adattare, quando conveniva, il Vangelo sia alla capacità di tutti sia alle esigenze dei sapienti»[38]. In altre parole, i Padri, consapevoli del valore universale della rivelazione, hanno iniziato la grande opera di inculturazione cristiana, come si suole chiamarla oggi. Sono diventati l'esempio di un incontro fecondo tra fede e cultura, tra fede e ragione, rimanendo una guida per la Chiesa di tutti i tempi, impegnata a predicare il Vangelo a uomini di culture tanto diverse e ad operare in mezzo ad esse.
Come si vede, grazie a tali atteggiamenti dei Padri, la Chiesa si rivela sin dai suoi inizi «per sua natura missionaria»[39], anche al livello del pensiero e della cultura, e perciò il Concilio Vaticano II prescrive che «tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere legge di ogni evangelizzazione»[40].
c) Difesa della fede, progresso dogmatico
33. 1. All'interno della Chiesa, l'incontro della ragione con la fede ha dato occasione a molte e lunghe controversie che hanno interessato i grandi temi del dogma trinitario, cristologico, antropologico, escatologico. In tali occasioni i Padri, nel difendere le verità che toccano la stessa essenza della fede, furono gli autori di un grande avanzamento nell'intelligenza dei contenuti dogmatici, rendendo un valido servizio al progresso della teologia. Il loro munus apologetico, esercitato con una consapevole sollecitudine pastorale per il bene spirituale dei fedeli, è stato un mezzo provvidenziale per far maturare l'intero corpo della Chiesa. Come diceva S. Agostino di fronte al moltiplicarsi degli eretici: «Dio ha permesso la loro diffusione, affinché non ci nutrissimo del solo latte e non rimanessimo in stato di rude infanzia»[41], in quanto «molte questioni riguardanti la fede quando, con astuta inquietudine, vengono sollevate dagli eretici, per poterle difendere contro di loro vengono esaminate più diligentemente, capite più chiaramente, predicate più insistentemente di modo che la questione mossa dall'avversario diventi l'occasione d'imparare»[42].
34. 2. Così i Padri sono diventati iniziatori del procedimento razionale applicato ai dati della Rivelazione, i promotori illuminati di quell'«intellectus fidei», che appartiene all'essenza di ogni autentica teologia. E' stato loro compito provvidenziale non solo difendere il cristianesimo, ma anche ripensarlo nell'ambiente culturale greco-romano; trovare formule nuove per esprimere una dottrina antica, formule non bibliche per una dottrina biblica; presentare, in una parola, la fede in forma di un discorso umano, pienamente cattolico e capace di esprimere il contenuto divino della rivelazione, salvaguardandone sempre l'identità e la trascendenza. Numerosi concetti introdotti da essi nella teologia trinitaria e cristologica (per esempio ousia, hypostasis, physis, agenesia, genesis, ekporeuesis, ecc.) hanno svolto un ruolo determinante nella storia dei Concili e sono entrati nelle formule dogmatiche, diventando componente del nostro corrente strumentario teologico.
35. 3. Il progresso dogmatico, che è stato realizzato dai Padri non come progetto astratto puramente intellettuale, ma il più delle volte nelle omelie, in mezzo alle attività liturgiche e pastorali, costituisce un ottimo esempio di rinnovamento nella continuità della Tradizione. Per essi «la fede cattolica proveniente dalla dottrina degli apostoli... e ricevuta attraverso una serie di successioni» era «da trasmettere sana ai discendenti»[43]. Perciò è stata da loro trattata con il massimo rispetto, con piena fedeltà al suo fondamento biblico, e in pari tempo con una giusta apertura di spirito verso nuove necessità e nuove circostanze culturali: le due caratteristiche proprie della tradizione viva della Chiesa.
36. 4. Questi primi abbozzi di teologia tramandatici dai Padri mettono in evidenza alcuni loro tipici atteggiamenti fondamentali verso i dati rivelati, che possono rivelarsi di valore permanente e quindi valevoli anche per la Chiesa di oggi. Si tratta di una base posta una volta per sempre, alla quale ogni teologia posteriore deve fare riferimento e, all'occorrenza, ritornare. Si tratta di un patrimonio che non è esclusivo a nessuna Chiesa particolare, ma è molto caro a tutti i cristiani. Esso infatti risale ai tempi antecedenti la rottura tra l'Oriente e l'Occidente cristiano, trasmettendo tesori comuni di spiritualità e di dottrina; una mensa ricca alla quale i teologi di varie confessioni si possono sempre incontrare. I Padri sono infatti Padri sia dell'Ortodossia Orientale sia della teologia latina cattolica, o della teologia dei protestanti e degli anglicani, oggetto comune di studio e di venerazione.
d) Senso del mistero, esperienza del divino
37. 1. Se i Padri hanno dato in tante occasioni prova della loro responsabilità di pensatori e ricercatori nei confronti della Rivelazione, seguendo, si può dire, il programma del «credo ut intellegam» e dell'«intellego ut credam», lo hanno fatto sempre da autentici uomini di Chiesa veramente credenti, senza compromettere minimamente la purezza o, come si esprime Sant'Agostino, la «verginità»[44] della fede. Essi infatti, come «teologi» non facevano leva esclusivamente sulle risorse della ragione, ma anche su quelle più propriamente religiose, offerte dalla conoscenza di carattere affettivo ed esistenziale, ancorata nell'unione intima con Cristo, alimentata dalla preghiera e sostenuta dalla grazia e dai doni dello Spirito Santo. Nei loro atteggiamenti di teologi e di pastori si manifestava in grado altissimo il senso profondo del mistero e dell'esperienza del divino, che li proteggeva contro le tentazioni sempre ricorrenti sia del razionalismo troppo spinto sia di un fideismo piatto e rassegnato.
38. 2. La prima cosa che colpisce nella loro teologia è il senso vivo della trascendenza della Verità divina contenuta nella Rivelazione. A differenza di non pochi altri pensatori antichi e moderni, essi danno prova di una grande umiltà di fronte al mistero di Dio, contenuto nelle Sacre Scritture, delle quali essi, nella loro modestia, preferiscono essere dei semplici commentatori, attenti a non aggiungervi nulla che possa alterarne l'autenticità. Si può dire che questo atteggiamento di rispetto e di umiltà non è altro che la viva consapevolezza degli invalicabili limiti che l'intelletto umano prova di fronte alla trascendenza divina. Basti qui ricordare, oltre alle omelie di San Giovanni Crisostomo Sull'incomprensibilità di Dio, ciò che scrive testualmente San Cirillo vescovo di Gerusalemme, rivolto ai catecumeni: «Quando si tratta di Dio, è una grande scienza confessare l'ignoranza»[45]; come dopo di lui il vescovo di Ippona Sant'Agostino dirà sentenziosamente al suo popolo: «E' preferibile una fedele ignoranza a una scienza temeraria»[46]. Prima di loro Sant'Ireneo aveva affermato che la generazione del Verbo è inenarrabile, e che coloro che pretendono spiegarla «hanno perduto l'uso della ragione»[47].
39. 3. Dato questo vivo senso spirituale, l'immagine che i Padri ci offrono di se stessi è quella di uomini i quali non solo imparano ma anche, e soprattutto, sperimentano le cose divine, come diceva Dionigi detto Pseudo-Areopagita del suo maestro Ieroteo: «non solum discens sed et patiens divina»[48]. Essi sono il più delle volte degli specialisti della vita soprannaturale, i quali comunicano ciò che hanno visto e gustato nella loro contemplazione delle cose divine; ciò che hanno conosciuto per la via dell'amore, «per quandam connaturalitatem», come avrebbe detto San Tommaso d'Aquino[49]. Nel loro modo di esprimersi è spesso percepibile il saporoso accento dei mistici, che lascia trasparire una grande familiarità con Dio, un'esperienza vissuta del mistero del Cristo e della Chiesa e un contatto costante con tutte le genuine fonti della vita teologale, considerato da essi come situazione fondamentale della vita cristiana. Si può dire che nella linea dell'agostiniano «intellectum valde ama»[50] i Padri certamente apprezzano l'utilità della speculazione, ma sanno che essa non basta. Nello stesso sforzo intellettuale per capire la propria fede, essi praticano l'amore, che rendendo amico il conoscente al conosciuto[51], diventa per la sua stessa natura fonte di nuova intelligenza. Infatti «nessun bene è perfettamente conosciuto se non è perfettamente amato»[52].
40. 4. Questi principi metodologici, prima praticamente seguiti e vissuti che espressamente enunziati, sono stati anche oggetto di esplicite riflessioni dei Padri. Basta riferirsi, a tale proposito, a San Gregorio Nazianzeno, che nella prima delle cinque sue famose orazioni teologiche, dedicate al modo di fare teologia, tratta della necessità della moderazione, dell'umiltà, della purificazione interiore, della preghiera. Altrettanto fa Sant'Agostino, che ricorda il posto che ha la fede nella vita della Chiesa e parlando della funzione che vi svolgono i teologi, scrive che essi siano «piamente dotti e veramente spirituali»[53]. Ne dà l'esempio egli stesso quando scrive il De Trinitate, diretto a rispondere «ai garruli ragionatori», i quali, «disprezzando gli umili inizi della fede, si lasciano fuorviare da un immaturo e perverso amore alla ragione»[54].
Per le ragioni addotte, si può dire che l'attività teologica dei Padri è per noi tuttora attuale. Essi restano maestri per i teologi, come rappresentanti di un momento importante, decisivo ed ineliminabile della teologia della Chiesa, come esemplari per il modo con cui hanno svolto la loro attività teologica, come fonti autorevoli e testimoni insostituibili per i contenuti che hanno saputo ricavare dalla loro riflessione e meditazione sul dato rivelato.
3. Ricchezza culturale, spirituale ed apostolica
41. Gli scritti patristici si distinguono, oltre che per la profondità teologica, anche per i grandi valori culturali, spirituali e pastorali che contengono. Sotto questo aspetto, essi sono, dopo la Sacra Scrittura come viene raccomandato nel decreto «Presbyterorum ordinis» (n. 19), una delle principali fonti della formazione sacerdotale e un «fruttuoso alimento» che accompagni i presbiteri per tutta la vita.
42. a) I Padri latini, greci, siriaci, armeni..., oltre a contribuire al patrimonio letterario delle loro rispettive nazioni, sono —anche se ognuno in maniera e misura molto diverse— come i classici della cultura cristiana che, da essi fondata ed edificata, porta per sempre il segno indelebile della loro paternità. A differenza delle letterature nazionali, le quali esprimono e plasmano il genio dei singoli popoli, il patrimonio culturale dei Padri è veramente «cattolico», universale, perché insegna come diventare e come comportarsi da uomini retti e da autentici cristiani. Per il loro vivo senso del soprannaturale e per il loro discernimento dei valori umani in relazione alla specificità cristiana, le loro opere sono state nei secoli passati un eccellente strumento formativo per intere generazioni di presbiteri e restano indispensabili anche per la Chiesa di oggi.
43 b) Dal punto di vista culturale, è di grande rilievo il fatto che numerosi Padri hanno ricevuto un'ottima formazione nelle discipline dell'antica cultura greca e romana, dalla quale mutuarono le alte conquiste civili e spirituali, arricchendone i loro trattati, le loro catechesi e la loro predicazione. Essi, imprimendo all'antica «humanitas» classica il sigillo cristiano, sono stati i primi a gettare il ponte tra il Vangelo e la cultura profana, tracciando per la Chiesa un ricco ed impegnativo programma culturale, che ha profondamente influenzato i secoli successivi e, in modo particolare, l'intera vita spirituale, intellettuale e sociale del medio evo[55]. Grazie al loro magistero, molti cristiani dei primi secoli ebbero accesso alle varie sfere della vita pubblica (scuole, amministrazione, politica) e il cristianesimo poté valorizzare ciò che di valido si trovava nel mondo antico, purificare ciò che vi era di meno perfetto e contribuire, dal canto suo, alla creazione di una nuova cultura e civiltà ispirata al Vangelo. Risalire alle opere dei Padri significa pertanto per i futuri presbiteri alimentarsi alle stesse radici della cultura cristiana e comprendere meglio i propri compiti culturali nel mondo di oggi.
44. c) Quanto alla spiritualità dei Padri, è già stato rilevato nel paragrafo precedente, come tutta la loro teologia sia eminentemente religiosa, una vera «scienza sacra», la quale mentre illumina la mente, edifica e riscalda il cuore. Qui, oltre agli elementi ed aspetti propriamente teologici, è bene dare risalto ad alcuni comportamenti e atteggiamenti di ordine morale risultanti dalle loro opere come coefficienti fondamentali della progressiva espansione, spesso silenziosa, del lievito evangelico nella società pagana, e rimasti poi per sempre impressi nella coscienza e sul volto stesso della Chiesa. Molti dei Padri erano dei «convertiti»; il senso della novità della vita cristiana si univa in essi alla certezza della fede. Da ciò si sprigionava nelle comunità cristiane del loro tempo una «vitalità esplosiva», un fervore missionario, un clima di amore che ispirava le anime all'eroismo della vita quotidiana personale e sociale, specialmente con la pratica delle opere di misericordia, elemosina, cura degli infermi, delle vedove, degli orfani, stima della donna e di ogni persona umana, educazione dei figli, rispetto della vita nascente, fedeltà coniugale, rispetto e generosità nel trattamento degli schiavi, libertà e responsabilità di fronte ai poteri pubblici, difesa e sostegno dei poveri e degli oppressi, e con tutte le forme di testimonianza evangelica richieste dalle circostanze di luogo e di tempo, spinta talvolta fino al sacrificio supremo del martirio.
Con la condotta ispirata agli insegnamenti dei Padri, i cristiani si distinguevano dal circostante mondo pagano, esprimendo la loro unità di vita scaturita dal Cristo con l'abbracciare gli ideali ascetici della verginità «propter regnum coelorum», del distacco dai beni terreni, della penitenza, della vita monastica eremitica o comunitaria, sulla linea dei «consigli evangelici» e in vigile attesa del Cristo che viene. Anche molte forme di pietà privata (come la preghiera in famiglia, le preghiere quotidiane, la pratica dei digiuni) e comunitaria (per esempio la celebrazione della domenica e delle principali feste liturgiche come partecipazione agli eventi salvifici, la venerazione della Santissima Vergine Maria, le veglie, le agapi, ecc. ) risalgono all'epoca patristica e ricevono il loro preciso significato teologico-spirituale dagli insegnamenti dei Padri.
Perciò è chiaro che l'assidua familiarità dei seminaristi con le opere dei Padri non potrà non irrobustire la loro vita spirituale e liturgica, gettando una particolare luce sulla loro vocazione, radicandola nella millenaria tradizione della Chiesa e mettendola in diretta comunicazione con la ricchezza e purezza delle origini. Nello stesso tempo li aiuterà a scoprire l'uomo nella sua unità e totalità: a riconoscere e seguire quell'ideale superiore di umanità unificata e integrata nell'armonioso sviluppo dei valori naturali e soprannaturali, che è il modello dell'antropologia cristiana.
45. d) Un'altra ragione del fascino e dell'interesse delle opere dei Padri, è che esse sono nettamente pastorali: composte cioè per scopi di apostolato. I loro scritti sono o catechesi ed omelie, o confutazioni di eresie, o risposte a consultazioni, o esortazioni spirituali o manuali destinati all'istruzione dei fedeli. Da ciò si vede come i Padri si sentivano coinvolti nei problemi pastorali dei loro tempi. Essi esercitavano l'ufficio di maestri e di pastori, cercando in primo luogo di mantenere unito il Popolo di Dio nella fede, nel culto divino, nella morale e nella disciplina. Molte volte procedevano in modo collegiale, scambiandosi vicendevolmente lettere di carattere dottrinale e pastorale, al fine di promuovere una comune linea di condotta. Essi si preoccupavano del bene spirituale non soltanto delle loro Chiese particolari, ma di tutta la Chiesa. Alcuni di essi divennero difensori dell'ortodossia e punti di riferimento per gli altri vescovi dell'orbe cattolico (per esempio Atanasio nelle lotte antiariane, Agostino in quelle antipelagiane), impersonando in qualche modo la coscienza viva della Chiesa.
46. e) Né si può lasciare in ombra il fatto che nella loro azione pastorale i Padri, pur offrendo agli osservatori un ricco panorama delle più svariate problematiche culturali e sociali loro contemporanee, tuttavia le inquadrano sempre, per dir così, in coordinate nettamente soprannaturali. A loro interessa l'integrità della fede, fondamento della giustificazione, perché fiorisca nella carità, vincolo della perfezione, e perché la carità crei l'uomo nuovo e la storia nuova. Tutto nella loro azione pastorale e nel loro insegnamento, è ricondotto alla carità e la carità a Cristo, via universale di salvezza[56]. Essi tutto riferiscono a Cristo, ricapitolazione di tutte le cose (Ireneo), deificatore degli uomini (Atanasio), fondatore e re della città di Dio, che è la società degli eletti (Agostino). Nella loro prospettiva storica, teologica ed escatologica, la Chiesa è il Christus totus, che «corre, e, correndo compie il suo pellegrinaggio tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, dal tempo di Abele, il primo giusto ucciso dall'empio fratello, fino alla consumazione dei secoli»[57].
47. Se vogliamo ora riassumere le ragioni che inducono a studiare le opere dei Padri, possiamo dire che essi sono stati, dopo gli Apostoli, come ha detto giustamente Sant'Agostino, i piantatori, gli irrigatori, gli edificatori, i pastori, i nutritori della Chiesa, la quale ha potuto crescere per la loro azione vigile e indefessa[58]. Perché la Chiesa continui a crescere è indispensabile conoscere a fondo la loro dottrina e la loro opera che si distingue per essere nello stesso tempo pastorale e teologica, catechetica e culturale, spirituale e sociale, in un modo eccellente e si può dire unico per rapporto a quanto è avvenuto in altre epoche della storia. E' proprio questa organica unità dei vari aspetti della vita e della missione della Chiesa che rende i Padri così attuali e fecondi anche per noi.
III
Come studiare i Padri
48. Dalle precedenti riflessioni sulla situazione attuale e sulle ragioni più profonde degli studi patristici sorge spontaneamente la domanda circa la loro natura, i loro obiettivi ed il metodo da seguire per promuoverne la qualità. Sia per i docenti che per gli studenti si pongono a tale riguardo numerosi compiti, che hanno bisogno di essere maggiormente chiariti ed esplicitati, perché possa essere compiuta un'opera formativa solida e rispondente alle istanze dell'auspicato rinnovamento promosso in base alle direttive del Concilio Vaticano II.
1. La natura degli studi patristici ed i loro obiettivi
49. a) E' molto importante che questo settore di studi ecclesiastici venga chiaramente delimitato in conformità con la sua natura e le sue finalità ed inserito organicamente nel contesto delle discipline teologiche. Esso si articola in due sfere intercomunicanti, che si interessano del medesimo oggetto sotto aspetti diversi: da una parte la Patristica, che si occupa del pensiero teologico dei Padri, e dall'altra la Patrologia, che ha per oggetto la vita e gli scritti dei medesimi. Mentre la prima è di carattere propriamente dottrinale ed ha molti rapporti con la dogmatica (ma anche con la teologia morale e la teologia spirituale, la Sacra Scrittura e la Liturgia), la seconda si muove piuttosto al livello dell'indagine storica e dell'informazione biografica e letteraria, ed ha una naturale connessione con la Storia della Chiesa antica. Per il loro carattere teologico, la Patristica e la Patrologia si distinguono dalla Letteratura cristiana antica, disciplina non teologica e si può dire, letteraria, che studia gli aspetti stilistici e filologici degli scrittori cristiani antichi.
50. b) Nell'affrontare gli studi patristici bisogna rendersi conto prima di tutto dell'autonomia della Patristica-Patrologia, come disciplina a sé, con il suo metodo, nell'ambito del corpus di discipline, che è oggetto dell'insegnamento teologico. La sua autonomia, come settore della teologia, nel quale si applicano rigorosamente i principi del metodo storico-critico, è un elemento acquisito e, come tale, deve essere percepito dallo studente.
51. c) In particolare, dalla Patrologia si attende che presenti una buona panoramica dei Padri e delle loro opere, con le loro caratteristiche individuali, situando nel contesto storico la loro attività letteraria e pastorale. Dato il suo carattere informativo storico, nulla impedisce che essa possa avvalersi della collaborazione del professore di Storia ecclesiastica, quando ciò viene richiesto dalle esigenze di una migliore economia del tempo disponibile o dalla scarsità di personale docente. All'occorrenza, si può anche riservare un maggiore spazio allo studio privato degli alunni, rimandandoli alla consultazione di buoni manuali, di dizionari e di altri sussidi bibliografici.
52. d) La Patristica dal canto suo, per assolvere in modo soddisfacente i suoi compiti, deve figurare come disciplina a sé, coltivando una stretta collaborazione con la dogmatica. Infatti, entrambe le discipline sono chiamate dal Decreto «Optatam totius» (n. 16) ad aiutarsi e ad arricchirsi vicendevolmente, a condizione però che rimangano autonome e fedeli ai loro specifici metodi. Il dogma svolge soprattutto un servizio di unità. Come a tutte le discipline teologiche anche alla patristica esso offre la prospettiva unificante della fede, aiutandola a sistematizzare i risultati parziali ed indicando la strada alle ricerche e all'attività didattica dell'insegnante. Il servizio della patristica alla dogmatica consiste nel delineare e precisare l'opera di mediazione della rivelazione di Dio svolta dai Padri nella Chiesa e nel mondo del loro tempo. Si tratta di descrivere, con pieno rispetto della specificità del metodo storico-critico, il quadro della teologia e della vita cristiana dell'epoca patristica nella sua realtà storica. Per questa ragione l'insegnamento della Patristica, come si esprime il documento su «La formazione teologica dei futuri sacerdoti», deve tendere, tra l'altro, «a dare il senso sia della continuità del discorso teologico, che risponde ai dati fondamentali, sia della sua relatività, che corrisponde agli aspetti e alle applicazioni particolari» (n. 87).
2. Il metodo
53. a) Lo studio della Patrologia e della Patristica, nella sua prima fase informativa, suppone il ricorso ai manuali e ad altri sussidi bibliografici, ma quando passa a trattare i delicati e complessi problemi della teologia patristica, nessuno di tali sussidi può sostituire il ricorso diretto ai testi dei Padri. E' infatti attraverso il contatto diretto del docente e dello studente con le fonti che la Patristica deve essere insegnata ed appresa soprattutto a livello accademico e nei corsi speciali. Tuttavia, date le difficoltà in cui spesso s'imbattono gli studenti, sarà bene mettere a loro disposizione testi bilingui delle edizioni note per la loro serietà scientifica.
54. b) Lo studio scientifico dei testi va affrontato con il metodo storico-critico, in modo analogo come lo si applica nelle scienze bibliche. E' però necessario che nell'uso di tale metodo siano indicati anche i suoi limiti e che esso sia integrato, con prudenza, dai metodi della moderna analisi letteraria e dell'ermeneutica, con un'adeguata «manuductio» dello studente a capirli, a valutarli e a servirsene. Trattandosi di una disciplina teologica, che in tutte le sue fasi procede «ad lumen fidei», la libertà di ricerca non deve ridurre il suo oggetto di indagine entro la sfera della pura filologia o della critica storica. Infatti, la teologia positiva deve riconoscere, come primo presupposto, il carattere soprannaturale del suo oggetto e la necessità di fare riferimento al Magistero. Gli studenti devono pertanto diventare consapevoli che il rigore del metodo, indispensabile per la validità oggettiva di ogni ricerca patristica, non esclude una preventivata direzione di marcia né impedisce una partecipazione attiva del ricercatore credente che, conformemente al suo «sensus fidei», si colloca e procede in un clima di fede.
55. c) La purezza del metodo suddetto richiede inoltre che sia il ricercatore sia lo studente siano liberi da pregiudizi e preconcetti, che nel campo della patristica si manifestano di solito in due tendenze: quella di legarsi materialmente agli scritti dei Padri, disprezzando la tradizione viva della Chiesa e considerando la Chiesa postpatristica fino ad oggi in progressiva decadenza; e quella di strumentalizzare il dato storico in una attualizzazione arbitraria, che non tiene conto del legittimo progresso e dell'oggettività della situazione.
56. d) Motivi scientifici ed anche pratici, come per esempio un impiego più razionale di tempo, suggeriscono la convenienza della collaborazione tra le discipline interessate più direttamente ai Padri. Il contatto interdisciplinare ha il suo locus primario nella dogmatica, dove si opera la sintesi, ma possono beneficiarne anche altre numerose discipline (teologia morale, teologia spirituale, liturgia e, in modo particolare, Sacra Scrittura) che hanno bisogno di arricchirsi e di rinnovarsi mediante il ricorso alle fonti patristiche. I modi concreti di tale collaborazione varieranno secondo le circostanze; altre possibilità ed esigenze si hanno a tale riguardo a livello dei corsi istituzionali ed altre nei corsi accademici di specializzazione.
3. Esposizione della materia
57. a) La materia, oggetto del corso di Patristica-Patrologia, è quella codificata dalla prassi scolastica e trattata dai classici libri di testo: la vita, gli scritti e la dottrina dei Padri e degli scrittori ecclesiastici dell'antichità cristiana; o, in altre parole, il profilo biografico dei Padri e l'esposizione letteraria, storica e dottrinale dei loro scritti. La vastità della materia impone però a tale riguardo la necessità di limitarne l'ampiezza, ricorrendo a certe scelte.
58. b) Il docente dovrà innanzitutto trasmettere agli alunni l'amore dei Padri e non solo la conoscenza. Per fare questo non sarà tanto necessario insistere nelle notizie bio-bibliografiche, quanto nel contatto con le fonti. A questo scopo si dovrà operare una scelta tra i diversi modi di presentare la materia, che sostanzialmente sono i quattro seguenti:
1. Quello analitico che comporta lo studio dei singoli Padri: modo, questo, pressoché impossibile, dato il numero di essi e il tempo necessariamente ristretto riservato a questo insegnamento;
2. quello panoramico, che si propone di dare uno sguardo generale sull'epoca patristica ed i suoi rappresentanti: modo utile per una introduzione iniziale ma non per un contatto con le fonti e un approfondimento di esse;
3. quello monografico che insiste su qualcuno dei Padri tra i più rappresentativi, particolarmente adatto per insegnare in concreto il metodo di avvicinarli e di approfondirne il pensiero;
4. finalmente quello tematico che prende in esame qualche argomento fondamentale e ne segue lo sviluppo attraverso le opere patristiche.
59. c) Fatta questa prima scelta occorrerà farne un'altra, quella dei testi da leggere, esaminare, spiegare. E' preferibile che la scelta cada in un primo tempo su testi che trattano prevalentemente questioni teologiche, spirituali o pastorali o catechetiche o sociali, che sono, in genere, i più attraenti e i più facili, lasciando quelli dottrinali che sono più difficili, per un secondo momento. Essi saranno studiati accuratamente nell'incontro continuo tra docente e studente, nelle lezioni, nei colloqui, nei seminari, nelle informazioni. Nascerà così quella familiarità con i Padri che è il frutto migliore dell'insegnamento. Il vero coronamento dell'opera formativa si raggiunge però soltanto se lo studente arriva a farsi qualche amico tra i Padri e ad assimilarne lo spirito.
60. d) Gli studi patristici non possono fare a meno di una solida conoscenza della storia della Chiesa che rende possibile una visione unitaria dei problemi, degli avvenimenti, delle esperienze, delle acquisizioni dottrinali, spirituali, pastorali e sociali nelle varie epoche. In tal modo ci si rende conto del fatto che il pensiero cristiano, se comincia con i Padri, non finisce con loro. Ne segue che lo studio della patristica e della patrologia non può prescindere dalla tradizione posteriore, compresa quella scolastica, in particolare per ciò che riguarda la presenza dei Padri in questa tradizione. Solo in questo modo si può vedere l'unità e lo sviluppo che vi è in essa ed anche comprendere il senso del ricorso al passato. Esso infatti apparirà non come un inutile archeologismo, ma come uno studio creativo che ci aiuta a conoscere meglio i nostri tempi ed a preparare il futuro.
IV
Disposizioni pratiche
Come risulta da quanto è stato esposto sopra, gli studi patristici costituiscono una componente essenziale e una tematica stimolante dell'insegnamento teologico e dell'intera formazione sacerdotale. Si rende pertanto necessario prendere gli opportuni provvedimenti per promuoverli, affinché possano occupare nei Seminari e nelle Facoltà teologiche un posto rispondente alla loro importanza.
61. 1. Toccando questi studi direttamente il fine dell'insegnamento teologico, essi devono essere considerati come disciplina principale da insegnarsi a parte con il loro metodo e con la materia che è loro propria. Salvo restando quanto è stato detto sopra a proposito della «Patrologia» (n. 51), questa materia non si può identificare né con la Storia della Chiesa né con la storia del dogma o, meno ancora, con la letteratura cristiana antica.
62. 2. Si dedichi alla Patrologia-Patristica la dovuta attenzione nelle «Ratio institutionis sacerdotalis» e nei relativi programmi di studi, definendone accuratamente i contenuti ed i metodi, ed assegnandole un sufficiente numero di ore settimanali. Non sembra eccessivo un insegnamento che si estenda, come minimo, per almeno tre semestri con due ore settimanali.
63. 3. Nelle Facoltà teologiche, oltre ai normali corsi istituzionali del I Ciclo, vengano organizzati seminari con opportune esercitazioni e promossi lavori scritti su temi patristici. Nel II Ciclo di specializzazione si abbia la cura di stimolare l'interesse scientifico degli studenti mediante corsi speciali ed esercitazioni, mediante cui essi possano acquisire un'approfondita conoscenza dei vari argomenti metodologici e dottrinali e prepararsi per il futuro ufficio d'insegnamento. Tali qualifiche potranno essere ulteriormente perfezionate nel III Ciclo con la preparazione delle tesi su argomenti patristici.
64. 4. Negli Istituti di formazione sacerdotale, all'insegnamento della Patrologia-Patristica dovrà essere assegnato chi abbia conseguito la specializzazione in questa materia presso Istituti eretti a tale scopo, come per esempio l'Istituto Patristico «Augustinianum» di Roma. Conviene infatti che il docente abbia le capacità di accedere direttamente alle fonti con un giusto metodo in vista di una esposizione completa ed equilibrata del pensiero dei Padri, e di poter giudicare con criterio maturo le opere dei colleghi in materia, e sia in possesso delle qualità umane e religiose quale frutto della sua familiarità con i Padri da comunicare agli altri.
65. 5. V'è da notare che questa specializzazione non ha valore solo per l'insegnamento della Patrologia-Patristica, ma è molto utile anche per l'insegnamento della teologia dogmatica, per svolgere con efficacia l'azione catechistica, spirituale e liturgica improntata alla sapienza e all'equilibrio etico-spirituale dei Padri.
66. 6. E' chiaro che lo studio dei Padri richiede altresì strumenti e sussidi adeguati, come per esempio una biblioteca ben attrezzata dal punto di vista patristico (Collezioni, monografie, riviste, dizionari), come anche la conoscenza delle lingue classiche e moderne. Date le note deficienze degli studi umanistici nelle scuole odierne, bisognerà fare il possibile per rafforzare nei nostri Istituti di formazione lo studio del greco e del latino.
Conclusione
67. Questa Congregazione, facendosi eco della voce del Concilio e dei Sommi Pontefici, ha voluto richiamare l'attenzione degli Ecc.mi Vescovi e dei Superiori Religiosi su un argomento di grande importanza per la solida formazione dei sacerdoti, la serietà degli studi teologici, l'efficacia dell'azione pastorale nel mondo contemporaneo. Alla loro consapevole responsabilità e al loro grande amore alla Chiesa affida le considerazioni fatte e le disposizioni prese perché si tenda, per quanto è possibile, a realizzare l'ideale della formazione adatta ai presbiteri del nostro tempo, anche sotto questo aspetto. Infine formula il voto che un più attento studio dei Padri porti tutti ad una maggiore assimilazione della Parola di Dio e ad una rinnovata giovinezza della Chiesa, che ebbe ed ha in essi i suoi maestri e i suoi modelli.
Roma, dal Palazzo delle Congregazioni, il 10 novembre 1989, nella festa di S. Leone Magno.
WILLIAM Card. BAUM
Prefetto
+ JOSE' SARAIVA MARTINS
Arciv. tit. di Tuburnica
Segretario
[1] Nel Documento su «La formazione teologica dei futuri sacerdoti», 22 febbraio 1976, nn. 85-88.
[2] Giovanni Paolo II, Lett. Apost. Patres Ecclesiae, 2 gennaio 1980: AAS 72 (1980), 5.
[3] Paolo VI, Lett. Enc. Ecclesiam Suam, 6 agosto 1964: AAS 56 (1964), 627-628.
[4] Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, n. 79.
[5] La formazione teologica dei futuri sacerdoti, nn. 89, 93.
[6] Ibid., nn. 90, 91.
[7] Ibid., nn. 92, 4b.
[8] Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, n. 86.
[9] La formazione teologica dei futuri sacerdoti, nn. 48.
[10] Ibid., n. 74.
[11] Ibid., n. 49.
[12] Paolo VI, Lett. a Sua Em.za il Card. Michele Pellegrino per il centenario della morte di J. P. Migne, 10 maggio 1975: AAS 67 (1975), 471.
[13] Giovanni Paolo II, Alloc. Sono lieto, ai Professori ed alunni dell'Istituto Patristico «Augustinianum», 8 maggio 1982: AAS 74 (1982), 798: «Mettersi dunque alla scuola dei Padri vuol dire imparare a conoscere meglio Cristo e a conoscere meglio l'uomo. Questa conoscenza, scientificamente documentata e provata, aiuterà enormemente la Chiesa nella missione di predicare a tutti, come fa senza stancarsi, che solo Cristo è la salvezza dell'uomo».
[14] Paolo VI, Alloc. I nostri passi, per l'inaugurazione dell'Istituto Patristico «Augustinianum», 4 maggio 1970: AAS 62 (1970), 425: «Come pastori, poi, i Padri sentirono la necessità di adattare il messaggio evangelico alla mentalità contemporanea e di nutrire con l'alimento della verità della Fede se stessi e il popolo di Dio. Ciò fece sì che per essi catechesi, teologia, Sacra Scrittura, liturgia, vita spirituale e pastorale si congiungessero in un'unità vitale, e che non parlassero soltanto all'intelletto, ma a tutto l'uomo, interessando il pensare, il volere, il sentire».
[15] Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Catechesi tradendae, 16 ottobre 1979: AAS 71 (1979), p. 1287, n. 12.
[16] Giovanni Paolo II, Alloc. Sono lieto, ai Professori ed alunni dell'Istituto Patristico «Augustinianum», 8 maggio 1982: AAS 74 (1982), 796 s.
[17] Ibid., 797 s.
[18] Giovanni Paolo II, Lett. Apost. Patres Ecclesiae, 2 gennaio 1980: AAS 72 (1980), 6.
[19] Agostino, Opus imp. c. Iul. 1, 117: PL 45, 1125.
[20] Agostino, Contra Iul. 2, 10, 34: PL 44, 698.
[21] Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, n. 8.
[22] Conc. Trid., ed. Goeressiana, V (Acta II) 91 ss.
[23] Conc. Vat. I, coll. Lac. 7, 251.
[24] Comm. primum 2, 10: PL 50, 639, 650.
[25] Agostino, De lib. arbitrium III, 21, 59; De Trin. II, 1, 2: PL 32, 1300; 42, 845.
[26] Pio XII, Lett. Enc. Divino afflante Spiritu, 30 settembre 1943: AAS 35 (1943), 312.
[27] Adv. haer. 2, 28, 2: PG 7, 805.
[28] Ibid., 3, 1, 1: PG 7, 844.
[29] Ibid., 3, 1, 1: PG 7, 848.
[30] Ibid., 3, 3, 1: PG 7, 855.
[31] De principiis 1, praef. 1; cfr. In Mt comm. 46: PG 11, 116; cfr. 13, 1667.
[32] Confess. 11, 2, 3: PL 32, 809.
[33] Contra ep. fund. 5, 6: PL 42, 176.
[34] Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, n. 10.
[35] Conc. Vat. II, Decr. sull'attività missionaria della Chiesa Ad gentes, n. 22.
[36] De doctr. chr. 2, 40, 60-61: PL 34, 63.
[37] Retract. 1, 1, 4: PL 32, 587.
[38] Conc. Vat. II, Cost. past. su la Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 44.
[39] Conc. Vat. II, Decr. sull'attività missionaria della Chiesa Ad gentes, n. 2.
[40] Conc. Vat. II, Cost. past. su la Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 44.
[41] Agostino, Tract. in Ioh. 36, 6: PL 35, 1666.
[42] Agostino, De civ. Dei 16, 2, 1: PL 41, 477.
[43] Agostino, Tract. in Ioh. 37, 6: PL 35, 1672.
[44] Serm. 93, 4; 341, 5; ecc.: PL 38, 574; 39, 1496.
[45] Catech. 6, 2: PG 33, 542.
[46] Serm. 27, 4: PL 38, 179.
[47] Adv. haer. 2, 28, 6: PG 7, 809.
[48] De Divinis Nominibus II, 9: PG 3, 674, cfr. 648; citato da S. Tommaso d'Aquino in S. Th. II-II, q. 45, a. 2.
[49] S. Th. II-II, q. 45, a. 2.
[50] Agostino, Ep. 120, 3, 13: PL 33, 459.
[51] Clemente Aless., Stromata 2, 9: PG 8, 975-982.
[52] Agostino, De divv. qq. LXXXIII q. 35, 2: PL 40, 24.
[53] Ep. 118, 32: PL 33, 448.
[54] De Trin. 1, 1, 1: PL 42, 819.
[55] Un grande influsso esercitarono a tale riguardo soprattutto due opere di Sant'Agostino: De civitate Dei, e De doctrina christiana.
[56] Agostino, De civ. Dei 10, 32, 1-3: PL 41, 312 ss.
[57] Agostino, De civ. Dei 18, 51, 2: PL 41, 614; cfr. Conc. Vat. II, Cost. dogm. su la Chiesa Lumen gentium, n. 8.
[58] Contra Iul. 2, 10, 34: PL 44, 698.
Romana, n. 10, Gennaio-Giugno 1990, p. 42-63.