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Nell’ordinazione sacerdotale di 35 diaconi della Prelatura, Basilica di Sant’Eugenio, Roma (14-V-2011)

Carissimi fratelli e sorelle. Carissimi ordinandi.

1. Penso che tutti abbiamo il cuore colmo di gioia per l’ordinazione presbiterale che riceveranno questi nostri fratelli. Mentre erano chiamati per nome e rispondevano con l’adsum!, eccomi!, mi è tornato in mente il momento in cui Gesù Cristo ha detto ai suoi Apostoli: “Seguimi!”; lo ha detto anche a quel ragazzo che non ha saputo essere generoso. Mi ha colpito quello che ricorda il Vangelo: il volto di Cristo era gioioso (cfr. Mc 10,21), pieno di allegria, vedendo le persone che si erano decise a seguirlo. Preghiamo per questi nostri fratelli affinché siano molto fedeli e rispondano con un “eccomi!” a tutte le chiamate che il Signore rivolgerà a tutti loro, nel ministero sacerdotale. Saranno sicuramente, perché la grazia di Dio non gli mancherà, dei buoni pastori.

L’immagine del pastore è classica nella tradizione biblica e cristiana. Sin dall’Antico Testamento i re, quelli che proteggevano il popolo, erano chiamati “pastori”, seguendo un’antica consuetudine del Medio Oriente; anche Mosè, che il Signore mise a capo del suo popolo per liberarlo dalla schiavitù dell’Egitto, aveva fatto il pastore; e altrettanto si può dire di Davide, scelto da Dio stesso con la promessa che dalla sua discendenza sarebbe nato il Messia. E ai tempi dell’esilio in Babilonia, i profeti annunciarono che sarebbe stato il Signore, secondo il suo grande cuore, a guidare il popolo con sapienza e dottrina (cfr. Ger 3,15), tramite i pastori.

Erano allusioni, più o meno velate, a Gesù, il nostro Pastore che è salito sulla Croce, proprio per donare la sua vita, perché noi la riceviamo e la conserviamo. San Pietro, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, dice: “Egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo noi per la giustizia” (1 Pt 2,24).

In questo tempo pasquale commemoriamo la vittoria di Cristo. Oggi, ripeto, lo ringraziamo di cuore perché, oltre a redimerci, ha voluto che nella sua Chiesa, attraverso uno specifico sacramento, ci fossero pastori che ci amministrassero sacramenti per il cammino della nostra vita. Gesù stesso, attraverso i Vescovi e i presbiteri, continua ancora oggi la sua missione salvatrice su questa terra, dispensandoci la grazia meritata per noi sulla Croce. “Dalle sue piaghe — continua San Pietro — siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime” (1 Pt 2,24-25).

Com’è efficace la Croce del Signore! Guardando adesso il Crocifisso, viene voglia di rinnovare la nostra promessa di fedeltà, di ringraziarlo e di dirgli che siamo accanto a Lui e non vogliamo lasciarlo solo. Come tante volte ci diceva San Josemaría, e lo ripeteva per tutti: “Essere cristiano — e in modo particolare essere sacerdote; ricordando anche che tutti noi battezzati partecipiamo al sacerdozio regale — significa stare continuamente in Croce”[1]. Non è una tragedia, perché è stato il cammino scelto da Lui per ridarci la felicità che avevamo perso per il peccato.

2. Anni fa, amministrando il sacramento dell’Ordine, Benedetto XVI sottolineava questo meraviglioso passo del Vangelo del Buon Pastore, che abbiamo ascoltato. Preghiamo per lui tutti i giorni, preghiamo adesso per il Papa, perché il Signore lo assista e possa portare a termine il governo di tutta la Chiesa, e aiutare tutta l’umanità. Riferendosi agli ordinandi, e prendendo spunto dalle parole del Vangelo, diceva: «Il Signore ci dice tre cose sul vero pastore: egli dà la propria vita per le pecore; le conosce ed esse lo conoscono; sta a servizio dell’unità»[2]. Vi chiedo ancora preghiere per questi sacerdoti che saranno ordinati tra poco; e vi chiedo anche di pregare per tutti i sacerdoti del mondo. Che non ce ne sia uno che non riceva l’assistenza della nostra preghiera, del nostro ricordo, del nostro aiuto.

Prima di tutto, il Vangelo ci dice che il Buon Pastore dà la vita per le pecore. Ciò significa che «il mistero della Croce — diceva il Papa — sta al centro del servizio di Gesù quale pastore: è il grande servizio che Egli rende a tutti noi. Egli dona sé stesso, e non solo in un passato lontano»[3]. Dove? Nella Santa Messa. Che cos’è mai la Santa Messa se non la presenza del Sacrificio del Calvario, che si attualizza in modo sacramentale sui nostri altari attraverso la mediazione dei sacerdoti? Perciò, figli miei diaconi, a partire da questo istante, rinnovate il proposito, già coltivato da voi in quanto cristiani, di seguire da vicino, molto da vicino, l’esempio di Nostro Signore. Da oggi in poi, la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia deve essere, specialmente per voi, il momento centrale di ogni giornata; come pure per tutti noi la Santa Messa deve essere il centro e la radice della nostra vita, tutti i giorni del nostro cammino su questa terra. A voi tutti chiedo che la vostra esistenza sia fusa con quella di Gesù Eucaristia.

Mi vengono in mente [le ho scritte qua] le parole di San Josemaría, che amava appassionatamente il suo sacerdozio e i suoi fratelli nel sacerdozio. Diceva: “Quando un sacerdote vive la Santa Messa come si deve — adorando, espiando, impetrando, rendendo grazie, identificandosi con Cristo — e insegna agli altri a fare del Sacrificio dell’Altare il centro e la radice della vita cristiana, dimostra realmente la grandezza incomparabile della sua vocazione, e cioè quel carattere che porta impresso e che non perderà per tutta l’eternità”[4].

Il Buon Pastore, aggiungeva poi il Papa seguendo il Vangelo, conosce le sue pecore ed esse lo conoscono. Questa è la seconda caratteristica indicata da Gesù Cristo. La Chiesa, figli miei, vi conferisce la missione di servire tutte le anime, e concretamente, e in modo speciale, i fedeli della Prelatura dell’Opus Dei: per servirli ricevete oggi l’ordinazione presbiterale. Siete entrati nel recinto delle pecore “attraverso la porta”, cioè Gesù Cristo stesso, mediante una speciale identificazione con Lui. Ciò vi impegna a preoccuparvi delle anime che vi sono affidate, a una a una.

Ricordate il consiglio che dava nostro Padre, che tanto ha pregato per voi, per i suoi figli sacerdoti. Diceva: “Dobbiamo essere come i fili intrecciati nel tessuto, che nessuno vede, per far brillare gli altri con i ricami d’oro e di seta preziosa delle loro virtù; e ci mettiamo da parte affinché i vostri fratelli risplendano con il loro lavoro professionale santificato, nel proprio stato e nel mondo, e voi possiate dire: ‘Pro eis sanctifico meipsum, ut sint et ipsi sanctificati in veritate’ (Gv 17,19); per amor loro santifico me stesso, perché siano anch’essi santificati nella verità”[5].

3. La preoccupazione santa per il pusillus grex, il piccolo gregge che la Chiesa vi affida, ci porta alla terza caratteristica indicata dal Papa: l’amore per l’unità. San Josemaría ha insistito molto sul fatto che i sacerdoti devono essere “strumenti di unità”. Esercitate il vostro ministero con questa caratteristica così propria del buon pastore: prodigarsi per tutti senza fare preferenze. E, logicamente, mantenetevi strettamente uniti al Romano Pontefice e ai Pastori delle Diocesi in cui svolgerete il ministero. Qui a Roma preghiamo pure per il Cardinale Vicario.

Come gli altri sacerdoti dell’Opus Dei, non accontentatevi di provvedere alle necessità spirituali delle vostre sorelle e dei vostri fratelli o delle anime che si rivolgeranno a voi. Il vostro cuore, unito a Gesù Cristo, vi spingerà ad andare molto più in là, a essere disponibili per tutti; anzi ad andare voi stessi a cercarli.

Diceva San Josemaría con molta chiarezza: “Così sarete sempre strumenti di unità e di coesione: con il vostro senso soprannaturale della vita, con la vostra orazione, con l’esempio costante del vostro ardente lavoro sacerdotale, con la vostra carità amabile, con la vostra mortificazione, con la vostra devozione alla Vergine Santissima, con la vostra gioia e la vostra pace”[6].

Tanti auguri di tutto cuore ai genitori, fratelli, sorelle e parenti dei nuovi sacerdoti: da ora in poi avrete davanti al Signore un vostro “intercessore” particolarmente qualificato. Nel contempo, tutti noi dobbiamo pregare per loro più di prima, perché è grande la responsabilità che hanno ricevuto. Vi ho chiesto prima di non lasciare Gesù Cristo solo. Vi chiedo di non lasciare soli questi fratelli nostri, che hanno intrapreso questo cammino per essere Cristo sulla terra, attraverso il ministero sacerdotale.

Preghiamo ugualmente affinché il Signore mandi vocazioni sacerdotali abbondanti; anche al Seminario Romano. Chiediamolo oggi e ogni giorno alla Santissima Trinità, attraverso la Beata Vergine Maria. Nostro Padre ci raccomanda, e così finisco: “Chiedi che siano allegri, operosi, efficaci; che siano ben preparati; e che si sacrifichino volentieri per i loro fratelli, senza sentirsi vittime”[7].

Stiamo percorrendo il mese di maggio. Quante cose avremo detto alla Madonna!; come avremo pregato perché Lei ci assista, come Madre di Dio e Madre nostra! Raccomandiamo alla Vergine Santissima, Madre di Gesù Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, la fedeltà e la santità di questi suoi figli. Che Lei protegga e accompagni tutti noi. Sia lodato Gesù Cristo.

[1] SAN JOSEMARÍA, Forgia, n. 882.

[2] BENEDETTO XVI, Omelia, 7-V-2006.

[3] Ibid.

[4] SAN JOSEMARÍA, Omelia “Sacerdote per l’eternità”, 13-IV-1973.

[5] SAN JOSEMARÍA, Lettera 8-VIII-1956, n. 8.

[6] Ibid.

[7] SAN JOSEMARÍA, Forgia, n. 910.

Romana, n. 52, Gennaio-Giugno 2011, p. 72-75.

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