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Nell’ordinazione sacerdotale di diaconi della Prelatura, Basilica di Sant’Eugenio 31-V-2003

Cari fratelli e sorelle, Carissimi diaconi.

1. Celebriamo l’Ascensione del Signore, solennità particolarmente gioiosa perché ci permette di contemplare Cristo che, acclamato da tutte le schiere degli Angeli, entra glorioso nel Cielo. Anche noi, membra del suo Corpo mistico, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro Capo, nella gloria[1]. Questa certezza attenua quel fondo di tristezza caratteristico dell’odierna festività. Anche gli Apostoli, nel constatare come, dopo tre anni trascorsi sempre al suo fianco, la separazione fisica da Gesù fosse ormai definitiva, si sentirono smarriti finché, mentre tenevano lo sguardo fisso in Gesù che si allontanava, gli Angeli rivolsero loro questa domanda: Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo[2]. Poi gli apostoli tornarono a Gerusalemme con grande gioia[3].

Fino a quando Gesù tornerà in forma gloriosa sulla terra, egli rimane in vario modo accanto a noi, per la potenza dello Spirito Santo. Il Concilio Vaticano II insegna che il Signore «è presente con la sua virtù nei sacramenti, di modo che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. È presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra scrittura. È presente, infine, quando la Chiesa prega e loda, Lui che ha promesso: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro” (Mt 18, 20)»[4]. Ed è presente, in primo luogo, «nel sacrificio della Messa sia nella persona del ministro (...), sia soprattutto sotto le specie Eucaristiche»[5]. Ed è proprio a questa presenza sacramentale che vorrei riferirmi brevemente, allo scopo di introdurre il significato di questa celebrazione liturgica in cui un gruppo di diaconi della Prelatura riceverà l’ordinazione presbiterale.

2. La recente enciclica di Giovanni Paolo II sull’Eucaristia sottolinea un punto centrale della dottrina cattolica: «Quando la Chiesa celebra l’Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del suo Signore, questo evento centrale di salvezza è reso realmente presente (...). Questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l’ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti»[6].

Se meditiamo queste parole, cercando di captarne a fondo il senso, balzerà dinanzi ai nostri occhi tutta la loro impressionante portata. Non abbiamo nulla da invidiare agli Apostoli: anche noi, uomini e donne del XXI secolo, quando partecipiamo alla Santa Messa con fede viva e con sincera pietà entriamo in diretto contatto con la Morte e la Risurrezione del Signore. L’azione salvifica compiuta dal Verbo Incarnato duemila anni or sono, grazie alla quale siamo stati riscattati dal peccato e costituiti quali figli di Dio, si rende sacramentalmente presente nel Santo Sacrificio dell’altare. Come affermava san Josemaría, «la Santa Messa è un sacrificio reale, attuale e propiziatorio». In quanto è reale ed attuale, ci dobbiamo sforzare ogni giorno per immergerci sempre di più in esso e, così, trasformare la nostra giornata in offerta santa, pura e immacolata a Dio Padre, con Cristo, nello Spirito Santo. In quanto è propiziatorio, sentiremo vivo dolore per le nostre negligenze, per non aver saputo in tante occasioni mettere la Santa Messa al centro della nostra vita.

Qualunque espressione di gratitudine a Cristo per questo dono inestimabile è insufficiente! Come ricorda il Papa, dovremmo vivere sempre prostrati «in adorazione davanti a questo Mistero: Mistero grande, Mistero di misericordia. Che cosa Gesù poteva fare di più per noi? Davvero, nell’Eucaristia, ci mostra un amore che va fino “all’estremo” (cfr. Gv 13, 1), un amore che non conosce misura»[7].

Ebbene, proprio per assicurare la presenza reale ed attuale del Sacrificio della Croce nel mondo, fino alla fine dei secoli, Cristo ha istituito il sacramento dell’Ordine. Grazie a questo sacramento, il Signore sceglie, consacra e manda alcuni uomini a rappresentarlo visibilmente dinanzi agli altri uomini. Quando predicano la parola di Dio o amministrano i sacramenti, i sacerdoti agiscono in persona Christi. Queste parole — come scrive il Santo Padre — significano «di più che “a nome”, oppure “nelle veci” di Cristo. In persona: cioè nella specifica, sacramentale identificazione col sommo ed eterno Sacerdote, che è l’autore e il principale soggetto di questo suo proprio sacrificio, nel quale in verità non può essere sostituito da nessuno»[8].

I sacerdoti sono strumenti vivi dell’Umanità Santissima del Signore: è Lui che dal Cielo opera attraverso di loro, specialmente nella Messa e nella Confessione. San Josemaría amava considerare questa realtà. Ecco una sua riflessione al riguardo: «Mi accosto all’altare e la prima cosa che penso è: Josemaría, tu non sei Josemaría (...): sei Cristo. Tutti noi sacerdoti siamo Cristo. Io presto al Signore la mia voce, le mie mani, il mio corpo, la mia anima: Gli do tutto. È Lui che dice: Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue. È Lui che consacra. Se no, io non potrei farlo. Lì si rinnova in modo incruento il divino Sacrificio del Calvario. Io dunque sto lì in persona Christi: faccio le veci di Cristo. Il sacerdote, come persona particolare, sparisce»[9].

3. Ora mi rivolgo a voi, figli miei diaconi. Nelle nostre riunioni durante i mesi di preparazione al presbiterato, vi ho parlato di nostro Padre come modello di vita pienamente sacerdotale. Conoscete molti aspetti della sua biografia e tutti vi saranno utilissimi per incidere a fuoco nella vostra mente il suo affascinante esempio di condotta sacerdotale e divenire così strumenti fedelissimi del Signore nell’opera di santificazione delle anime.

Conoscete molti aspetti della biografia di san Josemaría, tutti utilissimi. Desidero rammentarvi uno di questi aspetti così significativi, strettamente correlato con la rappresentazione visibile di Cristo Sacerdote, Maestro e Pastore, a voi affidata come missione. Mi riferisco alla necessità di essere sempre trasparenza viva del Signore, così che i fedeli, guardando a voi, ascoltando le vostre esortazioni, osservando il vostro modo di agire, possano scorgere in voi il volto santo e misericordioso del Redentore.

Ve lo ricordo richiamando alcune parole di san Josemaría: «Si chiede al sacerdote che impari a non porre ostacolo alla presenza di Cristo in lui, specialmente nei momenti in cui realizza il Sacrificio del Corpo e del Sangue del Signore e quando, nella Confessione sacramentale auricolare e segreta, perdona i peccati nel nome di Dio. L’amministrazione di questi due Sacramenti è così capitale nella missione del sacerdote, che tutto il resto deve far perno su di essa»[10]. La meta è alta, ma non certo irraggiungibile visto che il Signore ci concede con larghezza la sua grazia. Questa certezza vi darà sempre una pace inalterabile. Meditate l’insegnamento di san Gregorio di Nissa sul sacerdote: «Ieri e l’altro ieri era uno del popolo; all’improvviso appare come guida, precettore, maestro di pietà, ministro dei misteri nascosti; e questo egli compie senza aver nulla cambiato nell’aspetto del corpo o nella presenza esteriore. Nelle apparenze resta quello che era, ma per una forza invisibile, per una particolare grazia, viene mutato in meglio nell’anima»[11]. Oltre a questo, voi potrete valervi di una seria preparazione scientifica e spirituale e, ciò che è ancora più rilevante, delle preghiere di migliaia di altre persone.

Oggi a tutti noi viene spontaneo di chiedere al Buon Pastore di mandare alla Chiesa molti sacerdoti santi. Preghiamo in primo luogo per il Santo Padre, che con tanta generosità spende le proprie energie al servizio della Chiesa e dell’umanità intera; preghiamo per il Cardinale Vicario di Roma, per i vescovi e tutti i sacri ministri. E voi, genitori e fratelli dei nuovi sacerdoti, siate grati al Signore per l’affetto che ha mostrato verso la vostra famiglia: cercate di corrispondere a tanta predilezione rinnovando la vostra vita cristiana. I miei rallegramenti a tutti.

La Madonna fu associata in modo unico al Sacrificio della Croce. Sul Calvario, nella persona di san Giovanni, ricevette la missione di essere Madre di ciascun discepolo del suo Figlio e, in modo particolarissimo, dei sacerdoti. «Maria fece sua, con tutta la vita accanto a Cristo, e non soltanto sul Calvario, la dimensione sacrificale dell’Eucaristia»[12]. Se ci rivolgiamo a Lei con pietà di figli, se recitiamo bene il Rosario, contemplandone i misteri soprattutto nel corso del presente anno dedicato a questa devozione mariana, entreremo — come dice il Santo Padre — alla scuola di Maria, donna “eucaristica”[13], e progrediremo sempre di più nell’amore di Dio e degli altri per Dio. Così sia.

[1] Orazione colletta.

[2] Prima lettura (At 1, 11).

[3] Lc 24, 52.

[4] CONCILIO VATICANO II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 7.

[5] Ibid.

[6] GIOVANNI PAOLO II, Litt. enc. Ecclesia de Eucharistia, 17-IV-2003, n. 11.

[7] Ibid.

[8] GIOVANNI PAOLO II, Lett. apost. Dominicæ Cenæ, 24-II-1980, n. 8.

[9] SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Appunti tratti dalla predicazione, 10-V-1974.

[10] SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ, omelia Sacerdote per l’eternità, 13-IV-1973.

[11] SAN GREGORIO DI NISSA, Omelia sul Battesimo di Cristo.

[12] GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia, 17-IV-2003, n. 56.

[13] Cfr. Ibid., cap. VI.

Romana, n. 36, Gennaio-Giugno 2003, p. 92-95.

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