envelope-oenvelopebookscartsearchmenu

Madre di Dio e Madre degli uomini

Studio sulla devozione mariana di San Josemaría e sul suo rapporto con l’unità di vita[1]

Arturo Blanco

Pontificia Università della Santa Croce

La devozione mariana è una delle caratteristiche peculiari della personalità di San Josemaría, uno dei lineamenti che lo caratterizzavano sul piano spirituale. Egli riteneva di non poter essere considerato affatto un modello, perché, diceva, l’unico modello è Cristo; eppure non ebbe difficoltà nell’affermare che l’unica cosa in cui desiderava essere imitato dai suoi figli era l’amore per la Madonna[2].

La ricchezza e la profondità della sua devozione per la Madonna non permettono di esporla in modo esauriente nelle poche pagine di questo articolo. Dovendo, dunque, ridurre temi e prospettive, sembra interessante studiare la relazione tra questa devozione e l’unità di vita che il Fondatore dell’Opus Dei predicava e praticava, e che è un altro carattere peculiare della sua vita, oltre che una significativa novità nella Chiesa[3]. Questo concetto, del resto, si collega con la chiamata universale alla santità e con la spiritualità pienamente laicale praticata e predicata dal Fondatore dell’Opus Dei[4].

La documentazione su entrambi questi aspetti della sua vita spirituale è molto vasta, il che spiega i numerosi riferimenti al tema in studi relativi all’Opus Dei e al suo Fondatore, nonché l’abbondante letteratura direttamente dedicata ad analizzarli[5]. Sulla base di questa disponibilità documentale e bibliografica, vedremo che relazione esiste fra la devozione mariana e l’unità di vita e quale necessità ha di raggiungere una piena e perfetta sintesi vitale. Anteporremo alcune considerazioni sull’unità di vita che sembrano indispensabili per affrontare questo tema specifico.

L’analisi della relazione tra devozione mariana e unità di vita esclude chiaramente che la prima possa considerarsi il substrato ontologico della seconda; né sembra potersi dire che la pietà mariana sia la sostanza dell’unità di vita o la sua perfezione teologale. Alcuni elementi, invece, fanno pensare che la Madonna, secondo la devozione mariana di San Josemaría, possa essere considerata modello e principio di unità di vita, in modo analogo — per partecipazione — a come Cristo è centro dell’esistenza e modello del vivere, con le dovute e opportune differenze. Le pagine che seguono analizzano questi elementi.

1. L’universalità del riferimento alla Madonna nella pietà personale di San Josemaría

I testi scritti del Fondatore dell’Opus Dei e le testimonianze su di lui concordano nel fatto che la sua devozione mariana era robusta, intensa e costante, e si esprimeva in un atteggiamento filiale e fiducioso, intimo e molto personale[6]. Nello stesso tempo concordano nel fatto che la sua devozione alla Madonna appare contornata da un insieme di altre sue devozioni, armonicamente coniugate: non costituisce un ambito indipendente dal resto della sua pietà, né occupa il primo posto, che rimane riservato alla Trinità Beatissima e alla Umanità santissima di Cristo. «Posso affermare che le sue principali devozioni furono: la Santissima Trinità — Dio Uno e Trino, nonché le Tre Persone divine che frequentava ciascuno singolarmente: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo -; nostro Signore Gesù Cristo, soprattutto la sua presenza nell’Eucaristia, la sua Passione e gli anni di vita nascosta; la santissima Vergine; S. Giuseppe; i santi Angeli e Arcangeli; i santi e in particolare: i dodici Apostoli, i santi che scelse come intercessori di alcuni aspetti dell’apostolato dell’Opera [...]; altri santi, come sant’Antonio Abate, santa Teresa di Gesù, ecc., e i primi cristiani»[7].

Dei molti tratti del suo amore per la Madonna, vedremo ora quelli che illuminano meglio il rapporto del suo amore con l’unità di vita che egli praticò e insegnò. Da questo punto di vista, la caratteristica più interessante è il suo costante cercare la Madonna e riferirsi a Essa: collocarla — insieme a Cristo — al centro della propria esistenza.

a) Cercare costantemente la Madonna

Egli cercava costantemente la Vergine nel lavoro, nella preghiera, nell’azione apostolica. «Nel ’70 — scrive l’attuale Prelato dell’Opus Dei —, mentre stavamo facendo la novena nella Basilica della Vergine di Guadalupe a Città del Messico, ci disse di ricordare perfettamente la prima volta in cui aveva invocato coscientemente la Madonna. Con grande pietà filiale invitò ciascuno di noi a fare lo stesso: a rievocare il nostro primo incontro con Maria, per rivolgerle una preghiera con l’innocenza e la sicurezza di un tempo, dicendole ciò che avevamo nell’anima e nel cuore e chiedendo il suo aiuto, perché Maria è l’onnipotenza supplicante. Aveva due o tre anni quando aveva cominciato ad invocare la Vergine nella cattedrale di Barbastro, davanti a una raffigurazione della Dormizione. Mi consigliò una sua devozione: baciare affettuosamente la fronte di un’immagine della nostra Madre Celeste e con filiale devozione dirle: Vieni con me. Più di una volta, dedicandovi il tempo che poteva, invocava ripetutamente la Madonna: Madre, Madre, Madre mia! E abbandonava fiducioso nelle sue mani le necessità della Chiesa e delle anime.

«Non si stancava di predicare quanto fosse importante il ricorso alla Madonna. Nel 1953 ci disse: Forse non riusciamo a considerare Cristo così nostro quanto Maria lo considerava suo: era la sua vita e la sua ragione di esistere. Senza di Lui, Maria non poteva lavorare, né vivere, né riposare. Se noi siamo fedeli, ci capiterà la stessa cosa.

«Il 30 aprile 1968 ci raccomandava, come era solito fare all’inizio dei periodi in cui la Chiesa coltiva in modo particolare la devozione mariana: Vorrei che nel mese di maggio, che inizia domani, ognuno di noi cominciasse a rivolgersi a Maria facendo un piccolo sacrificio in più; ad esempio dedicare più tempo allo studio, rifinire meglio un lavoro, un sorriso…; un sacrificio che sia lo sforzo della nostra vita di pietà e una prova della nostra donazione. Figlio mio, lasciati generosamente portare da Lei. Dobbiamo amare ogni giorno di più l’Amore degli amori! E con Maria possiamo farcela, perché Ella visse teneramente una dedizione totale[8].

b) Fare riferimento alla Madonna in tutto e per tutto

Faceva sempre riferimento alla Madonna. Mons. Álvaro del Portillo annota che «abitualmente concludeva con un’invocazione alla Madonna le omelie e le meditazioni che pronunciava. Nel libro Il Santo Rosario ci ha lasciato commoventi tracce della sua contemplazione dei misteri principali della vita di Gesù e di Maria, e anche tutti gli altri suoi libri, a cominciare da Cammino, sono impregnati di devozione mariana. Ogni capitolo di Solco e di Forgia termina con un pensiero a Maria»[9].

Il fatto che il Fondatore dell’Opus Dei concludesse sempre la sua predicazione, qualunque fosse il tema, “parlandone” con la Madonna, non ha solo un valore aneddotico, né era un semplice espediente per ravvivare negli ascoltatori la devozione per la Madre di Dio; rivolgersi a Maria a proposito di qualsiasi situazione, vicenda o tema gli veniva spontaneo, quasi una necessità. È bene notare che il riferimento a Maria si manifesta non solo come richiesta di aiuto e di intercessione dinanzi a Dio e a Gesù; ella diventa anche l’esempio e il modello: il Fondatore dell’Opus Dei impara da Maria molte cose, impara tutto. Si rivolge a Lei in cerca di aiuto, si rivolge a Lei per imparare. Perciò, in Solco, non avrà esitazioni, nel trattare le “virtù dell’uomo”, nel rimandare all’esempio e all’aiuto di Santa Maria perché anche il lettore riesca a vivere tutte le virtù di un seguace di Cristo. Non è senza significato che tutti i capitoli di Solco si concludano con un pensiero alla Vergine Santissima; ciò vuol dire che qualsiasi impegno cristiano a crescere nelle virtù porta a identificarsi con Cristo, e non c’è cammino più sicuro e diretto che la devozione a Maria.

c) Prendere Maria come modello e principio di unità di vita

Queste affermazioni, poche tra le molte possibili, possono bastare per dimostrare la costante presenza della Madonna nell’anima di San Josemaría; il suo continuo riferirsi a Lei come modello di ogni virtù, come ispiratrice di comportamento in qualsiasi circostanza e attività; la ricerca di Lei e il ricorso continuo, coinvolgerla in tutto e per tutto, come in seguito ebbe a ricapitolare il suo successore, mons. Álvaro del Portillo[10].

Potremmo fare molte altre considerazioni ma, dato che questo studio non ha pretese di esaustività, già ciò che abbiamo detto ci permette di notare che, nella vita e negli insegnamenti di San Josemaría, la Madonna è presente in tutte le manifestazioni della sua pietà, della sua azione apostolica e del suo lavoro; si può dire con sicurezza che tutta la sua vita, in ogni aspetto, era mariana.

Si può, dunque, affermare che nella vita e nel sentire del Fondatore dell’Opus Dei la Madonna appare con una universalità propria, anche se certamente non separabile da quella che compete a Dio Uno e Trino, e da quella che ha Cristo; una universalità che le permette di essere il riferimento costante e valido per ogni cosa: per crescere nella virtù, per compiere santamente il proprio lavoro, per avvicinare le anime a Dio, per portare avanti la missione ricevuta da Dio (nel suo caso, l’Opus Dei), per tutto.

In definitiva, si può pensare che l’amore per la Madonna lo spingeva e lo aiutava a vivere in unità tutto ciò che diceva e faceva; che fece entrare la Madonna nella sua vita come principio di unità di vita in modo analogo a come lo è Cristo e in dipendenza da Lui. Ora vedremo su che cosa si basa, secondo il Fondatore dell’Opus Dei, la possibilità, che egli realizzò nella propria vita, di riferirsi universalmente alla Madonna.

2. Analisi del fondamento del riferimento universale alla Madonna in base agli scritti del Fondatore dell’Opus Dei

Il pensiero di fondo di San Josemaría a tal riguardo sembra essere il seguente: il fatto che la Madonna è l’ausilio universale e la maestra in tutto e per tutto può essere inteso, nel caso di Maria, come una concreta espressione del suo essere madre. Infatti, è proprio di una madre insegnare al figlio tutto ciò che può e sa, cercando di aiutarlo in tutto e per tutto, specialmente quando si accorge che ha bisogno o che è in difficoltà. Questa riflessione trova una conferma esplicita negli scritti di San Josemaría.

Se io fossi lebbroso, mia madre mi abbraccerebbe. Senza paura e senza alcuna esitazione, mi bacerebbe le piaghe. E allora, la Vergine Santissima? Quando sentiamo di avere la lebbra, di essere piagati, dobbiamo gridare: Madre! E la protezione di nostra Madre è come un bacio sulle ferite, che ci ottiene la guarigione[11]. Non è un testo isolato; se ne potrebbero citare molti altri[12]; è l’esplicitazione di un pensiero chiaro e solido, basato sulla fede nella maternità divina di Maria e sulla sua maternità spirituale verso gli uomini.

a) Il fondamento entitativo: la sua universalità come Madre

Il fondamento della devozione mariana di San Josemaría, del suo significato e della sua necessità, sta nella fede in Maria come Madre di Dio e Madre degli uomini. Fondare la contemplazione di Maria sulla sua maternità divina gli sembrava inevitabile per rispettare la natura e l’ordine delle cose[13]. Maria si chiama Madre di Dio perché Ella concepì e da Lei nacque il Verbo fatto carne. Il dogma della Maternità divina della Madonna costituisce la fonte e la radice dei privilegi con i quali il Signore decise di adornarla[14]. Da lì passava alla contemplazione della sua maternità rispetto agli uomini; dalla contemplazione strettamente teologica e cristologica passava a quella antropologica ed esistenziale; dalla maternità rispetto al Capo, alla maternità rispetto alle membra: la Chiesa. La Madonna è nostra Madre. Una verità che ho cercato di fare mia, che ho predicato in continuazione e che ogni cattolico ha ascoltato e ripetuto mille volte, fino a riporla nel più intimo del suo cuore e assimilarla in una maniera personale e vissuta[15].

Centrare la contemplazione del mistero di Maria nella sua maternità divina è una costante della tradizione mariana presso i cristiani. La contemplazione della sua maternità spirituale riguardo agli uomini nel corso della storia è cresciuta ininterrottamente[16]. Il pensiero di San Josemaría è particolarmente significativo nel suo contemplarle unite: distingue la maternità divina dalla maternità spirituale, ma non le separa: ha unito in una sola formula — Madre di Dio e Madre degli uomini — la duplice relazione materna della Madonna con Dio e con noi.

L’espressione letterale compare nei suoi scritti solo alcune volte[17], però il concetto è frequentissimo, sia pure con altre dizioni: Madre di Cristo, Madre dei cristiani[18]; Madre di Dio, Madre nostra[19]; Madre di Dio, Madre mia (o tua)[20]; Madre di Dio (o Madre di Cristo), Madre della Chiesa[21]. Il capitolo di Cammino dedicato alla Madonna è strutturato sulla contemplazione della sua maternità riguardo al Verbo e riguardo agli uomini: in alcuni punti appaiono entrambi, negli altri il riferimento è all’uno o all’altro[22].

San Josemaría spiega spesso l’estensione della maternità spirituale di Maria a tutti gli uomini; per esempio, in un testo di È Gesù che passa: Maria è strettamente unita alla suprema manifestazione dell’amore di Dio, l’Incarnazione del Verbo che, fattosi uomo come noi, prese su di sé le nostre miserie e i nostri peccati. Maria, fedele alla missione divina per la quale è stata creata, si prodiga continuamente al servizio degli uomini, chiamati tutti a essere fratelli di suo Figlio, Gesù. Così la Madre di Dio è veramente anche Madre degli uomini[23].

Di seguito al testo citato propone una riflessione biblica sul mistero di Maria che si può intendere anche come spiegazione del perché la sua maternità coinvolge tutti gli uomini[24]. In Amici di Dio riprende lo stesso tema: Gesù si sente consolato dalla presenza discreta e amorosa di sua Madre. Maria non grida, non si agita affannosamente. Stabat: sta in piedi, accanto al Figlio. È allora che Gesù fissa su di Lei lo sguardo, per poi rivolgerlo a Giovanni, ed esclamare: Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco la tua madre! (Gv 19, 26-27). In Giovanni, Cristo affida a sua Madre tutti gli uomini, e specialmente i suoi discepoli: coloro che avrebbero creduto in Lui[25]. Altre volte si basa su ragionamenti proposti dai Padri: la Madonna può essere chiamata veramente Madre di tutti i cristiani. Sant’Agostino[26] lo afferma chiaramente: cooperò con la sua carità a generare alla Chiesa i fedeli, che sono membra di quel Capo di cui Ella fu effettivamente Madre secondo il corpo[27].

Il suo pensiero mariano è profondamente segnato dal suo pensiero cristologico; per ciò che riguarda questo punto, l’estensione della maternità di Maria ai discepoli, alla Chiesa e a tutti gli uomini si comprende in base al diverso modo in cui gli uomini appartengono al Corpo di Cristo, come, per esempio, spiega S. Tommaso d’Aquino[28]. È proprio il riferimento cristologico a fondare la sua insistenza nel contemplare unite le due maternità, che in definitiva fanno riferimento al Cristo Totale, come lo presentava sant’Agostino. Dalla contemplazione della maternità rispetto al Capo, il pensiero fluisce verso la contemplazione della maternità rispetto alle membra.

Questo movimento comprende, fra l’altro, anche il passaggio dalla contemplazione della funzione di Maria come Madre di Cristo a quella della sua funzione come Madre degli uomini. È proprio in questo momento funzionale che la contemplazione unita della duplice maternità mostra il suo interesse, perché mette in evidenza ed esprime bene l’universalità della maternità di Maria, in quanto la mette in relazione non solo con Dio ma anche con gli uomini, cosa che ha una grande importanza dal punto di vista del nostro tema, perché una persona che non gode di universalità relazionale con Dio e con gli uomini non può proporsi come principio unificante dell’esistere umano in pienezza.

In verità, nel caso di Maria, l’universalità del destinatario non sembra assoluta, perché non fa riferimento agli angeli, dei quali non sappiamo che ricevano la natura per generazione; ma lo è relativamente, perché riguarda tutte le persone che sappiamo possedere l’essere per generazione (il Verbo, che riceve dal Padre la sua natura divina, e gli uomini, che vengono alla vita per mezzo dei loro genitori). Tutte le persone che hanno madre, hanno Lei per Madre, sia per aver ricevuto da Lei la natura umana (solo si è dato un caso, quello del Verbo, perché Ella è Vergine prima, durante e dopo il parto di Gesù), sia perché la ricevono come Madre nell’ordine della grazia. Maria guarda Dio come madre e allo stesso modo guarda anche gli uomini. La sua maternità riguarda i cieli e la terra: la lega all’Altissimo e anche alle più umili creature intelligenti, gli uomini, che nell’ambito intellettuale restano al di sotto di tutti gli angeli.

La sua singolare relazione con l’Assoluto a livello ontologico (ha comunicato una natura a una Persona divina) conferisce a Maria una universalità propria ed esclusiva (ricevuta in dono), di cui mancano le altre creature. Questa universalità caratterizza essenzialmente la sua maternità e, viceversa, possiede tale universalità perché la sua maternità è divina; perciò può estendersi — e di fatto si estende — agli uomini, secondo la disposizione e il beneplacito di Dio. Questo permette di suggerire una analogia audace, ma non infondata, con la paternità divina. Tenendo presente che la maternità di Maria è, in definitiva, una singolare partecipazione della paternità divina[29], si può pensare che, come ogni paternità nei cieli o sulla terra deriva dalla Paternità della Prima Persona (Ef 3, 15), in modo analogo in Maria si trova in modo perfettissimo tutto ciò che nelle creature ha motivo di maternità. La sua relazione singolare ed esclusiva con l’Assoluto comporta che Ella sia non solo madre, ma la Madre, in un modo simile a come è non solo vergine ma la Vergine; e si potrebbe aggiungere che è non solo donna ma la Donna, come sembra suggerire il modo in cui Gesù le si rivolge a Cana e sul Golgota.

La duplice maternità era per San Josemaría un oceano di bellezza e di amore nel quale si addentrava senza saziarsi. Volendo parlare con esattezza e proprietà, su di lei si deve evitare di dire troppo (basta comunque dire che non è al di sopra di Cristo ma al di sotto di Lui: Lei è una creatura, Gesù è Dio), ma anche di dire troppo poco. San Josemaría risolse la questione ripetendo che al di sopra di Lei si trova solo Dio[30]. La Maternità divina di Maria è la fonte di tutte le perfezioni e di tutti i privilegi che l’adornano. In vista di questo titolo fu concepita immacolata ed è piena di grazia, è sempre vergine, fu assunta in Cielo in corpo e anima, è stata coronata Regina della creazione, al di sopra degli angeli e dei santi. Più di Lei, soltanto Dio. La Beata Vergine Maria, perché Madre di Dio, ha una dignità in certo modo infinita, derivante dal bene infinito, che è Dio[31]. Non c’è pericolo di esagerare. Non riusciremo mai ad approfondire a sufficienza questo ineffabile mistero; non potremo mai ringraziare a sufficienza la Madre nostra per averci reso così famigliare la Trinità Beatissima[32].

b) Il fondamento operativo: la sua universalità come Maestra e Interceditrice

Se la duplice maternità di Maria appare come fondamento entitativo del suo riferimento universale, il suo operare come Madre di Dio e Madre degli uomini conferma l’universalità di tale riferimento, dimostrando che può essere considerata come riferimento in tutto e per tutto. È un esempio di ogni virtù e in modo speciale dell’unità di vita, perché realizzò in se stessa l’ideale che abbiamo visto nelle considerazioni introduttive di questo scritto. È un modello perché, per la sua duplice maternità, si presenta anzitutto come realizzazione unica e singolare dell’unità dell’umano e del divino che avviene in Cristo e, per ciò stesso, è maestra che insegna a vivere in tal modo. È interceditrice validissima in tutto ciò che concerne la salvezza degli uomini. In definitiva, e per tutto questo, è Madre che agisce come principio unificante dell’esistenza di quanti si considerano suoi figli. Vediamo tutto ciò in dettaglio.

1) Esempio e maestra di ogni virtù

La formula Madre di Dio e Madre degli uomini è interessante perché permette di fondare il riferimento universale di Maria dal punto di vista esemplare: Maria è esempio in tutto e per tutto.

Questa universalità, come hanno insegnato i Padri della Chiesa, è legata alla sua pienezza di grazia, alla sua Immacolata Concezione. Lo si capisce anche quando ci si avvede che Maria accolse il Verbo nella sua anima prima che nel suo corpo: Ella è la prima e la migliore discepola di Gesù; per questo Egli l’accolse come sua Madre. Per ciò stesso, gli uomini possono prenderla come esempio e maestra per essere altri Cristi, lo stesso Cristo, ipse Christus; per avere gli stessi sentimenti che ebbe Cristo (Fil 2, 5), per avere le virtù che Cristo insegnò gestis verbisque. «Sant’Agostino chiama la Vergine forma Dei, il modello di Dio: Per questo ti chiamo modello di Dio, degnamente lo sei stata; il modello per formare e modellare santi. Chi è messo in questo modello divino ben presto è formato e modellato in Gesù Cristo, e Gesù Cristo in lui; con poca fatica e in poco tempo sarà simile a Dio tutte le volte che sarà stato messo nello stesso modello in cui si è formato un Dio fatto uomo»[33].

San Josemaría si fa eco di queste spiegazioni della tradizione cristiana e scrive: Sia in ciascuno l’anima di Maria a magnificare il Signore — scrive sant’Ambrogio -; sia in ciascuno l’anima di Maria a esultare in Dio. E questo Padre della Chiesa aggiunge alcune considerazioni che a prima vista sembrano audaci, ma che hanno un chiaro senso spirituale per la vita del cristiano: Se, secondo la carne, una sola è la Madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo[34]. Se ci identifichiamo con Maria, se imitiamo le sue virtù, potremo far sì che Cristo nasca, per virtù della grazia, nell’anima di molti che si identificheranno con Lui per opera dello Spirito Santo[35].

Strettamente unito al suo essere esempio, si trova il suo essere maestra di ogni virtù cristiana. In Cammino, San Josemaría l’ammira come Maestra di orazione, come Maestra del sacrificio nascosto e silenzioso, come modello di naturalezza, di umiltà, di fortezza, di semplicità, di modestia e di purezza[36]. In Solco, la propone come esempio di tutte le virtù di cui scrive, chiudendo ogni capitolo con un riferimento a Maria. Nell’omelia Madre di Dio, Madre nostra, contenuta in Amici di Dio[37], commenta ampiamente questo aspetto, che appare anche nelle due omelie di tema mariano presenti in È Gesù che passa[38].

La Madonna dà lezioni di Bell’Amore, di fede, speranza, carità, di scienza, di sapienza. Come Madre, insegna; e, sempre come Madre, le sue lezioni non fanno rumore. Occorre avere nell’anima una base di finezza, un tocco di delicatezza, per comprendere ciò che Ella esprime, più che con le parole, con le opere [...]. In Lei tutti gli ideali diventano realtà [...]. Come crescerebbero in noi le virtù soprannaturali se riuscissimo a frequentare davvero Maria, che è nostra Madre![39].

L’unità e la distinzione della duplice maternità giocano ora in questi termini: rassomigliando a Lei, che è loro Madre, come i figli rassomigliano alle loro madri, gli uomini rassomiglieranno a Cristo, che rassomiglia a Lei, perché è anche Sua Madre. La somiglianza con la propria Madre interviene nel processo di conformazione degli uomini a Cristo.

2) Singolare modello di unità di vita

Maria, proprio perché si presenta come esempio di ogni virtù e di ogni comportamento gradito a suo Figlio, si mostra in modo specialissimo come modello di unità di vita.

Infatti la rettitudine morale, l’essere giusto, esigono dalla persona l’esercizio di tutte le virtù; inoltre, la perfezione teologale dell’unità di vita richiede che si faccia tutto per amore di Dio, che si viva in un costante dialogo con Lui. Maria ha adempiuto alla perfezione queste due esigenze, come il Fondatore dell’Opus Dei mette spesso in rilievo, per esempio, nel seguente testo. Da oltre trent’anni Dio ha messo nel mio cuore la preoccupazione di far comprendere a persone di ogni stato, condizione e mestiere questa dottrina: la vita comune di ogni giorno può essere santa e piena di Dio e il Signore ci chiama a santificare il nostro compito quotidiano, perché proprio in ciò consiste la perfezione del cristiano. Consideriamo ancora una volta queste cose contemplando la vita di Maria. Non dimentichiamo che i giorni trascorsi dalla Madonna sulla terra furono quasi per intero molto simili a quelli di tanti milioni di donne occupati nella cura della famiglia, nell’educazione dei figli, nelle faccende domestiche. Maria santificava le cose più piccole, quelle che molti considerano erroneamente insignificanti, senza valore: il lavoro di ogni giorno, le attenzioni prodigate alle persone care, le conversazioni e le visite ai parenti e agli amici... Benedetta normalità, così piena di amore di Dio! Perché è l’amore la chiave per intendere la vita di Maria. Un amore vissuto sino in fondo, sino alla dimenticanza completa di sé, nell’appagamento di essere là, dove Dio vuole, a compiere con diligenza appassionata la sua volontà. È per questo che ogni gesto di Maria, anche il più piccolo, non è mai banale, ma pieno di significato. Maria, nostra Madre, è per noi esempio e cammino. Dobbiamo cercare di imitarla nelle circostanze concrete in cui Dio ci chiede di vivere[40].

Anche il cristocentrismo proprio dell’unità di vita trova in Maria un esempio unico, come ha ripetuto spesso San Josemaría, per esempio nel testo che segue: Mi piace ritornare con l’immaginazione agli anni durante i quali Gesù rimase accanto a sua Madre, e che comprendono quasi tutta la vita del Signore sulla terra. Mi piace vederlo piccolo, mentre Maria lo cura, lo bacia e lo fa giocare. Vederlo crescere, sotto gli occhi innamorati di sua Madre e di Giuseppe, suo padre putativo. Immaginate con quanta tenerezza e con quanta delicatezza Maria e il santo Patriarca si saranno occupati di Gesù nella sua infanzia e quanto, in silenzio, avranno appreso continuamente da Lui. Le loro anime dovettero certamente conformarsi all’anima di quel Figlio, Uomo e Dio. Per questo la Madre e, dopo di lei, Giuseppe, conoscono più di chiunque altro i sentimenti del Cuore di Cristo; e sono loro, pertanto, la via migliore e, si può dire, l’unica, per giungere al Salvatore[41].

Sulla stessa linea sono le seguenti parole dell’attuale Prelato dell’Opus Dei. Per spiegare che San Josemaría riteneva che tutto ciò che è divino, quando si riferisce direttamente alle creature, diventa molto umano, scriveva: «Era sicuro che, essendo perfettamente soprannaturale l’amore di santa Maria per nostro Signore, non si potrebbe immaginare un amore più umano di quello che Ella ospitò nel suo cuore. Maria, nel partecipare al mistero dell’Incarnazione con il fiat!, che si prolungò per tutta la sua esistenza sulla terra, dedica a Dio il suo corpo, i suoi sensi e le sue potenze, tutto il suo essere. E la seconda Persona della Santissima Trinità si incarna, avvalendosi della risposta soprannaturale e umana della Madonna, anche per farci capire che, quanto più siamo soprannaturali, più capacità avremo di avvicinarci a tutte le creature»[42].

In tale contesto, la formula Madre di Dio e Madre degli uomini amplia la prospettiva e fa capire fino a che punto la Madonna è modello singolare di unità di vita.

Questa formula mette in evidenza, prima di ogni cosa, la sua maternità riguardo a Cristo, che è allo stesso tempo umana e divina. È Madre di Cristo secondo la carne, e dunque con una maternità pienamente e autenticamente umana, come la Chiesa ha sempre insegnato fin dal principio, opponendosi, quando è stato necessario, alle interpretazioni di tipo docetista o gnostico che consideravano la sua maternità come fittizia o apparente. Nello stesso tempo, è una maternità divina perché ha quale termine la Persona divina, come ha sostenuto la Chiesa contro le interpretazioni dualiste proposte da Nestorio ed altri.

In secondo luogo, la formula ricorda che è Madre degli uomini. Anche questa sua maternità spirituale è allo stesso tempo umana e divina, pur non comportando una generazione fisica e non avendo come termine persone divine. È umana, perché questa maternità si manifesta davvero in un amore umano, nell’amore che una donna ha verso le persone che sono veramente suoi figli, figli secondo lo spirito per molti titoli[43]. È divina, perché nasce, come abbiamo visto, dal suo essere Madre di Dio e si traduce in un amore che è carità teologale impregnata di senso materno, un amore che fluisce dal suo amore a Dio.

Nessuna creatura ha raggiunto né mai raggiungerà una tale somiglianza con Cristo, non riuscirà a unire l’umano e il divino come è avvenuto in Lei. I santi potranno essere esempio di virtù eroica e potranno essere maestri di unità di vita, come San Josemaría; mai però avranno nel loro essere personale una relazione con Dio e con gli uomini contemporaneamente divina e umana con valore ontologico e spirituale, come Maria.

3) Singolare maestra di unità di vita

Volendo approfondire quello che abbiamo appena considerato, il Fondatore dell’Opus Dei spiega che Maria è maestra di unità di vita. Lo spiega con l’esempio della propria devozione mariana e con la sua raccomandazione di frequentare Maria come figli. Lo ricordava Álvaro del Portillo in questi termini: «La dottrina di Mons. Escrivá unifica gli aspetti umani e divini della perfezione cristiana, come succede sempre quando si conosce in profondità e si ama e si vive appassionatamente la dottrina cattolica sul Verbo incarnato. In Solco sono saldamente tracciate le conseguenze pratiche e vitali di questa gioiosa verità. L’autore delinea il profilo del cristiano che vive e lavora in mezzo al mondo, impegnato nelle nobili aspirazioni che muovono gli altri uomini e, nel contempo, totalmente proiettato verso Dio. Ne risulta un ritratto sommamente attraente [...]. In aperto contrasto con questo ritratto, Mons. Escrivá traccia anche le caratteristiche dell’uomo frivolo, privo di vere virtù [...]. Dopo la diagnosi della malattia viene l’indicazione del rimedio.

Niente perfeziona la personalità quanto la corrispondenza alla grazia (n. 443), e al lettore viene offerto un consiglio pratico ben sicuro: Cerca di imitare la Vergine, e sarai un uomo — o una donna — tutto di un pezzo (n. 443). Accanto a Gesù, il cristiano scopre sempre sua Madre, la Madonna, e a Lei ricorre in tutte le sue necessità: per imitarla, per starle vicino, per rifugiarsi nella sua potente intercessione»[44].

Stare vicini a Maria, come insegnava San Josemaría, aiuta a essere nel contempo divini e umani, a essere come Cristo. L’unione dell’umano e del divino, caratteristica dell’unità di vita perfetta e piena, è intimamente legata — San Josemaría lo dice spesso — al senso della filiazione divina. In realtà la natura umana e quella divina sono unite nella Persona del Verbo, nel Figlio. Si capisce che nella misura in cui uno partecipa della Filiazione eterna del Verbo attraverso la grazia, nella stessa misura rifletterà anche l’unione delle due nature nella Seconda Persona. Dio ci vuole molto umani. La testa deve arrivare al cielo, ma i piedi devono poggiare saldamente per terra. Il prezzo per vivere da cristiani non è la rinuncia a essere uomini o la rinuncia allo sforzo per acquistare quelle virtù che alcuni posseggono anche senza conoscere Cristo. Il prezzo di ogni cristiano è il Sangue redentore di Gesù nostro Signore che ci vuole — ripeto — molto umani e molto divini, costanti nell’impegno quotidiano di imitare Lui, perfectus Deus, perfectus homo[45] L’imitazione di Cristo comprende, dunque, come qualcosa di essenziale e insostituibile, l’imitazione dell’unione fra l’umano e il divino[46].

Tutto questo trova immediata applicazione nel caso della devozione mariana, come spiegava lo stesso Fondatore dell’Opus Dei: Di fronte a Dio non siamo come ciechi che aspirano alla luce e tuttavia gemono fra le angustie dell’oscurità: siamo figli che sanno di essere amati dal loro Padre. Maria stessa ci comunica questa sicurezza, questo calore, questa fiducia. Ecco perché il suo nome tocca diritto il cuore. Il rapporto di ciascuno di noi con la propria madre può servire come modello e guida per il nostro rapporto con Maria, la Signora dal dolce nome. Dobbiamo amare Dio con lo stesso cuore col quale amiamo i nostri genitori, i nostri fratelli, le altre persone della nostra famiglia, i nostri amici: abbiamo un cuore solo. Con questo solo cuore dobbiamo rivolgerci a Maria. Come si comporta un figlio con sua madre? In tanti modi diversi, ma sempre con affetto e fiducia. Con un affetto che si manifesterà di volta in volta secondo le occasioni tracciate dalla vita stessa. Lungi da ogni freddezza, si creano così tenere e intime consuetudini domestiche fatte di piccole attenzioni quotidiane che il figlio sente il bisogno di rivolgere alla madre e di cui la madre sente la mancanza se il figlio le dimentica: un bacio, una carezza uscendo o entrando in casa, un piccolo regalo, qualche parola intensa ed espressiva. Anche i nostri rapporti con la Madre del Cielo richiedono norme di pietà filiale che guidino il nostro comportamento verso di Lei[47]. L’unione dell’umano e del divino si traduce in una devozione colma di tenerezza, si manifesta nell’affetto, in un colloquio pieno di fiducia e di affetto, si concretizza in gesti e in consuetudini abituali, in devozioni ben mirate.

A tal riguardo, è interessante osservare che il Decreto sull’esercizio eroico delle virtù da parte del Servo di Dio Josemaría Escrivá, nel sottolineare una caratteristica della sua devozione mariana, ha scelto proprio questa: una devozione piena di tenerezza[48]. Il Decreto avrebbe potuto scegliere altre caratteristiche ugualmente valide; però riteniamo che sia stato particolarmente felice nel giudicare che in questo caso la tenerezza riassuma le altre possibilità di descrivere la devozione mariana del Fondatore dell’Opus Dei, perché mette sulla strada della sua autentica natura. Infatti il riferimento principale alla tenerezza fa rilevare che si tratta di una devozione umana e divina che procede dalla fede in Lei come Madre di Dio e Madre nostra.

La tenerezza è la caratteristica del rapporto con le persone amate, specialmente con le più intime: con la madre e il padre, con i fratelli, con la moglie e i figli. Di conseguenza, una autentica vicinanza con la Madonna, che derivi da ciò che la fede cristiana dice su di Lei, non può non avere questa caratteristica, perché è Madre di Dio e anche Madre nostra. In questa devozione la tenerezza appare come il segno necessario dell’autenticità.

La tenerezza nella devozione alla Madonna è dovuta al fatto che si tratta di una pietà senza riduzionismi, in tutta pienezza, che mette in campo le risorse soprannaturali della persona e anche quelle umane, evitando sia le forme eccessivamente “spiritualiste” (dando qui al termine una accezione negativa, per indicare la dimenticanza di elementari esigenze umane quando si affronta ciò che è spirituale), sia le forme troppo umane (indicando con “troppo” in qualche modo la mancanza di fede e di contenuto soprannaturale di alcune manifestazioni di pietà). La genuina devozione cristiana è stata sempre caratterizzata proprio da un’armonia tra l’umano e il divino, inaugurata sulla terra con l’Incarnazione del Verbo.

L’autenticità cristiana di una vera devozione si misura, fra l’altro, da come essa riflette l’unione dell’umano e del divino in se stessa e in chi la pratica.

Ogni cristiano, se guarda indietro, può ricostruire la storia dei propri rapporti con la Madre del Cielo. Una storia nella quale ci sono date, persone e luoghi precisi, favori che riconosciamo come venuti dalla Madonna e incontri pieni di un sapore particolare. Ci rendiamo conto che l’amore che Dio ci manifesta attraverso Maria ha tutta la profondità del divino e, contemporaneamente, la familiarità e il calore che sono propri delle cose umane[49]. La devozione mariana diventa in tal modo la via che conduce all’unità di vita: perché, indicando e favorendo questa vicinanza piena di tenerezza verso la Madre di Dio, insieme umana e divina, la pietà della persona assume la duplice dimensione umana e divina che deve avere il rapporto di un cristiano con Dio.

4) Mediatrice universale e onnipotente

La formula Madre di Dio e Madre degli uomini è interessante, oltre che per ciò che abbiamo visto, anche perché fa capire che l’uomo può ricorrere alla Madonna in tutto e per tutto, che può considerarla come mediatrice universale. Il Fondatore dell’Opus Dei ragionava così: È la piena di grazia, la somma di tutte le perfezioni: ed è Madre. Con il suo potere davanti a Dio, ci otterrà ciò che le chiediamo; essendo Madre, vuole esaudirci. E, sempre come Madre, ascolta e comprende le nostre debolezze, incoraggia, giustifica, facilita il cammino, ha sempre pronto un rimedio, anche quando sembra che non ci sia più niente da fare[50].

La distinzione e l’unità delle due maternità aiutano a capire un aspetto pratico molto importante della sua universalità: quello di intercessione e aiuto. A Maria non succede, come ad altre madri, che a volte non sanno o non possono aiutare i loro figli in ciò che vorrebbero. Lei sa sempre e può sempre aiutare gli uomini, suoi figli. Questo potere non è dovuto alle sue forze personali (si è sempre considerata umile dinanzi a Dio), ma alla sua intercessione presso l’Altissimo: è sua Madre ed Egli non le nega nulla.

Il popolo cristiano ha intuito subito il potere di intercessione di Maria e ha imparato immediatamente a rivolgersi a Lei nelle tribolazioni e in caso di necessità, come testimonia l’antichità dell’antifona Sub tuum praesidium (III sec.). Il Fondatore dell’Opus Dei fece sua questa tradizione di fede colma di fiducia e queste formule e preghiere. Gli piaceva ricordare ai suoi ascoltatori e ai suoi lettori la semplice realtà che la rivelazione pone davanti ai nostri occhi dimostrando che, anche se basata sulla tradizione, non per questo è meno originale. Maria accetta tutto quello che viene da Dio e lo fa suo con una docilità e una disponibilità assolute. Gode di una tale stima davanti a Dio (Dio la guarda solo con amore: è Immacolata, è piena di grazia davanti a Lui) che veramente si può dire che è la Onnipotenza supplicante[51]. D’altra parte, come madre, ama a tal punto gli uomini, che di loro le interessa tutto e da tutto è attratta, si preoccupa maternamente di ciascuno e di ciascuna e mette il suo onnipotente potere di intercessione al servizio degli uomini e delle donne, in modo che si avvicinino a suo Figlio, lo conoscano, lo amino, lo servano.

Trasferiamoci con l’immaginazione a Cana per scoprire un’altra delle prerogative di Maria. La Madonna chiede a suo Figlio di porre rimedio all’incresciosa situazione di una festa di nozze in cui viene a mancare il vino. Dice ai servi: Fate quello che vi dirà[52]. E Gesù fa quello che sua Madre gli aveva suggerito, con materna onnipotenza. Se Gesù agì in quel modo per aiutare quelle persone a risolvere un problema domestico, come potrà non ascoltare sua Madre quando Maria lo pregherà per tutti i suoi figli? Dio vuole concedere agli uomini la sua grazia, e vuole darla attraverso Maria. È evidente, scriveva S. Pio X, che noi non intendiamo attribuire alla Madre di Dio una virtù produttrice di grazie: virtù che è solo di Dio. Tuttavia, poiché Maria supera tutti nella santità e nell’unione con Cristo ed è stata associata da Lui all’opera di Redenzione, Ella ci procura “de congruo” — per merito di partecipazione -, come si dice, ciò che il Cristo ci ha procurato “de condigno” — per merito di giustizia — ed è la suprema dispensatrice di grazie[53]. Ella è la sicurezza, Ella è il principio e la sede della sapienza; ed Ella, la Vergine Madre, mediatrice di tutte le grazie, è quella che ci porterà per mano sino a suo Figlio, Gesù[54].

È interessante notare che San Josemaría, in questo testo, invece di chiamare Maria Onnipotenza supplicante, la chiama materna Onnipotenza, espressione anch’essa profonda ed esatta dal punto di vista teologico, perché dà ragione dell’efficacia della supplica della Madonna dinanzi a Dio. Queste parole lo spiegano bene: Et erat Mater Iesu ibi (Gv 2, 1). A queste nozze era presente la Madre di Gesù [...]. Quanto si rafforza la nostra fiducia in te, mentre contempliamo come ti comporti in questa occasione! Chi ti ha chiamato Onnipotenza supplicante? È poco per quello che la tua intercessione ottiene. In realtà non è supplicante, poiché sei tu stessa a ordinare, sapendo che tuo Figlio è sempre disposto ad accogliere tutti i tuoi desideri[55].

Ora mi si permetta una breve parentesi che giudico necessaria e a questo punto opportuna. Prima ho fatto riferimento all’esperienza di San Josemaría come fonte dei suoi insegnamenti sulla Madonna. Vorrei ora offrire almeno un testo dove sia evidente che la sua predicazione e la sua devozione mariana, sul fondamento della fede ricevuta e studiata, sono cresciute e si sono sviluppate grazie alla sua esperienza spirituale e alla sua meditazione personale[56]. Quando ero giovane ho scritto — con una convinzione che forse in quegli anni era frutto delle mie visite quotidiane alla basilica del Pilar — che a Gesù si va e si ritorna per Maria [...]. Poi ho avuto molte prove tangibili dell’aiuto della Madre di Dio: lo dichiaro apertamente come un notaio stende un atto, per dare testimonianza, perché rimanga traccia della mia gratitudine, per attestare dei fatti che non si sarebbero verificati senza la grazia del Signore, che ci arriva sempre attraverso l’intercessione di sua Madre[57].

5) Madre che agisce come principio unificante dell’esistenza dei suoi figli

Abbiamo visto che per San Josemaría la pietà mariana è la via verso l’unità di vita, perché aiuta la persona a unire l’umano e il divino nel proprio rapporto con Dio. Questo però non è tutto, poiché il Fondatore dell’Opus Dei dice molto di più: insegna che Maria si comporta come un autentico principio di unità di vita e porta efficacemente gli uomini verso quel centro vero e definitivo della sintesi vitale che è suo Figlio. Maria adempie questa funzione comportandosi proprio come Madre, facendo nell’ordine della grazia quello che una madre fa nell’ordine della natura.

Sul piano umano, infatti, si può osservare che i bambini piccoli dipendono completamente dalle loro madri, hanno un’assoluta fiducia in loro, noncuranti di tutto il resto, perché per loro la madre è sufficiente. A volte nella vita di una persona questa situazione si può prolungare anche in seguito, anche se in modo diverso, con altre manifestazioni, magari più piccole. Si può dire che qualcosa di simile avviene con i cristiani nella loro vita spirituale? Gli insegnamenti di San Josemaría inducono a rispondere affermativamente. Prima, perché sono frequenti le analogie che stabilisce tra la relazione delle madri con i figli e quella di Maria con gli uomini[58] e, poi, perché Maria presenta le condizioni di universalità necessarie per costituirsi in principio unificante dell’esistenza di una persona, in modo analogo a come una madre lo è sul piano umano per suo figlio, e in modo analogo a come Cristo lo è per raggiungere l’unità teologale di vita. Maria, infatti, è una Madre veramente universale: di tutto si occupa e tutto ottiene, di tutti si interessa e tutti aiuta, per tutti intercede affinché si salvino.

Si deve notare che, nell’affrontare questa duplice analogia (di Maria con Cristo e di Maria con le madri), il discorso si situa nell’ordine dialogico-personale dell’unità di vita, che è l’ambito in cui si colloca l’azione unificante di una persona nell’esistenza di un’altra. È bene ricordare che il Verbo s’incarna affinché gli uomini abbiano la possibilità di essere figli di Dio e fratelli in Lui. Egli diventa così il principio unificante dell’esistenza umana, perché ne è il centro e la ricapitola. Qualcosa di simile avviene con Maria: proprio perché è Madre di Dio e Madre degli uomini, insegna e aiuta tutti a comportarsi come figli di Dio e fratelli fra loro. Ovviamente, questa funzione unificante si fonda non solo sulla sua duplice maternità (in modo analogo a come nel caso di Cristo si fonda sull’unione ipostatica delle due nature), ma anche sulla sua Assunzione nei cieli in corpo e anima (in modo analogo a come, nel caso di Cristo, si fonda sulla sua Risurrezione).

Questo è lo scenario di fede e di speranza in cui si muove la devozione mariana di San Josemaría; lì si trova la ragione ultima della sua insistenza affinché quanti lo ascoltano e lo leggono scoprano Maria e la facciano entrare nelle loro vite. Dal primo momento della vita della Chiesa tutti i cristiani che hanno cercato l’amore di Dio — l’amore che si rivela e si fa carne in Gesù Cristo — hanno incontrato la Madonna e hanno sperimentato in tanti modi la sua materna sollecitudine [...]. Non deve quindi meravigliare che una delle più antiche testimonianze della devozione a Maria sia proprio un’orazione piena di fiducia. Si tratta di un’antifona, composta molti secoli fa, che ripetiamo ancora oggi: Ci rifugiamo sotto la tua protezione, santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche che ti rivolgiamo nelle nostre necessità, ma liberaci sempre da tutti i pericoli, Vergine gloriosa e benedetta[59]. Il desiderio di intimità con la Madre di Dio e Madre nostra sorge in noi spontaneamente. Vogliamo esserle vicini come lo si può essere con una persona viva: su di Lei, infatti, la morte non ha trionfato, ed Ella sta in corpo e anima accanto a Dio Padre, a suo Figlio e allo Spirito Santo[60].

La Madonna è principio di unità di vita perché insegna e aiuta gli uomini a essere figli di Dio e fratelli fra loro[61]. La sua funzione materna consiste nel portare gli uomini suoi figli al suo Figlio divino, affinché si riconcilino con Lui e vivano uniti a Lui, come figli adottivi del Padre e come suoi fratelli.

Prima di tutto, la filiazione. Poiché Maria è Madre, la sua devozione ci insegna a essere figli: ad amare sul serio, senza misura; a essere semplici, senza tutte le complicazioni che nascono dall’egoismo di pensare soltanto a se stessi; a essere allegri, sapendo che nulla può distruggere la nostra speranza[62].

Poi, la fraternità. Non possiamo trattare Maria da figli e pensare poi solo a noi stessi, alle nostre preoccupazioni personali. Non possiamo stare vicino alla Vergine e al tempo stesso mantenere i nostri egoistici problemi. Maria ci conduce a Gesù, e Gesù è primogenitus in multis fratribus, il primogenito fra molti fratelli[63]. Conoscere Gesù, pertanto, significa renderci conto che la nostra vita non può avere altro senso che quello di darci al servizio degli altri. Un cristiano non può fermarsi ai suoi problemi personali, perché deve vivere al cospetto della Chiesa universale, pensando alla salvezza di tutte le anime[64].

Vedevamo prima che una madre può essere principio universale di riferimento per un figlio piccolo. Ma non succede lo stesso con un adulto: una madre non è capace di unificare la vita di una persona matura. Ciò introduce una questione della massima importanza, che segna il limite dell’analogia: quello che non succede a livello umano succede a livello soprannaturale, perché Cristo ha detto che nel Regno dei cieli entrano i piccoli e coloro che si fanno piccoli, indicandola come condizione necessaria e imprescindibile. Spesso questa clausola evangelica viene messa in sordina; ma non è possibile eliminarla, perché, anche a livello storico, è evidentemente autentica[65].

Ora si capisce fino a che punto la devozione mariana può essere importante per la crescita della vita cristiana di una persona, perché è noto che, davanti alla propria madre, tutti gli uomini si sentono sempre un po’ bambini. Qui l’analogia è nuovamente valida e fa vedere che trattare la Madonna aiuta le persone a sentirsi bambini dinanzi a Dio e pertanto permette che concedano alla Madre di Dio e Madre degli uomini quella universalità di riferimento che può centrare le loro vite. A tal riguardo, la devozione mariana gode di una peculiare circolarità: è contemporaneamente causa e conseguenza di infanzia spirituale, porta le persone a sentirsi come bambini dinanzi a Dio ed è coltivata da quelli che si considerano piccoli dinanzi all’Altissimo.

Nell’affermare che non abbiamo il diritto di rifiutare Maria, il Fondatore dell’Opus Dei scrive: Consideriamo attentamente questo punto perché ci aiuta a capire cose molto importanti, giacché il mistero di Maria ci dimostra che, per avvicinarci a Dio, bisogna farsi piccoli. In verità vi dico — esclama il Signore rivolgendosi ai suoi discepoli — che se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli[66]. Farsi bambini significa rinunciare alla superbia, alla sufficienza, riconoscere che, per imparare a camminare e perseverare nel cammino, da soli non possiamo nulla, ma abbiamo bisogno della grazia, del potere di Dio nostro Padre. Essere piccoli significa abbandonarsi come sanno abbandonarsi i bambini, credere come credono i bambini, pregare come pregano i bambini. E tutte queste cose le impariamo nell’intimità con Maria[67].

3. Chiarimento sulla novità della devozione mariana del Fondatore dell’Opus Dei

Alla luce di quanto abbiamo visto nelle pagine precedenti, è logico il tentativo di verificare, almeno in prima approssimazione, che cosa la devozione mariana del Fondatore dell’Opus Dei ha significato e può significare per la pietà mariana del popolo di Dio.

S’impone una osservazione di fondo: San Josemaría non inventò nuove devozioni, preghiere, atti di pietà; non diffuse neppure determinate devozioni per la Madonna, né raccomandò in modo particolare uno dei titoli con i quali è invocata, perché avesse avuto una più intima relazione con lui o con la storia dell’Opus Dei. Incoraggiò le devozioni tradizionali, accettò quelle che già esistevano[68] e le diffuse rispettando la sensibilità di ognuno[69].

Rispettò anche la propria sensibilità personale: egli, che non voleva essere fondatore di nulla e si considerava un fondatore senza fondamento, che desiderava nascondersi e scomparire affinché risplenda soltanto Gesù, nascose completamente — gli sarebbe stato facile fare il contrario — la sua capacità di proporre nuove devozioni mariane. Restò in ombra, limitandosi, se si può dire così, considerata la vastità del suo lavoro, a ciò che Dio gli chiedeva: annunziare la santità nel bel mezzo del mondo, insegnare a santificare il lavoro e i compiti ordinari del cristiano, ognuno ben unito alla Madre di Dio, per far sì che tutti, efficacemente e silenziosamente, andassero cum Petro ad Iesum per Mariam! Alla luce di quanto detto nelle pagine precedenti, si può affermare che il Fondatore dell’Opus Dei, attenendosi a questa linea di condotta, ha contribuito al consolidamento e alla crescita della devozione mariana mettendola in diretto rapporto con la ricerca e la pratica dell’unità di vita del cristiano.

Infatti, la sua presentazione di Maria come Madre di Dio e Madre degli uomini — una formula che distingue le due maternità senza separarle — gli serve come base per mostrare come la devozione mariana possa contribuire a vivere in unità. A tal riguardo bisogna precisare che la novità non sta tanto nella contemplazione congiunta delle due maternità, perché questo modo di intendere Maria si trova già in autori di secoli precedenti; ciò che è specifico del Fondatore dell’Opus Dei sta nell’importanza che dà alla contemplazione, sviluppandola teoricamente e praticamente sino a farla diventare il fondamento di un rapporto costante e universale con la Madonna.

Questa proposta specifica rappresenta un vero contributo alla pietà mariana del popolo di Dio giacché è nuova per il suo contenuto, universale per il suo fondamento oltre che per il suo esercizio e per i destinatari.

San Josemaría non si limita a dire che il cristiano deve far entrare la Madonna nella propria vita; dice anche come farlo in qualsiasi luogo o situazione esistenziale, senza bisogno di ricorrere a forme o devozioni specifiche di una peculiare condizione di vita. L’universalità di una devozione richiede che tutti possano farla propria e praticarla. La devozione mariana proposta da San Josemaría è praticabile con elementi comuni alla portata di tutti perché si nutre di episodi della vita comune e ordinaria di uomini e donne normali.

L’universalità di esercizio e di destinatario vanno insieme, si reclamano a vicenda. Unendo la devozione mariana alla ricerca e alla pratica dell’unità di vita, il Fondatore dell’Opus Dei fa di quest’ultima una devozione veramente universale perché universali sono il desiderio e l’opportunità di vivere in unità.

Questo è un punto centrale della predicazione del Fondatore dell’Opus Dei, che ha sempre ripetuto che la santità, l’identificazione con Cristo, si può esprimere adeguatamente come unità di vita, come unità di preghiera, lavoro e apostolato; e questo vale soprattutto per le persone che vivono in mezzo al mondo e devono far fronte alle esigenze del lavoro, della famiglia, degli obblighi sociali, ecc. L’unità di vita è santità perché vivere in unità — uniti a Cristo — vuol dire perfezione umana e soprannaturale, ed è alla portata di tutti, qualunque sia il talento, la fortuna, la situazione familiare, sociale, di salute, ecc.: non richiede capacità o talenti particolari, giacché tutto, perfino le cose più piccole, possono essere oggetto e occasione di incontro con Dio e con gli altri per portarli a Lui.

Tuttavia, proprio quest’ultimo aspetto dell’unità di vita presenta particolari difficoltà nell’essere compreso e accettato a causa dei difetti profondi che l’uomo si trascina come conseguenza del peccato originale. Un disordinato amor proprio, la vanità, il desiderio di emergere e di farsi notare, l’ansia di sicurezza, tendono a legare la felicità a fatti particolari e noti, anche nell’ambito devozionale. Ma non è così. Diceva San Josemaría: Avete visto dove si nasconde la grandezza di Dio? In una mangiatoia, con le fasce di un neonato, dentro una grotta. La forza redentrice della nostra vita sarà efficace pertanto solo se c’è umiltà, solo quando smetteremo di pensare a noi stessi e sentiremo la responsabilità di aiutare gli altri. Non è infrequente che anche in anime buone si provochino conflitti personali tali da suscitare serie preoccupazioni, ma che in realtà sono privi di ogni base oggettiva. Nascono da una conoscenza di se stessi tanto inadeguata da scatenare la superbia: il bisogno di sentirsi al centro dell’attenzione e della stima degli altri, la preoccupazione di fare bella figura, il non rassegnarsi a fare il bene senza farlo vedere, l’ansia per la propria sicurezza... In tal modo, molte anime che potrebbero godere di una pace meravigliosa e gustare una gioia incomparabile finiscono — per orgoglio e presunzione — per essere infelici e infeconde[70].

La superbia impedisce di riconoscere nella teoria e nella pratica che le cose di ogni giorno, quelle che sembrano senza importanza e insignificanti, possono avere un grande valore dinanzi a Dio; l’Altissimo le apprezza, come recita il Salmo: «Dio è grande, abita ne’ Cieli e getta lo sguardo sulle cose piccole» (Sal 137, 6). La mancanza di fede nel valore soprannaturale che può avere un’azione apparentemente insignificante, ma compiuta per amore di Dio e del prossimo, è forse la causa più frequente per cui alcune persone tendono ad apprezzare solo ciò che è appariscente, spettacolare, grandioso e danno valore soprannaturale solo ad alcune loro azioni, ma non tutte, e così non si rivolgono a Lui in tutto e per tutto.

Il Fondatore dell’Opus Dei combatté con decisione questo errore, insegnando il valore delle cose piccole[71]. Anche da questo punto di vista scoprì che la Madonna fu ricca e perfetta. Il testo che segue è particolarmente eloquente per far comprendere che Maria è maestra e principio di unità di vita per quanti la accolgono come Madre. Guardate, però, che se Dio ha voluto innalzare in tal modo sua Madre, non le ha risparmiato, durante la sua vita terrena, né l’esperienza del dolore, né la stanchezza del lavoro, né il chiaroscuro della fede. Alla donna che un giorno proruppe in lodi a Gesù esclamando: Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte, il Signore risponde: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano[72]. Era l’elogio di sua Madre, del suo fiat[73], sincero, pieno di dedizione, portato a compimento fino alle ultime conseguenze, che non si sarebbe manifestato in gesti spettacolari, ma nel sacrificio nascosto e silenzioso di ogni giorno. Quando meditiamo queste verità, comprendiamo un po’ di più la logica di Dio; ci rendiamo conto che il valore soprannaturale della nostra vita non dipende dalla realizzazione delle grandi imprese che a volte ci figuriamo con l’immaginazione, ma dall’accettazione fedele della volontà di Dio, dalla disposizione generosa a far fronte al piccolo sacrificio quotidiano. Per giungere a essere divini, per divinizzarci, è necessario imparare a essere molto umani, vivendo al cospetto di Dio la nostra condizione di uomini comuni e santificando questa apparente piccolezza. Così visse Maria. Colei che è piena di grazia, colei che è oggetto della compiacenza divina ed è al di sopra degli angeli e dei santi, condusse un’esistenza comune. Maria è una creatura come noi, ha un cuore come il nostro, capace di provare la consolazione e la gioia, la sofferenza e le lacrime[74].

San Josemaría non ha promosso nuove devozioni, preghiere, o atti di pietà in onore della Madonna, ma ciò non vuol dire che non abbia dato importanza alla pietà mariana o alle sue manifestazioni; al contrario, le considerava indispensabili per vivere da veri cristiani. All’interno del suo messaggio specifico — l’universalità della chiamata alla santità -, e come parte principale, si trova l’indicazione che il rapporto con la Madonna è indispensabile per ottenere la santità, l’identificazione personale con Cristo, l’unità di vita. Oltre al Rosario, esistono molte devozioni mariane, come sono molti i modi di esprimere l’affetto a nostra madre della terra: alcuni figli lo dimostrano con un bacio, altri col dono di alcuni fiori, altri ancora con silenzi che affidano agli occhi l’intensità dell’affetto. Una cosa analoga succede con l’amore per la Madre del Cielo: abbondano le devozioni e non è necessario che tutte facciano parte della pietà di ogni cristiano. Ma nel contempo posso assicurare che non ha la pienezza della fede chi non rivela in qualche modo il suo amore a Maria[75].

4. Riflessioni conclusive sulla profondità cristiana della devozione mariana del Fondatore dell’Opus Dei

Com’è noto, gli autori spirituali, oltre a mettere in guardia dal pericolo di devozioni ambigue sul piano dottrinale, hanno messo l’accento su una possibile mancanza di autenticità nelle pratiche religiose quando ci si affranca dalle virtù teologali, dalla rettitudine morale, dalla verità rivelata e insegnata dalla Chiesa; hanno sempre messo in guardia dalla inconsistenza dottrinale e dalla routine devozionale, che privano le pratiche di pietà della loro vera anima, quella che giustamente dà ad esse il nome: la devozione[76].

In questo paragrafo vedremo che la devozione mariana vissuta e insegnata da San Josemaría non solo presenta le caratteristiche di una vera e autentica devozione cristiana ma, per la sua profondità, preserva efficacemente da eventuali deviazioni verso la routine e la mancanza di autenticità. Abbiamo già visto che la pietà mariana da lui vissuta si nutre anzitutto della contemplazione di Maria alla luce delle Scritture e degli insegnamenti della Chiesa, mettendo così in evidenza la sua solidità e la sua ricchezza dottrinale; ora vedremo come, grazie al suo vincolo con l’unità di vita secondo Cristo, tiene lontani anche dalla routine, dal sentimentalismo, dal vacuo interesse, dall’ipocrisia.

a) Autenticità della devozione/devozioni e unità di vita

La devozione consiste nella sollecitudine con la quale ci si dedica a un servizio, rivolta alla persona oggetto del servizio stesso. Nella religione, la devozione esprime la decisione e l’efficacia con le quali una persona si dedica alle cose che riguardano Dio: al suo culto, alla sua gloria, alla sua volontà. Con il termine devozioni si indicano gli atti che per la loro specificità e frequenza manifestano nelle persone il forte desiderio di servire Dio e di occuparsi delle sue cose (cfr Lc 2, 49)[77].

Il discernimento dell’autenticità cristiana di una devozione, o di alcune devozioni specifiche, di solito è facile se si ha una sufficiente informazione su di esse e una sufficiente formazione cristiana; però può anche non esserlo, sia per l’ambiguità che possono presentare tali devozioni, sia perché i criteri di discernimento non sono di applicazione automatica. Infatti, ciò che in definitiva dimostra l’autenticità di una devozione o di alcune devozioni è l’assoluta coerenza con la verità e la vita di Cristo. I criteri applicabili non sono altro che specificazioni di questa coerenza; per ciò stesso, finiscono col rimandare all’unità di vita.

Così, un primo criterio si basa sulla circolarità e come subordinazione reciproca che esiste tra devozione e devozioni. A prima vista, sembra che correttamente si debba dire che la prima è l’anima, il motore e la causa delle seconde, e che queste ultime sono espressioni, continuità e conseguenza della prima. Però si può anche affermare il contrario: le devozioni sono causa e motore della devozione (non certamente la sua anima), la devozione nasce dalle devozioni e le segue. La circolarità può essere presa come criterio che permette di valutare l’autenticità di una devozione o di alcune devozioni: entrambe — devozione e devozioni — debbono andare insieme. Non è autentica una devozione interiore che non si traduca in pratiche devozionali; non lo sono neppure le devozioni esteriori prive di una devozione interiore. Le devozioni sono autentiche quando sono in linea con la devozione e manifestano disponibilità, donazione intima, amore sacrificato, fede, speranza; non lo sono quando si limitano alla esteriorità di alcuni atti che non sono vivificati dalla vita spirituale, e perciò non producono frutti di conversione, di crescita, di servizio degli altri[78].

Un altro criterio di autenticità può essere adottato in base alla coerenza fra una devozione e il resto della vita spirituale. È infatti impossibile, per diversi motivi, che una devozione autentica non influisca sulla vita della persona e non si rifletta nella sua condotta[79]. Esiste anche una circolarità tra devozione e condotta della persona. Questo significa che una devozione è autentica se si vive in unità di vita. L’unità di vita serve da controllo e garanzia dell’autentica devozione: l’unione con la carità deve aggiungersi al vincolo con la fede come condizione irrinunciabile di autenticità cristiana di certe manifestazioni di pietà.

La devozione mariana che San Josemaría visse e predicò non era una semplice pratica devozionale, ma era tale da lasciare sempre una traccia nella vita e nella condotta. Diceva: Rendi più vivo, più soprannaturale il tuo amore per la Vergine. Non andare da Maria soltanto per chiedere. Va’ anche a dare! A darle affetto; a darle amore per il suo Figlio divino; a manifestarle questo affetto con opere di servizio nei rapporti con gli altri, che sono essi pure figli suoi[80]. E quello che diceva, faceva. Lo dimostra un suo commento sulla propria personale devozione per la Madonna del Pilar. Anche se lungo, merita di essere citato per la sua semplice eloquenza, che testimonia bene come una sincera e genuina pietà mariana si traduca in opere di donazione a Dio e agli altri. Per tutta la vita sono stato devoto della Vergine del Pilar: fin da bambino i miei genitori, con la loro pietà tipica degli aragonesi, impiantarono nella mia anima questa devozione. Ora, pensando a Santa Maria, mi tornano alla memoria tanti momenti di preghiera e tanti episodi, in apparenza piccoli, ma grandi se visti con gli occhi dell’amore. Nel periodo in cui mi stavo a Saragozza per i miei studi sacerdotali e frequentavo le aule della Facoltà di Diritto civile, le mie visite al Pilar erano per lo meno giornaliere [...]. L’amo ancora con amore filiale, con la stessa fede con cui la invocavo intorno agli anni venti, quando il Signore mi faceva presagire ciò che si aspettava da me: la invoco anche ora, con la medesima fede. Quando accadono eventi disgustosi, crudeli, ingiusti o comunque sgradevoli - spruzzi di fango, che un cristiano non toglie -, li trasformo in splendidi fiori, che con il cuore depongo dinanzi a questo sacro Pilar, come cantiamo noi aragonesi, e dico: Madonna mia, ti offro anche questo. Sotto la sua protezione, vado avanti sempre contento e sicuro. Per questo Dio vuole che ci avviciniamo al Pilar: perché, nel sentirci confortati dalla comprensione, dall’affetto e dal potere di nostra Madre, aumenti la nostra fede, si consolidi la nostra speranza, sia più viva la nostra preoccupazione di servire con amore tutte le anime. Così potremo, gioiosamente e con nuove forze, donarci al servizio degli altri, santificare il nostro lavoro e la nostra vita: in una parola, rendere divini i cammini della terra[81].

La devozione mariana che proponeva il Fondatore dell’Opus Dei non era certo un esercizio pratico di tipo devozionale, soggetto al sentimentalismo, al bisogno di una figura materna. Certamente, si nutriva di devozioni precise e valorizzava, come abbiamo visto, l’importanza della figura materna di Maria secondo il piano voluto da Dio; però si alimentava anche della ricchezza dottrinale offerta dalla Chiesa, approfondendola; in un modo quanto mai speciale era ordinata alla crescita interiore, allo sviluppo dell’unità di vita che egli proponeva come un deposito genuino di perfezione cristiana. La devozione per la Vergine non è qualcosa di dolciastro, di poco virile; è consolazione e gioia che riempiono l’animo, proprio in quanto presuppongono un esercizio profondo e pieno della fede, tale da farci uscire da noi stessi e riporre la speranza nel Signore[82].

La devozione mariana proposta da San Josemaría stimola ad affrontare la dura battaglia per ottenere la maturità esistenziale, la battaglia contro l’egoismo e l’amor proprio che rinchiudono la persona nel proprio io, escludendola dal tu degli altri e dal Tu che salva. Dobbiamo aprire gli occhi, dobbiamo guardare attorno a noi e riconoscere gli appelli che Dio ci rivolge attraverso il nostro prossimo. Non possiamo volgere le spalle alla gente e rinchiuderci nel nostro piccolo mondo. Ben altro è lo stile di vita di Gesù. I Vangeli ci parlano insistentemente della sua misericordia, della sua partecipazione al dolore e alle necessità degli altri: ha pietà della vedova di Nain[83], piange per la morte di Lazzaro[84], si preoccupa delle folle che lo seguono e non hanno da mangiare[85], si commuove soprattutto per i peccatori, per coloro che camminano nel mondo senza conoscere la luce della verità: sbarcando, Gesù vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose[86]. Se veramente siamo figli di Maria, riusciremo a comprendere il comportamento del Signore, il nostro cuore si dilaterà e avremo viscere di misericordia. Ci dorranno allora le sofferenze, le miserie, gli errori, la solitudine, l’angoscia, le pene degli uomini nostri fratelli. E sentiremo l’urgenza di aiutarli nei loro bisogni e di parlare loro di Dio, perché imparino a trattarlo da figli e possano conoscere la delicatezza materna di Maria[87].

Riassumendo, il rapporto con la Madonna arricchisce la persona umana e nel contempo l’aiuta a non sentirsi sola, a non sentirsi abbandonata e a non abbandonare gli altri, a superare momenti di stanchezza, a superare rancori e apatie, a vivere generosamente dandosi al prossimo malgrado possibili esperienze negative, a uscire dalla tiepidezza, a non cedere, abbandonando la via che porta alla santità e alla perfetta vita in unione con Dio e con gli altri, a vivere di fede e di speranza in ogni momento.

La contemplazione di Maria, nel pensiero e nella proposta di San Josemaría, non era un freddo esercizio teorico; senza perdere la carica intellettuale, si ordinava alla vita: portava a vivere con Lei e questo assicurava a sua volta la contemplazione di Maria. Riferirsi a Maria e farla entrare nella propria vita, contemplarla e trattarla personalmente, sono per lui due aspetti inseparabili della stessa realtà. La Madre di Dio è veramente anche Madre degli uomini. Così è, perché lo volle il Signore. Lo Spirito Santo dispose che rimanesse scritto, affinché fosse noto a tutte le generazioni [...]. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco la tua madre! E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa[88].

Giovanni, il discepolo che Gesù amava, accoglie Maria presso di sé, nella sua casa, nella sua vita. Gli autori spirituali hanno visto in queste parole del santo Vangelo un invito, rivolto a tutti i cristiani, ad accogliere Maria nella loro vita. Il chiarimento è quasi superfluo, perché Maria certamente desidera che la invochiamo, che ci rivolgiamo a Lei con fiducia, che supplichiamo la sua maternità chiedendole monstra te esse matrem[89], manifestati nostra Madre[90].

b) Autenticità della pietà e cristocentrismo

L’autenticità cristiana di una devozione si manifesta in modo evidente quando porta a conoscere e amare Cristo, a trattarlo personalmente e con fiducia. Fu sempre questa la pietà mariana del Fondatore dell’Opus Dei.

La teologia nata dalla Riforma tende a guardare con sospetto la devozione cattolica verso la Madonna, perché teme che faccia sbiadire la centralità che nella vita cristiana compete esclusivamente a Cristo.

Questo timore non manca di una base teorica. Infatti è ragionevole farsi la seguente domanda: se solo Dio è principio di unità di vita solida e autentica, come può esserlo anche una creatura, se è escluso che un amore umano, che una creatura umana, possa soddisfare tutte le ansie e le esigenze di un cuore che è stato creato da Dio e per Dio e solo in Lui trova riposo? La presenza unificante offerta da una creatura non è alla fine occasione di fuorviamenti, di adulterazioni, che allontanano le persone dalla vera sorgente dell’unità? Il rischio che ciò succeda non è teorico, perché quando questa presenza viene proposta come unica e assoluta, impedisce effettivamente che il soggetto arrivi a Dio, che lo cerchi come centro e senso definitivo e ultimo della propria esistenza. Se l’obiezione è ragionevole, lo è anche la constatazione che non sempre succede così, perché esistono creature che aiutano altre a dare unità e senso alla propria esistenza senza per questo allontanarle da Dio: è il caso di Maria, dei santi e di molte persone ben formate.

Questo timore ha anche una base pratica: le deviazioni teoriche o pratiche nella comprensione della pietà mariana da parte di alcune persone. Purtroppo si verificano casi di persone la cui devozione mariana non rispetta le più elementari esigenze dell’ordine teologale. Questo accade perché non si rivolgono a Lei secondo la verità della fede cattolica, perché non trattano realmente e personalmente la Madre di Dio. Visti questi errori, però, la soluzione ragionevole non consiste certamente nell’eliminare alla radice la devozione per la Madonna, ma nel correggerla e darle autenticità cristiana.

In una visione ecumenica e in dialogo con i cristiani che seguono l’ispirazione dei Riformatori, il Concilio Vaticano II, nel capitolo VIII della Lumen gentium, ha ribadito che l’importanza concessa a Maria dai cattolici non ha niente da vedere con un mariocentrismo, perché la fede cattolica riconosce alla Madonna una natura e una funzione dipendenti da Cristo, ordinate a Lui e alla sua missione redentiva, subordinate alla sua azione salvifica[91].

Prima di concludere questo studio, è sembrato opportuno accennare a questo timore e sottolineare che, secondo San Josemaría, Maria è modello e principio di unità di vita proprio per il suo rapporto con Cristo, non al di fuori di Lui; sicché il ricorso alla Madonna, quando è autentico, non può arrecare discredito al primato di suo Figlio.

La contemplazione della vita e dell’attività di Maria permette di dire che la sua funzione specifica nel piano della salvezza è quella di generare Cristo, badare a Lui e seguirlo durante tutta la sua vita. Dimostra di essere tanto docile all’azione cristificante dello Spirito Santo che vi partecipa a suo modo, in ciò che le compete come Madre (del Verbo secondo la natura e degli uomini sul piano della grazia). La Madonna concentra tutta la propria vita nel collaborare col Paraclito in questa azione cristificante. Si potrebbe dire che questo è il centro e la sostanza della peculiare unità di vita di Maria: generare Cristo e averne cura; generare il Corpo Mistico di Cristo e averne cura: essere sempre e solo Madre di Cristo e degli uomini in Lui, essere Madre di Cristo e della Chiesa. Lo pensava e lo scriveva il Fondatore dell’Opus Dei: Per me, la prima devozione mariana — mi piace considerarla così — è la Santa Messa [...]. Ogni giorno, quando Cristo scende nelle mani del sacerdote, si rinnova la sua presenza reale fra noi col suo Corpo, col suo Sangue, con la sua Anima e con la sua Divinità: lo stesso Corpo e lo stesso Sangue che prese dal grembo di Maria. Nel Sacrificio dell’Altare, la partecipazione della Madonna evoca in noi il silenzioso riserbo con cui accompagnò la vita di suo Figlio, quando passava per la terra della Palestina. La Santa Messa è un’azione della Trinità: per volontà del Padre, con la cooperazione dello Spirito Santo, il Figlio si offre in oblazione di redenzione. In questo insondabile mistero si intravede, quasi velato, il volto purissimo di Maria: Figlia di Dio Padre, Madre di Dio Figlio, Sposa di Dio Spirito Santo[92].

In base alla fede ricevuta, la sua esperienza — egli stesso lo confessa — portò San Josemaría a scoprire che Maria ha la capacità, che, per così dire, condivide con Dio, come dono dello Spirito Santo, di concentrare la vita degli altri in Cristo, di unificare pensieri, parole e opere nell’amore di Dio rivelato in Cristo. Quello che abbiamo visto finora dimostra che una Madre con il potere della Madre di Dio può attrarre effettivamente l’attenzione di una persona in modo totale e concentrare la sua vita riferendola a Cristo.

Quando ci si rende conto che il ruolo di Maria come modello e principio di unità di vita dipende dal suo rapporto con Cristo, dall’essere sua Madre, si capisce che non esiste il pericolo che la devozione per la Madonna possa costituire un ostacolo al riconoscimento dell’unicità del Mediatore e della sovranità di Dio. L’azione unificante della pietà mariana consiste proprio nell’unire gli uomini a Cristo, non nell’unirli a Lei al di fuori di Lui. L’amore verso la Madre non può intendersi come un’alternativa dell’amore verso il Figlio, né come una cosa che possa fargli ombra.

In sostanza, Maria non fa altro che portare gli uomini a suo Figlio, metterli dinanzi a Cristo affinché si riconcilino con Lui, lo amino e lo seguano. Lo spiegava il Fondatore dell’Opus Dei in una omelia: La Madonna, che pure è sempre Madre, sa mettere i suoi figli di fronte alle loro specifiche responsabilità. A coloro che si avvicinano a Lei e ne contemplano la vita, Maria fa sempre l’immenso favore di portarli alla Croce, di porli di fronte all’esempio del Figlio di Dio. E in questo confronto in cui si decide la vita cristiana, Maria intercede perché la nostra condotta culmini nella riconciliazione del fratello minore — tu e io — col Figlio primogenito del Padre[93].

La capacità che ha Maria di unificare la vita di una persona la presenta — inseparabilmente unita a Cristo dalla volontà espressa di Dio — come principio di unità di vita, come via che porta alla santità. Anche in questo, con abbondanza di argomenti, il Fondatore dell’Opus Dei rimandava all’esperienza e affermava che l’inizio del cammino che ha per termine l’amore folle per Gesù è un fiducioso amore alla Madonna. Ho già scritto queste parole, molti anni fa, nel prologo di un commento del santo Rosario, e da allora ho costatato molte volte quanto sono vere. Non mi dilungherò su questo concetto; vi invito piuttosto a farne esperienza, a scoprirlo personalmente mediante il colloquio amoroso con Maria, aprendole il vostro cuore, confidandole le vostre gioie e le vostre pene, chiedendole di aiutarvi a conoscere e a seguire Gesù[94].

Una vera devozione mariana non può produrre altro effetto che quello dell’amore per Dio Padre, per il Verbo e per lo Spirito Santo, perché Maria è il sentiero breve e sicuro per arrivare a Cristo: Cuore dolcissimo di Maria, dà forza e sicurezza al nostro cammino sulla terra: sii tu stessa il nostro cammino, perché tu conosci il sentiero più diretto e sicuro che conduce, per amor tuo, all’amore di Gesù Cristo[95]. Maria si identifica, in definitiva, con la via che è Cristo (Gv 14, 6); si identifica subordinandosi a Lui, partecipando di Lui, ordinandosi a Lui: è come la sua incoazione, il suo inizio: il principio.

Arturo Blanco

Pontificia Università della Santa Croce

[1] Questo studio si basa ampiamente, come fonte speciale, sui testi del Fondatore dell’Opus Dei; per questo motivo, e per consentire la migliore comprensione della sequenza delle idee, sono stati evidenziati in grassetto. Inoltre, menzionerò il suo nome solo la prima volta in cui citerò ognuna delle sue opere.

[2] Tratto da Echevarría, J., El amor a María Santísima en las enseñanzas de Mons. Escrivá de Balaguer, in “Palabra” n. 156-157, agosto-settembre 1978, pag. 345.

[3] L’unità di vita fu oggetto dell’insegnamento continuo ed esplicito del Fondatore dell’Opus Dei, che la praticò in modo eminente, secondo numerose testimonianze. Cfr Decreto della Congregazione delle Cause dei Santi sulle virtù teologali e cardinali esercitate in grado eroico dal Servo di Dio Josemaría Escrivá, Fondatore dell’Opus Dei, 9-IV-1990: AAS 82 (1990) 1451. M. Belda lo considera un pioniere su questo aspetto della vita spirituale: Belda, M., El Beato Josemaría Escrivá de Balaguer, pionero de la unidad de vida cristiana, in El cristiano en el mundo. En el Centenario del nacimiento del Beato Josemaría Escrivá de Balaguer, Universidad de Navarra, Pamplona 2003, pagg. 467-482. Il termine pioniere non sembra arbitrario, visto che l’espressione “unità di vita” non è conosciuta dai trattati e dai manuali di teologia (dogmatica, morale, ascetica, mistica), né compare nei dizionari e nelle enciclopedie più importanti su temi di spiritualità: cfr Celaya, I., Vocación cristiana y unidad de vida, in La misión del laico en la Iglesia y en el mundo, Eunsa, Pamplona 1987, pag. 954. Il termine compare invece nel Concilio Vaticano II: Lumen gentium, n. 35; Gaudium et spes, n. 43; Apostolicam actuositatem, n. 4; Ad gentes, n. 21; Presbyterorum ordinis, n. 4. Giovanni Paolo II lo usa varie volte nella Christifideles laici: nn. 34, 59 e 60. Cfr. Belda. M., La nozione di “unità di vita” secondo l’Esortazione Apostolica “Christifideles laici”, in “Annales Theologici” 3 (1989) 287-314.

[4] A tal riguardo si possono esaminare, come particolarmente significative, l’omelia pronunciata a Pamplona l’8 ottobre 1967, riportata nel volume Colloqui con Monsignor Escrivá, Ares, Milano 2002 (VI ed.), nn. 113-123; due omelie riportate in È Gesù che passa, soprattutto ai nn. 95-101 e 107-113. Cfr gli studi di Torelló, J.B., La espiridualidad de los laicos, in AA. VV., La vocación cristiana, Palabra, Madrid 1975, pagg. 49-75; Fernández, A., Espiritualidad esencialmente secular. Comentario al número cuatro del decreto “Apostolicam actuositatem”, in VV. AA., Vocación y misión del laico en la Iglesia y en el mundo, Facultad de Teología del Norte de España, Burgos 1987, pagg. 595-625; Aranda, A., Perfiles teológicos de la espiritualidad del Opus Dei, in “Scripta Theologica” 22 (1990) 89-111.

[5] Sull’unità di vita, oltre agli studi già citati nelle note precedenti: Celaya, I., Unidad de vida y plenitud cristiana, in Rodríguez, P., Alves de Sousa, P., Zumaquero, J. M., Mons. Josemaría Escrivá de Balaguer y el Opus Dei, Eunsa, Pamplona 1985, pagg. 321-340; Rodríguez, P., Vocación. Trabajo. Contemplación, Eunsa, Pamplona 1986, pagg. 118-122 e 212-218; Chabot, J. L., Responsabilidad frente al mundo y libertad, in Belda, M., Escudero, J., Illanes, J. L., O’Callaghan, P., Santidad y mundo, Eunsa, Pamplona 1996, pagg. 249-275; Polo, L., El concepto de vida en Mons. Escrivá de Balaguer, in VV. AA., La personalidad del beato Josemaría Escrivá de Balaguer, Eunsa, Pamplona 1994, pagg. 165-195; Illanes, J. L., Mundo y santidad, Rialp, Madrid 1984, pagg. 80-90 e 222-225; Yanguas, J. M., Unità di vita e opzione fondamentale, in “Annales Theologici” 9 (1995) 445-464; Illanes, J. L., Mundo y santidad, Rialp, Madrid 1993, pagg. 220-236; Aranda, A., La lógica de la unidad de vida. Identidad cristiana en una sociedad pluralista, Eunsa, Pamplona 2000, esp. pagg. 121-146. Anche circa la devozione mariana, si conservano parecchi testi del Fondatore dell’Opus Dei e sono molto numerose le testimonianze sulla sua devozione e i suoi insegnamenti mariani. Questa ricchezza spiega il perché molti vi abbiano fatto riferimento — con maggiori o minori dettagli — nel presentare la sua figura; cfr, per esempio, gli scritti di natura biografica pubblicati da S. Bernal, A. Vázquez de Prada, F. Gondrand, P. Berglar, A. Sastre, J. M. Cejas e altri. Tra gli studi di maggior densità teologica sulla sua devozione mariana, si possono citare: Orozco, A., Mirar a María, Rialp, Madrid 1980; Escartín, J. M., Devoción y amor a María en “Camino”, in J. Morales (ed.), Estudios sobre Camino, Rialp, Madrid 1989 (2 ed.), pagg. 319-337; Delclaux, F., Santa María en los escritos del Beato Josemaría Escrivá, Rialp, Madrid 1993; Aranda, A., María, Hija predilecta del Padre, in “Estudios marianos” 66 (2000) 313-342; El “bullir” de la sangre de Cristo, Rialp, Madrid 2000, pagg. 178-201; Riestra, J. A., La maternità spirituale di Maria nell’esperienza mariana di san Josemaría Escrivá, in Pontificia Università della Santa Croce, Inaugurazione a. a. 2002/03, 97-111; P. Rodríguez, in Camino, Edición crítica, Instituto Histórico Josemaría Escrivá, Rialp, Madrid 2002, pagg. 627-642.

[6] Sulla devozione mariana di san Josemaría è particolarmente autorevole ed eloquente la testimonianza del suo primo successore alla guida dell’Opus Dei, che vi ha fatto riferimento in varie occasioni. Per esempio, nella Intervista sul Fondatore dell’Opus Dei, a una domanda in merito rispondeva: «Per rispondere esaurientemente bisognerebbe scrivere un trattato. In ogni caso, va innanzi tutto precisato che il Fondatore dell’Opus Dei, che pure era dotato di ricchissima sensibilità, non era affatto incline al sentimentalismo: anche la sua devozione mariana, dunque, si distingueva per la profondità del contenuto teologico. Intendo dire che il suo fondamento non consisteva tanto nelle “ragioni del cuore”, quanto nella fede: mi riferisco, cioè, alla fede nelle perfezioni deposte da Dio nella Madonna e nel ruolo svolto da Maria nell’opera della Redenzione[...]. Visitò innumerevoli santuari mariani e particolare importanza storica ha il pellegrinaggio che nel maggio 1970 compì nella Basilica della Madonna di Guadalupe, in Messico, per chiedere a Maria di soccorrere le necessità della Chiesa e di portare a conclusione l’itinerario giuridico dell’Opus Dei. Nel dicembre 1973, alludendo al suo recarsi da un santuario mariano all’altro, disse espressivamente: Non faccio altro che accendere candele; e continuerò a farlo finché mi rimangono fiammiferi. L’amore per la santissima Vergine lo portava a seguire da vicino tutto ciò che riguardava il suo culto. Per esempio, quando commissionava una statua della Madonna con il Bambino o un quadro della Crocifissione in cui apparivano le sante donne ai piedi della Croce, raccomandava all’artista di fare in modo che Gesù assomigliasse il più possibile a sua Madre; infatti dal punto di vista umano Cristo doveva somigliare molto a Maria, poiché era stato concepito nel suo seno non per opera di uomo, ma per intervento dello Spirito Santo. Solo un’anima innamorata poteva attribuire tanta importanza a questo particolare» (Del Portillo, A., Intervista sul Fondatore dell’Opus Dei, Ares, Milano 1992, pagg. 161-162).

[7] Ibidem, pagg. 144-145. Sulla sostanza trinitaria e cristocentrica della vita spirituale e delle devozioni di san Josemaría, e in concreto della sua devozione mariana, si può vedere: Aranda, A., María, Hija predilecta del Padre, cit., pagg. 324-331; Delclaux, F., Santa María en los escritos del Beato Josemaría Escrivá, cit., pagg. 64-146.

[8] Echevarría, J., Memoria del beato Josemaría Escrivá, Leonardo International, Milano 2001, pagg. 237-238. Cfr Idem, El amor a María Santisima en las enseñanzas de Mons. Escrivá de Balaguer, cit., pagg. 341-345.

[9] E aggiungeva: «Estese a tutti i Centri dell’Opera la consuetudine di collocare in ogni stanza un quadro o una statuetta della Madonna, semplice e artistica: ci consigliava di rivolgerle con lo sguardo e con una giaculatoria interiore un saluto affettuoso nell’entrare e nell’uscire [...]. Nei locali come le cucine, la lavanderia o la stireria dei nostri Centri, suggerì di mettere dei quadri che raffigurino la Madonna mentre lava, cuce, dà da mangiare al Bambino, ecc.: in questo modo le sue figlie che si occupano dell’amministrazione domestica avrebbero ricordato che debbono imitare Maria nell’accudire alla casa. Soleva dire alle sue figlie che, siccome non avevano avuto una fondatrice, dovevano considerare come tale la santissima Vergine. E affinché non lo dimenticassero, volle che in tutti gli oratori dei Centri femminili dell’Opus Dei non mancasse la presenza di un’immagine della Madonna»: Del Portillo, A., Intervista… op. cit., pagg. 161-162.

[10] Idem, Lettera pastorale per l’Anno Mariano 1987/1988, n. 24, in “Romana”, 4 (1987) 77.

[11] San Josemaría, Forgia, Ares, Milano, n. 190.

[12] Ecco un altro testo assai rivelatore, preso da S. Bernal, Mons. Josemaría Escrivá. Appunti per un profilo del Fondatore dell’Opus Dei, Ares, Milano 1977, pag. 238: Avevo un’immagine della Vergine [...]; la chiamavo la Vergine dei baci. Non uscivo o non entravo mai, nella nostra prima Residenza, senza passare dalla stanza del Direttore, dove era collocata, per baciarla. Penso di non averlo mai fatto macchinalmente: era un bacio umano, di figlio che aveva paura... Ma ho detto tante volte che non ho paura di niente e di nessuno, dunque non parliamo di paura. Era un bacio di figlio preoccupato per la sua eccessiva giovinezza, e che andava a cercare nella Madonna tutta la tenerezza del suo affetto. Tutta la fortezza di cui avevo bisogno andavo a cercarla in Dio attraverso la Vergine.

[13] Nella sua omelia A Gesù per Maria, circa la consuetudine di dedicare alla Madonna il sabato, incoraggia a offrirle qualche piccola attenzione e a meditare più intensamente sulla sua maternità (È Gesù che passa, Ares, Milano, n. 142). Sulla contemplazione mariana del Fondatore dell’Opus Dei, ved. Aranda, A., El “bullir” de la sangre…, op. cit., pagg. 190-192.

[14] San Josemaría, La Virgen del Pilar, in Libro de Aragón, Saragozza 1976. Cfr. Idem, Amici di Dio, Ares, Milano, nn. 274 e 291.

[15] San Josemaría, Recuerdos del Pilar, articolo pubblicato in “El Noticiero”, Saragozza, 11-X-1970.

[16] Il Concilio Vaticano II ha solennemente proposto la maternità di Maria riguardo agli uomini, basandola sulla sua maternità divina e sulla sua cooperazione con la carità alla nascita di nuovi membri del Corpo di Cristo: ved. Cost. Dogm. Lumen gentium, cap. VIII, nn. 53, 56 e 60-62.

[17] Per esempio, È Gesù che passa, n. 140; Amici di Dio, n. 155.

[18] È Gesù che passa, n. 140.

[19] Ibidem, n. 142; Amici di Dio, titolo dell’omelia dedicata alla Madonna e del n. 275.

[20] San Josemaría, Camino, ed. C.I.D., Valencia 1939 (I ed.), ved. nn. 496-497.

[21] La Virgen del Pilar, op. cit.; Amici di Dio, nn. 280-282.

[22] Appare unito nei nn. 497, 506, 507, 512 e 516.

[23] È Gesù che passa, n. 140.

[24] Ibidem, nn. 140-141.

[25] Amici di Dio, n. 288; ved. anche nn. 274-276. Lo stesso in La Virgen del Pilar, op. cit.

[26] Sant’Agostino, De sancta verginitate, 6: PL 40, 399.

[27] È Gesù che passa, n. 141.

[28] S. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, III, 8, 3: Haec est differentia inter corpus hominis naturale et corpus Ecclesiae mysticum, quod membra corporis naturalis sunt omnia simul, membra autem corporis mystici non sunt omnia simul, neque quantum ad esse naturae, quia corpus Ecclesiae constituitur ex hominibus qui fuerunt a principio mundi usque ad finem ipsius; neque etiam quantum ad esse gratiae, quia eorum etiam qui sunt in uno tempore, quidam gratia carent postmodum habituri, aliis eam iam habentibus. Sic igitur membra corporis mystici non solum accipiuntur secundum quod sunt in actu, sed etiam secundum quod sunt in potentia. Quaedam tamen sunt in potentia quae nunquam reducuntur ad actum, quaedam vero quae quandoque reducuntur ad actum, secundum hunc triplicem gradum, quorum unus est per fidem, secundus per caritatem viae, tertius per fruitionem patriae. Sic ergo dicendum est quod, accipiendo generaliter secundum totum tempus mundi, Christus est caput omnium hominum, sed secundum diversos gradus. Primo enim et principaliter est caput eorum qui actu uniuntur sibi per gloriam. Secundo, eorum qui actu uniuntur sibi per caritatem. Tertio, eorum qui actu uniuntur sibi per fidem. Quarto vero, eorum qui sibi uniuntur solum potentia nondum ad actum reducta, quae tamen est ad actum reducenda, secundum divinam praedestinationem. Quinto vero, eorum qui in potentia sibi sunt uniti quae nunquam reducetur ad actum, sicut homines in hoc mundo viventes qui non sunt praedestinati. Qui tamen, ex hoc mundo recedentes, totaliter desinunt esse membra Christi, quia iam nec sunt in potentia ut Christo uniantur.

[29] Cfr F. Ocáriz, La filiación divina, realidad central en la vida y en la enseñanza de Mons. Escrivá de Balaguer, in Rodríguez, P., Alves de Sousa, P., Zumaquero, J. M., Mons. Josemaría Escrivá…, op. cit., pagg. 188-190; M. Ponce, María, Madre del Redentor y Madre de la Iglesia, Herder, Barcellona 1996, pag. 320.

[30] Cammino, 496: Come piace agli uomini sentirsi ricordare la loro parentela con personaggi della letteratura, della politica, delle armi, della Chiesa...! Canta davanti alla Vergine Immacolata [...]. Più di te, soltanto Dio!

[31] S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, 25, 6.

[32] Amici di Dio, n. 276.

[33] S. Luis María Grignion de Monfort, Tratado de la verdadera devoción a la Santísima Virgen, n. 219, ed. Casals, Barcellona 1981, pag. 143.

[34] Sant’Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, 2, 26: PL 15, 1561.

[35] Amici di Dio, n. 281.

[36] Ved. Cammino, rispettivamente, nn. 502, 509, 499, 507, 508, 510 e 511.

[37] Amici di Dio, nn. 274-293,

[38] È Gesù che passa,, nn. 139-149 e 171-178.

[39] Amici di Dio, nn. 284, 292, 293.

[40] È Gesù che passa, n. 148.

[41] Amici di Dio, n. 281.

[42] Echevarría, J., El amor a María Santísima en las enseñanzas de Mons. Escrivá de Balaguer, op. cit., pag. 342.

[43] Cammino, n. 497.

[44] Del Portillo, A., Presentazione di Solco. Il punto di Solco citato (443) dice così: «Un grande segno apparve nel Cielo: una donna con una corona di dodici stelle sul suo capo, vestita di sole; la luna ai suoi piedi». Perché tu e io, e tutti, avessimo la certezza che niente perfeziona la personalità quanto la corrispondenza alla grazia. Cerca di imitare la Vergine, e sarai un uomo — o una donna — tutto di un pezzo.

[45] Amici di Dio, n. 75.

[46] Cfr Ocáriz, La filiación divina…, op. cit., pagg. 178-187.

[47] È Gesù che passa, n. 142.

[48] Decreto pontificio sull’esercizio eroico delle virtù del Servo di Dio Josemaría Escrivá: AAS 82 (1990) 1454.

[49] Recuerdos del Pilar, op. cit.

[50] Amici di Dio, n. 292.

[51] Il titolo è precedente. San Josemaría lo utilizza in diverse occasioni; per esempio, in È Gesù che passa, n. 175 e in Amici di Dio n. 288, dove si esprime così: Felix culpa, canta la Chiesa: colpa felice, perché ci ha fatto ottenere un così grande Redentore. Colpa felice, possiamo anche aggiungere, che ci ha meritato di ricevere per Madre la Madonna. Ormai non abbiamo più nulla da temere, niente ci deve preoccupare: perché la Madonna, incoronata Regina del cielo e della terra, è l’onnipotenza supplicante davanti a Dio. Gesù non può negare nulla a Maria, e neppure a noi, figli della sua stessa Madre.

[52] Gv 2, 5.

[53] S. Pio X, Lett. Enc. Ad diem illum, 2-II-1904.

[54] La Virgen del Pilar, op. cit.

[55] Brani di una predicazione di San Josemaría dell’11-VII-1937, citati da P. Rodríguez in Camino, edición crítica, op. cit., pag. 636.

[56] Sono le vie che la Cost. Dogm. Dei Verbum, n. 8, considera abituali per crescere nella comprensione della parola di Dio rivelata.

[57] La Virgen del Pilar, op. cit. Cfr. Amici di Dio, n. 293.

[58] Per esempio, in È Gesù che passa, n. 142.

[59] Sub tuum praesidium confugimus, Sancta Dei Genetrix: nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus, sed a periculis cunctis libera nos semper, Virgo gloriosa et benedicta.

[60] È Gesù che passa, nn. 141-142.

[61] L’unità di vita richiede che coesistano il senso della filiazione a Dio e il senso della fraternità con Cristo e gli altri. Ma la presenza contemporanea di questi due elementi non è facile. Infatti, molti che si vantano di adempiere i loro doveri religiosi perché praticano vari atti di culto, non si rendono conto che il loro senso religioso dovrebbe manifestarsi anche nella sollecitudine per le persone afflitte e bisognose (Gc 1, 27). Tra questi due aspetti esiste una certa reciprocità: come la fraternità nasce dal sapersi figli dello stesso padre, in certo qual modo la realtà della fraternità (l’amicizia e l’affetto fra gli uomini, l’aiuto e il servizio reciproci, ecc.) conferisce solidità e fa crescere il senso della filiazione, lo mette in atto in dimensioni più ampie e nello stesso tempo più esigenti. Cfr È Gesù che passa, n. 36.

[62] Ibidem, n. 143.

[63] Rm 8, 29.

[64] È Gesù che passa, n. 145.

[65] Cfr Dizionario dei concetti biblici nel Nuovo Testamento, ed. L. Coenen — E. Beyreuther — H. Bietenhard, EDB, Bologna 1991 (4 ed.), voce Fanciullo, Bambino, Figlio: pagg. 594-603.

[66] Mt 18, 3.

[67] È Gesù che passa, n. 143.

[68] Pell, G., Blessed Josemaría Escrivá’s Christocentrism, in La grandezza della vita quotidiana, I, op. cit., pag. 143, fa notare che san Josemaría non propose nuove devozioni, ma diffuse molte delle già esistenti nella tradizionale pietà cristiana, centrandole in Cristo.

[69] Durante gli anni della persecuzione religiosa in Spagna, fece recapitare in carcere, a un giovane che era abituato a recitarlo, un volumetto con il Piccolo ufficio della Madonna. Cfr. Bernal, S., Appunti per un profilo del Fondatore dell’Opus Dei, op. cit., pag. 300.

[70] È Gesù che passa, n. 18.

[71] In Cammino il lettore può trovare un intero capitolo dedicato a questo tema, ma tutta la predicazione e gli insegnamenti di san Josemaría sono pervasi da questo riferimento.

[72] Lc 11, 27-28.

[73] Lc 1, 38.

[74] È Gesù che passa, n. 172. Cfr anche il n. 148.

[75] La Virgen del Pilar, cit. Il concetto appare anche in È Gesù che passa, n. 142.

[76] Quasi tutti gli autori spirituali che hanno trattato questo tema avvertono del pericolo: per esempio, S. Giovanni della Croce (Salita al Monte Carmelo, III, c. 42); S. Francesco di Sales (Introduzione alla vita devota); S. Giovanni Eudes (La Vita e il Regno di Gesù); S. Luigi Maria Grignion di Monfort (Trattato della vera devozione alla Vergine), ecc. Per San Josemaría cfr, per esempio, Cammino, nn. 551, 552 e 574.

[77] I significati del termine latino devotio sono vari, legati fra loro. Indica un atto di donazione (agli dei infernali, al servizio dell’imperatore o di un altro capo) o una imprecazione o maledizione. Certe volte assume anche un significato morale di rispetto o di sottomissione. Cfr Thesaurus linguae latinae. Teologicamente, il significato di devotio è stato ben precisato da S. Tommaso, Sth, II-II, qq. 82-85, soprattutto q. 82, aa. 1-2.

[78] Un esempio caricaturale e letterario della falsa devozione lo offre Cervantes nel suo Rinconete y Cortadillo, che espone bene il problema di fondo che la Chiesa deve affrontare quando le devozioni non sono vissute con uno spirito adeguato.

[79] Giovanni Paolo II si riferisce a questo quando scrive che ogni persona è chiamata a essere “madre di Cristo”. Questo significa ascoltare la Parola (concezione) e metterla in pratica (nascita); sicché, se una persona crede senza mostrare nelle opere la sua fede, vuol dire che non è riuscita a essere pienamente madre. Cfr Giovanni Paolo II, enc. Redemptoris Mater, 25-III-1987, n. 28.

[80] 80 Forgia, n. 137.

[81] Recuerdos del Pilar, op. cit.

[82] È Gesù che passa, n. 143.

[83] Cfr Lc 7, 11-17.

[84] Cfr Gv 11, 35.

[85] Cfr Mt 15, 32.

[86] Mc 6, 34.

[87] È Gesù che passa, n. 146.

[88] Gv 19, 25-27.

[89] Inno Ave maris stella.

[90] È Gesù che passa, n. 140.

[91] Cfr Concilio Vaticano II, Cost. Dogm. Lumen gentium, nn. 58-63. Anche Giovanni Paolo II assume questa posizione e parla di “luce mariana proiettata sull’ecumenismo”: cfr Redemptoris Mater, op. cit., n. 50.

[92] La Virgen del Pilar, op. cit.

[93] È Gesù che passa, n. 149. Questo concetto è già presente in Cammino: La Vergine Addolorata. Nel contemplarla, guarda il suo Cuore: è una Madre con due figli, faccia a faccia: Lui... e te (n. 506).

[94] È Gesù che passa, n. 143.

[95] Ibidem, n. 178.

Romana, n. 37, Luglio-Dicembre 2003, p. 292-320.

Invia ad un amico