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Il beato Paolo VI, san Josemaría e il beato Álvaro

Mons. Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, e san Josemaría Escrivá si incontrarono per la prima volta a Roma nel 1946. Da quel momento li ha sempre uniti un reciproco affetto. In occasione della beatificazione di Paolo VI, pubblichiamo un articolo di Cosimo di Fazio che si sofferma su alcuni dettagli della relazione del fondatore dell’Opus Dei e del beato Álvaro del Portillo con questo Pontefice.


È ben nota, per l’abbondante bibliografia pubblicata, la relazione tra Josemaría Escrivá e Giovanni Battista Montini. Il loro primo incontro avvenne a Roma, quando Montini era sostituto della Segreteria di Stato, e continuò dopo, quando fu eletto Papa con il nome di Paolo VI.

Molti testi di questa bibliografia affrontano soprattutto le questioni relative all’itinerario giuridico dell’Opus Dei. Tuttavia, anche nella corrispondenza “ufficiale” che intrattennero Montini ed Escrivá si può cogliere una relazione particolarmente intima e profonda tra loro. Non si tratta solo di una stima reciproca, ma di una comunione spirituale fra due uomini che la Chiesa propone come esempio a tutti i cristiani. I santi hanno sempre goduto di una sapienza singolare sulla vita interiore degli altri. Tra gli uomini di preghiera si stabilisce una sorprendente intuizione della santità altrui. Basti ricordare le parole del beato Ildefonso Schuster, cardinale arcivescovo di Milano, su san Josemaría, e viceversa. Lo stesso si può dire della sua relazione con Giovanni Battista Montini. Durante l’ultima udienza che Paolo VI concesse a san Josemaría, il 25-VI-1973, parlarono dell’ambito giuridico dell’Opus Dei e della situazione della Chiesa. Il Papa gli disse varie volte: «Lei è un santo!». Álvaro del Portillo domandò al Papa il permesso di raccontare questo episodio ai fedeli dell’Opus Dei dopo la morte del fondatore. Nell’ascoltare queste parole del Papa — raccontava don Álvaro — il fondatore, nella sua umiltà, rimase profondamente mortificato. Anche san Josemaría percepì la santità del Papa di Brescia. Nel 1967, per esempio, parlando a Madrid di Paolo VI ad alcuni membri dell’Opus Dei, sottolineò la sua «preoccupazione per la pace, quell’amore, quella preoccupazione per i più umili, quel desiderio che a nessuno mancasse nulla». Più tardi, Álvaro del Portillo fece riferimento — sempre con il permesso del Papa Paolo VI — alle parole da lui pronunciate durante una udienza del 1976, quando Paolo VI affermò che il fondatore dell’Opus Dei era «uno degli uomini che aveva ricevuto più carismi nella storia della Chiesa e che aveva risposto con maggiore generosità a quei doni di Dio».

Giovanni Battista Montini aveva sentito parlare del fondatore dell’Opus Dei nel 1943, quando era sostituto della Segreteria di Stato del Vaticano. In quegli anni — in piena guerra mondiale — risiedevano a Roma due persone dell’Opus Dei, José Orlandis e Salvador Canals. Furono loro a informarlo intorno al messaggio di Mons. Escrivá, lasciandogli una copia di Cammino, il suo libro più conosciuto, che Montini comprese con singolare acutezza; e da allora consigliò la venuta del fondatore a Roma.

Le notizie che andò ricevendo sull’Opus Dei e la meditazione sulle pagine di Cammino lo impressionarono in modo del tutto particolare, come si deduce da una nota indirizzata a don Álvaro del Portillo il 20-VI-1946. Si erano conosciuti pochi giorni prima. Don Álvaro aveva invitato a pranzo il Sostituto e aveva richiesto una udienza di san Josemaría, che pochi giorni dopo sarebbe arrivato a Roma, con il Papa. Montini gli rispose dicendo che non poteva lasciare il suo lavoro in Vaticano in quei momenti, e aggiunse: «Sono felice per la notizia che mi dà (l’arrivo del fondatore). Sarà un gran piacere per me conoscere una persona di tanto valore. Dobbiamo concordare un appuntamento per il pomeriggio, se è possibile, per una conversazione che spero sia utile alla mia anima».

Il primo incontro di Giovanni Battista Montini con il fondatore avvenne alcuni giorni dopo aver scritto questa nota, l’8 luglio. Montini disse a Escrivá e a del Portillo che lo rallegravano molto le notizie sul lavoro apostolico dell’Opus Dei con gli studenti universitari. Lavorare con gli studenti era la passione pastorale di Montini. Questa passione risaliva all’epoca della sua nomina ad assistente della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana).

Inoltre queste notizie arrivavano quando sia il Papa Pio XII che lui stesso erano afflitti per la persecuzione dei cattolici in diversi Paesi del mondo. La fiducia e l’intimità diventavano più evidenti man mano che la conversazione procedeva. Montini finì col dirgli che desiderava parlare con lui «come a un nuovo fratello». San Josemaría, buon conoscitore delle anime, capì che il Sostituto era un uomo di profonda vita spirituale. Per questa ragione, alla fine dell’udienza, gli chiese la benedizione. Montini si sorprese fino al punto da dimenticare il protocollo della curia, e gli disse: «Ma sei tu che devi darla a me!». Questo rapporto di confidenza continuò, come si deduce dalle lettere e dai documenti di san Josemaría e del beato Álvaro su questioni relative all’itinerario giuridico dell’Opus Dei. In una nota, scritta dopo il colloquio dell’11-XI-1946, san Josemaría scrisse: «Ho fatto visita a Montini. Quando vado in Vaticano e vedo quanto ci vogliono bene, benedico mille volte il Signore per quello che abbiamo sofferto». E disse che era stato necessario passare attraverso la Croce per arrivare a quella risurrezione. Montini gli assicurò che pregava tutti i giorni per l’Opus Dei. San Josemaría ha ricordato in diverse occasioni questi incontri, sino alla fine della sua vita: «Le prime parole di affetto e di incoraggiamento che ho sentito a Roma — scrisse — furono quelle di Mons. Giovanni Battista Montini».

La nomina di Montini ad arcivescovo di Milano, nel 1954, e la sua successiva elezione a Pontefice, nel 1963, diminuirono la frequenza di quegli incontri, pur conservando l’amicizia e la sintonia spirituale.

Il beato Álvaro, testimone qualificato di questi incontri, ha dichiarato in una intervista del 1982: «Ho potuto constatare in modo particolarissimo l’affetto di Paolo VI al Padre [san Josemaría] in una udienza». Più avanti il Papa gli confermò che leggeva Cammino da molti anni, con un gran bene per la sua anima, e gli domandò a che età lo avesse pubblicato. Quando gli rispose che lo aveva dato alle stampe a trentasette anni, ma che il nucleo del libro era già apparso nel 1934 sotto il titolo di Consideraciones Espirituales, quando il fondatore aveva circa trent’anni, il Papa rimase pensieroso e disse: «Allora lo scrisse nella maturità della gioventù».

Romana, n. 59, Luglio-Dicembre 2014, p. 340-342.

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