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“I cattolici nella vita politica”, tavola rotonda alla Pontificia Università della Santa Croce

Lo scorso 9 aprile, nell’Aula Höffner della Pontificia Università della Santa Croce, ha avuto luogo una tavola rotonda su “L’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica”, a proposito della Nota dottrinale dello stesso titolo pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Per riflettere sul contenuto della Nota, si sono riuniti il Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e diversi politici e intellettuali: Francesco Cossiga, Giuseppe De Rita, Ernesto Galli della Loggia, Paolo Del Debbio e mons. Ángel Rodríguez Luño. Ha aperto la seduta un saluto del Gran Cancelliere dell’Università, mons. Javier Echevarría, il quale si è riferito alla politica quale possibile cammino di santità, come ha dimostrato col suo esempio san Tommaso Moro, patrono dei governanti e dei politici.

«Il documento parla direttamente ai cattolici, ma vuol fare riflettere tutti», ha detto il Cardinale Ratzinger nel suo intervento. «La politica fa parte della sfera della ragione, che è ragione naturale e ragione comune a tutti. Uno Stato laico — ha sottolineato — esclude la teocrazia e l’idea di una politica dettata dalla fede: la fede può illuminare la politica, ma non si può trasferire alla fede il campo politico della ragione». La politica «è guidata dalla ragione e dalle virtù naturali della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza». Secondo il Cardinale, l’impegno attivo dei fedeli laici in politica richiede che si evitino due pericoli: la teologizzazione della politica e la ideologizzazione della ragione. Questa distinzione delle due sfere è essenziale, da sempre fa parte della tradizione del cristianesimo e la troviamo già nelle parole di Cristo quando indicò che bisogna dare a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare. La giusta profanità o laicità della politica esclude anche «un positivismo e un empirismo che mutila la ragione» e «arreca turbamento ai valori morali».

L’ex Presidente della Repubblica italiana e Senatore a vita Francesco Cossiga ha affermato che «questo documento chiarisce alcune proposizioni che dovrebbero essere vincolanti non solo per un cattolico o per un cristiano, ma anche per un democratico». Tra queste proposizioni, Cossiga ha menzionato l’impossibilità di sostenere che «la politica si debba situare fuori dell’etica», come se fosse soltanto un impegno tecnico. Ha anche parlato della fede e della ragione come di due tipi di conoscenza che non sono due verità ma due approssimazioni per conoscere le regole morali: la laicità della politica sta, pertanto, nel rispetto delle altre libertà e non nel diluire la propria fede.

Mons. Ángel Rodríguez Luño, ordinario di Teologia Morale nella Pontificia Università della Santa Croce, ha affermato che la fede cristiana non si identifica con nessuna sintesi politica concreta. Nello stesso tempo, tuttavia, ha conseguenze per l’attività politica, in quanto «la fede conforma, conferma, aggiunge o modifica le diverse culture politiche di quanti la assumono». D’altra parte, «la storia dimostra che la fede a volte è stata anche innovatrice e creativa nell’ambito sociale e politico». I due concetti basilari della Nota, ha detto, sono “coerenza” e “libertà”. Il ruolo principale della Chiesa, secondo il relatore, è quello di formare le coscienze più che quello di creare una cultura, in modo che ci siano persone ben formate capaci di esprimere una cultura in un contesto di legittima pluralità.

Il professor Giuseppe De Rita, Segretario Generale della Fondazione CENSIS (Centro Studi Investimenti Sociali), ha sottolineato la contrapposizione che offre la Nota tra «una giusta condanna del relativismo culturale e il pluralismo etico, da una parte, e l’affermazione positiva della centralità della persona, dall’altra, perché la partecipazione democratica diventa possibile solo nella misura in cui trova nella base una retta concezione della persona». In questo senso, ha affermato, «ogni democrazia sarebbe fragile se non mettesse come fondamento la centralità della persona».

Ai grandi valori si è riferito anche il professor Ernesto Galli della Loggia, editorialista del “Corriere della Sera” e ordinario di Storia dei partiti e dei movimenti politici all’Università di Perugia. Galli della Loggia ha affermato che la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede «mette in evidenza uno dei problemi centrali della condizione dell’attuale società liberale», vale a dire «la mancanza di grandi valori condivisi». Per fare funzionare una società — ha spiegato — non bastano le leggi formali o i diversi apparati amministrativi, economici e politici, ma occorrono valori condivisi.

L’incontro accademico è terminato con l’intervento di Paolo Del Debbio, professore di Etica Sociale e della Comunicazione, nonché autore di un recente libro sulla globalizzazione. Secondo Del Debbio, il cattolico attivo in politica dovrebbe evitare l’incerto dibattito sui valori, sul da farsi in generale; dovrebbe piuttosto dedicarsi a «indicare alcune vie molto precise sul come si fanno le cose con questi valori».

Romana, n. 36, Gennaio-Giugno 2003, p. 144-146.

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