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Nella solenne concelebrazione eucaristica per la festa liturgica del Beato Josemaría, Roma 26-VI-1999

Cari fratelli e sorelle!

1. Stiamo percorrendo l’ultimo anno — dedicato dal Romano Pontefice a Dio Padre — di preparazione al Giubileo del 2000, ormai imminente. Secondo gli intenti del Papa, questi mesi devono avere «la funzione di dilatare gli orizzonti del credente secondo la prospettiva stessa di Cristo: la prospettiva del “Padre che è nei cieli” (cfr. Mt 5, 45), dal quale è stato mandato ed al quale è ritornato (cfr. Gv 16, 28)»[1].

Nell’odierna celebrazione liturgica scorgiamo dunque un nuovo invito a volgere con riconoscenza e amore lo sguardo verso Dio nostro Padre, che fa risplendere in tanti modi il Suo volto misericordioso sulle creature. Ci riuniamo attorno all’altare nella ricorrenza del dies natalis del Beato Josemaría Escrivá, Fondatore dell’Opus Dei, il Padre. Penso che proprio questo riferimento alla paternità definisce un elemento essenziale della personalità del Beato Josemaría.

Centinaia di migliaia di persone hanno riconosciuto in lui i tratti caratteristici di una paternità spirituale vissuta fino alle estreme conseguenze: fino al dono completo della propria vita, giorno dopo giorno, nella gioia di generare nello spirito e di educare figli di Dio. Fin dal primo momento della fondazione dell’Opus Dei, il Beato Josemaría fu consapevole di essere chiamato a dilatare le frontiere del proprio cuore per abbracciare tante creature di ogni razza e di ogni cultura, e sentì la gioia e la responsabilità di portare questa missione a compimento. Fin da allora germinò sulle sue labbra un grido, che esprime l’anelito di un amore senza limiti: «non c’è che una razza: la razza dei figli di Dio»[2]. Già nel 1933, in un appunto indirizzato al confessore per chiedergli l’autorizzazione ad incrementare le pratiche di penitenza — già di per sé molto generose — cui si sottoponeva, scrisse: «me lo chiede Dio (...). È necessario che io sia santo e Padre, maestro e guida di santi»[3].

Sette anni fa, nell’omelia della Messa di beatificazione, Giovanni Paolo II ricordò le molteplici sofferenze che il Beato Josemaría dovette affrontare nel compimento della propria missione ecclesiale. Il Signore lo volle provare con la Croce ed è logico che sia stato così, poiché ogni vera paternità o maternità si perfeziona nel dolore, come sanno tutti i genitori cristiani. Ma cadremmo in errore se unissimo Croce a tristezza, dolore a pessimismo: Cristo, il Figlio molto amato, con la sua sofferenza sulla Croce conquista per noi la gioia della salvezza.

Proprio per la generosità della sua risposta a Dio Padre, il Beato Josemaría Escrivá è stato e continua ad essere Padre. Ancora oggi, sette anni dopo la beatificazione, in tutto il mondo si espande la sua fama di santità, avallata da numerosi segni che sono come il sigillo di Dio sull’operato del suo servo. Decine di migliaia sono le relazioni firmate, arrivate alla Postulazione della Causa in questo settennato, per comunicare grazie e favori attribuiti all’intercessione di questo servo buono e fedele[4], che tanto si adoperò in vita per rendere gloria a Dio e che anche adesso, dal Cielo, non fa altro che indirizzare le anime verso il Signore.

2. Sono davvero stupende le parole con cui Gesù esorta Pietro, dopo la pesca miracolosa: non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini[5]. Quest’annuncio, tante volte meditato da tutti i cristiani e così caro al Beato Josemaría, conserva un’attualità perenne. Gesù lo rivolge ai suoi figli di tutti i tempi: oggi lo dice ad ognuno di noi. Anche oggi il Maestro vuole suscitare numerose vocazioni di apostoli. Anche oggi si aspetta la stessa generosa risposta che gli dettero i primi discepoli, quando, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono[6].

In questa cornice offerta dalla liturgia, vorrei meditare insieme con voi sul significato che, nella vita del Beato Josemaría, ha assunto la chiamata ad essere apostolo, pescatore di anime. Non vi sembra che la prodigiosa efficacia della sua paternità spirituale sia stata davvero una grande pesca di figli di Dio? Far echeggiare nelle anime l’appello di Cristo a seguirlo significa dare compimento alle parole di San Paolo appena ascoltate: quelli che Egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché Egli sia il primogenito di molti fratelli[7]. L’opera che Dio ha voluto compiere sulla terra servendosi del Beato Josemaría come strumento fedelissimo si riassume in questo: ravvivare nei cristiani la consapevolezza di essere figli di Dio in Cristo e suscitare la decisione di agire in conseguenza. Lo stesso Fondatore additava il senso vivo, esplicito, della figliolanza divina quale fondamento della vita spirituale dei fedeli dell’Opus Dei.

Stiamo parlando di una pesca spirituale; ma quali sono stati gli strumenti adoperati dal Signore? Quali sono le reti che hanno permesso al Beato Josemaría di presentare davanti a Dio Padre, alla fine dei suoi giorni e ancora adesso, una quantità enorme di pesci[8], una folla sterminata di figlie e di figli del suo spirito? Avendo avuto la grazia di vivere per tanti anni accanto a lui, posso assicurarvi che lo strumento umano di questa pesca divina è stato il cuore sacerdotale di nostro Padre, le sue premure materne e paterne verso tutte le persone che gli si avvicinavano. Questa sconfinata sollecitudine era frutto del suo amore di Dio, frutto del suo spirito di orazione e di penitenza, intriso di una gioia che non veniva mai meno.

Man mano che passavano gli anni e la pesca si faceva sempre più abbondante, il Beato Josemaría ebbe il timore — come gli Apostoli — che le reti si rompessero[9], che il suo cuore non fosse in grado di amare con la stessa intensità, come aveva fatto con coloro che per primi avevano cominciato a seguirlo, tutte le persone che Dio avrebbe posto al suo fianco. Ma il Signore, che l’aveva chiamato ad assumere questa paternità, gli dilatò il cuore. Così nel 1945 poteva scrivere: «Non posso non innalzare la mia anima riconoscente verso il Signore, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome (Ef 3, 15), per avermi affidato questa paternità spirituale che, con la sua grazia, ho assunto nella consapevolezza di stare sulla terra solo per portarla a compimento. Per questa ragione vi amo con cuore di padre e di madre»[10].

3. Fermiamoci sul testo dell’Apostolo che il Beato Josemaría cita nel brano appena letto, là dove San Paolo afferma che ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome da Dio Padre[11]. Sì, ogni paternità: quella secondo la carne e quella spirituale, cui sono chiamati tutti i cristiani. Parlando con rigore teologico, soltanto Dio è veramente Padre in tutta la pienezza dell’espressione, poiché solo Dio è fonte prima ed universale della vita. A ragione dunque Gesù ammonisce: non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo[12]. Solo in rapporto a questa paternità suprema di Dio si può e si deve parlare di paternità e maternità delle creature; anzi, tutta la dignità della paternità umana risiede nel fatto che essa è un riflesso della paternità divina.

Genitori che mi ascoltate: i vostri figli debbono scoprire in voi il segno della paternità divina. Pensate quanto è grande la vostra responsabilità! E voi, figli, sforzatevi di vedere l’immagine di Dio Padre nei vostri genitori; in questo modo avrete sempre per loro il rispetto e la venerazione dovuti e il Signore vi premierà. Purtroppo, mentre molti genitori e molti figli offrono al mondo un esempio profondamente cristiano, non manca chi concepisce la paternità come un cammino di autoaffermazione o di proiezione personale, e non mancano figli che considerano la filiazione come una sorta di schiavitù o di dipendenza mal tollerata. Chiediamo allo Spirito Santo di soffiare con forza nel nostro cuore, affinché tutti sperimentino la gioia profonda — anche se intrisa di dolore, come accennavo precedentemente — della paternità e della filiazione.

Prima di finire, vorrei riaffermare che tutti i cristiani, senza eccezione, sono chiamati alla gioia della paternità o della maternità spirituale. Dio nostro Padre vuole avere molti figli e molte figlie, così che suo Figlio Gesù sia il primogenito tra molti fratelli[13]. Ognuno di noi deve apprestare le proprie reti per partecipare attivamente alla pesca che Cristo stesso continua a realizzare in mezzo al mondo. Le nostre reti — i mezzi umani che dobbiamo adoperare insieme con i mezzi soprannaturali — sono la carità verso tutti coloro che incontriamo; il prestigio professionale risultante dal lavoro compiuto per dare gloria a Dio; la testimonianza di un’esistenza cristiana integra; la parola opportuna che sa offrire conforto a chi soffre e spronare verso traguardi di santità. Oggi è un buon momento perché ciascuno di noi formuli a se stesso alcune domande: cerco di avvicinare molte anime a Dio mediante l’orazione, l’espiazione e l’azione?[14] Parlo di Dio con i miei amici e colleghi, senza impaccio né vergogna? Li invito a ricorrere al ministero del sacerdote per recuperare nella Confessione l’amicizia con il Signore, la piena dignità dei figli di Dio? In questo modo diventeremo anche noi partecipi di quella paternità spirituale cui si riferiva Gesù quando insegnava: ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre[15].

Ricorriamo a Maria Santissima, affinché ci mostri i sentieri di questa fecondità spirituale che Lei ha vissuto in grado eminente insieme con la maternità fisica nei riguardi di Gesù. A Lei, Figlia prediletta del Padre, ci rivolgiamo per diventare anche noi capaci — come il Beato Josemaría — di aiutare molte anime a scoprirsi figli di Dio e figli suoi, e ad agire in conseguenza. Così sia.

[1] GIOVANNI PAOLO II, Lett. apost. Tertio Millennio adveniente, 10-XI-1994, n. 49.

[2] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, È Gesù che passa, n. 106.

[3] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, 22-VI-1933, in Apuntes íntimos, n. 1725.

[4] Mt 26, 21.

[5] Vangelo (Lc 5, 10).

[6] Ibid. (Lc. V, 11).

[7] Seconda lettura (Rm 8, 29).

[8] Vangelo (Lc 5, 6).

[9] Cfr. ibid.

[10] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Lettera 6-V-1945, n. 23.

[11] Ef 3, 15.

[12] Mt 23, 9.

[13] Cfr. Rm 8, 29.

[14] Cfr. BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Cammino, n. 82.

[15] Mt 12, 49-50.

Romana, n. 28, Gennaio-Giugno 1999, p. 90-93.

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