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Roma (4-XI-2009) Nel XXV anniversario della Pontificia Università della Santa Croce. Discorso nell’inaugurazione dell’anno accademico 2009-2010.

Un’università romana ideata da San Josemaría Escrivá e realizzata da Mons. Álvaro del Portillo

Permettetemi di rievocare, attingendo anche ai miei ricordi personali, la realizzazione di un antico desiderio di San Josemaría: promuovere a Roma un Centro universitario di studi ecclesiastici. La Pontificia Università della Santa Croce, che quest’anno compie un quarto di secolo, si deve proprio al suo amore alla Chiesa e al sacerdozio; e fu il suo successore, il Servo di Dio Mons. Álvaro del Portillo, a realizzare questo progetto.

“Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam”

Josemaría Escrivá ebbe sempre una viva e operosa coscienza dell’esigenza di comunione con il Romano Pontefice, quale nota distintiva della missione dei cristiani nel mondo, che affermò ripetutamente fino alla fine dei suoi giorni. Il suo apostolato era cristocentrico, mariano e “petrino”; tre caratteristiche condensate in una frase paradigmatica: «Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam». Tale espressione, che si ritrova spesso nei suoi testi più antichi[1], è il riflesso del suo slancio per portare le anime a una comunione affettiva ed effettiva con il Romano Pontefice.

Il Papa non rappresentò mai per questo santo sacerdote una figura per così dire astratta. In lui vedeva non solo il Vicario di Cristo, ma anche una persona in carne e ossa, che viveva, pregava e si prodigava per la Chiesa, in un tempo e luogo ben definiti. Amò i Pontefici del suo tempo e si unì sacerdotalmente a ognuno di essi; prima di trasferirsi in Italia, soleva recarsi idealmente a Roma per sentirsi più vicino al Papa. Per molti anni offrì ogni giorno una parte del Rosario, che recitava per strada, per l’Augusta Persona e le intenzioni del Romano Pontefice: «Con l’immaginazione mi mettevo accanto al Santo Padre quando celebrava la Messa (non sapevo come fosse la cappella del Papa, e tuttora non lo so), e al termine del Rosario facevo una comunione spirituale, con il desiderio di ricevere dalle Sue mani [cioè, dal Papa] Gesù Sacramentato»[2].

Da giovane sacerdote aveva preso in considerazione la possibilità di trasferirsi nella Città Eterna, per ottenere il dottorato in Diritto Canonico. Si sarebbe avverato così il suo vivo desiderio di vedere il Papa, di andare a pregare sulla tomba di San Pietro e di visitare i luoghi legati alla storia dei primi cristiani, per i quali nutriva profonda venerazione. All’inizio del 1929 lo confidò a un amico, che era stato suo compagno nel Seminario di Logroño, e questi gli suggerì di iscriversi all’Angelicum, dove i corsi si tenevano solo di mattina. In questo modo, di pomeriggio avrebbe potuto frequentare altre lezioni nel Palazzo di Sant’Apollinare, sede di “un’università molto prestigiosa”, retta dal clero secolare, l’attuale Università del Laterano[3].

Ben presto, tuttavia, si rese conto che almeno per il momento i disegni di Dio erano diversi. Il 2 ottobre 1928 il Signore gli aveva fatto conoscere la sua volontà e cioè la fondazione dell’Opus Dei; e una seconda luce fondazionale, ricevuta il 14 febbraio 1930, gli aveva fatto capire che anche le donne rientravano in quei piani divini. La missione ricevuta da Dio richiedeva una dedizione esclusiva, senza distrazioni, e pertanto il dottorato ecclesiastico a Roma doveva attendere tempi migliori. San Josemaría non poteva immaginare che proprio il Palazzo dell’Apollinare sarebbe diventato un giorno la sede della Pontificia Università della Santa Croce.

Durante il pontificato di Pio XI (1922-1939) molti cattolici si recarono nella Città Eterna, specialmente per i tre giubilei indetti dal Papa (1925, 1929 e 1933). La crescente venerazione per il Romano Pontefice e il suo riconosciuto prestigio morale attrassero a Roma folle mai viste prima. La maggiore facilità delle comunicazioni, soprattutto dopo la “Conciliazione” del 1929, contribuì inoltre a incoraggiare i pellegrinaggi.

Anche San Josemaría sarebbe stato felice di recarsi a Roma, ma l’incessante attività sacerdotale e la precaria situazione economica in cui si trovava non glielo permisero. A quel desiderio alluderà poi in un punto di Cammino: «Cattolico, Apostolico, Romano! — Mi piace che tu sia molto romano. E che abbia desiderio di fare il tuo pellegrinaggio a Roma, videre Petrum, per vedere Pietro»[4].

A Roma poté invece recarsi Isidoro Zorzano, il primo membro dell’Opus Dei, il quale descriveva in una lettera al Fondatore, datata gli ultimi giorni di settembre del 1933, la profonda impressione avuta nel visitare la Roma cristiana[5]. Nell’anima del Fondatore dell’Opera la venerazione per il Romano Pontefice si andava accrescendo e consolidando, come ebbe a scrivere nei suoi Appunti intimi: «Grazie, mio Dio, per l’amore al Papa che hai messo nel mio cuore»[6]. Sentimento, questo, inseparabile dall’amore per Roma, centro della cristianità.

San Josemaría a Roma nel 1946

San Josemaría ebbe sempre il desiderio di “romanizzare” l’Opera. Nel 1931, quando aveva intorno a sé un gruppo ancora esiguo di persone, aveva scritto nei suoi Appunti intimi: «Sogno la fondazione di una casa a Roma — quando l’Opera di Dio sarà ben avviata —, che sia il cervello dell’organizzazione»[7].

Questo progetto cominciò a prendere corpo quando San Josemaría arrivò a Roma, nel 1946, per lavorare all’approvazione pontificia dell’Opus Dei. Dopo un faticoso viaggio per mare, non privo di peripezie anche per le precarie condizioni di salute in cui versava, volle trascorrere la sua prima notte nella Città Eterna in preghiera per la persona del Papa. Dal terrazzo dell’appartamento in cui alloggiava, in piazza della Città Leonina, poteva distinguere chiaramente le finestre del vicino appartamento pontificio.

Nei giorni successivi ebbe la gioia di pregare sulla tomba di San Pietro e di essere ricevuto in Udienza privata da Pio XII. Dopo una di quelle Udienze, nel dicembre del 1946, confidò in una lettera al Nunzio di Sua Santità in Spagna, Mons. Gaetano Cicognani: «Il Santo Padre mi ha ricevuto in Udienza privata: è incredibile l’affetto dimostrato per il nostro Opus Dei»[8].

Era venuto a Roma deciso a cercare una casa in cui ubicare il cervello o — come anche amava dire — il cuore dell’Opera. Dopo molte ricerche, nel 1947 si trovò l’attuale Villa Tevere, destinata a diventare la sede centrale dell’Opus Dei, a costo di notevoli sacrifici per superare le persistenti ristrettezze economiche, e grazie alla collaborazione e alla generosità di cooperatori di tutto il mondo.

Progettò immediatamente di far venire a studiare a Roma i suoi figli, e poi le sue figlie, affinché si formassero rigorosamente nelle scienze ecclesiastiche: per “romanizzarsi”, o per “imparare Roma stessa”, per dirla con parole di Giovanni Paolo II, giunto nella capitale della cristianità anch’egli nel 1946, quasi contemporaneamente a Josemaría Escrivá[9]. La prossimità ai tesori di fede e di storia che l’Urbe custodisce fece crescere ulteriormente l’amore del Fondatore dell’Opus Dei per il successore di San Pietro e per la Chiesa romana. Il 9 giugno 1948 consegnò a un vibrante appunto le seguenti parole: «Roma! Sono grato al Signore dell’amore per la Chiesa, che mi ha dato. Per questo mi sento romano. Per me, Roma è Pietro (...). Non è facile che questo povero sacerdote dimentichi la grazia del suo amore per la Chiesa, per il Papa, per Roma. Roma!»[10].

Dopo qualche settimana, il 29 giugno 1948, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della Città Eterna, eresse il Collegio Romano della Santa Croce. Doveva essere un centro internazionale frequentato, con il passare degli anni, da migliaia di uomini dell’Opus Dei provenienti da molti Paesi, per ricevere un’accurata formazione dottrinale, spirituale, ascetica e apostolica, e completare un esigente curriculum di studi ecclesiastici. Nel 1953 sarebbe iniziato, in un’altra sede, un centro analogo rivolto alle donne: il Collegio Romano di Santa Maria. Il Collegio Romano della Santa Croce iniziò con soli quattro alunni, ma il numero crebbe rapidamente, e sei anni dopo aveva già superato il centinaio.

All’inizio gli alunni frequentavano gli Atenei pontifici di Roma. Ma già allora, in appunti manoscritti del Fondatore circa il programma per l’anno accademico 1949-50, si legge: «Coordinare gli studi con l’Angelicum. Finché non sia possibile organizzare il grande Centro docente universitario a Roma». E poi: «Fare in modo di formare laureati nelle Facoltà ecclesiastiche, facendo venire laici giovani al Coll. Romano: poi, professori, ecc.»[11].

Nel frattempo era necessario trovare una sede per il Collegio Romano diversa da Villa Tevere, che era prevista per gli uffici della sede centrale dell’Opus Dei. Una delle possibili soluzioni che si presentarono fu un edificio accanto all’Oratorio del Gonfalone, tra il Lungotevere e via Giulia, in una zona allora degradata, che il Comune di Roma desiderava riqualificare[12]. Si presentò anche la possibilità di una sede nel terreno dove sorge la chiesa dei Santi Quattro Coronati. I progetti tuttavia si arenarono e il Fondatore dovette accontentarsi di Villa Tevere come sede provvisoria del Collegio Romano, in attesa della soluzione definitiva, che sarebbe arrivata solo nel 1974. E così per diversi anni si impartirono in quel centro anche le lezioni del ciclo istituzionale degli studi ecclesiastici.

Le Facoltà ecclesiastiche dell’Università di Navarra

Nel 1952, con l’impulso spirituale di San Josemaría, nacque a Pamplona un’istituzione accademica chiamata Estudio General de Navarra, che avrebbe costituito, con l’andar del tempo, un grande aiuto per creare a Roma un Ateneo ecclesiastico. Nel 1960 fu eretta dalla Santa Sede la Facoltà di Diritto Canonico. Al termine di lunghi preparativi, e dopo un rodaggio durato una decina d’anni, il 1º novembre 1969, il dicastero vaticano competente — d’accordo con la Conferenza Episcopale Spagnola — eresse la Facoltà di Teologia dell’Università di Navarra.

Intanto, a Roma, il Fondatore dell’Opus Dei seguiva con attenzione le attività di un centro di formazione per sacerdoti, il CRIS (Centro Romano di Incontri Sacerdotali), che vari suoi figli avevano avviato nella Città Eterna. Li incoraggiava con vigore a sviluppare quell’iniziativa che, oltre ad avere una chiara finalità pastorale di servizio e di aiuto spirituale ai sacerdoti, promuoveva attività di riflessione scientifica e culturale in campo teologico e canonistico. Il CRIS organizzava seminari e riunioni con professori di diverse Facoltà, oltre a conferenze specialistiche; ricordo in modo particolare quella pronunciata nel 1974 dall’allora Cardinale Karol Wojtyla.

Verso la metà degli anni Settanta, le Facoltà ecclesiastiche dell’Università di Navarra e il Collegio Romano della Santa Croce si erano ormai da tempo consolidati: esisteva un corpo accademico qualificato ed era maturata una buona esperienza didattica e di ricerca. Tuttavia San Josemaría non riuscì a veder nascere a Roma l’iniziativa universitaria tanto attesa, perché il Signore lo chiamò alla sua presenza il 26 giugno 1975.

L’inizio dell’attività universitaria a Roma

Con Mons. Álvaro del Portillo alla guida dell’Opus Dei cominciò la cosiddetta “tappa della continuità nella fedeltà”. Mons. del Portillo si adoperò strenuamente per mantenere vivo lo spirito fondazionale e per realizzare alcune imprese importanti lasciate da San Josemaría ai suoi successori; in particolare la trasformazione giuridica dell’Opus Dei in prelatura personale.

Nel 1982, Mons. del Portillo ci indicò che era arrivato il momento di avviare a Roma qualcosa di simile alle Facoltà ecclesiastiche dell’Università di Navarra. Era convinto che i tempi fossero maturi e quell’iniziativa si potesse ormai intraprendere nella Città Eterna. E ci ricordò esplicitamente che si trattava di un antico desiderio del nostro Fondatore.

All’età di quasi settant’anni, Don Álvaro era pronto a dar vita a un’impresa di vasta portata, che richiedeva fede, audacia e una decisa volontà di servizio alla Chiesa e alle anime. Poteva indubbiamente contare sulla grazia di Dio e sulla benedizione del Papa Giovanni Paolo II, che seguiva il progetto con interesse, e anche sulla disponibilità di professori ben preparati. Sono sempre rimasto edificato dall’umiltà del mio predecessore, che non attribuì a sé stesso alcun merito, precisando che tutto ciò era possibile grazie all’orazione e ai sacrifici offerti da San Josemaría per questa intenzione.

A volte eravamo portati a pensare che il progetto riguardasse un futuro più o meno lontano. Don Álvaro, invece, spazzò via ogni perplessità e ci chiese di preparare quanto prima la documentazione necessaria. Mons. del Portillo orientò il progetto con prudenza e perseveranza. Perseguiva l’obiettivo con sorprendente determinazione e tenacia, nonostante le inevitabili e peraltro normali difficoltà incontrate strada facendo. Fu lui stesso, per esempio, a suggerire una formula per realizzarlo, che si rivelò nel contempo innovativa e audace: non era necessario fondare una nuova istituzione universitaria perché bastava aprire Sezioni romane delle Facoltà ecclesiastiche di Navarra.

Furono necessari parecchi preparativi: costituire un corpo docente, trovare gli immobili idonei, reperire risorse economiche, ecc. Nessuna di queste sfide fu per lui motivo di preoccupazione: dinanzi alle difficoltà — amava ribadire — dobbiamo pensare che anche l’aiuto del Signore sarà proporzionato.

Finalmente, appena un anno dopo quei primi passi, nell’ottobre del 1984 il Centro Accademico Romano della Santa Croce apriva i battenti, con due Facoltà (Teologia e Diritto Canonico) e una quarantina di alunni. L’erezione formale del Centro Accademico ebbe luogo il 9 gennaio 1985. Su suggerimento del Cardinal Palazzini, che rese possibile con generosità e lungimiranza questa decisione, come sede materiale furono scelti alcuni edifici ceduti dal Patronato di San Girolamo della Carità.

Mons. del Portillo desiderava che il centro fosse caratterizzato da una piena adesione al Magistero della Chiesa, da un fecondo dialogo con la cultura contemporanea, da un’accurata formazione scientifica degli studenti e dalla migliore assistenza spirituale possibile. Sapeva che i vescovi avevano fiducia che quell’aiuto ai sacerdoti e seminaristi delle loro diocesi non sarebbe venuto a mancare, e proprio per questo era solito dire che non si poteva deluderli. Ma aveva soprattutto presente l’importanza di servire la Chiesa contribuendo a formare sacerdoti e laici pronti a estendere il Regno di Cristo. Oltre a stabilire accordi con alcune istituzioni affinché offrissero alloggio agli alunni, si adoperò per la creazione di diversi convitti per sacerdoti, con il generoso contributo di molte persone. Creò anche, su suggerimento di Giovanni Paolo II, il Seminario Internazionale Sedes Sapientiæ per seminaristi di tutte le diocesi.

Ben presto la sede di San Girolamo della Carità risultò insufficiente. Ricordo bene quanto furono laboriose le trattative per ottenere in uso il Palazzo dell’Apollinare. Mons. del Portillo seguì con impegno queste trattative, e infatti i locali si sono dimostrati davvero adatti al servizio che la nostra università offre alla Chiesa.

Ho viva nella memoria la mobilitazione che mise in atto per riuscire a finanziare un’iniziativa di tali proporzioni, attraverso donativi sia di istituzioni, sia di privati. La risposta fu generosa. Il Servo di Dio Álvaro del Portillo sottolineava spesso che si faceva un gran bene innanzitutto a coloro ai quali si chiedeva aiuto, perché si offriva loro l’opportunità di collaborare a un’impresa al servizio della Chiesa e dei sacerdoti. Molti alunni sarebbero venuti da diocesi con risorse finanziarie piuttosto esigue, e perciò volle che sin dall’inizio si costituisse un fondo di borse di studio.

Il 9 gennaio 1990, anniversario della nascita di San Josemaría, la Congregazione per l’Educazione Cattolica, visto il notevole sviluppo del Centro Accademico, lo eresse come Ateneo, con le Facoltà di Teologia e Filosofia e, poco dopo, di Diritto Canonico, e nominò Mons. del Portillo primo Gran Cancelliere. Il 23 marzo 1994, il successore di San Josemaría rese santamente l’anima a Dio, al ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa, concludendo così una vita spesa interamente al servizio della Chiesa, dell’Opus Dei, dei sacerdoti, dei religiosi e del popolo cristiano. Con fedeltà alla Volontà divina e allo spirito del Fondatore dell’Opus Dei, aveva realizzato l’antico progetto di San Josemaría che compie oggi i primi venticinque anni di vita.

A me è toccata la gioia di assistere alla creazione della Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale, e alla concessione del rango di Università a opera del Papa Giovanni Paolo II, il 15 luglio 1998. Si è aperta così una nuova tappa, che stiamo percorrendo tuttora: seguire fedelmente gli esempi di amore e di servizio alla Chiesa che costituiscono la preziosa eredità di San Josemaría Escrivá e del Servo di Dio Álvaro del Portillo.

Con questi ricordi e auspici, dichiaro inaugurato l’anno accademico 2009-2010.

[1] L’abbreviava spesso con le iniziali “O.c.P.a.I.p.M.”. Sul significato di tale espressione in San Josemaría si vedano i commenti ai punti nn. 11 e 833 di Cammino, in SAN JOSEMARÍA, Camino, edizione critico-storica preparata da P. RODRÍGUEZ (ed.), 3ª ed., Rialp, Madrid 2004.

[2] Lettera 9-I-1932, n. 20, citato da A. VÁZQUEZ DE PRADA, in Il Fondatore dell’Opus Dei, Leonardo International, Milano 2004, vol. III, p. 32.

[3] Cfr. F. CASTELLS I PUIG, “Gli studi di teologia di San Josemaría Escrivá”, in Studia et Documenta, 2 (2008), pp. 105-144, p. 123. Successivamente l’università si sarebbe trasferita accanto al Palazzo del Laterano, diventando l’attuale Pontificia Università Lateranense. Cfr. Lettera di Vicente Sáenz de Valluerca a San Josemaría, 3-II-1929, in AGP, serie E-1, 0385-736-102.

[4] Cammino, n. 520.

[5] Scrive alla fine del viaggio, il 21 settembre 1933: «Dopo aver lucrato il Santo Giubileo, abbiamo visitato le catacombe di San Callisto; la visita è veramente emozionante; impressiona straordinariamente vivere alcuni momenti della vita dei primi cristiani proprio nel loro ambiente; si respira il loro spirito, la loro fede; l’anima si irrobustisce vedendo sfilare, con l’immaginazione, la vita dei martiri sepolti lì e la loro morte esemplare in nome della fede» (Lettera di Isidoro Zorzano a San Josemaría, 21-IX-1933, in AGP serie A.2, 0035-03-01).

[6] Apuntes íntimos, n. 1070, del 31-X-1933. Quel testo sarebbe entrato poi a far parte di Cammino (n. 573).

[7] Apuntes íntimos, n. 220, del 10-VIII-1931 (citato in A. VÁZQUEZ DE PRADA, Il Fondatore dell’Opus Dei, Leonardo International, Milano 2004, vol. III, p. 95).

[8] Lettera di San Josemaría a Mons. Gaetano Cicognani, 16-XII-1946, in AGP, serie A.3-4, 0259-01.

[9] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Dono e mistero: nel 50º del mio sacerdozio, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996, cap. V, p. 60.

[10] Relazione 9-VI-1948, in AGP, serie A.5, 0228-01-04 (pubblicata in A. VÁZQUEZ DE PRADA, op. cit., vol. III, p. 96).

[11] AGP, serie A.3, 0176-02-10.

[12] Cfr. AGP, serie A.2, 0049-03-04.

Romana, n. 49, Luglio-Dicembre 2009, p. 293-299.

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