Discorso ai partecipanti al Congresso UNIV 2002 (25-II-2002)
Carissimi giovani!
1. Sono lieto di porgere un cordiale benvenuto a tutti voi, convenuti a Roma in occasione dell’ormai tradizionale appuntamento romano dell’UNIV. Prenderete parte ai riti della Settimana Santa e compirete così una significativa esperienza religiosa. Ringrazio il Signore che mi offre l’opportunità di incontrarmi anche quest’anno con la vostra associazione, la quale raccoglie giovani di varie nazionalità, che partecipano alle molteplici attività formative della Prelatura dell’Opus Dei. Grazie per questa vostra visita, e benvenuti in questa casa, che è la vostra casa!
2. Durante il soggiorno romano, intendete approfondire la vostra formazione cristiana e come tema avete scelto tre parole: Studio, lavoro, servizio.
Il termine “servizio” rappresenta una chiave di lettura per comprendere gli altri due termini che lo precedono. Lo studio e il lavoro presuppongono in effetti un atteggiamento personale di disponibilità e di dono di sé, che chiamiamo appunto servizio. Si tratta di quella tipica dimensione che deve caratterizzare il modo di essere della persona. Lo ribadisce il Concilio Vaticano II, quando afferma che soltanto attraverso il dono sincero di sé la creatura umana può ritrovarsi pienamente (cfr. Gaudium et spes, n. 24). Con questa apertura ai fratelli ognuno di voi, cari giovani, perfeziona, grazie anche allo studio e al lavoro, aspetti fondamentali della propria missione, mettendo a frutto i talenti che Iddio generosamente vi ha affidato.
Quanto utili sono, al riguardo, gli insegnamenti del Beato Josemaría Escrivá, del quale quest’anno si celebra il centenario della nascita! Più volte egli amava sottolineare che nel Vangelo Gesù è conosciuto come carpentiere (cfr. Mc 6, 3), anzi come il figlio del carpentiere (cfr. Mt 13,55). Apprendista alla scuola di Giuseppe, il Figlio di Dio fece del lavoro manuale non solo una pur necessaria fonte di sussistenza, ma un “servizio” all’umanità, e di fatto lo rese un elemento integrante del disegno salvifico. Diviene in tal modo per noi un esempio perché ciascuno, seguendo la propria vocazione, valorizzi appieno le proprie potenzialità, ponendole al servizio del prossimo.
3. In questi giorni della Settimana Santa la riflessione dei credenti è dominata dal mistero della Croce. Alla sua luce possiamo meglio comprendere il valore del servizio, del lavoro e per voi, cari giovani, anche dello studio. La Croce è simbolo di un amore che si fa dono totale e gratuito. La Croce non testimonia, forse, l’amore di Cristo per noi? La Croce è una silenziosa cattedra d’amore, presso la quale s’impara ad amare sul serio. Alla sequela di Cristo, Re crocifisso, i credenti imparano che “regnare” è servire cercando il bene altrui, e scoprono che nel dono sincero di sé s’esprime il senso autentico dell’amore. San Paolo ci ripete che Gesù “ci ha amato e ha dato se stesso per noi” (cfr. Gal 2,20).
“Tutta la dignità del lavoro — scriveva il Beato Escrivá — è fondata sull’amore”. E continuava: “Il grande privilegio dell’uomo è di poter amare, trascendendo così l’effimero e il transitorio. L’uomo può amare le altre creature, può dire un tu e un io pieni di significato [...] Il lavoro nasce dall’amore, manifesta l’amore, è ordinato all’amore” (E’ Gesù che passa, 48).
Quando, fedeli a questo itinerario spirituale, ci si applica seriamente allo studio e al lavoro, si diventa realmente il sale della terra e la luce del mondo (cfr. Mt 5, 13-14). E’ questo l’invito che rivolge a voi giovani il tema della prossima Giornata Mondiale della Gioventù: essere sale della terra e luce del mondo nell’esistenza quotidiana.
Si tratta d’un cammino non facile, che non di rado è in contrasto con la mentalità di vostri coetanei. E’ certamente un andare controcorrente, rispetto a comportamenti e mode oggi dominanti.
4. Cari ragazzi e ragazze! Non vi meravigli tutto ciò: il mistero della Croce educa ad un modo di essere e di operare che non s’accorda con lo spirito di questo mondo. A questo riguardo, l’Apostolo ci mette bene in guardia: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12, 2).
Resistete, cari giovani dell’UNIV, alla tentazione della mediocrità e del conformismo. Solo così potrete fare della vita un dono e un servizio per l’umanità; soltanto in questo modo contribuirete ad alleviare le ferite e le sofferenze dei tanti poveri ed emarginati ancora presenti in questo nostro mondo tecnologicamente avanzato. Lasciate, per questo, che sia la Legge di Dio ad orientarvi nello studio oggi e, in futuro, nell’attività professionale. Così risplenderà “la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre celeste che è nei cieli” (Mt 5, 16).
Perché tutto ciò sia possibile, occorre porre al primo posto la preghiera, intimo dialogo con Colui che vi chiama ad essere suoi discepoli. Siate ragazzi e ragazze di generosa attività, ma al tempo stesso di profonda contemplazione del mistero di Dio. Fate dell’Eucaristia il cuore della vostra giornata. In unione con il sacrificio della Croce, che in essa si ripresenta, offrite lo studio e il lavoro, sì da essere voi stessi “sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pt 2, 5).
Accanto a voi, come accanto a Gesù, sta sempre Maria. A Lei, Ancilla Domini e Sedes Sapientiae, affido i vostri propositi e desideri. Da parte mia, vi assicuro un costante ricordo nella preghiera, mentre vi auguro un fecondo Triduo Pasquale e una Santa Pasqua. Con tali sentimenti, di cuore vi benedico tutti.
Romana, n. 34, Gennaio-Giugno 2002, p. 33-35.