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Discorso nell’investitura di nuovi Dottori “honoris causa”, Università di Navarra, Spagna (27-X-2011)

Eccellentissimi Signori, Stimatissime Autorità, Collegio Accademico e studenti di questa Università, Signore e Signori,

l’aver accolto nel Collegio Accademico tre eminenti personalità come nuovi dottori honoris causa costituisce oggi un altro motivo di giubilo e di speranza per l’Università di Navarra. Infatti, oltre a provare una profonda e sincera gioia nel riconoscere i loro alti meriti, la comunità accademica si sente vivamente incoraggiata perché riconosce, come in occasioni precedenti, che — in tre campi molto significativi del sapere — questi maestri sono riusciti a superare le difficoltà del cammino e a portare benefici a molti con la fecondità del loro eccellente e impegnativo lavoro.

I tre nuovi dottori, anche se specialisti in campi diversi, condividono un elemento comune: un profondo vincolo all’istituto universitario.

Il celebre pittore Antonio López, membro della Real Academia de San Fernando, uno dei massimi esponenti del realismo contemporaneo in Spagna, è considerato il padre della scuola iperrealista madrilena. Dotato di una precoce vocazione per le arti plastiche, ha studiato all’Accademia di Belle Arti di San Fernando e ha visitato l’Italia, meta di tanti artisti e di tanti maestri. La sua opera si caratterizza per un acuto senso della ricerca della realtà, una disposizione che lo mette anche nelle condizioni di riconoscere l’impronta di Dio nelle creature. Dal 2006 dirige all’Università di Navarra il laboratorio di pittura figurativa, in cui si formano le giovani promesse che si avvicinano alla sua concezione di un’arte tanto splendida.

Il cardinale Péter Erdö, Arcivescovo di Esztergom-Budapest e Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, è una chiara dimostrazione di apertura della mente alla conoscenza della realtà, nei suoi aspetti più diversi. Dottore in teologia e in diritto canonico, materie delle quali è stato professore nel seminario di Esztergom-Budapest, è membro dell’Accademia Ungherese delle Scienze e di vari Dicasteri della Curia Romana, ai quali apporta la sua profonda formazione come canonista e teologo. La carriera del Cardinal Erdö è strettamente legata alla vita accademica: è stato Rettore dell’Università Cattolica Pázmany Péter, della quale attualmente è Gran Cancelliere, e negli anni passati ha collaborato come professore di Diritto Canonico alla Pontificia Università della Santa Croce di Roma. È stato, ed è, un grande cultore della storia, grande maestra di vita.

Il professor Joseph Weiler spicca come uno dei maggiori esperti in Diritto dell’Unione Europea ed è anche un grande accademico, perché ha studiato e lavorato — fra l’altro — nelle Università di Cambridge, Firenze, Michigan, Harvard, Singapore e Copenaghen. Al massimo livello di docenza, oggi è professore dell’Università di New York, oltre che membro dell’Accademia Americana delle Arti e delle Scienze. Le sue pubblicazioni sono numerose e profonde.

La cerimonia della concessione di questi dottorati si trasforma ancora una volta in una celebrazione per tutta la comunità universitaria. La straordinaria professionalità dei tre nuovi dottori ci consente di riflettere sul lavoro di formazione delle giovani personalità e sull’impegno di ampliare le frontiere della conoscenza mediante la ricerca scientifica. Il primo Gran Cancelliere di questa Alma Mater ha insegnato che l’istituzione universitaria, per essere feconda, deve prima di tutto non accontentarsi di mete mediocri, ma aspirare ad maiora, alle cose più elevate, agli orizzonti più vasti.

In effetti, se volge lo sguardo su sé stessa, l’università scopre che le luci e le ombre di ogni momento spuntano quale riflesso dell’epoca che le è toccato affrontare; contemporaneamente, questo panorama indica talune esigenze che non è possibile eludere, se si vuole influire responsabilmente sul proprio tempo. Tanto alti si dimostrano gli ideali accademici, che i motivi di soddisfazione appaiono sempre mescolati a una serie di limitazioni, che richiedono di affinare la visione e di raddoppiare l’impegno, sempre con un animo positivo, che nel caso di questa università si fonda nell’esercizio delle virtù umane e cristiane.

I valori ai quali un’Alma Mater deve tendere sempre come propri si riassumono, essenzialmente, in quelli che la universitas studiorum si propose di servire fin dall’inizio, oltre sette secoli orsono. L’audacia di questo progetto storico si manifesta nell’ambizione di armonizzare fra loro le conoscenze fondamentali. Per raggiungere una così ardua e suggestiva meta, appare evidente che il metodo adeguato non può essere che un costante scambio di notizie dei professori, tra loro e con gli studenti, con una tensione continua e armonica verso la verità. La universitas studiorum si attua attraverso la «unione di maestri e discepoli che hanno la voglia e l’intenzione di apprendere il sapere»[1], come il Re Saggio definiva la congiunzione dei rami accademici, che collaborano armonicamente per raggiungere i fini propri dell’educazione superiore.

Potremmo domandarci da dove proviene l’ispirazione di un’impresa tanto ambiziosa, qual è la forza che — non senza alti e bassi — mantiene vivo ed efficace un progetto che ha cambiato la faccia del mondo, rendendolo più unitario e più umano. Tra i diversi e coraggiosi apporti di cui ha beneficiato l’università, non si può non sottolineare con determinazione la forza illuminante del Cristianesimo. Il rigore storico ci fa ricordare, senz’ambagi, che l’istituzione universitaria sorge soprattutto come progetto nato in seno alla Chiesa, senza la quale non sarebbe stato realizzabile ciò che oggi noi intendiamo per modernità.

Il momento attuale si presenta gravido di sfide. Come in periodi precedenti non meno ardui, la comunità accademica non deve ripiegarsi su sé stessa: sarebbe una grave irresponsabilità. Deve rispondere, invece, alle diverse sfide che le si presentano, ravvivando i motivi della speranza.

«Ma — si domandava Benedetto XVI durante la recente Giornata Mondiale della Gioventù — dove troveranno i giovani questi punti di riferimento in una società sgretolata e instabile? Certe volte si pensa che la missione del professore universitario sia oggi esclusivamente quella di formare professionisti competenti ed efficienti, che possano soddisfare la domanda lavorativa del momento. Si dice anche che l’unica cosa da privilegiare nell’attuale congiuntura è la capacità tecnica. Oggi è sicuramente diffusa questa visione utilitaristica dell’educazione, anche di quella universitaria, propagata soprattutto da ambiti extra-universitari. Tuttavia — diceva il Papa ai professori riuniti all’Escorial —, voi che avete vissuto come me l’università, e che la vivete ora da docenti, sentite certamente il desiderio di qualcosa di più elevato, che corrisponda a tutte le dimensioni dell’uomo. Sappiamo che quando la sola utilità e il pragmatismo immediato si ergono a criterio principale, le perdite possono essere drammatiche: dagli abusi di una scienza senza limiti, ben oltre sé stessa, fino al totalitarismo politico che si ravviva facilmente quando si elimina qualsiasi riferimento superiore al semplice calcolo di potere. Invece, la genuina idea di università è proprio ciò che ci preserva da quella visione riduttiva e viziata di tutto ciò che è umano»[2].

Se si persegue sinceramente il rinnovamento dell’entusiasmo per la verità, si recupererà l’ottimismo caratteristico dell’atteggiamento sapienziale, che tenta di decifrare gli enigmi che si celano nel nucleo intelligibile della realtà, respingendo la tendenza a rimanere alla superficie delle questioni. Si otterrà così che la concezione del mondo non tenda a disperdersi in specializzazioni sempre più anguste e isolate, come se fossero estranee l’un l’altra, e si eviterà che il conseguimento universale della conoscenza diventi un concetto privo di senso. Di fronte a questa dinamica centrifuga, che porta alla disgregazione, oggi si avverte nuovamente che il dialogo interdisciplinare è irrinunciabile per una ricerca innovativa.

A sua volta, soltanto l’avvicinamento sapienziale alla natura, alla società e alla persona, alla verità della sua origine e del suo destino, può offrire una solida base all’educazione delle nuove generazioni che frequentano le aule, le biblioteche e i laboratori. Gli anni che questi giovani trascorrono nella loro Alma Mater sono decisivi per la formazione dell’intelligenza e della personalità di quelli che stanno per affrontare le promesse e le difficoltà della vita. Rispettando con cura la libertà degli studenti, i professori — come ho affermato — devono instaurare un dialogo personale con i discepoli, e anche tra loro, per ampliare gli orizzonti culturali e avviarsi al superamento di tante perplessità morali che si erigono al loro sguardo, in un ambiente sociale che — se non si reagisce — è sul punto di perdere ogni sostanza etica. Ben lontana da offrire loro un rifugio protettivo, riduttivo, l’università deve contribuire a temprare l’animo dei giovani, in modo che si lancino coraggiosamente — ora e in seguito — a rivitalizzare una società più libera, creativa e solidale: più cristiana. È questo un panorama che infonde speranza e che invita a una visione piena di ottimismo che deve consolidarsi.

Se, nel momento attuale, l’interdisciplinarità è un fattore chiave sul piano scientifico, in ambito personale l’università deve offrire un ambiente caratterizzato dall’apertura all’universale, presente nelle corporazioni accademiche sin dalla loro origine storica. L’incontro di docenti e discenti di assai diverse provenienze e mentalità arricchisce la famiglia universitaria; infatti, ampliando la visione del mondo, questo dialogo permanente prepara le nuove generazioni a lavorare in un universo globale, capace di superare le incomprensioni e i pregiudizi. L’università si presenta così come una scuola di pace e di mutua comprensione, che contribuisce a moderare le passioni e a eliminare la violenza dall’orizzonte personale e sociale.

Il Fondatore dell’Università di Navarra, San Josemaría Escrivá de Balaguer, ci ha lasciato una testimonianza viva di pienezza umana e cristiana, unita a una concezione dell’istituzione universitaria che sintetizza lucidamente i cammini che conviene seguire in una situazione così variabile come l’attuale. Quando, come spesso accade, i centri d’insegnamento superiore deviano verso impostazioni riduttive, assai lontane dalla migliore tradizione universitaria, le parole del nostro primo Gran Cancelliere mostrano ancora una volta la loro profondità e la loro attualità: «Salveranno questo nostro mondo — permettetemi di ricordarlo —, non quelli che vogliono narcotizzare la vita dello spirito, riducendo tutto a questioni economiche o di benessere materiale, ma quelli che hanno fede in Dio e nel destino eterno dell’uomo, e sanno accogliere la verità di Cristo come luce che orienta l’azione e la condotta. Infatti, il Dio della nostra fede non è un essere lontano che contempla indifferente la sorte degli uomini. È un padre che ama ardentemente i propri figli, un Dio Creatore che prorompe in affetto per le proprie creature e concede all’uomo il grande privilegio di poter amare, superando così tutto ciò che è effimero e transitorio»[3].

Invece di sottomettersi a esigenze unicamente pragmatiche, l’università deve riorientarsi continuamente verso la ricerca della verità, un percorso che dev’essere accompagnato dall’amore al bene e dal godimento della bellezza. Anche se a breve termine può sembrare produttivo il conseguimento di risultati immediati e limitati, puntare incondizionatamente sui valori trascendentali — la verità, il bene e la bellezza — si è sempre dimostrato e si dimostra fecondo. Offre la chiave della formazione integrale delle personalità giovani, alla quale ci spinge la missione affidata dal suo Fondatore all’Università di Navarra.

La passione per la verità elimina la tentazione del relativismo, che impone come regola di condotta ciò che più conviene all’individuo caso per caso. Tale individualismo egoista appare come l’atteggiamento più lontano dall’autentico impegno universitario. Infatti, come la verità supera l’opinione soggettiva, l’apertura al bene prevale sull’interesse opportunista e il godimento della bellezza si trova al di là di un sentimentalismo puramente emotivo.

L’educazione universitaria si deve forgiare su una visione ampia e profonda dell’essere umano. Questa antropologia aperta alla trascendenza richiede il contributo delle diverse scienze, con un particolare accento nel campo umanistico. La coltivazione e la docenza della teologia e della filosofia garantiscono che l’umanesimo universitario non si riduca a un’aggregazione superficiale di cognizioni, ma aspiri a ottenere una visione equilibrata e integrale della persona, dando anche tutto il loro valore alle scienze applicate, che saranno sempre imprescindibili.

Il senso della vita autentica che l’università deve stimolare è un tessuto di generosità e di traguardi elevati; nel formare professionisti competenti, gli studi superiori non intendono procurare ai loro laureati un semplice profitto di tipo individualista, ma vogliono renderli capaci di offrire alla società un servizio assai più fecondo. Tutti i grandi aneliti, il desiderio di conoscere, l’entusiasmo per la ricerca d’avanguardia, la preoccupazione positiva e costruttiva di fare passi avanti verso una società più dinamica e più giusta, hanno riflessi positivi su chi li coltiva, che ottiene così un guadagno assai superiore di chi si lascia irretire nel groviglio della mediocrità e delle soddisfazioni immediate.

Nella dinamica universitaria giocano un grande ruolo la forza della sana emulazione e la decisione di seguire liberamente l’esemplarità. I giovani guardano verso quelli che hanno già fatto grandi passi avanti sulla via del sapere e del servizio, e si rendono conto che — anche in una congiuntura storica così complessa e coinvolgente come la nostra — è possibile raggiungere notevoli traguardi professionali grazie a un lavoro impegnativo e a un’etica assai esigente. Per questo — ammirando nei tre nuovi dottori honoris causa la loro vicinanza alla bellezza, alla verità e al bene — facciamo a ciascuno le nostre più sincere felicitazioni, ringraziandoli per l’esempio che il loro vasto e brillante curriculum trasmette a tutti i componenti dell’Università di Navarra, e affidiamo il loro sapere alla protezione di Santa Maria, Madre del Bell’Amore.

[1] ALFONSO X IL SAGGIO, Siete Partidas, partida II, título XXXI.

[2] BENEDETTO XVI, Discorso durante l’Incontro con i giovani professori durante la Giornata Mondiale della Gioventù, 19-VIII-2011.

[3] SAN JOSEMARÍA, Discorso durante la cerimonia d’investitura dei dottori honoris causa, 9-V-1974.

Romana, n. 53, Luglio-Dicembre 2011, p. 292-297.

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