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Roma (5-XI-2008) Nell’inaugurazione dell’anno accademico, Pontificia Università della Santa Croce

Carissimi professori, studenti e personale non docente,

all’inizio di questo vigesimo quinto anno di attività accademica del nostro Ateneo, vogliamo invocare lo Spirito Paraclito affinché il nostro impegno di studio e di lavoro, unito al sacrificio del Corpo e Sangue di Cristo, diventi anche offerta gradita alla Santissima Trinità.

Come sapete, lo slittamento del nostro abituale appuntamento è dovuto allo svolgimento della dodicesima Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che nelle scorse settimane ha riflettuto su “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, e al quale ho avuto la grazia di partecipare. All’inizio della prima Congregazione Generale, lo scorso 6 ottobre, il Santo Padre volle meditare con i Padri sinodali su alcuni versetti del Salmo 118 con cui il Popolo di Dio elogia la legge divina. In uno di questi leggiamo: «La tua parola, Signore, è stabile come il cielo» e il Papa commentava: «Si parla della solidità della Parola. Essa è solida, è la vera realtà sulla quale basare la propria vita [...]. La Parola di Dio è il fondamento di tutto, è la vera realtà. [...] Realista è chi costruisce la sua vita su questo fondamento che rimane in permanenza».

Esempio di vita trasformata e costruita sulla Parola — che è roccia stabile e ha il volto di Cristo — è certamente quella dell’apostolo Paolo, che sulla via di Damasco ebbe l’esperienza della forza della Parola che salva e ne diventò intrepido araldo. Infatti, l’Apostolo delle genti, che veneriamo particolarmente in quest’anno a lui dedicato, s’inserì in quell’amorevole conversazione di Dio con gli uomini, accolse la Parola e la trasmise agli altri, dopo averla tradotta nella propria vita quotidiana. Come San Paolo, anche noi, cristiani del secolo XXI, siamo chiamati a conversare con Dio: la Parola che ci rivolge, essendo veritiera e solida realtà, ci sollecita a rispondere nell’intimo del nostro cuore e nell’esteriorità della nostra condotta. In questo processo lo Spirito Santo ci illumina e ci fa capire in quale modo la Parola di Dio ascoltata e meditata debba essere attuata nella vita concreta. Ecco perché conviene rivolgersi frequentemente al Paraclito, in modo particolare ogni volta che intravvediamo che Dio attende la nostra corrispondenza al suo amore.

Nella stessa meditazione alla quale poc’anzi mi riferivo, il Santo Padre segnalava che la nostra parola umana, in confronto con la stabilità di quella divina, è invece «quasi un niente nella realtà, un alito. Appena pronunciata, scompare. “Sembra” essere niente. Ma già la parola umana ha una forza incredibile. Sono le parole che creano poi la storia, sono le parole che danno forma ai pensieri...». La parola umana, quale strumento per comunicare con Dio e con gli altri, deve manifestare ciò che l’uomo serba nel proprio cuore: le sue attese e i suoi desideri, la propria visione della realtà e l’esperienza di vita, sono riflessi della grandezza dell’uomo, creato come essere relazionale, a immagine e somiglianza di Dio. La parola è, quindi, un gran dono del Signore. Mediante vocaboli umani è stata trasmessa agli uomini la Parola di Dio. Nella lettera ai Romani, l’Apostolo ci insegna ciò che lo Spirito Santo gli ha fatto comprendere del «mistero taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora e annunziato mediante le scritture» ( Rm 16,25-26). Con parole umane, noi cristiani cerchiamo di lodare e ringraziare Dio per tutti i suoi benefici e cerchiamo di recare con naturalezza agli altri la gioia del Vangelo. Più in concreto, nelle università pontificie trasmettiamo la Sacra Dottrina, e nelle nostre quattro Facoltà studiamo la Parola rivelata nella storia, le parole che regolano la vita sociale della Chiesa, le parole di saggezza che spiegano il nostro essere e il nostro agire, e la tecnica delle parole per l’efficacia della comunicazione. Tutto è in rapporto alla Parola divina e alle parole umane!

Per questo, diventa compito primario che il nostro parlare — nel lavoro, nella vita familiare, nei rapporti sociali — trovi il suo fondamento nella Parola divina. Non è indifferente il contenuto, o la forma e il tono delle nostre parole, che devono servire per fare sempre il bene e mai il male. Al riguardo, San Josemaría Escrivá insegnava: «Abìtuati a parlare cordialmente di tutto e di tutti; in particolare di quanti lavorano al servizio di Dio. E quando non è possibile, taci!: anche i commenti bruschi o superficiali possono sconfinare nella mormorazione o nella diffamazione» (Solco, n. 902).

Invochiamo lo Spirito Santo, che scolpisce in noi l’immagine di Cristo, affinché sappiamo imitare Gesù nella sua conversazione amabile con tutti. Tutto il nostro dialogo, tutte le nostre conversazioni — cari professori, studenti e personale non docente — servano sempre ad arricchire e incoraggiare, a consolare chi soffre, a insegnare a chi non sa, a correggere amabilmente chi sbaglia, a sostenere il debole, e mai a mancare alla verità o alla carità.

Maria Santissima, che «serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» ( Lc 2,19), ci aiuti a costruire la nostra vita sul fondamento dell’ascolto e della meditazione della Parola, sotto la guida dello Spirito Santo presente nella Chiesa, e a passare sulla terra facendo il bene a imitazione del suo dilettissimo Figlio, Gesù.

Così sia.

Romana, n. 47, Luglio-Dicembre 2008, p. 276-277.

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