Nell’ordinazione di diaconi, Basilica di Sant’Eugenio, Roma (9-XI-2013)
Carissimi ordinandi diaconi.
Cari fratelli e sorelle.
1. L’Anno della fede, proclamato da Benedetto XVI, sta per concludersi. Papa Francesco lo chiuderà solennemente il giorno 24 di questo mese, nella solennità di Cristo Re dell’universo. Questa circostanza mette in luce un particolare dell’odierna ordinazione diaconale di trenta fedeli dell’Opus Dei.
Partecipiamo, infatti, a una grande manifestazione di fede. Ognuno di questi uomini, dopo aver risposto liberamente alla chiamata del Signore, sta per diventare ministro di Cristo, servitore di tutti. L’elezione è divina, come quella di Geremia che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto — dice il Signore —, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni” (Ger 1,5).
Voi, cari figli, avete risposto alla chiamata che vi è stata fatta personalmente. Adsum!, eccomi!, avete detto. Poi alla mia domanda: “Volete essere consacrati al ministero della Chiesa per mezzo dell’imposizione delle mie mani con il dono dello Spirito Santo?”, la vostra voce risuonerà con forza di fronte a tutta l’assemblea: volo!, sì, lo voglio!
L’imposizione delle mani del Vescovo, come ben sapete, costituisce — insieme con le parole della preghiera consacratoria — il segno fondamentale del Sacramento dell’Ordine nei suoi diversi gradi. L’imposizione delle mani del Vescovo, che fa le veci di Cristo Sommo Sacerdote, ha un si-gnificato molto preciso: Gesù prende possesso di ciascuno di voi, di tutto il vostro essere, affinché diventiate strumenti vivi della sua azione santificatrice; capisco la vostra gioia e la vostra emozione nel diventare ministri di Gesù Cristo, perché grandissimo è il dono che riceverete. Già nel Battesimo e nella Cresima ogni cristiano diventa, per l’azione dello Spirito Santo, un altro Cristo, figlio adottivo di Dio Padre e — come diceva San Josemaría — non solo un altro Cristo, ma lo stesso Cristo, ipse Christus. Oggi con l’ordinazione diaconale, e poi con quella presbiterale, diventerete, in forza del Sacramento, lo stesso Cristo anche partecipando in modo nuovo al suo sacerdozio.
Commentando questo gesto antichissimo dell’imposizione delle mani, Benedetto XVI affer-mava che, oltre a prendere possesso dei ministri ordinati, il Signore si rivolge loro, a uno a uno, e gli dice: «Tu stai sotto la protezione delle mie mani. Tu stai sotto la protezione del mio cuore. Tu sei custodito nel cavo delle mie mani, e proprio così ti trovi nella vastità del mio amore. Rimani nello spazio delle mie mani e dammi le tue»[1].
È un nuovo e solenne impegno d’amore al quale sarete fedeli se, con l’aiuto del Signore, saprete custodire e alimentare lo spirito di orazione; compiendo fedelmente l’incarico di recitare la Liturgia delle Ore; cercando di conformare la vostra vita a Gesù Cristo, il cui Corpo potrete fin d’ora di-stribuire ai fedeli nella Comunione. Si capisce perché San Josemaría diceva: “Signore, perché mi vuoi tanto bene?”.
2. Dopo l’imposizione delle mani e la preghiera di consacrazione, la liturgia prevede alcune azioni simboliche con le quali si mettono in risalto gli incarichi assunti. In primo luogo c’è la vesti-zione degli abiti diaconali: la stola, che poggia sulla spalla sinistra, e la dalmatica. Sono segni della destinazione dei diaconi al servizio della comunità dei fedeli. Rileggiamo ciò che San Paolo ci ha detto nella seconda lettura: “Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero (...). Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare a ogni costo qualcuno” (1 Cor 9,19-23).
Servite, dunque, con gioia, umiltà e carità i vostri fratelli e sorelle, tutte le anime: con la predi-cazione del Vangelo, con l’amministrazione dell’Eucaristia e l’esposizione del Santissimo Sacra-mento all’adorazione dei fedeli, con i servizi della carità che vi potranno essere affidati.
Dopo la vestizione, vi sarà consegnato il libro dei Vangeli, perché annunciate la buona novella a tutte le genti. Nel momento di affidarvelo, il Vescovo dice: “Credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”. Sono parole specificamente rivolte ai nuovi diaconi, ma anche dirette personalmente a ogni cristiano. Ogni fedele, infatti, deve credere la Parola di Dio, metterla in pratica nella propria vita, insegnarla agli altri. Poiché è Cristo la Parola del Dio vivente, che si è fatto uomo per la nostra salvezza, San Josemaría raccomandava frequentemente a tutti: “Andiamo dal Signore e confidiamogli la nostra decisione di voler imparare a servire, perché soltanto così potremo non solo conoscere e amare Cristo, ma farlo conoscere e farlo amare dagli altri”[2].
È questo l’invito che ci è stato rivolto nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato: la prima pesca miracolosa, che si conclude con il mandato del Signore a Pietro e agli altri apostoli — anche a te e a me — di essere “pescatori di uomini” (Lc 5,10). Qui possiamo ricordare alcune parole del Santo Padre Francesco in una delle ultime udienze: «Cristo invita tutti ad “andare” incontro agli al-tri, ci invia, ci chiede di muoverci per portare la gioia del Vangelo! Ancora una volta chiediamoci: siamo missionari con la nostra parola, ma soprattutto con la nostra vita cristiana, con la nostra te-stimonianza? O siamo cristiani chiusi nel nostro cuore e nelle nostre chiese, cristiani di sacrestia? Cristiani solo a parole, ma che vivono come pagani? Dobbiamo farci queste domande, che non sono un rimprovero. Anch’io lo dico a me stesso: come sono cristiano, con la testimonianza davvero?»[3].
3. Infine il Vescovo vi darà l’abbraccio di pace. Oltre a significare che siete stati accolti nell’Ordine del diaconato, questo gesto esprime molto di più: significa l’affetto pieno di ricono-scenza di tutto il popolo di Dio per la vostra donazione al suo servizio. Come conseguenza, dob-biamo tutti pregare di più per i ministri della Chiesa, e in modo particolare per il Romano Pontefice, che da secoli annovera come titolo principale quello di servus servorum Dei, servo dei servi di Dio.
Cari fratelli e sorelle. Accompagniamo questi nuovi ministri del Signore con la preghiera e la mortificazione. Chiediamo che lo Spirito Santo mandi molte vocazioni sacerdotali alla Chiesa. A questo proposito, San Josemaría ci consigliava di chiedere a Dio “che aumenti le nostre brame di servire, perché messis quidem multa, operarii autem pauci (Mt 9,37); perché sono pochi gli operai e molto numerosa la messe: non ha sponde il mare del lavoro apostolico, e sono nel mondo così poche le anime che vogliano servire!”[4].
Supplichiamo la Madonna, San Josemaría e tutti i Santi di intercedere per questi nostri fratelli; ricorriamo anche alle anime del Purgatorio in questo mese loro dedicato: “Sono così potenti davanti a Dio!”[5] Naturalmente vi invito a pregare per la santità dei seminaristi e dei sacerdoti di tutto il mondo.
Prima di concludere, rivolgo le mie più affettuose congratulazioni ai genitori, fratelli e sorelle dei nuovi diaconi, ai loro parenti e amici. E man mano che ci avviciniamo al termine dell’Anno della fede, chiediamo a Dio, per l’intercessione di Maria Santissima, questo grande dono per noi tutti: un aumento di fede, di speranza, di carità e di devozione nel compimento dei nostri doveri di cristiani.
Sia lodato Gesù Cristo!
[1] BENEDETTO XVI, Omelia nella Messa crismale, 13-IV-2006.
[2] SAN JOSEMARÍA, È Gesù che passa, n. 182.
[3] PAPA FRANCESCO, Discorso nell’udienza generale, 16-X-2013.
[4] SAN JOSEMARÍA, Lettera 9-I-1932, n. 85.
[5] SAN JOSEMARÍA, Cammino, n. 571.
Romana, n. 57, Luglio-Dicembre 2013, p. 235-237.