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Omelia in occasione dell’apertura dell’anno accademico, Pontificia Università della Santa Croce, Roma (4-X-2021)

Abbiamo appena sentito il racconto della Pentecoste. Il racconto di un incontro molto particolare che, grazie alla discesa dello Spirito Santo, ha dato all’umanità la possibilità di radunarsi ancora una volta nel nome del Signore non più da stranieri, ma da fratelli e sorelle.

Sono contento di poter essere oggi qui con tutti voi, dopo un lungo tempo di assenza in cui la pandemia, non ancora vinta, ci ha impedito di trovarci di persona. Prego oggi in modo particolare per il nostro caro professore don Miguel Angel Tábet, e per tutte le persone della nostra comunità accademica che sono venute a mancare negli ultimi mesi.

“La Pentecoste è la festa dell’unione, della comprensione e della comunione umana”[1], diceva alcuni anni fa Benedetto XVI. Questa comunione è un dono di Dio di cui il nostro mondo e l’intera famiglia cristiana hanno tanto bisogno. L’inizio di un nuovo anno accademico è un’occasione propizia per unirci al Signore, ancora una volta, nella preghiera per l’unità da Lui pronunciata durante la sua ultima cena: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Gv 17, 21).

Nello scorso mese di gennaio Papa Francesco, parlando dell’unità della Chiesa, diceva: “Il Signore non ha comandato ai discepoli l’unità. Nemmeno ha tenuto loro un discorso per motivarne l’esigenza. No, ha pregato il Padre per noi, perché fossimo una cosa sola. Ciò significa che non bastiamo noi, con le nostre forze, a realizzare l’unità. L’unità è anzitutto un dono, è una grazia da chiedere con la preghiera”[2].

Nel Vangelo odierno abbiamo sentito che sono molte le cose che Gesù aveva da dire ancora agli apostoli (cfr. Gv 16, 12). Tra queste c’è sicuramente l’anelito per l’unità nella Chiesa, e l’unità tra di noi. Unità che ci permette di scoprire le grandi opere di Dio di cui parlarono gli apostoli (cfr. At 2, 11). L’alternativa, lo sappiamo bene, è quella di rimanere ancorati alle nostre piccole cose, che invece di avvicinarci a Dio e agli altri ci attanagliano nel nostro egoismo, e non ci permettono di guardare la bellezza del mondo, e soprattutto il valore degli altri.

Di quelle opere grandi parla ancora il Salmo: “Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Quante sono le tue opere, Signore! Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature” (Sal 103). Tra queste opere ci sono in modo particolare le persone. Ogni persona è un’opera del Signore che ci viene offerta come dono. Tocca a ognuno di noi scoprire il regalo che è ogni persona che troviamo nel nostro cammino.

Negli anni dell’Università sono molti gli incontri con nuove persone: altri studenti, professori, personale dell’Università. Chiediamo al Signore di saper scoprire sempre il dono che ci offre attraverso tutti quegli incontri. Quante belle amicizie sono nate durante gli anni a Roma. Amicizie durature che poi ognuno porta nel proprio Paese e che tante volte sono un forte stimolo nella vita al servizio di Dio. “Quando un’amicizia è autentica, quando la preoccupazione per l’altra persona è sincera e riempie la nostra orazione, non esistono tempi condivisi che non siano apostolici: tutto è amicizia e tutto è apostolato, indistintamente”[3].

Nel 1969 san Josemaría diceva in una meditazione: “Vivere secondo lo Spirito Santo è vivere di fede, di speranza, di carità: permettere che Dio prenda possesso di noi e cambi il nostro cuore alla radice, portandolo alla Sua misura”[4]. Facciamo magari anche noi nuovamente il proposito di vivere secondo lo Spirito Santo, che non è altro che vivere come Gesù. In queste parole di san Josemaría si parla di un cambiamento del cuore alla radice. Qualcuno potrebbe chiedersi il perché di questo bisogno. Perché serve ancora un cambiamento alla radice se sono già tanti gli anni di vita cristiana o addirittura di vocazione al servizio di Dio nella sua Chiesa? La risposta a questa domanda la troviamo nelle parole di Gesù appena sentite: “Molte cose ho ancora da dirvi” (Gv 16, 12). Se vogliamo veramente ascoltare oggi la voce di Dio, dobbiamo avere uno spirito aperto. Abbiamo bisogno di quell’atteggiamento umile di chi sa di aver ricevuto molto e, allo stesso tempo, di chi è cosciente che Dio è molto grande e che la sua saggezza supera di molto la nostra conoscenza.

Nella Pentecoste la Madonna occupa un luogo discreto, ma è presente assieme agli apostoli di suo Figlio. Chiediamo a Lei, all’inizio di questo anno accademico, che ci illumini nei prossimi mesi perché anche noi possiamo essere strumenti di unità ovunque ci troviamo e, concretamente, nella vita universitaria.

[1] Benedetto XVI, Omelia, 27-V-2012.

[2]Papa Francesco, Udienza generale, 20-I-2021.

[3]Fernando Ocáriz, Lettera pastorale 1-IX-2019, n. 19.

[4]San Josemaría, È Gesù che passa, n. 134.

Romana, n. 73, Luglio-Dicembre 2021, p. 195-197.

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