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Articolo “Lasciarsi sorprendere da un Padre buono”, Avvenire, Italia, e La Razón, Spagna (26-I-2019)

“Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Sal 8, 4-5). Queste parole del salmista riflettono la profonda meraviglia che si desta nell’anima quando una persona contempla l’immensità dell’universo e nello stesso tempo scopre, pur nella propria piccolezza, di essere amata incondizionatamente da Dio così com’è, per sé stessa.

Eppure certe volte forse abbiamo la sensazione che questa esperienza di pienezza sia ammirevole, bella, ma irraggiungibile. Abbiamo l’impressione, dalla quale ci preveniva san Josemaría, che Dio se ne stia lassù lontano, dove brillano le stelle, e non davvero vicino a noi che siamo sommersi nella voragine della vita, zeppa di occupazioni, di progetti, di cose da fare. Ogni tanto nel nostro intimo sorgono dei dubbi: Tutto questo perché? Che senso ha che io faccia questo o quello? Dove voglio arrivare? In realtà, che cosa cerco? Sono interrogativi che si destano nella nostra anima, che anela qualcos’altro, e con l’assistenza dello Spirito Santo ci fanno intravedere grandi orizzonti.

La gioventù è un momento particolarmente opportuno per porsi tali interrogativi, perché questa tappa si mostra piena di possibilità, di grandi sfide e grandi decisioni che determineranno la direzione dell’esistenza. C’è in essa il desiderio silenzioso di utilizzare fino in fondo il tempo e di scegliere il giusto progetto di vita. È pertanto necessario avere spazi e tempi di riflessione, di maturazione, di ponderazione del già vissuto, per riscoprire il presente — ciò che ognuno è — e progettare il futuro.

Nessuno di noi è qui per caso; Dio ci ha messo su questa terra per prendere parte a qualcosa di grande, per collaborare con Lui nella storia dell’umanità. Nessuno gli è indifferente. Per ognuno ha un progetto.

Questo, però, può dare origine a qualche timore, perché significherebbe uscire da ciò che si ha a portata di mano, da ciò che sembra sicuro. Nel suo messaggio in preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù, che in questi giorni si svolge a Panama, Papa Francesco diceva ai giovani: “Vi invito tutti a guardarvi dentro e a ‘dare un nome’ alle vostre paure. Chiedetevi: oggi, nella situazione concreta che sto vivendo, che cosa mi angoscia, che cosa temo di più? Perché non ho il coraggio di fare le scelte importanti che dovrei fare?”. Poi incoraggiava: “La paura non deve mai avere l’ultima parola, ma essere l’occasione per compiere un atto di fede in Dio... e anche nella vita. Ciò significa credere alla bontà fondamentale dell’esistenza che Dio ci ha donato, confidare che Lui conduce a un fine buono anche attraverso circostanze e vicissitudini spesso per noi misteriose”.

Al di là dei grandi interrogativi, Dio vuole aprirci un panorama di grandezza e di bellezza, che forse è nascosto ai nostri occhi. È necessario confidare in Lui e fare un passo verso l’incontro con Lui, togliendo di mezzo la paura di pensare che, se lo facciamo, perderemo molte cose buone della vita. La capacità che ha di sorprenderci è molto più grande di qualunque nostra aspettativa.

“Le proposte di Dio per noi, come quella che ha fatto a Maria, non sono per spegnere i sogni, ma per accendere desideri; per far sì che la nostra vita porti frutto, faccia sbocciare molti sorrisi e rallegri molti cuori”, affermava inoltre il Papa nel video-messaggio sulla Giornata Mondiale della Gioventù, considerando l’esempio della Vergine Maria, che con il suo generoso “sì” a Dio cambiò per sempre il corso della storia.

Romana, n. 68, Gennaio-Giugno 2019, p. 96-97.

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