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15 dicembre. Messa solenne di suffragio nella basilica di Sant’Eugenio

Alle 19 di giovedì 15 dicembre, nella basilica di Sant’Eugenio, è stata celebrata una Messa solenne di suffragio per l’anima di Mons. Javier Echevarría. Con il vicario ausiliare dell’Opus Dei, Mons. Fernando Ocáriz, hanno concelebrato: Mons. Mariano Fazio, vicario generale; Mons. José Javier Marcos, vicario segretario; Mons. Guillaume Derville, direttore spirituale della Prelatura; il Rev. José Velaz, delegato dell’Opus Dei per Camerun, Costa d’Avorio e Congo; Mons. Ramón Herrando, vicario regionale di Spagna; il Rev. Matteo Fabbri, vicario regionale d’Italia; il Rev. Albert Marianetti, vicario regionale di India e Sry Lanka; Mons. José Andrés Carvajal, il quale, insieme a Mons. Ocáriz, accompagnava il prelato nella sua vita quotidiana.

Era presente un gran numero di persone, mosse da sentimenti di gratitudine e di affetto verso il prelato. Erano presenti anche alcuni parenti di Mons. Javier Echevarría, personalità del mondo civile, cardinali, arcivescovi, vescovi e religiosi.

All’omelia, Mons. Fernando Ocáriz ha detto:

«Le parole di Gesù che abbiamo appena ascoltato sono una meravigliosa apertura del suo cuore, nella quale Egli parla al Padre e ai suoi discepoli. Così anche noi, come cristiani, siamo chiamati a parlare con Dio e con i nostri fratelli.

L’evangelizzazione, l’apostolato, è proprio il frutto del rapporto d’intimità con Dio, come scrisse san Josemaría: “Il tuo apostolato dev’essere un traboccare della tua vita ‘al di dentro’”»[1].

«In questa celebrazione eucaristica in suffragio del vescovo e prelato dell’Opus Dei Mons. Javier Echevarría, il Vangelo porta alla mia memoria come egli cercasse spontaneamente, con naturalezza, di insegnarci ad amare Cristo e gli altri. Non c’era giorno in cui non commentasse qualche brano della Liturgia della Parola o degli altri testi della Messa. Lo faceva, certo, in meditazioni o conversazioni spirituali, ma anche nella semplicità della sua vita quotidiana. Così, allo stesso tempo, pregava e invitava a pregare: per un viaggio del Papa, per la pace in Siria, per le vittime delle calamità naturali, per i rifugiati, per i senza lavoro, per i malati, per cui ha sempre avuto una predilezione particolare. Anche se ritornava a Roma dopo un lungo viaggio, alcune volte, prima di andare a casa, si recava in un ospedale per visitare una persona malata. Tutti avevano un posto nel suo cuore. Aveva infatti imparato dal fondatore dell’Opus Dei ad “amare il mondo appassionatamente”, perché, come spiegava il Santo, “nel mondo ci incontriamo con Dio, perché nelle cose e negli avvenimenti del mondo Dio ci si manifesta e ci si rivela”»[2]. E così Mons. Echevarría amava la vita reale, i fatti, le storie vere e belle della misericordia di Dio.

«Aveva dovuto rispondere a una sfida: quella di essere successore di due santi, san Josemaría e il beato Álvaro del Portillo. Lui era convinto di non essere all’altezza. Ma, allo stesso tempo, aveva la forza spirituale e il coraggio di andare avanti, senza mai perdere la speranza, perché si sentiva come uno di quei piccoli ai quali il Signore ha rivelato il mistero del suo amore (cfr. Mt 11, 29).

«Aveva conosciuto in gioventù l’amore di Cristo. Innanzitutto, nel focolare domestico; poi, c’era stata per lui la grande luce dell’incontro con san Josemaría, che gli fece scoprire ancora più profondamente la bellezza dell’amore di Cristo. Ricordava che, in quel tempo, pochi giorni dopo aver incontrato per la prima volta san Josemaría, stando in macchina con lui e alcuni altri, lo sentì cantare una canzone popolare di amore umano che egli trasferiva al piano divino. Diceva così: “Ho un amore che mi riempie di gioia, ed è questo amore la meraviglia di ogni giorno”. Capì che quell’amore era l’Amore di Dio per noi, e che lo Spirito Santo infondeva nel nostro cuore l’amore per amare Dio e gli altri. “Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 30), dice Gesù, perché il giogo è l’amore: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15, 12).

«Quando Javier Echevarría fu ordinato sacerdote, anche se era molto giovane, la sua Messa era già diventata il centro e la radice della sua vita; “fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione”»[3], secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II. Per oltre sessant’anni, mentre si rivestiva con la casula per celebrare i santi misteri, amava pregare con il cuore quell’orazione della Chiesa che ricorda la dolcezza del giogo del Signore: l’immensità della sua carità e della sua misericordia, rivelata in modo eccelso in Gesù morto sulla Croce e risorto per noi.

«Seguendo l’esempio e gli insegnamenti di san Josemaría, Javier Echevarría è stato un uomo dal cuore grande, capace sia di perdonare che di chiedere perdono. È stato un grande amante del sacramento della Riconciliazione e della Penitenza, con il quale lasciamo entrare Gesù nella nostra anima e sperimentiamo la “piena libertà dell’amore con cui Dio entra nella vita di ogni persona”»[4], come scrive il Santo Padre Francesco. Mons. Echevarría, come vicario generale della Prelatura, non ha mai avuto altro scopo che quello di aiutare il beato Álvaro del Portillo nella sua missione di guidare questa piccola parte del Popolo di Dio. Successivamente, dopo la sua nomina a prelato da parte di san Giovanni Paolo II, il suo pensiero, il suo desiderio più ardente è stato quello di aiutare coloro che erano diventati suoi figli e sue figlie spirituali nel cercare veramente la santità che Dio ci vuole donare, nell’irradiare l’amore di Dio nell’ambiente in cui viviamo, specialmente mediante la ricerca della santificazione attraverso il lavoro e le attività della vita ordinaria: nella famiglia, con gli amici, nella società. Infatti, se n’è andato in Cielo pregando per la fedeltà di tutti.

«Il segreto di tutto ciò penso che possiamo scoprirlo nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato. È la preghiera, la fede nella presenza amorosa di Dio, che ci fa figli di Dio in Cristo mediante lo Spirito Santo: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11, 25). Effettivamente, la santità non è altro che la pienezza della carità in noi: far fruttificare i talenti che Dio ci dà, uscire da noi stessi verso gli altri; partecipare alla vita di Cristo, vale a dire, la crescita della filiazione adottiva nell’unico ed eterno Figlio del Padre. Si potrebbe dire che dentro il cuore di Mons. Echevarría aleggiava l’attesa impaziente della rivelazione dei figli di Dio, alla quale si riferisce san Paolo nella Lettera ai Romani (cfr. Rm 8, 19).

«Vorrei ringraziare i cardinali, gli arcivescovi e i vescovi, i fratelli nel sacerdozio, le religiose e i religiosi, le autorità civili e i tanti altri fedeli che hanno voluto unirsi alla nostra preghiera per Mons. Echevarría, e rendere grazie con noi per questa vita tutta dedicata al servizio agli altri.

«Adesso, vorrei aggiungere alcune parole, pensando specialmente ai fedeli della Prelatura. Se fosse qui tra noi colui che abbiamo chiamato Padre per ben ventidue anni, sicuramente ci chiederebbe di approfittare di questi giorni per intensificare il nostro amore per la Chiesa e per il Papa, di essere molto uniti fra noi e con tutti i nostri fratelli in Cristo. E ripeterebbe anche ciò che era divenuto sulle sue labbra, specie negli ultimi anni sulla terra, un ritornello: voletevi bene, amatevi sempre di più!E non solo sulle sue labbra: faceva impressione vedere come voleva bene agli altri. Ricordo ad esempio che il giorno prima della sua morte manifestò il suo disagio pensando di disturbare tante persone che si stavano prendendo cura di lui. Mi venne spontaneo dirgli: “No Padre, è lei che ci sostiene tutti”.

«Cari fratelli e sorelle, tutte le grazie ci arrivano tramite la mediazione di Maria. Il Padre l’amava molto. Fra i tanti santuari della Madonna nei quali si è recato a pregare con san Josemaría e il beato Álvaro, e poi come prelato, c’è quello di Nostra Signora di Guadalupe in Messico. La Provvidenza ha voluto che il Padre fosse chiamato al Cielo proprio il 12 dicembre, festa della Madonna di Guadalupe. Lo stesso giorno, quando la sua salute stava peggiorando, un sacerdote gli chiese se desiderava avere un’immagine della Madonna di Guadalupe di fronte a lui; il Padre rispose che non era necessario perché non sarebbe riuscito a vederla. Però aggiunse che, a ogni modo, la sentiva molto vicina a sé. Affidiamo alla Vergine Maria, spes nostra, speranza nostra, la nostra preghiera per Mons. Javier Echevarría, mentre ringraziamo il Signore per averci dato questo pastore buono e fedele».

[1] 1. SAN JOSEMARÍA, Cammino, n. 961.

[2] 2. SAN JOSEMARÍA, Colloqui, n. 70.

[3] 3. CONCILIO VATICANO II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 5.

[4] 4. PAPA FRANCESCO, Lett. ap. Misericordia et misera, 20-XI-2016, n. 2.

Romana, n. 63, Luglio-Dicembre 2016, p. 238-244.

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