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Corriere della Sera(Milano) 8-III-2006 “A uomo e donna uguali responsabilità ma ruoli distinti”.

L’8 marzo significa non soltanto ricordare l’impegno profuso nel passato per superare la discriminazione della donna, ma significa saper immaginare quali benefici ci attendono quando la donna sarà pienamente valorizzata in tutti gli àmbiti della società.

La Sacra Scrittura, nel racconto della Genesi, ci presenta l’uomo e la donna come due modi di essere persona, due espressioni di una comune umanità. La donna è immagine di Dio né più né meno dell’uomo ed entrambi sono chiamati all’identificazione con Gesù, perfetto Dio e perfetto uomo.

Con questa premessa si comprende la malvagità della violenza sulla donna. Violenza che si esercita anche quando si commercia col corpo della donna, considerandolo come uno strumento e non come persona. Oppure quando si considera la maternità incompatibile con la carriera professionale.

Nel racconto della Genesi risalta un secondo elemento: la diversità. In famiglia, per esempio, il padre e la madre svolgono ruoli distinti, entrambi necessari, ma non scambiabili. La responsabilità è la stessa ma differisce il modo di esercitarla.

In tutto il contesto sociale, se la donna si omologa all’uomo o l’uomo alla donna, si produce un disorientamento per entrambi ed entrano in crisi le loro relazioni.

Sempre nella Genesi leggiamo che Dio affida il mondo all’uomo e alla donna. Entrambi devono lavorare con l’apporto adeguato al proprio genio per una società migliore. Le qualità maschili e femminili si completano mutuamente per realizzare questo compito comune. La discriminazione della donna non offende solo lei, costituisce una ferita a tutta la società che rimane priva di un apporto costitutivo e determinante.

Uomo e donna devono respingere i modelli stereotipati che spingono l’uomo a competere con durezza e la donna a comportarsi con frivolezza ed esibizionismo. Abbiamo bisogno di una cultura che superi il dominio e la seduzione per un nuovo scenario sociale senza vincitori e vinti.

Nella lettera alle donne Giovanni Paolo II considera indispensabile l’apporto della donna per l’«elaborazione di una cultura capace di conciliare ragione e sentimento», e per l’«edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità». Il genio femminile, con la sua attitudine innata di conoscere, comprendere e curare l’altro, estende il suo influsso alla famiglia e all’intera società.

La virtù della carità, che Benedetto XVI ha considerato al centro del suo Pontificato, porta a valorizzare le differenze, a sottolineare l’eguaglianza e invita alla collaborazione. La Chiesa tutta promuove il rispetto reciproco, l’apertura alla diversità e al servizio mutuo.

San Josemaría ricordava che «davanti a Dio, nessuna occupazione è di per sé grande o piccola. Tutto acquista il suo valore dall’amore con cui si realizza». Quando scopriamo che l’importante è la persona, le discriminazioni di qualsiasi genere perdono consistenza. La fede cristiana ha in sé il fermento per un cambiamento culturale se le donne e gli uomini sanno incarnarla nella loro vita quotidiana.

Romana, n. 42, Gennaio-Giugno 2006, p. 86-88.

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