“Alla beatificazione di un madrileno universale”, La Razón, Spagna (28-IX-2014)
Il 27 settembre Madrid è diventata la sede della beatificazione di un madrileno universale: Álvaro del Portillo. Il cardinale Amato, quale delegato del nostro amato Papa Francesco, lo ha iscritto nell’elenco dei beati della Chiesa, alla presenza di migliaia di persone riunite a Valdebebas.
Questa celebrazione riveste un carattere ecclesiale e locale nello stesso tempo. Il nuovo beato ha profonde radici in questo Paese e specialmente a Madrid, dove è nato. Qui inizialmente ha studiato nella scuola dei Marianisti e successivamente nella Scuola d’Ingegneria Civile. Ha ricevuto la Prima Comunione nella chiesa della Concezione, recentemente eretta a basilica. Il Parco del Retiro ha visto i suoi giochi infantili e le sue camminate da studente, da casa sua all’università. Gli agglomerati di baracche e i quartieri estremi della Madrid degli anni Trenta sono stati testimoni del suo impegno verso i più poveri e bisognosi.
In pari tempo, questa beatificazione ha una portata universale, perché Álvaro del Portillo ha diffuso il seme del Vangelo nei cinque continenti. Questo spiega perché hanno annunciato la loro presenza persone provenienti da più di ottanta Paesi. Che significa per la Chiesa questa beatificazione? Prima di tutto, un atto di ringraziamento alla Santissima Trinità per i doni con cui la benedice. Uno di questi doni è la vita delle donne e degli uomini santi. Oltre a supporre un motivo di gioia per i cristiani, la Chiesa desidera, soprattutto, che questo costituisca un impulso perché tutti i battezzati, i normali cristiani, si lascino coinvolgere — con responsabilità personale — nel miglioramento della società civile alla luce vivificante degli insegnamenti di Cristo, perché non è possibile separare la fede dalla condotta dei cristiani nelle loro professioni, nelle loro attività.
Il nuovo beato ha vissuto e predicato lo spirito dell’Opus Dei, ricevuto direttamente da san Josemaría: tutti noi riceviamo una chiamata da Dio, una missione che riempie di significato la nostra vita, apparentemente anonima. Questa missione consiste nello scoprire l’amorosa sollecitudine di quel Dio che ci aspetta nella famiglia, nel lavoro, nelle amicizie, nelle relazioni sociali, sportive, ecc. La santità — ricordava Álvaro del Portillo — non consiste nel raggiungere una sorta di “perfezione” che ci collochi al di sopra degli altri, ma nel coltivare l’amore che ci mette al servizio di tutti coloro che ci stanno attorno.
La Chiesa desidera che le beatificazioni costituiscano per tutti i presenti, e per coloro che le seguono attraverso i mezzi di comunicazione, un motivo d’incontro personale con Dio e uno stimolo nella loro esistenza cristiana.
Dio ha concesso al nuovo beato notevoli qualità intellettuali: oltre a essere un ingegnere civile, era dottore in Lettere e Filosofia e dottore in Diritto Canonico. Ha lavorato intensamente in diverse commissioni del Concilio Vaticano II ed è stato particolarmente legato a tre Papi eccezionali del XX secolo: san Giovanni XXIII, san Giovanni Paolo II e colui che tra poche settimane venereremo come il beato Paolo VI, che era stato il suo primo amico quando arrivò a Roma negli anni Quaranta. Il gesto di san Giovanni Paolo II, che volle pregare davanti ai suoi resti mortali lo stesso giorno della morte, ha messo in evidenza la sua grande stima per questo nuovo beato.
Álvaro del Portillo ha saputo dedicare la propria vita al servizio di Dio e delle anime: un atteggiamento costante, frutto della sua corrispondenza libera e generosa alla grazia del Signore giorno dopo giorno, perché non esistono persone che nascono con la stoffa del santo e altre no, come ha scritto san Josemaría in Cammino. Dio ci chiama tutti — tutti, senza eccezione — alla pienezza della carità, e vuole erigere, col povero “legno” della nostra vita, un’opera d’arte, frutto della grazia della risposta personale di ciascuna, di ciascuno... se lo lasciamo fare. Dio vuole trarre da noi, ricordando le parole del poeta, “il nostro io migliore”. Questo io migliore è quello che si identifica pienamente con Cristo, quello che si lascia modellare dalla grazia e cerca in ogni momento di compiere, finché è in cammino, il mandato divino dell’amore al prossimo.
In questo si riassume ciò che ha fatto Álvaro del Portillo, uomo fedele a Dio, alla Chiesa, a san Josemaría e al suo carisma, con una fedeltà dinamica, creativa e rinnovatrice. La sua statura umana, professionale ed ecclesiale non lo allontanò dalla gente; al contrario, la sua semplicità, la sua umiltà, la sua naturalezza, il suo amabile buonumore e la sua spontaneità di carattere favorivano la nascita di un rapporto spontaneo con gli altri e lo stabilirsi fin dal primo momento di un clima di fiducia e di amicizia con numerose persone.
Per questo motivo, per molti di coloro che lo hanno conosciuto, assistere a questa beatificazione assume un sapore di gratitudine. Sono persone che hanno ascoltato dalle sue labbra un consiglio personale o qualche parola di incoraggiamento in momenti difficili; che si sono sentite confortate nella fede quando tutto sembrava crollare attorno a loro, che sapevano di essere sostenute dalle sue preghiere e dal suo affetto umano.
Lo hanno sentito parlare di Dio nei luoghi più diversi del mondo: Nagasaki, Texas, Lima, Nairobi, Tallin o Sydney; in diversi Paesi africani, o camminando accanto a lui per le strade di Roma. Da allora, l’esempio e le parole di don Álvaro sono rimasti nella loro anima come una semina di amore a Dio e uno stimolo costante per servire il Signore e gli altri.
Gli anni da lui passati accanto a san Josemaría lo hanno fatto diventare erede di un grande amore a tutta la Chiesa. Poi, come prelato dell’Opus Dei, ha continuato l’espansione dell’Opera in comunione con i vescovi. Sono note anche le sue dimostrazioni di affetto e venerazione per la vita religiosa. I religiosi e le religiose hanno occupato un posto specialissimo nel cuore del prossimo beato, il quale, nel medesimo tempo, spronava incessantemente i laici a essere presenti in tutti i settori della società, col desiderio di costruire, gomito a gomito con i loro concittadini, un mondo più solidale, più giusto e più umano.
Insieme alla sua fedeltà alla Volontà di Dio, vorrei mettere in rilievo il profondo senso della misericordia che aveva don Álvaro. Il suo cuore di cristiano lo spingeva a prodigarsi per risolvere, nella misura delle sue forze, i problemi umani e sociali che andava incontrando durante la vita. Questa disposizione di profonda carità cristiana, unita a un esigente senso della giustizia, lontana da lamenti irresponsabili e da atteggiamenti accomodanti, si concretò in numerose opere di aiuto e di promozione sociale suddivise nei cinque continenti, a favore dei più bisognosi.
Da molto giovane dedicò molte ore all’assistenza di famiglie povere e di bambini abbandonati a Madrid. E lo faceva mentre rendeva compatibile gli studi di Ingegneria Civile col suo lavoro di geometra, col quale contribuiva al sostentamento della sua famiglia.
Da san Josemaría aveva imparato a non essere indifferente davanti al volto amaro della povertà, della miseria o della ingiustizia. Ho avuto il privilegio di essere testimone di come osservava, durante i viaggi di catechesi nel mondo, quanti si trovavano feriti nella loro dignità umana. Dopo averli trattati con affetto, e aver pregato per loro, poneva i mezzi a sua disposizione per sollecitare il cuore delle persone che lo circondavano, invitandole a dare una risposta giusta — e, dunque, cristiana — a quelle sfide. Nacquero così — frutto del suo incoraggiamento e del lavoro di tante persone, credenti e non credenti — ospedali, ambulatori in zone periferiche, centri di promozione professionale o per donne di scarse risorse, iniziative per l’assistenza agli anziani, ai bambini di strada, negozi di alimentari, assistenza ai malati abbandonati...
In questi tempi di difficoltà e di speranze, desidero che tutte le persone che partecipano alla beatificazione di Álvaro del Portillo provino la gioia di una Chiesa viva, giovane e bella per l’esempio dei suoi santi e scoprano la gioia della sequela di Cristo nelle circostanze normali di ogni giorno.
+ Javier Echevarría
prelato dell’Opus Dei
Romana, n. 59, Luglio-Dicembre 2014, p. 312-315.