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San José di Costarica 21-IX-2001 Messaggio al Congresso “Per una educazione più umana. Intorno al pensiero di Josemaría Escrivá»

Rivolgo un saluto affettuoso ai partecipanti al Congresso Ispanoamericano che si svolgerà tra pochi giorni a San José di Costa Rica, intorno al pensiero del Beato Josemaría Escrivá sull’educazione. La riunione s’inserisce nell’ambito delle celebrazioni che si tengono nel mondo intero nella prospettiva del 9 gennaio 2002, data in cui si compiranno cento anni dalla nascita del Fondatore dell’Opus Dei. Sono iniziative promosse da uomini e donne che desiderano esprimere la loro riconoscenza a questo santo sacerdote, per aver assecondato con totale fedeltà il volere di Dio, che dal 1928 ha ravvivato nella coscienza della Chiesa la realtà della chiamata universale alla santità e all’apostolato mediante il compimento perfetto del lavoro professionale e dei doveri ordinari del cristiano.

Mentre ringrazio per l’organizzazione di queste giornate, che devono servire soprattutto per far conoscere con maggiore incisività la vita santa e gli insegnamenti del Beato Josemaría, sento il dovere di aggiungere che si tratta d un omaggio ben meritato. Gli organizzatori del Congresso mi hanno comunicato il tema della riunione e mi hanno chiesto alcune parole d’introduzione: mi è venuto subito in mente che il miglior titolo che si possa assegnare al Fondatore dell’Opus Dei — dopo del termine di sacerdote, che è basilare per la realizzazione della missione ecclesiale che aveva ricevuto — è proprio quello di maestro. Infatti, fin dai tempi in cui studiava nel seminario di Saragozza, dove fu nominato “superiore” quando aveva poco più di vent’anni, si manifestò — accanto alla sua grande capacità di amare le persone — la sua tempra di forgiatore di anime. In seguito, per tutta la vita, nel suo lavoro sacerdotale e nella sua missione fondazionale a capo dell’Opus Dei, si spese a guidare innumerevoli persone per gli ardui sentieri dello spirito, insegnando loro a scoprire la Volontà di Dio e ad assecondarla.

Per anni, ho avuto l’immensa fortuna di mantenere un assiduo rapporto filiale con il Beato Josemaría. Ricordo molto bene con che gioia parlava delle persone che si dedicano al nobile e insostituibile compito dell’insegnamento, a tutti i livelli. Quando la conversazione cadeva su coloro che avevano contribuito alla sua formazione umana e spirituale, usava espressioni di gioia e di sincera gratitudine. Naturalmente in primo luogo pensava ai suoi genitori: è una indiscutibile verità che la prima e principale scuola è la propria famiglia, l’esempio e gli insegnamenti del padre e della madre, che si imprimono — nel bene, e disgraziatamente, nel male — nelle tenere anime dei bambini. Subito dopo, il Beato Josemaría ricordava quanto aveva ricevuto da altri maestri: la suora che gli aveva insegnato a scrivere, i professori del liceo e dell’università, sia quella civile che quella ecclesiastica. Di molti di loro conservò un ricordo traboccante di affetto fino alla fine dei suoi giorni, materializzato in particolari che l’avevano aiutato a migliorare nella sua vita le virtù cristiane e anche l’ordine, la fortezza, l’onestà...

L’atteggiamento di venerazione verso quelle persone si intensificò con il passare del tempo, fino al punto che nei suoi viaggi di catechesi — così chiamava le riunioni con piccoli e grandi gruppi di persone, per parlare delle cose di Dio, che tenne specialmente negli ultimi anni — manifestava il desiderio di imparare anche da coloro con cui veniva in contatto. Succedeva proprio così, perché andava a questi incontri con lo stesso desiderio — sincero e profondo — di migliorare la sua formazione, come aveva fatto per tutta la vita: voleva imparare dall’esempio degli altri, pur essendo uno sperimentato maestro.

Non c’è alcuna opposizione tra queste due cose. Anzi, può arrivare a essere un vero maestro solo chi si sente davvero bisognoso di aumentare le proprie conoscenze. Se una persona non coltiva nella sua anima la disposizione — fatta di umiltà e docilità — di imparare dagli altri, sarà un professore più o meno efficace e perfino arriverà a immagazzinare un sapere enciclopedico; ma non sarà mai un maestro, nel senso più nobile ed elevato del termine.

Nelle giornate del vostro congresso interverranno illustri specialisti. Sono sicuro che, nelle loro conferenze e comunicazioni, metteranno in risalto i grandi contributi del Beato Josemaría nel settore dell’educazione, grazie soprattutto alle numerosissime iniziative che in questo campo sono sorte — come frutto della sua spinta personale e dello spirito dell’Opus Dei — nei più diversi luoghi della terra. Ma vi prego di non dimenticare la grande lezione che egli ci offre con la sua stessa vita. Una lezione trasparente che, in ultima istanza, è conseguenza della sua fedeltà al volere divino. Effettivamente, anche se dal punto di vista umano si considerava in debito con tutti, non è meno certo che nel compimento della missione universale che ricevette nel 1928, riconosceva di avere un grande debito con Dio. Di fronte alla grandezza del compito che il Cielo gli aveva affidato — insegnare agli uomini e alle donne a trasformare il lavoro professionale e i doveri familiari e sociali in cammino di santità, e aiutarli a realizzare questo progetto — soleva dire che il suo maestro era stato lo Spirito Santo. E poiché si mostrò molto docile alle mozioni divine, fin dal primo momento fu in grado di diventare maestro di vita spirituale per milioni di persone che traggono beneficio dal suo spirito e dai suoi insegnamenti nel mondo intero.

Con il desiderio che seguiate l’esempio del Beato Josemaría, e chiedendo per voi l’intercessione della Santissima Vergine, Sedes Sapientiae, invio la mia più affettuosa benedizione, insieme al vivo desiderio che le riunioni di questi giorni lascino una traccia duratura nelle anime

Romana, n. 33, Luglio-Dicembre 2001, p. 187-189.

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