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Il 7 settembre nella pontificia Basilica di San Michele, a Madrid, S. E. Mons. Javier Echevarría ha conferito l’ordine sacerdotale a cinque diaconi della Prelatura. Durante la cerimonia ha pronunziato la seguente omelia.

1. Carissimi sorelle e carissimi fratelli,

Nel Vangelo della Messa[1] abbiamo appena ascoltato il racconto dell’istituzione della Santissima Eucaristia, il sacramento che contiene veramente, realmente e sostanzialmente il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Cristo, il Verbo di Dio incarnato, nel quale il Signore ci si dona come alimento, mosso da una “pazzia d’amore” per gli uomini, come piaceva dire al Beato Josemaría Escrivá[2]. Nel raccontare gli avvenimenti dell’Ultima Cena, S. Giovanni ricorda che, poco dopo, il Signore si rivolse agli Apostoli e disse loro: Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. (...) Voi siete miei amici[3]; e poco dopo: Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi[4]

Questo lieto annuncio del Signore si applica senza alcun dubbio a tutti gli uomini, anche se Gesù lo ha rivolto prima di tutto agli Apostoli; e ora, venti secoli dopo, è ancora meravigliosamente attuale. Se tutti noi uomini e donne, senza eccezione alcuna, siamo oggetto dell’amore di Dio, poiché tutti siamo figli suoi in Gesù Cristo, voi, che oggi sarete ordinati presbiteri, potete avere la certezza di essere destinatari di un amore divino di predilezione. Con parole del Santo Padre, vi ripeto: «Siete i prediletti, gli intimi del Signore, Nella società del secolo XX siete i primi amici di Gesù»[5].

Lungo tutta la vostra vita avete sperimentato già in mille modi l’amore di Dio verso di voi: la grazia di nascere in una famiglia cristiana e di avere ricevuto fin da piccoli il dono della fede mediante il Battesimo; la scoperta della pienezza della vostra vocazione cristiana come fedeli dell’Opus Dei; e tanti altri doni del Cielo che ciascuno conserva nell’anima, e molti altri sconosciuti, che vi sono giunti durante il vostro peregrinare terreno per intercessione della Santissima Vergine. Adesso Cristo vi ha manifestato un altro segno di predilezione: sarete sacerdoti di Cristo! I suoi primi amici, i suoi intimi amici!.

La vocazione sacerdotale, naturalmente, non comporta un completamento della vocazione cristiana nell’Opus Dei; però, senza alcun dubbio, è un altro modo di costatare la fiducia che Dio ha posto in ciascuno di voi. Per questo, oltre a una sincera gratitudine per un così grande amore divino, è logico che sentiate anche nella vostra anima la responsabilità di far crescere la semenza ricevuta: il Signore si attende da ciascuno di voi una risposta generosa a tale manifestazione di vicinanza divina, mediante un profondo e completo rinnovamento della vostra donazione. Desidera che il suo amore agli uomini divenga manifesto, in quest’ultima parte del secolo e nel nuovo millennio che sta per cominciare, anche attraverso la vostra vita sacerdotale. E’ questo il significato che ha per i sacerdoti il grande Giubileo dell’anno 2000: diffondere ancora di più fra gli uomini la conoscenza e l’amore di Cristo.

2. Oggi vorrei soffermarmi su un aspetto specifico di questo grande amore di Dio per noi: la sua costante disposizione al perdono. Una delle pagine più impressionanti del Vangelo, la parabola del figlio prodigo, rivela che nostro Padre Dio, per la sua infinita misericordia, è sempre pronto ad accogliere il peccatore pentito: e cioè ogni uomo e ogni donna che ritorna alla casa del Padre, dopo essersi allontanato, per un periodo più o meno lungo, dal Signore. E ci insegna che il cielo intero partecipa della gioia divina del perdono[6].

E’ tanto inesauribile la sua magnificenza, che Dio è disposto a cancellare qualsiasi offesa, senza alcun limite. Comprendiamo perché il Beato Josemaría affermava che il sacramento della Penitenza «è la manifestazione più bella del potere e dell’Amore di Dio», perché — gli piaceva spiegarlo così — «un Dio Creatore è ammirevole; un Dio che va incontro alla Croce per redimerci è una meraviglia; ma un Dio che perdona, un Dio che ci purifica, che ci ripulisce, è qualcosa di splendido! Ci può essere un comportamento più paterno? (...). No, non è vero? Così Dio nostro Signore, quando gli chiediamo perdono, ci perdona di tutto». E concludeva: «E’ stupendo!»[7].

Figli miei ordinandi: a partire dal momento della vostra ordinazione sacerdotale, questa prova divina e incomparabile della Grandezza del Signore, che è il perdono, sarà depositata nelle vostre mani, mediante l’amministrazione generosa e fedele del Sacramento della Penitenza. Per volontà di Cristo, i vescovi e i sacerdoti, nonostante le miserie personali, sono gli unici ministri del sacramento della Riconciliazione[8]. Chi perdona è Dio, ma sarà il vostro giudizio di padre e di madre, di maestro e di medico, di pastore, che dovrà decidere sulle condizioni necessarie per ottenere la remissione del peccato mediante l’assoluzione; e saranno le vostre parole, pronunciate in nome e con l’autorità di Cristo, a dare al penitente contrito la certezza che la sua anima è stata purificata. «Come all’altare dove celebra l’Eucaristia e come in ciascuno dei Sacramenti, il Sacerdote, ministro della Penitenza, opera in persona Christi. Il Cristo, che da lui è reso presente, attua il mistero della remissione dei peccati»[9].

Questo sarà, assieme alla celebrazione del Sacrificio eucaristico e la predicazione della Parola di Dio, il compito principale della vostra missione di mediatori fra Dio e gli uomini. Perché il sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza[10]. In questo testo della Lettera agli Ebrei è contenuto con chiarezza il doppia aspetto della vostra mediazione fra Dio e gli uomini. Da una parte, vi spetta offrire il perdono divino; dall’altra, coscienti della vostra debolezza personale, dovete essere capaci di convincere gli uomini a pentirsi delle proprie colpe e correre incontro alla misericordia divina, che li aspetta.

Implorate Dio — con profonda sincerità — affinché vi conceda viscere di misericordia. Chiedetegli che vi insegni ad educare alla responsabilità personale ogni anima che vi si rivolgerà, nello stesso momento in cui la inducete a provare una sincera contrizione per i propri peccati. Predicate con frequenza su questo sacramento. Sforzatevi di trovare frasi esortative nuove e stimolanti, che muovano al pentimento e alla conversione. Fate notare a tutti quanto è grande la misericordia divina. Sforzatevi di accogliere, come farebbe Cristo, ogni anima che si avvicina a ricevere il perdono divino.

Meditate ciò che Mons. Álvaro del Portillo, mio carissimo predecessore, consigliava a fedeli della Prelatura che si preparavano per ricevere il sacerdozio, nel 1980: «Siate molto comprensivi con chi si accosta al sacramento della Penitenza pentito e desideroso del perdono divino (...). Abbiate con loro la più grande misericordia, come ci insegnò sempre nostro Padre, e così anche di noi avrà pietà il Signore. Incoraggiateli con forza affinché lottino contro il peccato, ma date consolazione alle anime. E non imponete penitenze dure o difficili da compiere. Imitate il nostro Fondatore, che se qualche volta doveva imporre una penitenza forte, richiesta dalla gravità dei peccati, diceva al penitente di recitare, per esempio, una “stazione” al Santissimo Sacramento — e non sette, diceva scherzando, perché non sei un impiegato delle ferrovie — e il resto lo faceva lui personalmente, infliggendosi magari qualche buon colpo di disciplina...»[11].

Quanta esperienza sacerdotale — da padre, da maestro, da amico — si nasconde dietro questi consigli! Chiedete al Signore che vi aiuti a trasmettere un affetto profondo e una venerazione autentica per il sacramento della Penitenza; supplicatelo di saper spiegare bene la necessità della Confessione frequente, così indispensabile per progredire nella vita interiore. E non limitatevi ad ascoltare ciò che vi dicono i penitenti; domandate loro con delicatezza prudente tutto quanto è necessario, per giudicare con chiarezza in merito alle loro disposizioni personali e poter così esercitare una vera direzione spirituale, che aiuterà tante anime a scoprire la propria vocazione specifica nel seno della Chiesa[12] e a restare fedeli a una Madre così buona.

3. Mi sono appena riferito alla necessità di favorire le anime affinché vengano a conoscenza del progetto di vita che Dio ha su ciascuna di loro. Vi invito a pregare ogni giorno il Signore, attraverso l’intercessione della Santissima Vergine, chiedendogli con forza che mandi alla Chiesa numerose e sante vocazioni sacerdotali. Approfitto di questa occasione per salutare con affetto fraterno l’Arcivescovo di Madrid e i suoi Vescovi Ausiliari, e vi invito a tenerli molto presenti nelle vostre preghiere.

Con piacere mi soffermo sul programma con cui il Santo Padre, come in tante altre occasioni, sintetizzava in terra spagnola il grande lavoro del sacerdote. Diceva: “Fate della vostra totale disponibilità a Dio una disponibilità per i vostri fedeli. Date loro il vero pane della parola, nella fedeltà alla verità di Dio e agli insegnamenti della Chiesa. Favorite al massimo l’accesso ai sacramenti e in primo luogo a quello della Penitenza, segno e strumento della misericordia di Dio e della riconciliazione operata da Cristo, essendo voi stessi assidui nel riceverlo”[13].

Il Santo Padre ricordava allora, e mi riempie di gioia il ripetere a voi queste indicazioni, che dovete essere sempre disponibili per ascoltare le confessioni dei fedeli, senza risparmiare le forze, senza cedere alla stanchezza. Pensate al dovere speciale di offrire questo insostituibile aiuto ai membri della Prelatura e alle persone che partecipano ai suoi apostolati: vi ordinate per questo e in questo modo servirete la Chiesa intera.

E non dimenticate, come consiglia il Concilio Vaticano II ai sacerdoti per fare in modo che le anime apprezzino di più questo sacramento e lo ricevano con la frequenza necessaria, che è necessario che noi stessi lo amiamo ogni giorno di più, confessandoci con puntualità e autentica contrizione[14].

E’ impossibile non evocare a questo proposito la figura del Beato Josemaría! Per molti anni, finché non ne fu impedito da altri ineludibili impegni, dedicò migliaia di ore al confessionale e si prodigò fino alla fine dei suoi giorni a predicare sull’impressionante meraviglia d’amore che si nasconde nella realtà di un Dio che perdona. Per questo, ne sono stato testimone, andava settimanalmente con grande compunzione a ricevere l’abbraccio misericordioso di Dio nella confessione. Riferendosi a questa pratica di pietà durante la sua catechesi in America, non si tratteneva dal commentare alle centinaia di persone che lo ascoltavano: «Forse voi non ne avete bisogno, ma io ho bisogno di confessarmi tutte le settimane. E ogni tanto due volte alla settimana»[15], poiché in questo sacramento ritrovava la forza per amare di più e meglio.

Ora voglio rivolgere una preghiera a tutti voi che riempite questa basilica e, come è logico, soprattutto ai parenti più prossimi degli ordinandi: in particolare ai genitori e ai fratelli. Non cessate di pregare per i nuovi sacerdoti o, in altre parole, non vi fate ingannare dalla considerazione che sono loro, proprio perché sacerdoti, amici intimi di Gesù, che devono pregare per voi. Senza dubbio lo faranno. Ma pregate anche voi per loro, perché vogliano e sappiano, giorno dopo giorno, dare tutto il frutto che Dio si aspetta e perché il loro frutto permanga.

E mi azzardo ad aggiungere che, se vi state chiedendo quale regalo più gradito potete offrire loro in questa circostanza, la risposta l’avete già: una buona confessione — se fosse necessaria — di quelle che puliscono a fondo l’anima — tutti abbiamo bisogno di questo lavaggio — e lasciano nel fondo la gioia di tornare alla casa del Padre; oppure il proposito fermo di confessarvi con maggiore frequenza; oppure, se già vi accostate spesso a questa fonte della grazia, il proposito di farlo con maggior compunzione, evitando ogni ombra di abitudine o di superficialità.

Concludo dicendovi che non ho dubbi nell’affermare che sarà proprio questo il regalo più gradito, fatto da tutti voi e da tutti noi, alla Santissima Vergine, nella vigilia della commemorazione liturgica della sua nascita, che lietamente festeggeremo domani. Nostra Madre — proprio perché è Madre, e che Madre! — sa perfettamente che proprio questo — perdonare — è ciò che colma di letizia il Cuore di Dio e produce una gioia immensa nel Cielo. Così sia.

[1] Cfr. Lc 22, 14-20.

[2] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Cammino, n. 432.

[3] Gv 15, 9.14

[4] Ibid., 15

[5] GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione a sacerdoti e seminaristi, 8-XI-82.

[6] Cfr. Lc 15, 11 ss.

[7] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Parole in una riunione familiare, Madrid, 15-X-1972 (AGP, P04 1972, I, p. 147).

[8] Cfr. CONCILIO VATICANO II, Decr. Presbyterorum Ordinis, nn. 2 e 5.

[9] GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Reconciliatio et pœnitentia, 2-XII-1984, n. 29.

[10] Seconda lettura (Eb 5, 1-3).

[11] ÁLVARO DEL PORTILLO, Parole in una riunione familiare, 4-VII-1980.

[12] GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Reconciliatio et pœnitentia, n. 32; CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio sul ministero e la vita dei presbiteri, 31-I-1994, n. 54.

[13] GIOVANNI PAOLO II, Omelia in un’ordinazione sacerdotale, 8-XI-1982.

[14] Cfr. CONCILIO VATICANO II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 18; GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Reconciliatio et pœnitentia, 2-XII-1984, n. 31.

[15] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Parole in una riunione familiare, Lima, 10-VII-1974 (AGP, P04 1974, II, p. 247).

Romana, n. 25, Luglio-Dicembre 1997, p. 264-269.

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