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Nella Messa per l’inaugurazione dell’anno accademico, Pontificia Università della Santa Croce, Roma (7-X-2013)

«Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore». Sono parole che abbiamo cantato prima del Vangelo ed è ciò che oggi, all’inizio di questo nuovo anno accademico, chiediamo specialmente alla Terza Persona della Santissima Trinità: che ci colmi dei suoi doni e ci infiammi col fuoco del suo amore per corrispondere costantemente all’amabile volontà di Dio.

La vita del cristiano consiste infatti nel camminare «secondo lo Spirito», come ci ricorda San Paolo nel brano della lettera ai Galati che abbiamo udito poco fa. E l’Apostolo precisa con determinazione che non è possibile armonizzare il camminare «secondo lo Spirito» con il «soddisfare il desiderio della carne», poiché «si oppongono a vicenda». Per questo, il nostro impegno, che ribadiamo in questo momento mentre si celebra la Santa Messa, non può essere altro che quello di lasciarci «guidare dallo Spirito» in ogni circostanza della nostra vita. Ciò significa accogliere le sue costanti mozioni, sia quelle che immette direttamente all’interno della nostra anima, sia quelle che ci vengono attraverso i canali normali della vita cristiana, specialmente l’Eucaristia e la Confessione, senza dimenticare che anche nell’ambito della vita ordinaria e universitaria interviene il Paraclito, in particolare per quanto riguarda la conoscenza e la trasmissione della Parola di Dio in tutti i suoi aspetti.

Soltanto lasciandoci guidare dallo Spirito è possibile produrre quei frutti di bene che l’Apostolo enumera nella stessa lettera ai Galati: «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé». Sono segni che indicano che la nostra vita si svolge conformemente al volere divino, in un continuo progredire, eliminando le tendenze egoistiche; segni quindi dell’identificazione con Cristo, poiché «coloro che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri» per vivere una vita in Dio.

«Manda il tuo Spirito, Signore», ribadiamo con le parole dell’antifona del Salmo responsoriale, consapevoli che senza questa presenza divina che viene dall’alto non è possibile camminare verso Dio, né compiere la missione di «rinnovare la terra» di cui parla la stessa antifona. Il mondo si rinnoverà tramite la nostra vita, attraverso di noi — poveri uomini —, se accogliamo lo Spirito divino, perché Dio vuole fare cose grandi per mezzo della nostra scienza e della nostra pietà. Lo segnalava Benedetto XVI nella sua Lettera apostolica con la quale indiceva l’Anno della fede, che si avvia verso la conclusione. Affermava che il «cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato. La fede è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui. E questo “stare con Lui” introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede. La fede, proprio perché è atto della libertà, esige anche la responsabilità personale e anche sociale di ciò che si crede. La Chiesa nel giorno di Pentecoste mostra con tutta evidenza questa dimensione pubblica del credere e dell’annunciare senza timore la propria fede a ogni persona. È il dono dello Spirito Santo che abilita alla missione e fortifica la nostra testimonianza, rendendola franca e coraggiosa» (n. 10).

Gesù stesso illuminò questa realtà nell’Ultima Cena, come abbiamo sentito nel Vangelo della Messa. In quel momento sublime disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paraclito, che io manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi darete testimonianza, perché siete con me fin dal principio» (Gv 15,26-27). Erano parole rivolte in primo luogo agli Apostoli, ma non solo a loro: erano rivolte a tutti i suoi discepoli di tutti i tempi. Mi viene in mente il commento di Papa Francesco nell’udienza generale di mercoledì 15 maggio a proposito del testo giovanneo che parla di «Spirito di verità». Dopo aver segnalato che Gesù è la verità che nella pienezza dei tempi si è fatta carne (Gv 1,1.14), aggiungeva che «abbiamo bisogno di lasciarci inondare dalla luce dello Spirito Santo, perché Egli ci introduca nella Verità di Dio, che è l’unico Signore della nostra vita. In quest’Anno della fede chiediamoci se concretamente abbiamo fatto qualche passo per conoscere di più Cristo e le verità della fede, leggendo e meditando la Sacra Scrittura, studiando il Catechismo, accostandoci con costanza ai sacramenti. Ma chiediamoci contemporaneamente quali passi stiamo facendo perché la fede orienti tutta la nostra esistenza».

Prima di concludere, vorrei ricordare la preghiera allo Spirito Santo composta da San Josemaría nel lontano aprile del 1934: «Vieni, Santo Spirito! Illumina la mia intelligenza per conoscere i tuoi mandati. Fortifica il mio cuore contro le insidie del nemico. Infiamma la mia volontà... Ho ascoltato la tua voce e non voglio indurirmi e respingerti dicendo: “Dopo... domani”. Nunc coepi! Ora! Non sia mai che il domani mi venga meno. Spirito di verità e di sapienza, Spirito di intelletto e di consiglio, Spirito di gioia e di pace! Voglio quello che vuoi, voglio perché vuoi, voglio come vuoi, voglio quando vuoi».

Maestra di una fedeltà piena allo Spirito Santo è nostra Madre Santa Maria, come ci ricordava il Romano Pontefice quando affermava: «Pensiamo a Maria che “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19.51). L’accoglienza delle parole e delle verità della fede perché diventino vita si realizza e cresce sotto l’azione dello Spirito Santo. In questo senso occorre imparare da Maria, rivivere il suo “sì”, la sua disponibilità totale a ricevere il Figlio di Dio nella sua vita, che da quel momento è trasformata».

Romana, n. 57, Luglio-Dicembre 2013, p. 233-235.

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