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Discorso alla cerimonia di dedicazione di una piazzetta in onore di San Josemaría, Ovindoli, Italia (1-X-2013)

È per me una grande gioia partecipare a questa celebrazione in onore di San Josemaría, che ha tanto amato la terra abruzzese e che passò davanti a questa piazzetta il 5 novembre 1949.

San Josemaría amava dire che per i cristiani comuni la vita quotidiana è luogo di incontro con Dio. In questo momento, in questa piazza nel cuore di Ovindoli, siamo riuniti insieme per ricordare che ognuno di noi è chiamato a vivere il Vangelo “nel bel mezzo della strada, santificando la propria professione o il proprio mestiere; santificando la vita di famiglia, le relazioni sociali, e ogni altra attività”[1].

Questi luoghi erano cari anche al Beato Giovanni Paolo II, che più volte ha trascorso momenti di riposo e di preghiera tra le belle montagne dell’Abruzzo, anche qui a Ovindoli. Fu proprio lui a definire San Josemaría “il Santo dell’ordinario”, e a proporlo come esempio per ricordare a tutti i battezzati la chiamata alla santità nel lavoro e nella vita quotidiana. Tutti noi infatti siamo chiamati alla santità. E la santità consiste nell’amare Dio e il prossimo. Ogni lavoro onesto può diventare preghiera, perché può essere un atto d’amore. Di fatto la maggior parte dei fedeli dell’Opus Dei svolge mestieri e lavori che potrebbero essere considerati poco importanti; ma non è così, perché ciò che realmente rende importante un lavoro è l’amore con cui lo si realizza.

Lo scopo della Prelatura dell’Opus Dei è proprio la diffusione di questo messaggio tra la gente, al servizio e in collaborazione con ogni diocesi. Per questo motivo, chiedo a tutti voi di sostenere con la preghiera il lavoro che realizzano i fedeli della Prelatura dell’Opus Dei, laici e sacerdoti, in Abruzzo, in Italia e in tutto il mondo.

Sono ormai molte migliaia le persone che negli ultimi 40 anni sono venute ai Casali delle Rocche, per incontri di preghiera e di studio, e anche per trascorrere ore serene di riposo. Inizialmente fu donato al Centro Elis un edificio molto semplice, poco più di un rudere, che è diventato l’attuale Casale Antico. A esso si è poi aggiunto il resto del Centro convegni, grazie al lavoro di ristrutturazione realizzato negli anni da professori e alunni della Scuola Professionale dell’Elis di Roma.

San Josemaría fu molto contento quando ricevette la notizia dell’inizio delle attività dei Casali di Ovindoli, alla fine degli anni ’60. A riprova del suo amore per questa regione, promosse negli stessi anni la nascita del Centro internazionale Tor d’Aveia, a San Felice d’Ocre, dall’altra parte dell’Altipiano delle Rocche, dedicato soprattutto a incontri di studio, ritiri spirituali e alla formazione di futuri sacerdoti.

Come abbiamo ascoltato, soprattutto dopo il terremoto del 2009 i fedeli dell’Opus Dei, insieme a molti amici e colleghi, hanno cercato di intensificare le attività in favore della popolazione abruzzese, per aiutare la ripresa, che deve essere sia materiale sia spirituale. È compito di ciascuno di noi farsi carico delle necessità di chi gli sta intorno, a cominciare dai più poveri e bisognosi. La chiamata alla santità non si può ridurre a qualcosa di individualistico e privato. Come Papa Francesco non si stanca di insegnare, il Signore ci chiama ad aprirci personalmente agli altri: “Prendete il largo — ha detto di recente —, uscite da voi stessi; uscire dal nostro piccolo mondo e aprirci a Dio, per aprirci sempre più anche ai fratelli. Aprirci a Dio ci apre agli altri!”[2].

Sono sicuro che tutti coloro che passeranno da questa piazzetta potranno contare sulla speciale e affettuosa intercessione di San Josemaría, per poter realizzare questo compito gioioso di aprirsi al servizio del prossimo. La cerimonia di oggi ci incoraggia, ancora una volta, a prendere sul serio la chiamata alla santità, uscendo da noi stessi per donarci agli altri. Affido alla Madonna queste intenzioni, con la certezza della sua protezione materna.

[1] SAN JOSEMARÍA, Amici di Dio, n. 54.

[2] PAPA FRANCESCO, Discorso ai giovani di Cagliari, 22-IX-2013

Romana, n. 57, Luglio-Dicembre 2013, p. 242-243.

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