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“La santità: una vocazione per tutti”, Palabra, Spagna (agosto-settembre 2014)

Qual è il significato, l’importanza di una beatificazione o di una canonizzazione? La prossima elevazione agli altari di Mons. Álvaro del Portillo, primo prelato dell’Opus Dei e successore di san Josemaría a capo di questa istituzione della Chiesa, suggerisce ancora una volta questa domanda. Papa Francesco, riferendosi ai santi, risponde così: «Il Signore sceglie alcune persone per far vedere meglio la santità, per far vedere che è Lui che santifica [...]. La prima regola della santità è questa: è necessario che Cristo cresca e che noi diminuiamo»[1].

Quando la Chiesa proclama la santità di una figlia o di un figlio suo, mette in particolare evidenza la missione alla quale è stato chiamato: condurre in Cielo coloro che ha generato a una vita nuova nel Battesimo, grazie all’azione dello Spirito Santo. Per questo, ogni beatificazione o canonizzazione è un’occasione di festa per il Popolo di Dio peregrinante sulla terra. Avvicinandosi il momento in cui don Álvaro sarà annoverato nel numero dei beati, è normale che la nostra gioia si manifesti in gratitudine a Dio, dal quale proviene ogni santità.

In occasione della canonizzazione di san Josemaría Escrivá, il cardinale Ratzinger spiegava che certe volte si ha un concetto sbagliato della santità, come se le persone beatificate o canonizzate fossero superuomini o superdonne. «Virtù eroica — scriveva allora — non vuol dire che il santo sia una specie di “ginnasta” della santità, che compie alcuni esercizi impossibili alle persone normali [...]. In questo caso la santità sarebbe riservata ad alcuni “grandi” dei quali vediamo le immagini sugli altari e che sono molto diversi da noi, normali peccatori». Così concludeva il cardinale Ratzinger: «Questa sarebbe un’idea totalmente sbagliata della santità, una concezione erronea che è stata corretta — e questo mi sembra un punto centrale — proprio da Josemaría Escrivá»[2].

Queste parole si possono applicare sicuramente ai contenuti della beatificazione di Mons. del Portillo. Don Álvaro è stato, certamente, un uomo al quale Dio ha concesso doti umane e soprannaturali di alto livello; tuttavia, la sua esistenza si è svolta in un clima di vita ordinaria, affrontata con una fedeltà risoluta e gioiosa. Non ha mai voluto brillare di luce propria, ma, in ogni momento, ha cercato di rispecchiare la luce divina seguendo lealmente lo spirito dell’Opus Dei, che aveva imparato direttamente dalla parola e dall’esempio di san Josemaría. Don Álvaro si è santificato, con la grazia di Dio e con la sua corrispondenza generosa, mettendo in pratica in modo straordinario la vita cristiana ordinaria.

La sua beatificazione ci ricorda — e qui è racchiuso il significato di questo atto della Chiesa — che la santità è effettivamente raggiungibile da tutti i battezzati, se corrispondono con assoluta generosità alla vocazione cristiana. Questa chiamata invita a identificarsi con Cristo, ciascuno nelle situazioni proprie del suo stato e della sua condizione. Per far ciò occorre impegnarsi a portare la Croce tutti i giorni: non c’è identificazione con Cristo se non si ama la santa Croce. Per la grande maggioranza delle persone si tratta di una croce ordinaria, che si può prendere e che bisogna portare con gioia nell’esistenza quotidiana: in seno alla famiglia, nell’ambito sociale e sportivo, nella salute e nella malattia, nel lavoro e nel riposo. Non si tratta, dunque, di compiere azioni straordinarie, né di possedere carismi eccezionali; consiste — seguendo l’esempio del Maestro — nel saper ricevere ogni giorno quello che costa.

Questo era il consiglio di san Josemaría — cercare Dio nella vita ordinaria —, che don Álvaro ha messo in pratica con costanza quotidiana. Una volta il fondatore dell’Opus Dei ebbe modo di precisare: «Non vi è altra strada: o sappiamo trovare il Signore nella nostra vita ordinaria, o non lo troveremo mai [...]. Lì dove sono gli uomini vostri fratelli, lì dove sono le vostre aspirazioni, il vostro lavoro, lì dove si riversa il vostro amore, quello è il posto del vostro quotidiano incontro con Cristo. È in mezzo alle cose più materiali della terra che ci dobbiamo santificare, servendo Dio e tutti gli uomini»[3].

L’esempio dei santi e dei beati suscita in noi il desiderio di essere come loro: l’ardente desiderio di godere eternamente della Santissima Trinità, di far parte per sempre della grande famiglia di Dio, molto vicina a Gesù e alla Vergine Maria. «Essere santo non vuol dire essere superiore agli altri; al contrario, il santo può essere molto fragile e può aver fatto molti errori nella sua vita. La santità è il contatto profondo con Dio: è farsi amico di Dio, lasciar operare l’Altro, l’Unico che realmente può far sì che questo mondo sia buono e felice»[4].

La beatificazione di Álvaro del Portillo ci invita a vedere ogni giorno una chiamata a ricominciare con rinnovata energia la nostra vita cristiana, in modo da provare così una più intensa gioia del Vangelo. Questa vocazione universale alla santità, ricordata instancabilmente da san Josemaría Escrivá e confermata con vigore dal Concilio Vaticano II, ci verrà proposta ancora una volta nella cerimonia del prossimo 27 settembre.

+ Javier Echevarría

prelato dell’Opus Dei

[1] PAPA FRANCESCO, Omelia, 9-V-2014.

[2] CARD. JOSEPH RATZINGER, su L’Osservatore Romano, 6-X-2002.

[3] SAN JOSEMARÍA, Colloqui, nn. 114 e 113.

[4] CARD. JOSEPH RATZINGER, su L’Osservatore Romano, 6-X-2002.

Romana, n. 59, Luglio-Dicembre 2014, p. 296-297.

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