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10 ottobre. Messa di ringraziamento e solenne traslazione delle reliquie di san Josemaría Escrivá

Le due ultime Messe di ringraziamento per la canonizzazione di san Josemaría Escrivá sono state celebrate il giorno 10 nella basilica di Sant’Eugenio davanti ai sacri resti del nuovo santo: l’una la mattina, presieduta da mons. Fernando Ocáriz, Vicario Generale della Prelatura, e l’altra nel pomeriggio — subito prima della traslazione delle reliquie di san Josemaría nella chiesa di Santa Maria della Pace —, presieduta dal Prelato dell’Opus Dei.

Con mons. Fernando Ocáriz hanno concelebrato sacerdoti dei diversi Paesi nei quali la Prelatura dell’Opus Dei è presente. Mons. Ocáriz si è rivolto all’assemblea con le seguenti parole:

1. La narrazione della prima pesca miracolosa, che abbiamo letto nel Vangelo, culmina con la chiamata di Pietro e di alcuni suoi compagni a lasciare tutto per seguire Cristo[1]. San Josemaría contemplò più volte questa scena, considerando, tra l’altro, che il Signore ci viene incontro nelle circostanze ordinarie della vita e, in modo particolare, nel lavoro. In un’omelia rivolta a persone di mestieri e professioni diverse, affermava: «La vostra vocazione umana è parte importante della vostra vocazione divina. Ecco il motivo per cui dovete santificarvi — collaborando al tempo stesso alla santificazione degli altri — santificando precisamente il vostro lavoro e il vostro ambiente»[2].

Questa visione positiva delle realtà del mondo — e, in particolare, del lavoro —, che il fondatore dell’Opus Dei diffuse dappertutto, affonda le radici nella convinzione della bontà originaria della creazione[3]. Meditando questa bontà, fissò la sua attenzione specialmente sull’affermazione del libro della Genesi che viene raccolta nella prima lettura della Messa: Dio pose l’uomo nel giardino dell’Eden ut operaretur, affinché lo lavorasse[4], perché sottomettesse la terra e dominasse le creature corporee, completando così in un certo senso la creazione[5].

Ciò non vuol dire chiudere gli occhi alla realtà, e nemmeno sottovalutare la presenza del peccato nel mondo. In effetti, «il male e il bene — spiega san Josemaría — si mescolano nella storia umana, e il cristiano deve essere quindi una creatura capace di discernere; ma questo discernimento non lo deve condurre mai a negare la bontà delle opere di Dio: al contrario, lo deve condurre a riconoscere il divino che si manifesta nell’umano, persino dietro la nostra stessa debolezza»[6].

2. Insieme alla bontà della creazione — ancorché ferita dal peccato —, dobbiamo contemplare, colmi di ammirazione e gratitudine, l’incarnazione del Figlio di Dio: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui»[7]. Se amiamo Dio, come potremo non amare il mondo? Ascoltiamo altre parole, ben conosciute, del nuovo santo: «Questo nostro mondo [...] è buono, perché è uscito buono dalle mani di Dio. Fu la caduta di Adamo, il peccato della superbia umana, a rompere l’armonia divina della creazione.

«Ma Dio Padre, quando giunse la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio Unigenito, che si incarnò per opera dello Spirito Santo nel seno di Maria sempre Vergine, per ristabilire la pace, e perché noi, redenti dal peccato, adoptionem filiorum reciperemus (Gal 4, 5), fossimo costituiti figli di Dio e capaci di partecipare all’intimità divina, affinché all’uomo nuovo, alla nuova stirpe dei figli di Dio (cfr. Rm 6, 4-5) fosse concesso di liberare tutto l’universo dal disordine, restaurando tutte le cose in Cristo (cfr. Ef 1, 9-10), in colui che le ha riconciliate con Dio (cfr. Col 1, 20)»[8].

La nostra filiazione divina non consiste soltanto — e già sarebbe moltissimo — nel desiderio di Dio che lo trattiamo con l’intimità e la confidenza di un figlio per suo padre; ma che realmente lo Spirito Santo ci unisce, ci identifica con Dio Figlio — con Cristo —, e in Lui — come membri del suo Corpo — siamo veramente figli e figlie di Dio Padre[9]. «Non ci caleremo mai abbastanza a fondo in questa immensa meraviglia», scriveva mons. Álvaro del Portillo, «e mai potremo ringraziare abbastanza il nostro Dio per essersi degnato di farci partecipi della vita divina della santissima Trinità, elevandoci alla condizione di “figli nel Figlio” [...]. Il Signore desidera che già su questa terra facciamo parte del suo gregge: della Chiesa “riunita nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (san Cipriano, De oratione dominica, 23). Dobbiamo guardare sempre così alla Chiesa, e coltivare e migliorare intensamente la fraternità che ci unisce a tutti i membri del Corpo mistico di Cristo, sentendo molto nostro tutto ciò che riguarda la santa Chiesa»[10].

3. Prendiamo sul serio, più sul serio, la vocazione cristiana a questa intimità con Dio, alla santità: non come qualcosa di generico, ma come è in effetti: la volontà di Dio per ciascuno di noi, chiamati col nostro nome. Come assaporava san Josemaría quelle parole bibliche: «Io ti ho redento e ti ho chiamato per nome: tu sei mio»![11]. Volontà di Dio; ce lo dice san Paolo: «Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione»[12]. Il Signore ci addita la santità non soltanto come una meta da raggiungere, ma, prima e principalmente, come la meta che Dio stesso si è proposto di ottenerci. Per questo non c’è posto per lo scoraggiamento davanti alla propria debolezza, perché avremo sempre la fortezza di Dio se ricorriamo assiduamente alle fonti della grazia: all’Eucaristia, alla Penitenza, alla preghiera... E con questa «fortezza prestata»[13] siamo in condizione di santificare il lavoro e il riposo, la vita in famiglia e le relazioni sociali, la salute e la malattia; vale a dire che possiamo man mano superare i nostri limiti e le nostre miserie, possiamo progredire nel cammino che, con l’azione dello Spirito Santo, conduce alla definitiva identificazione con Cristo «nella libertà della gloria dei figli di Dio»[14].

Assimiliamo questi insegnamenti sempre più a fondo, sforziamoci di far sì che essi strutturino il nostro pensiero e orientino la nostra condotta quotidiana. Cerchiamo di diffonderli fra i nostri parenti, amici, colleghi di lavoro, con un apostolato personale costante, poiché dobbiamo sentirci spinti a collaborare con Cristo per la salvezza dell’umanità. Com’è meraviglioso essere, come dice san Paolo, «collaboratori di Dio»![15].

4. Com’è elevata la meta a cui siamo tutti chiamati! Essere santi, raggiungere la pienezza della filiazione divina. E tuttavia, come san Josemaría ci mostra con l’esempio e con la parola, per raggiungere questa meta non è necessario fare cose straordinarie, ma semplicemente amare Dio e gli altri nell’adempimento dei nostri doveri ordinari, con la forza che il Signore stesso ci dà nei sacramenti e nella preghiera.

La canonizzazione di san Josemaría è stata una grande gioia per tutti noi, ma dovrebbe anche essere un forte stimolo per una risposta più decisa e generosa alla nostra vocazione cristiana. Auguro a ognuno di noi di imparare a trovare e ad amare Dio — e a servirlo nel prossimo — nel mezzo della vita ordinaria: in famiglia, sul lavoro e in tutte le vicende sociali. Chiediamo al nuovo santo che ci aiuti a rispondere sempre più intimamente, ogni giorno, alla chiamata del Signore.

In questo inizio del terzo millennio Giovanni Paolo II ci invita «allo stesso entusiasmo che fu proprio dei cristiani della prima ora: possiamo contare sulla forza dello stesso Spirito, che fu effuso a Pentecoste e ci spinge oggi a ripartire sorretti dalla speranza “che non delude” (Rm 5, 5)»[16]. Così colmeremo quell’aspirazione che, già nei lontani anni ’30, san Josemaría esprimeva come meta di tutti i suoi sforzi: «Conoscere Gesù Cristo, farlo conoscere, portarlo dappertutto».

Sia questo anche il riassunto della nostra vita; lo chiediamo al Signore per intercessione della santissima Vergine e del nuovo santo. Questo programma sia fedelmente praticato da tutti i cristiani e concretamente dai fedeli dell’Opus Dei — nonostante la nostra personale debolezza —, ben uniti al nostro Prelato e Padre, sotto la suprema direzione del Romano Pontefice e, di conseguenza, molto uniti a tutta la Chiesa. Come piaceva ripetere a nostro Padre: «Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam!, tutti, con Pietro, a Gesù per Maria!»[17]. Amen.

◊ ◊ ◊

Anche la Messa vespertina di mons. Javier Echevarría ha visto completamente piena la basilica di Sant’Eugenio. I concelebranti erano vescovi e sacerdoti provenienti da tutto il mondo, molti dei quali avevano avuto il privilegio di vivere a lungo accanto a san Josemaría. Tra il pubblico, accanto a un buon numero di giovani, non mancavano neppure alcuni fedeli dell’Opus Dei che avevano conosciuto e seguito il Fondatore in tempi lontani, nei momenti in cui il lavoro incipiente dell’Opus Dei si apriva il passo in mezzo a grandi difficoltà.

Nell’omelia il Prelato dell’Opus Dei ha esortato alla conversione personale, alla evangelizzazione e al servizio alla Chiesa e a tutti gli uomini che, come egli ha detto, deve caratterizzare la nuova tappa che la canonizzazione di san Josemaría ha aperto alla Prelatura dell’Opus Dei. Questo è il testo completo:

1. Stiamo per concludere le indimenticabili giornate della canonizzazione di san Josemaría Escrivá. Tra qualche momento, le sue venerate spoglie mortali saranno riportate nella chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace, dopo essere state esposte alla venerazione dei fedeli per otto giorni in questa basilica di Sant’Eugenio. Tra breve comincerà la diaspora — per molti ha già avuto inizio immediatamente dopo la canonizzazione —, e tutti torneremo alle nostre occupazioni abituali: alla vita ordinaria, che è la palestra della nostra lotta per raggiungere la santità.

Domandiamoci: quali propositi possiamo trarre da queste giornate trascorse a Roma, nelle quali abbiamo sperimentato la meravigliosa realtà dell’universalità della Chiesa e di questa piccola parte della Chiesa che è l’Opus Dei? Come deve trascorrere la mia vita d’ora in poi? Che cosa posso dire da parte di san Josemaría a coloro che non hanno potuto assistere alla canonizzazione, pur essendo stati ben presenti spiritualmente in questi giorni?

Se fossi io a parlare loro, ricorderei la stessa considerazione che ci offrì l’amatissimo don Álvaro dieci anni fa, in una delle ultime Messe di ringraziamento per la beatificazione di nostro Padre. Spiegava allora, e io faccio mie le sue parole, che prendeva l’avvio «una nuova tappa nella vita dell’Opus Dei (...), nella vita di ciascuno dei suoi membri. Una tappa di amore di Dio più profondo, di impegno apostolico più costante, di servizio più generoso alla Chiesa e a tutta l’umanità. Una tappa, in definitiva, di fedeltà più piena allo spirito di santificazione in mezzo al mondo che il nostro Fondatore ci ha lasciato in eredità»[18]. In altre parole: cercare quotidianamente la conversione personale. Vorrei glossare brevemente questi tre punti. Chiedo al Signore che li imprima profondamente nei nostri cuori e ci aiuti a metterli in pratica.

2. Amore di Dio più profondo. Per vari mesi, come preparazione a questo evento, ci siamo sforzati di convertirci ogni giorno. Quante volte avremo supplicato questa grazia per intercessione di san Josemaría Escrivá! Siamo consapevoli del fatto che la via della santità è costellata di conversioni successive. La conversione, infatti, non consiste solo nell’abbracciare la vera fede, e neanche solo nel rifiuto del peccato per lasciar posto alla grazia. Certamente essere abitualmente in amicizia con Dio è requisito indispensabile per giungere all’intimità con Lui. Ma non basta: è necessario crescere — come fece nostro Padre — in questa intimità, identificarsi progressivamente con Cristo, fino al momento nel quale ciascuno di noi possa esclamare con san Paolo: vivo autem, iam non ego, vivit vero in me Christus (Gal 2, 20), non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me, perché cerco di seguire con fedeltà, in ogni momento, le orme che il Signore ha lasciato nel suo passaggio sulla terra. «Non ti accontentare mai di ciò che sei — ti ricordo con parole di Sant’Agostino —, se vuoi arrivare a ciò che ancora non sei. Perché quando ti consideri soddisfatto, ti fermi. Se dicessi: «Ora basta!», saresti finito. Cresci sempre, progredisci sempre, avanza sempre»[19].

Nel nostro pellegrinaggio verso il Cielo, è imprescindibile questo impegno per avanzare ogni giorno, collaborando con lo Spirito Santo nel compito della santificazione. Questa meta si raggiunge in virtù di una conversione, e poi un’altra e un’altra ancora, in punti forse piccoli, ma concreti e costanti, che sono come passi dell’anima nel progressivo avvicinamento a Dio. È pertanto utile che, come frutto di queste giornate, rinnoviamo a fondo il desiderio di mettere in pratica gli insegnamenti di colui che il Signore costituì — nel fargli vedere l’Opus Dei — araldo e maestro della chiamata universale alla santità e all’apostolato nelle circostanze della vita ordinaria. Chiediamo a Dio Padre, per intercessione di questo santo sacerdote, come la Chiesa ci invita a fare nella colletta della Messa, che, realizzando fedelmente il lavoro quotidiano nello Spirito di Cristo, siamo configurati al tuo Figlio[20]. Ti preghiamo Signore, che tutti noi cristiani acquisiamo maggiore consapevolezza della nostra filiazione divina, con lo slancio e l’efficacia con cui la cercò san Josemaría, in fedele risposta alle mozioni del Paraclito.

Anche se ciascuno di noi è ben poca cosa, la nostra speranza è sicura: Dio Padre è impegnato nel condurci alla perfezione della carità, in Cristo, attraverso lo Spirito Santo. Infatti, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!». Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria (Rm 8, 14-17).

3. Il proposito di amare di più Dio, di identificarci pienamente con Cristo, di corrispondere generosamente all’azione dello Spirito Santo, si deve tradurre in un impegno apostolico più costante, come ci suggerisce la liturgia nell’invitarci a chiedere che, in unione con la Santissima Vergine Maria, serviamo con ardente amore l’opera della Redenzione[21].

Ora state per intraprendere il ritorno ai vostri Paesi, alle vostre case, alle vostre attività lavorative. Fatelo decisi a essere gli strumenti che il Signore desidera utilizzare per estendere la sua parola e la sua grazia sulla terra. Gettate un’occhiata attorno a voi, all’ambito professionale, sociale o familiare che frequentate, e scoprirete tante persone, figlie e figli di Dio!, che non apprezzano sufficientemente l’eccelsa dignità alla quale il Battesimo le ha elevate, né la grandiosa vocazione con cui il Signore le chiama a partecipare della sua stessa Vita. Forse nessuno ha parlato loro di Dio, o non ha comunicato loro in modo convincente la notizia del fatto che sono destinate alla Felicità con la maiuscola, a quella felicità eterna alla quale aspirano tutte le creature umane, e che le cose di quaggiù non possono dare.

Dobbiamo svegliarle da questo torpore, aprire loro gli occhi con l’eloquenza della nostra vita e l’entusiasmo delle nostre parole e, così, condurle fino a Gesù. Contiamo sull’aiuto potente della Madonna e di san Giuseppe, degli Angeli Custodi, di san Josemaría e di tutti i Santi e le Sante di Dio. Non siamo certo migliori di loro, ma il Signore, nel suo infinito Amore, ci ha cercato e ci invita a percorrere tutti i cammini e i crocicchi del mondo per incontrare i nostri fratelli, gli uomini e le donne che ci circondano.

Si ripeterà ancora una volta il miracolo raccontato nella pagina del Vangelo di oggi, che parla di quando gli Apostoli, fedeli al mandato di Cristo, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano (Lc 5, 6). In parole del Fondatore dell’Opus Dei, anche noi, «ricordando la miseria di cui siamo fatti, considerando tanti insuccessi dovuti alla nostra superbia, dinanzi alla maestà di questo Dio, di Cristo pescatore, dovremo confessare come san Pietro: Signore, io sono un povero peccatore (cfr. Lc 5, 8). Ed ecco che, a te e a me oggi, come allora a Simon Pietro, Gesù Cristo ripeterà quello che ci suggerì tanto tempo fa: d’ora in poi sarai pescatore di uomini (Lc 5, 10), per mandato divino, con missione divina, con efficacia divina»[22].

4. Il nostro impegno per essere santi e per fare apostolato ha un solo fine: la gloria di Dio, la salvezza delle anime: un servizio più generoso alla Chiesa e all’umanità, come si esprimeva don Álvaro dieci anni fa. Non dimentichiamoci, però, che non sapremo servire quanti ci aspettano, se quotidianamente non ci proponiamo, anzitutto, di preoccuparci di coloro che vivono accanto a noi. Nella sua esistenza terrena, san Josemaría Escrivá non ebbe altro fine che servire Dio, la Chiesa, il Romano Pontefice e tutte le anime. Seguiva l’esempio del Maestro, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti (Mt 20, 28). Questo santo sacerdote amò tutte le anime, perché si esercitò in una fine carità con quanti stavano attorno a lui.

Essendo servitore di tutti, nostro Padre gioiva in modo speciale nel servizio filiale alla Chiesa e al Papa. «Pensate sempre — scrisse — che dopo Dio e nostra Madre, la Vergine Santissima, nella gerarchia dell’amore e dell’autorità, viene il Papa. Per questo molte volte dico: grazie, Dio mio, per l’amore al Papa che hai messo nel mio cuore»[26].

Cerchiamo di imitare quest’amore e questa venerazione per il Papa. La sua dignità di Vicario di Cristo, di dolce Cristo in terra, costituisce un titolo più che sufficiente perché ci sentiamo uniti a lui di tutto cuore, in forza di un vero e proprio dovere filiale. Ma, oltre a questo, è logico che desideriamo esprimere la nostra gratitudine a Giovanni Paolo II, per essere stato lo strumento di Dio per la canonizzazione del nostro Fondatore, e che offriamo per la sua Persona e le sue intenzioni un’orazione intensa, una mortificazione generosa, un lavoro professionale svolto con perfezione umana e soprannaturale.

Tenete a mente il Papa — vi dico con nostro Padre — soprattutto «quando la fatica del lavoro vi porta forse a ricordare che state servendo, perché servire per Amore è una cosa deliziosa, che colma di pace l’anima, anche se non mancano dispiaceri»[27]. Se seguiamo queste raccomandazioni percorreremo con sicurezza e con allegria il cammino della nostra vocazione[28].

Affidiamo questo proposito alla Madonna Santissima, Madre della Chiesa. Lei, con la collaborazione del suo Sposo san Giuseppe, che tanto veneriamo, dei Santi Angeli Custodi, di tutti i Santi e, in modo speciale, di san Josemaría Escrivá, presenterà questi desideri alla Trinità Beatissima, che li accoglierà benignamente, li confermerà e ci concederà la grazia di compierli fedelmente. Così sia.

◊ ◊ ◊

Terminata la Messa, il feretro con il corpo del nuovo santo è stato portato in processione fino alla porta della basilica. Un furgone lo ha trasportato fino alla chiesa di Santa Maria della Pace. Era ormai sera e una folla commossa di persone ha riempito il percorso. La facciata della sede della Curia Prelatizia dell’Opus Dei, nel cui interno si trova la chiesa di Santa Maria della Pace, era ornata con arazzi e lampioni.

Date le ridotte dimensioni della chiesa prelatizia, solo poche persone hanno potuto accedervi. Nei banchi c’era una rappresentanza di famiglie di Paesi e latitudini molto diversi. Erano presenti, visibilmente emozionati, la cognata e i nipoti di san Josemaría.

Il feretro è stato deposto nella stessa urna in cui era stato precedentemente contenuto dalla beatificazione del 1992. Sul frontale è stata applicata una placca su cui si legge:

SACRVM CORPVS SANCTI

IOSEPHMARIÆ

ESCRIVÁ DE BALAGVER

CONDITORIS OPERIS DEI

IX IANVARII MCMII

XXVI IUNII MCMLXXV

Il visitatore sa così che i resti mortali di san Josemaría Escrivá riposano nella chiesa di Santa Maria della Pace e il popolo cristiano ora sa con la certezza della fede che la sua anima riposa in cielo, nella pace di Dio, in quell’unica vera pace di cui la Madonna è vera Regina.

[1] Cfr. Lc 5, 10.

[2] SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, È Gesù che passa, n. 46.

[3] Cfr. Gn 1, 31.

[4] Gn 2, 15.

[5] Cfr. Gn 1, 27-28.

[6] SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Colloqui con Mons. Escrivá, n. 70.

[7] Gv 3,16-17.

[8] SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, È Gesù che passa, n. 183.

[9] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lettera enc. Dominum et vivificantem, n. 52.

[10] ÁLVARO DEL PORTILLO, Lettera pastorale, 1-VIII-1991.

[11] Is 43, 1. Cfr. SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, È Gesù che passa, n. 59; Amici di Dio, n. 312; Forgia, n. 12.

[12] 1 Ts 4, 3.

[13] SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Cammino, n. 728.

[14] Rm 8, 21.

[15] 1 Cor 3, 9.

[16] GIOVANNI PAOLO II, Lettera apost. Novo millennio ineunte, n. 58.

[17] SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, È Gesù che passa, n. 139.

[18] Omelia nella Messa di ringraziamento per la beatificazione di Josemaría Escrivá, 21-V-1992.

[19] S. AGOSTINO, Sermone 169, 18.

[20] Messa di san Josemaría Escrivá, Colletta.

[21] Messa di san Josemaría Escrivá, Colletta.

[22] SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Appunti presi da una meditazione, 3-XI-1955.

[23] SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Lettera 9-I-1932, n. 20.

[24] SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Lettera 31-V-1943, n. 11.

[25] Messa di san Josemaría Escrivá, Orazione dopo la Comunione.

Romana, n. 35, Luglio-Dicembre 2002, p. 228-236.

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