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Vicario ausiliare: “Aspettiamo l’elezione del nuovo prelato in atteggiamento di preghiera allo Spirito Santo”, opusdei.org (30-XII-2016)

Ecco di seguito una intervista in cui Mons. Fernando Ocáriz parla del percorso che porterà al Congresso elettivo dell’Opus Dei, che si terrà il prossimo mese di gennaio a Roma.


(A cura di

Rodrigo Ayude)

Lo scorso 22 dicembre Mons. Fernando Ocáriz, vicario ausiliare dell’Opus Dei, ha convocato pubblicamente il Congresso che sceglierà il successore di Mons. Javier Echevarría a capo della Prelatura. A partire dal 21 gennaio si riunirà il plenum del Consiglio per le donne della Prelatura, che deve presentare al Congresso le sue proposte di candidati. Le prime votazioni del Congresso elettorale si avranno il 23 gennaio.

— Come si sta vivendo nella prelatura dell’Opus Dei questo periodo di preparazione alla elezione del nuovo prelato? Come vicario ausiliare, quali sono i suoi sentimenti in questi momenti?

Penso che tutti e tutte nella Prelatura stiamo vivendo questo periodo in un atteggiamento di preghiera, particolarmente rivolti allo Spirito Santo. Il Congresso elettorale comincerà proprio con una Messa votiva allo Spirito Santo, per chiedergli di guidare tutti i nostri passi. La fede ci dà la certezza che il Signore guida la sua Chiesa, e dunque anche questa porzione del suo popolo.

Inoltre, questo tempo di Natale ci permetterà di preparare il nostro cuore al Congresso elettorale con lo sguardo rivolto all’essenziale: Gesù Cristo, il Bambino-Dio, volto della Misericordia del Padre. Nel contemplare il mistero del Presepe, troviamo anche la Vergine Maria, Madre della Chiesa, e ci affidiamo alla sua intercessione.

Viviamo questi giorni molto uniti al Santo Padre Francesco e a tutta la Chiesa, della quale l’Opus Dei è una piccola parte. Com’è logico, è forte il sentimento di gratitudine per il lavoro pastorale e il buon esempio che ci ha lasciato Mons. Javier Echevarría.

Seguendo le orme di san Josemaría e la testimonianza dei suoi due primi successori, stiamo valutando nel cuore l’eredità che abbiamo ricevuto, che dobbiamo saper convertire in luce e consolazione per il mondo di oggi, come hanno cercato di fare nei secoli i discepoli di Cristo. Sono convinto che ci uniremo di tutto cuore al prelato che sarà scelto, per aiutarlo a guidare la Prelatura nella società di oggi.

— Nelle due elezioni precedenti è stato scelto come prelato il numero 2 dell’Opus Dei: nel 1975 il beato Álvaro del Portillo, che per anni era stato il principale collaboratore del fondatore. Poi, alla morte di Mons. del Portillo, è stato scelto colui che fino allora era stato vicario generale, Mons. Javier Echevarría. Pensa che questa tendenza potrebbe ripetersi nelle future elezioni?

In effetti, nelle elezioni precedenti si è verificata questa circostanza. Penso che ciò sia avvenuto a motivo delle personalità e delle biografie dei due primi successori, che erano stati formati direttamente da san Josemaría. Gli elettori votarono in coscienza per queste persone. Non fu una procedura automatica. Parve loro che la cosa migliore fosse scegliere chi aveva lavorato più da vicino con il fondatore.

Da allora alcune circostanze sono cambiate: il nuovo prelato non sarà più una persona che ha lavorato in modo altrettanto diretto con il fondatore come avevano fatto il beato Álvaro del Portillo e Mons. Javier Echevarría, anche se è probabile che lo abbia conosciuto e frequentato.

Secondo me, nel Congresso elettorale vi sono molti candidati validi, buoni e prudenti, che potrebbero assumere l’incarico. Gli elettori hanno la responsabilità di votare liberamente colui che, in coscienza, considerano più idoneo. Il nome della persona che risulterà eletta sarà immediatamente trasmesso a Papa Francesco, perché è richiesta la conferma del Romano Pontefice.

— Quando si svolgono le elezioni, l’opinione pubblica suole fare una lettura in chiave politica. Spesso si parla di correnti, di tendenze, ecc. Come reagisce, lei, di fronte a questo tipo di ragionamenti?

Sono interpretazioni che appaiono lontane da coloro che vivono l’elezione secondo una prospettiva spirituale ed ecclesiale. Chi ha la responsabilità di una elezione di questo tipo ripone la propria sicurezza nella “corrente” dello Spirito Santo, come ci invitava a fare Papa Francesco alcuni giorni fa, quando gli si parlava dell’immediato futuro dell’Opus Dei.

Certe volte, come lei dice, si fanno letture parziali, in chiave troppo umana o politica. Quando si mette l’accento su aspetti del genere, la varietà viene presentata come un problema. A mio modo di vedere, il pluralismo e la varietà sono una grande ricchezza. Gli elettori dell’Opus Dei — come gli altri fedeli della Prelatura — provengono da Paesi dei cinque continenti, hanno modi di essere molto diversi, varie tendenze culturali, gusti e stili propri della loro terra e della loro famiglia. Questa diversità, tanto stimolata da san Josemaría, è compatibile con l’essenziale: la fedeltà al carisma ricevuto dal fondatore e riconosciuto dalla Chiesa. La fedeltà a questa eredità spirituale (con alcuni tratti particolarmente marcati come il senso della filiazione divina, la ricerca della santificazione nelle circostanze ordinarie di ogni giornata, la mentalità laicale e l’anima sacerdotale, ecc.) assicura una unità di fondo fra tutti.

— I due prelati precedenti sono stati collaboratori diretti del fondatore. Con l’elezione del terzo prelato, comincia una nuova epoca per l’Opus Dei?

Mi vengono in mente alcune parole che Mons. Echevarría ci diceva spesso: «L’Opus Dei è nelle vostre mani, in quelle di ogni persona dell’Opera». È una realtà che in questi momenti riacquista una forza nuova. Le attuali circostanze sono una chiamata alla responsabilità, perché ciascuno di noi dovrà stare più attento a incarnare il legato di san Josemaría nel mondo attuale, fra la gente di oggi.

Indubbiamente, colui che sarà scelto come prelato conterà sulle preghiere dei fedeli dell’Opus Dei e di moltissime altre persone. Potrà anche appoggiarsi sul gruppo di persone che formerà e lavorare con gli altri: la collegialità è un’altra caratteristica principale dell’eredità di san Josemaría.

— Quali saranno, secondo lei, le principali sfide che dovrà affrontare il nuovo prelato dell’Opus Dei?

La sfida principale sarà quella di aiutare ogni persona dell’Opus Dei a saper fare la Chiesa nel suo posto di lavoro, nel suo ambiente professionale, nel mondo della cultura e della famiglia. Con la loro testimonianza cristiana i fedeli della Prelatura possono aiutare le persone di oggi a trovare Cristo: nel bel mezzo della strada, in una società sempre più pluralista. In tal senso, è necessario compiere una catechesi attuale nel mondo delle professioni, lì dove la gente si trova.

Un’altra sfida consiste nel dare gioia e speranza al mondo di oggi. Non a un mondo ideale ma a questo nostro mondo complesso, pieno di ferite, che ha tanto bisogno della carità. In altre parole, santificare la vita ordinaria di oggi, portando Cristo in tutte le periferie esistenziali, come ci ricorda Papa Francesco.

Con la grazia di Dio, sarà possibile formare persone che si sforzino di vivere con il cuore in Cristo e i piedi per terra, ben conoscendo i propri limiti. La gioia di vivere il messaggio cristiano, incarnato nella propria vita, potrà essere diffusa fra gli altri: da meccanico a meccanico, da infermiera a infermiera, da commerciante a commerciante, da giornalista a giornalista…

Si deve anche incentivare l’iniziativa personale di migliaia di persone che, mosse dall’amore a Cristo e agli altri, siano in grado di avviare quelle iniziative che rispondano alle grandi sfide del nostro tempo: l’onestà e l’etica professionale, lo sradicamento della povertà, l’aiuto ai rifugiati, la mancanza di lavoro, la promozione della famiglia, ecc. Riassumendo, magari contribuissimo a edificare la Chiesa come mondo riconciliato con Dio, secondo la frase di sant’Agostino.

Romana, n. 63, Luglio-Dicembre 2016, p. 325-328.

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