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Per l’inaugurazione dell’anno accademico 1997-98 del Pontificio Ateneo della Santa Croce, Mons. Echevarría ha presieduto una solenne concelebrazione eucaristica, durante la quale ha pronunziato la seguente omelia.

1. Nel dare inizio, con questa celebrazione eucaristica, ad un nuovo anno accademico, riviviamo ancora una volta l’evento proclamato nella prima lettura[1]: proveniamo da tanti Paesi, apparteniamo a razze e lingue diverse, ma ci raduna l’identica fede, lo stesso studio o lavoro, in questa istituzione universitaria.

Il prossimo anno della fase preparatoria al Giubileo del Duemila sarà dedicato allo Spirito Santo[2]; siamo quindi invitati a riscoprire la presenza e l’azione del Paraclito nella Chiesa e in ciascuno di noi[3] e, in questa prospettiva, ad aprirci alla virtù teologale della speranza. Questa Santa Messa dello Spirito Santo, con cui tradizionalmente si inaugura l’anno accademico, acquista pertanto un significato particolare.

Il testo di San Paolo ai Galati, che ci parla dell’incarnazione del Verbo nella pienezza dei tempi per farci dono dell’adozione filiale in Cristo, indica — come prova della verità di questa adozione — la presenza nei nostri cuori dello Spirito che grida “Abba”, Padre[4]. Commentando questo testo, Giovanni Paolo II fa notare che «l’incarnazione del Figlio di Dio, il suo concepimento, la sua nascita sono il presupposto dell’invio dello Spirito Santo»[5].

Se il mistero dell’incarnazione si è compiuto per opera dello Spirito Santo, è pure lo stesso Spirito che opera in noi l’identificazione con Cristo, meta di tutta la vita cristiana. Secondo le parole del Papa, infatti, lo Spirito Santo è colui che «nella grazia, rifà e quasi ri-crea l’uomo a somiglianza del Figlio (...). Lo Spirito Santo forma dal di dentro lo spirito umano secondo il divino esempio che è Cristo. In questo modo, mediante lo Spirito, il Cristo conosciuto nelle pagine del Vangelo si converte nella “vita dell’anima”, e l’uomo quando pensa, quando ama, quando giudica, quando agisce, addirittura quando sente, è conformato a Cristo, si fa “cristiforme”»[6]. Ed è per questo che «la Chiesa non può prepararsi alla scadenza bimillenaria “in nessun altro modo se non nello Spirito Santo” (DV 50)»[7].

Tuttavia, si tratta di «riscoprire lo Spirito Santo». Infatti, sebbene abbia un ruolo fondamentale nella economia della salvezza, purtroppo molti uomini ne ignorano la presenza e l’incessante attività nelle anime, fino al punto che, come ricordava il Beato Josemaría Escrivá, lo Spirito Santo continua ad essere il Grande Sconosciuto[8]. Noi cristiani, chiamati a vivere la vita nello Spirito, e ad esserne autentici annunziatori, dobbiamo in primo luogo riscoprire la presenza e l’azione del Paraclito dentro di noi.

A Lui ci rivolgiamo affinché, sotto la sua guida, ogni nostra attività abbia un solo scopo: amare Gesù. «Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore»[9]. Solo questo amore darà pieno significato alle nostre fatiche e al nostro servizio disinteressato alla Chiesa e a tutte le anime.

2. La vita dello Spirito spalanca le porte dell’anima alla virtù teologale della speranza, che riguarda non solo la nostra personale esistenza cristiana, ma anche i frutti dell’attività evangelizzatrice.

Di fronte all’esigenza di un amore autentico e generoso, di vera santità e, allo stesso tempo, alla quotidiana esperienza delle nostre miserie personali, è indispensabile riscoprire la gioiosa virtù della speranza. La dottrina paolina ci offre la chiave per comprendere quale ne sia il fondamento: «La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato»[10]. La nostra fiducia, infatti, risiede nella certezza che Dio ci ama con infinita tenerezza e che è sempre disposto a offrirci mezzi sovrabbondanti per essergli fedeli e per ritornare a lui tutte le volte che ne abbiamo bisogno.

Dinanzi alle difficoltà che si presentano nella lotta per la santità e nell’apostolato, è altresì essenziale permettere pienamente alla speranza di offrirci «motivazioni solide e profonde per l’impegno quotidiano nella trasformazione della realtà per renderla conforme al progetto di Dio»[11]. Come ho avuto occasione di scrivere recentemente ai fedeli dell’Opus Dei, in questa nostra lotta di pace per l’evangelizzazione del mondo, «l’effusione del Paraclito è il segreto della nostra speranza e della nostra gioia: nella forza santificatrice dello stesso Spirito risiede la fonte dell’efficacia di ogni opera apostolica. Non è vero che i tempi passati furono migliori, come, con certo fatalismo, sono soliti dire alcuni; lo Spirito Santo diffonde la sua grazia in ogni momento della storia umana, e qualsiasi tempo può essere buono se corrispondiamo liberamente a questa grazia. “Viviamo bene [cristianamente], e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi: come noi siamo, così sono i tempi” (Sant’Agostino, Sermo 80, 8)»[12].

L’azione del Paraclito richiede pertanto generosa corrispondenza da parte dell’uomo. In quest’opera di evangelizzazione, Dio vuole che siamo strumenti di apostolato efficaci, con una adeguata preparazione dottrinale e culturale, che ognuno ha l’obbligo di acquisire secondo le proprie possibilità. Ben si possono applicare a noi qui presenti queste parole del Beato Josemaría: «Urge la diffusione della luce della dottrina di Cristo. Fa’ provvista di formazione, riempiti di idee chiare, della pienezza del messaggio cristiano, per poterlo trasmettere agli altri.

»— Non aspettarti illuminazioni da Dio, che non ha motivo di dartene, dal momento che disponi di mezzi umani concreti: lo studio, il lavoro»[13].

3. Questo è l’impegno serio e profondo che la Chiesa chiede a tutti voi, studenti di questo Ateneo, durante l’anno accademico che inizia oggi; uno studio a livello universitario, al quale dovrete dedicare il vostro sforzo generoso e intenso, con ordine e con spirito di sacrificio. Allo stesso tempo, voglio anche ricordarvi che è indispensabile che poniate lo stesso impegno per crescere nella vita spirituale[14], poiché solo così, nella docilità all’azione del Paraclito, potrete ottenere la vera sapienza. «Se — infatti — lo Spirito Santo non arriva ai cuori, invano la voce dei maestri risuona nelle orecchie»[15].

Ricordando la promessa del Signore: «Quando (...) verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera»[16], vi suggerisco di rinnovare ogni giorno, con tutto il cuore, la preghiera del Veni, Creator Spiritus, implorando dal Paraclito il suo “sacro settenario”, e in modo speciale i doni di pietà, sapienza e intelletto, luci divine per le vostre menti, fuoco d’amor di Dio per i vostri cuori.

Solo così, «se i cristiani saranno docili all’azione dello Spirito Santo», ci ricorda Giovanni Paolo II, avverrà «quella nuova primavera di vita cristiana che dovrà essere rivelata dal grande giubileo»[17].

«Emitte Spiritum tuum, Domine, et renovabis faciem terræ»[18]. Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra. Sì, bisogna «riscoprire lo Spirito come colui che costruisce il regno di Dio nel corso della storia»[19].

In questa Basilica, in cui si venera l’antica immagine della Regina Apostolorum, rivolgiamoci a Maria, che, circondata dagli Apostoli e dai primi discepoli del Signore, ricevette con loro lo Spirito Santo il giorno di Pentecoste. Chiediamole con fiducia che si rinnovi in noi, che pure desideriamo essere apostoli di Cristo, l’effusione del divino Consolatore. Amen!

[1] Cfr. Att 2, 1 ss.

[2] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Tertio millennio adveniente, 10-XI-1994, n. 44.

[3] Cfr. ibid., n. 45.

[4] Cfr. Gal 4, 4-7.

[5] GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Tertio millennio adveniente, n. 1.

[6] GIOVANNI PAOLO II, Discorso nell’udienza generale, 26-VI-1989.

[7] GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Tertio millennio adveniente, n. 44.

[8] Cfr. BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, È Gesù che passa, n. 134.

[9] Canto al Vangelo.

[10] Rm 5, 5.

[11] GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Tertio millennio adveniente, n. 46.

[12] JAVIER ECHEVARRÍA, Lettera pastorale, 14-II-1997, n. 12.

[13] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Forgia, n. 841.

[14] Cfr. BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Cammino, n. 341.

[15] SAN GREGORIO MAGNO, In Evangelia homiliæ, 1, 2, 30.

[16] Gv 16, 13.

[17] GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. Tertio millennio adveniente, n. 18.

[18] Salmo responsoriale.

[19] GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. Tertio millennio adveniente, n. 45.

Romana, n. 25, Luglio-Dicembre 1997, p. 274-276.

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