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Discorso pronunciato in occasione dell’atto accademico sulla Costituzione Apostolica “Ut sit”, svoltosi nel Pontificio Ateneo della Santa Croce. Roma 1-IV-1998

Eccellenze reverendissime, Magnifico Rettore, professori e alunni del Pontificio Ateneo della Santa Croce, Signori e Signore.

Nel concludere questa Giornata accademica nel quindicesimo anniversario della Costituzione Apostolica Ut sit, sento la necessità di rivolgermi alla Santissima Trinità con le parole ispirate dallo Spirito Santo alla Vergine Maria: Magnificat anima mea Dominum; et exsultavit spiritus meus in Deo salutari meo[1]. Questa esclamazione della Madonna mi sembra il modo migliore per manifestare la mia riconoscenza a Dio per il dono che ha concesso alla Chiesa in risposta alla supplica che il Beato Josemaría, Fondatore dell’Opus Dei, elevò quotidianamente al Signore da quando cominciò a sentire i primi presagi della Volontà divina, negli anni 1916 o ‘17, e fino al suo transito alla casa del Cielo, nel 1975.

In effetti l’atto pontificio che ha eretto il 28 novembre 1982 la Prelatura dell’Opus Dei, con bolla di esecuzione del 19 marzo 1983, non era altro che la realizzazione di quanto il Beato Josemaría chiedeva da tanto tempo alla Trinità Beatissima, accompagnato da moltissime persone di ogni ambiente sociale — in particolare dai poveri e ammalati, fin dai primi anni —, al fine di assicurare l’efficacia del servizio pastorale e apostolico che l’Opus Dei era chiamato a svolgere nella Chiesa per volontà di Dio. Il Romano Pontefice lo ha sottolineato in modo assai significativo cominciando il testo della Costituzione Apostolica con le parole ut sit, le stesse che il Fondatore dell’Opus Dei utilizzò quotidianamente per molti anni come giaculatoria rivolta alla Madonna: Domina, ut sit!

Nei primi momenti della vita dell’Opus Dei, il Beato Josemaría non ebbe fretta di sollecitare dall’autorità competente uno statuto giuridico-canonico per la creatura che Dio aveva fatto nascere nella sua anima il 2 ottobre del 1928. Fin dal primo momento poté contare, senza dubbio, sulla benedizione del vescovo di Madrid-Alcalà, l’indimenticabile Mons. Leopoldo Eijo y Garay, che il nostro Fondatore informava costantemente circa lo sviluppo dell’Opera. Nel contempo egli comprendeva, con la sua fine sensibilità giuridica, che nella dottrina canonica allora vigente non esisteva una veste adeguata per l’Opus Dei e, pertanto, preferì aspettare, impregnando di orazione, espiazione e lavoro tale necessaria attesa.

Molto espressive di questo suo modo di procedere sono alcune parole, tra tante altre, che pronunziò nell’ottobre del 1966, durante una riunione familiare a Roma. Pochi mesi prima, il 6 agosto, il Papa Paolo VI aveva promulgato il Motu Proprio Ecclesiæ Sanctæ, nel quale — in applicazione di alcuni decreti del Concilio Vaticano II — si precisava la figura giuridica delle prelature personali ad peculiaria opera pastoralia perficienda, delineata nei Decreti Presbyterorum Ordinis, n. 10, e Ad gentes, n. 20. Mons. Escrivá avvertiva che «prima viene la vita; poi, la norma». E aggiungeva, riferendosi espressamente all’iter giuridico dell’Opus Dei: «io non mi sono rinchiuso in un angolino a pensare a priori che veste sarebbe stata necessaria per l’Opus Dei. Quando è nata la creatura, l’abbiamo vestita; come Gesù Cristo che cœpit facere et docere (At 1, 1), prima faceva e poi insegnava. Abbiamo trovato l’acqua e, subito dopo, abbiamo tracciato il canale. Nemmeno per un istante ho pensato di scavare un canale prima di avere l’acqua. La vita, nell’Opus Dei, ha sempre preceduto la forma giuridica. Per questo, la forma giuridica deve essere come un vestito su misura»[2].

Diciassette anni dopo aver detto queste parole, per la misericordia di Dio e con l’intercessione della Madonna, sarebbe arrivato questo abito su misura mediante la promulgazione della Costituzione Apostolica Ut sit. Però già fin dal 1935, quando il lavoro apostolico era sul punto di espandersi in altre città e Paesi, il Beato Josemaría aveva in mente la convinzione che la soluzione giuridica adeguata alla realtà ecclesiale dell’Opus Dei era nella linea della giurisdizione personale. Il mio indimenticabile predecessore, Mons. Álvaro del Portillo, lo manifestava nella lettera che scrisse ai fedeli della Prelatura nel novembre del 1982, riportando una testimonianza di Mons. Pedro Casciaro, uno dei primi fedeli dell’Opus Dei, che lo aveva sentito dire al Fondatore in quel periodo[3].

L’iter giuridico è stato lungo: è stato un itinerario che si è dovuto fare, inevitabilmente, attraverso zone inesplorate, perché non c’era un percorso che fosse pienamente conforme al carisma ricevuto dal Fondatore dell’Opus Dei. Come lo sorprese il commento di un alto ecclesiastico a Roma, quando Mons. Álvaro del Portillo venne, dietro suo incarico, per accelerare l’approvazione pontificia dell’Opus Dei! Voi siete arrivati con un secolo di anticipo, si sentì rispondere don Álvaro. Però non era possibile attendere oltre. Anni dopo, ricordando questi momenti, il Beato Josemaría scriveva: «l’Opera appariva, al mondo e alla Chiesa, come una novità. La soluzione giuridica che cercava, come impossibile. Però, figlie e figli miei, non potevo aspettare che le cose fossero possibili! (...). Bisognava tentare l’impossibile. Mi premevano migliaia di anime che si donavano a Dio nella sua Opera, con questa pienezza della nostra dedicazione, per fare apostolato in mezzo al mondo»[4].

In effetti, come frutto dell’attività sacerdotale del Beato Josemaría, migliaia di persone, senza necessità di cambiare stato, si sentivano chiamate da Dio a vivere la vocazione cristiana in tutta la sua radicalità: a cercare l’identificazione con Gesù Cristo e a diffondere la chiamata universale alla santità e all’apostolato tra le persone di ogni classe sociale. E questo con uno spirito specifico, quello che Dio aveva comunicato al Fondatore dell’Opus Dei il 2 ottobre del 1928; uno spirito che insegna a cercare Cristo, a trovarlo, a frequentarlo e a farlo conoscere nelle circostanze comuni della vita, e concretamente nel lavoro professionale e nel compimento dei doveri ordinari.

Ai nostri giorni è calata a fondo nella coscienza della Chiesa la convinzione che tutti i fedeli sono ugualmente chiamati alla perfezione della carità. Però allora, negli anni ‘30 e ‘40, la situazione era differente. Il messaggio del Fondatore dell’Opus Dei trovava ostacoli che affondavano le loro radici nella vigente dottrina canonica, riflesso a sua volta della mentalità dominante: erano ancora lontani i tempi del Concilio Vaticano II. L’intuizione soprannaturale del Beato Josemaría si fondava sulla tradizione più genuina della Chiesa, perché era contenuta nel Vangelo. Veniva a dire al fedele comune, al laico e al sacerdote secolare: lì, al tuo posto, senza uscire dal tuo ambiente, il Signore ti chiama a vivere con pienezza la vocazione cristiana; col tuo lavoro professionale, mediante il compimento dei tuoi doveri di stato, stai contribuendo a informare l’intera società con la luce e la linfa di Cristo! Una vita comune, offerta a Cristo, dà sempre frutto.

Lo spirito e il messaggio del Beato Josemaría sono oggi — e lo sono già da vari anni — una realtà viva nel seno della Chiesa e nell’esistenza personale di molti cristiani che, con il loro impegno per diffonderli metterli in pratica, contribuiscono alla costante evangelizzazione della società civile. L’erezione dell’Opus Dei in Prelatura di ambito internazionale, avvenuta quindici anni fa, ha ulteriormente contribuito a rinforzare questa realtà. Ringraziamo dunque con fervore Dio Spirito Santo, che — come Guida ed Anima della Chiesa — sa trarre al momento opportuno dal tesoro del Vangelo nova et vetera[5], cose vecchie e nuove, per il bene dell’amata Sposa di Cristo. Sento il dovere filiale di manifestare ancora una volta, a nome di tutti i fedeli della Prelatura e mio personale, la profonda gratitudine verso il Santo Padre Giovanni Paolo II, per la sua comprensione e per le sue cure di Buon Pastore, che hanno reso possibile l’adeguata soluzione istituzionale dell’Opus Dei.

È anche logico che, in questa commemorazione, ci ricordiamo vivamente della figura del successore del Beato Josemaría, il Vescovo Prelato dell’Opus Dei Mons. Álvaro del Portillo, cui spettò la gioia e la responsabilità — onus et honor — di portare a felice conclusione i desideri del Fondatore: l’ottenimento dello statuto di prelatura per l’Opus Dei, figura giuridica specialmente congruente con il suo carisma e la sua ispirazione originari. In effetti, come segnala il Santo Padre nella Costituzione Apostolica Ut sit, «dal momento in cui il Concilio ecumenico Vaticano II ebbe introdotto nell’ordinamento della Chiesa (...) la figura delle prelature personali dirette alla realizzazione di peculiari opere pastorali, apparve chiaro che tale figura era perfettamente adeguata all’Opus Dei», in quanto «compagine apostolica che, formata da sacerdoti e da laici, uomini e donne, è allo stesso tempo organica e indivisa, cioè come una istituzione dotata di una unità di spirito, di fine, di regime e di formazione»[6]. Non abbiamo tempo di soffermarci ad illustrare con quanta fedeltà alla mente e alle istruzioni del Fondatore don Álvaro seppe portare a termine questo suo compito; con quanta forza difese la natura propria dell’Opus Dei; con quale costanza e pazienza percorse questo cammino irto di tante difficoltà.

Vorrei concludere invocando di nuovo l’aiuto della Madonna, Madre della Chiesa, Madre dell’Opus Dei, affinché continui a proteggere, con la sua intercessione, questa porzione del Popolo di Dio, in modo che prosegua fedelmente ed efficacemente il suo servizio alle anime attraverso una delicatissima fedeltà allo spirito che il Beato Josemaría ricevette da Dio. In tal modo non rimarrà defraudata la speranza della Chiesa, che — come si legge nel proemio della Costituzione Apostolica Ut sit — «rivolge le sue materne premure e le sue attenzioni verso l’Opus Dei (...), affinché esso sia sempre un valido ed efficace strumento della missione salvifica che la Chiesa adempie per la vita del mondo»[7].

[1] Lc 1, 46.

[2] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Parole in una riunione familiare, 24-X-1966.

[3] Cfr. MONS. ÁLVARO DEL PORTILLO, Lettera pastorale sulla trasformazione dell’Opus Dei in Prelatura personale di ambito universale, 28-XI-1982, n. 28; pubblicata in “Rendere amabile la verità. Raccolta di scritti di Mons. Álvaro del Portillo”, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1995. Il testo di riferimento si trova alle pagg. 64-65.

[4] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Lettera 25-I-1961, n. 19.

[5] Cfr. Mt 13, 52.

[6] GIOVANNI PAOLO II, Cost. Ap. Ut sit, 28-XI-1982, proemio (AAS 75 [1983] 423).

[7] Ibid.

Romana, n. 26, Gennaio-Giugno 1998, p. 89-92.

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