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Dedicazione della Parrocchia del Beato Josemaría a Roma

La mattina del 10 marzo il Papa ha celebrato la solenne dedicazione liturgica della chiesa parrocchiale del Beato Josemaría Escrivá a Roma. La chiesa, una delle cinquanta che la diocesi di Roma ha programmato di allestire entro il 2000, è un regalo che Mons. Álvaro del Portillo, successore del Beato Josemaría, aveva fatto al Papa a nome dei fedeli e Cooperatori della Prelatura nel 1992, a motivo della la beatificazione del Fondatore dell’Opus Dei.

La costruzione del tempio era cominciata il 18 aprile 1994 ed è stata pagata con donativi provenienti da tutto il mondo. Il Cardinal Camillo Ruini, Vicario del Papa per la città di Roma, benedisse la prima pietra il 15 maggio, durante la celebrazione di una Messa solenne all’aria aperta. La parrocchia, eretta canonicamente il 9 settembre del 1992, è situata in un quartiere di recente creazione, quello delle Tre Fontane, abitato da 2500 famiglie.

Fino alla dedicazione del tempio, le attività parrocchiali, affidate a sacerdoti della Prelatura dell’Opus Dei, si erano svolte in due sedi provvisorie. Nella prima, un piccolo prefabbricato di 140 m/q, è stata celebrata per la prima volta la Santa Messa il 6 giugno 1993; la seconda sede, un baraccone di 330 m/q, ha consentito di svolgere in questi ultimi due anni le diverse attività di catechesi e di promuovere l’organizzazione del Consiglio Pastorale, del nucleo parrocchiale della Caritas, le attività con i giovani e un gruppo scout.


Giovanni Paolo II è giunto sul posto alle 8.45, accompagnato dal Cardinal Vicario di Roma. Nell’atrio della chiesa lo attendevano i vescovi e i sacerdoti che avrebbero concelebrato con lui e con il Cardinal Vicario: il Prelato dell’Opus Dei; Mons. Julián Herranz, Presidente del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi; Mons. Clemente Riva, vescovo ausiliare della zona; il parroco, don Alberto Ortolani e il viceparroco, don Carlos Carrasco.

Il Papa si è fermato davanti al portico per salutare i fedeli che non avevano potuto accedere all’interno della chiesa. Un gruppo di bambini gli ha donato un volume rilegato di lettere da loro stessi indirizzate al Santo Padre, il quale li ha affettuosamente incoraggiati a edificare la Chiesa di Cristo con una condotta veramente cristiana.

Entrato all’interno, ha percorso il corridoio centrale tra gli applausi, salutando e benedicendo i fedeli che gremivano il tempio.

La cerimonia è cominciata con il benvenuto del parroco, che ha consegnato al Papa le chiavi della chiesa. Giovanni Paolo II ha allora proceduto all’aspersione del tempio con acqua benedetta.

Dopo le letture, il Papa ha pronunciato la seguente omelia:

1. «L’amore di Dio e stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5, 5).

Queste parole dell’apostolo Paolo, tratte dalla Lettera ai Romani, ci introducono nella prospettiva degli eventi pasquali. Lo Spirito Santo, infatti, ci e stato dato in virò del sacrificio di Cristo: «mentre eravamo ancora peccatori, Cristo e morto per noi» (Rm 5,8). La sua morte redentrice ha come dischiuso nell’uomo uno spazio interiore, preparando la venuta detto Spirito Santo che Egli avrebbe inviato.

In questo modo l’odierna Liturgia orienta il nostro sguardo non soltanto verso la Pasqua, ma ben oltre: fino al giorno della Pentecoste, quando rivivremo l’evento della discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli riuniti nel Cenacolo.

Quest’anno, poi, la Solennità della Pentecoste avrà a Roma una particolare rilevanza, giacché segnerà l’inizio della grande missione cittadina in preparazione al Giubileo del Duemila. Si tratta di un’occasione propizia, di un tempo di grazia offerto atta Comunità cristiana e all’intera Città, per riscoprire i valori evangelici e prepararsi ad entrare spiritualmente e socialmente rinnovate nel terzo millennio.

2. San Paolo, nella seconda Lettura poc’anzi proclamata, scrive che l’amore di Dio e stato «riversato» nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo. È significativo il fatto che l’opera dello Spirito Santo venga paragonata al dono dell’acqua (cfr. Dominum et Vivificantem, nn. 1-2). Quest’immagine richiama innanzitutto l’episodio del libro dell’Esodo, ricordato nella prima Lettura. Nel deserto Israele, stanco di soffrire a causa della sete, comincio a mormorare. Dio ordino a Mosè di battere con il bastone la roccia e da quesito scaturì acqua, cosi che gli Israeliti poterono calmare la loro sete (cfr. Es 17, 3-6).

Nel Salmo responsoriale abbiamo ricordato quel luogo, che Mosè chiamo Massa e Meriba; in memoria del grande prodigio operato dal Signore. «Non indurite il cuore, —dice Dio— come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri» (Sal 94, 8-9). È lo stesso testo biblico che viene recitato quotidianamente nella Liturgia delle Ore.

3. La pericope del Vangelo secondo Giovanni fa riferimento all’analogia fra l’opera dello Spirito Santo e il dono dell’acqua. Il simbolismo viene sviluppato nel colloquio, avvenuto presso il pozzo di Sicar, tra la Samaritana e Gesù che chiede un poi d’acqua: «Dammi da bere» (Gv 4, 7). La donna esprime stupore, perché colui che domanda è un Giudeo. non mantenendo i Giudei buoni rapporti con i Samaritani (cfr. Gv 4, 9).

Ma Cristo risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e [sapessi] chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (Gv 4, 10).

La Samaritana rimane sorpresa da queste parole. Che cosa e l’acqua viva? Gesù stesso precisa: «Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete,... l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4, 14). Egli parla dell’«acqua viva», cioè dell’amore di Dio riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo. Amore divino che diventa nell’uomo sorgente di vita eterna, capace di saziare ogni suo intimo desiderio non soltanto temporale, ma anche, e soprattutto, eterno.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia del Beato Josemaría Escrivá, sono lieto di essere tra voi, oggi, in occasione della solenne Dedicazione della vostra nuova chiesa parrocchiale. Saluto il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il Parroco, Don Alberto Ortolani, e i Sacerdoti che collaborano con lui nelle diverse attività pastorali. Rivolgo un riconoscente pensiero a Mons. Xavier Echevarría Rodríguez, Prelato dell’Opus Dei, e a tutti coloro che hanno reso possibile la costruzione di questa nuova chiesa, che attendevate fin dal giorno in cui è stata costituita questa vostra Parrocchia.

Saluto con affetto i diversi gruppi di ragazzi, giovani e adulti impegnati a vari livelli nella catechesi, come pure quanti partecipano alle attività parrocchiali della Caritas, dell’Oratorio e degli Scout.

Ringraziamo il Signore, perché abbiamo la gioia di inaugurare questa chiesa. Essa costituisce un luogo privilegiato di aggregazione umana oltre che cristiana, tenendo conto che nel quartiere mancano perfino i servizi essenziali e le strutture atte a favorire l’incontro e la conoscenza tra gli abitanti. Possa questo tempio diventare sempre più il luogo della preghiera e dell’incontro, della fraternità e della comunione.

Con l’odierna Liturgia di Dedicazione questo edificio diviene un luogo sacro, una chiesa, dimora di Dio tra gli uomini. Nel ricevere il sacramento del Battesimo, accade ai credenti qualcosa di ancor più profondo. Resi figli di Dio adottivi mediante la rigenerazione spirituale operata dall’acqua e dallo Spirito Santo, essi sono inseriti nel Corpo mistico di Cristo che e la Chiesa. Lo Spirito abita nei battezzati come in un tempio. Ogni cristiano, perciò e chiamato ad essere santo, come lo è il Padre celeste.

Questa verità, chiaramente proclamata da Gesù nel Vangelo, è stata testimoniata dal Beato Josemaría Escrivá con la vita ed il costante insegnamento. «Dio ci aspetta ogni giorno, egli amava ripetere. Sappiatelo bene: c’è un qualcosa di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più comuni, qualcosa che tocca a ognuno di voi scoprire». E aggiungeva: «Non vi e altra strada, figli miei: o sappiamo trovare il Signore nella nostra vita ordinaria, o non lo troveremo mai» (Colloqui con Monsignor Escrivá de Balaguer, n. 114).

5. Oggi dedichiamo la vostra Parrocchia al Fondatore dell’Opus Dei, che tanto si adopero per diffondere l’ideale della santità.

Carissimi Fratelli e Sorelle, sappiate fare vostro il suo programma di vita e di impegno pastorale: vivere protesi verso la santità e far comprendere ad ogni persona che s’incontra, uomo o donna, che è chiamata alla piena comunione con Dio.

So che con l’aiuto dei vostri Sacerdoti si sta formando un gruppo di animatori desiderosi di impegnarsi nel sostenere l’evangelizzazione all’interno della Parrocchia, dopo aver approfondito la dottrina e la morale della Chiesa ed aver acquistato maggior consapevolezza della responsabilità dei laici nell’apostolato. Esprimo vivo apprezzamento per questa valida iniziativa pastorale. Auspico che, partecipando allo sforzo apostolico e missionario di tutta la Diocesi per la missione cittadina in vista del grande Giubileo del Duemila, questo vostro zelo cresca sempre più e possa essere fatto proprio da molti abitanti del quartiere.

Sappiamo bene come il dialogo con le anime, se viene fatto in modo approfondito, si sviluppa lentamente. Non desistete da questo vostro fondamentale apostolato; i frutti concreti, anche se dovessero tardare, non mancheranno certo di arrivare.

Vi affido tutti alle mani materne della Beata Vergine Maria e all’intercessione del Beato Josemaría Escrivá.

6. «Veni Lumen cordium». Vieni, Luce dei cuori (Sequenza di Pentecoste).

Il colloquio con la Samaritana, che abbiamo ascoltato nel Vangelo di oggi, parla indirettamente dello Spirito Santo come «luce dei cuori». La donna ammette, infatti, che Cristo conosce i suoi peccati prima ancora che essa glieli abbia confidati; in questo modo, vede in lui un Profeta. Ecco un tema particolarmente significativo durante il tempo di Quaresima. E necessaria la «luce del cuore» per poter prepararsi bene alla celebrazione della Pasqua, anche mediante il sacramento della Penitenza.

Tutti i fedeli sono invitati ad approfondire, specialmente durante la Quaresima, il valore della Confessione, come momento fondamentale per riconoscere il male ed il peccato presenti nella loro vita, per riconciliarsi con Dio e con i fratelli e per rinnovare la loro adesione a Cristo e al Vangelo. In questo sforzo di riscoperta dell’autentico significato della penitenza evangelica possono offrire un fondamentale contributo le Parrocchie e i Santuari, con le speciali predicazioni che si usa fare nel periodo della Quaresima. Tutto ciò stimola i credenti ad entrare nello spirito pasquale e, come «veri adoratori», ad «adorare il Padre in spirito e verità» (cfr. Gv 4, 23).

Luce dello Spirito Santo illumina la nostra vita, aiutaci ad impegnarci generosamente in questo periodo quaresimale, preannuncia a noi, fin d’ora; lo splendore della luce e della gioia pasquale. Signore, tu sei veramente il Salvatore del mondo; dacci dell’acqua viva, perché non abbiamo più sete eterno (cfr. Canto al Vangelo). Amen!

Al termine dell’omelia, il cantore ha intonato le litanie dei santi, mentre i diaconi presentavano al Papa una reliquia del Beato Josemaría Escrivá, che è stata deposta sotto l’altare dal Vescovo Prelato dell’Opus Dei. Il Romano Pontefice ha quindi recitato la solenne preghiera di dedicazione della chiesa e unto con olio sacro l’altare. Il Cardinal Camillo Ruini e Mons. Javier Echevarría hanno unto con il sacro crisma le croci disseminate lungo le pareti, per ricordare che l’intero edificio è dedicato al culto divino ed è simbolo di Cristo, l’Unto di Dio.

È seguita l’incensazione dell’altare e di tutto il tempio. Al termine di questo rito, alcune parrocchiane hanno pulito l’altare e sistemato le tovaglie, i candelabri e alcuni fiori.

Con la fiamma di una candela che il Papa aveva affidato a uno dei diaconi sono stati accesi i candelabri, mentre veniva illuminata tutta la chiesa.

La Santa Messa è proseguita con il Credo e la liturgia eucaristica. Dopo il rito di Comunione, il Romano Pontefice ha portato in processione le Sacre Specie al tabernacolo della cappella feriale, dedicata ai Santi Pietro e Paolo Apostoli, nella quale si è soffermato in preghiera per alcuni minuti.

Prima della benedizione finale del Papa, il Prelato dell’Opus Dei ha pronunciato alcune parole di ringraziamento.

La cerimonia si è conclusa alle 11.30. Il Papa, dopo essersi inginocchiato in sagrestia raccogliendosi in ringraziamento, ha firmato l’atto di dedicazione della chiesa, che recita:

Nel nome della Santissima Trinità. Oggi, 10 marzo dell’anno 1996 della nostra salvezza, io, Giovanni Paolo Pp. II, ho celebrato la dedicazione di questa chiesa parrocchiale sorta in onore del Beato Josemaría Escrivá. Durante la solenne cerimonia ho deposto con riverenza sotto l’altare alcune reliquie: resti del suo corpo ed oggetti da lui usati in vita. Hanno preso parte alla celebrazione liturgica l’Em.mo Card. Camillo Ruini e l’Ecc.mo Mons. Javier Echevarría, carissimi confratelli nell’Episcopato.

Esprimo la mia gioia e la mia gratitudine al Signore, che ci ha concesso di dare oggi inizio al culto in una nuova “Casa di Dio” nella mia amata diocesi di Roma, ove si dilateranno nel tempo e nello spazio la celebrazione dei santi misteri e l’edificazione del popolo cristiano nella fede e nell’amore, a gloria della Santissima Trinità.

Nel dedicare questa chiesa, ho anche ringraziato il Signore che, nella sua misericordia, il 2 ottobre 1928, facendo vedere l’Opus Dei al Beato Josemaría, volle ricordare agli uomini l’universalità della chiamata alla pienezza dell’unione con Cristo.

Confidando nella mediazione di Maria Santissima, Madre di Dio e Madre nostra, e nell’intercessione di San Giuseppe, nostro Padre e Signore, dei Santi Angeli Custodi, degli Apostoli Pietro e Paolo, e del Beato Josemaría, ho supplicato Dio onnipotente ed eterno di riversare copiosamente la sua grazia su tutti i fedeli che entreranno in questo tempio ad invocare il suo santo Nome, a prestare ascolto alla sua Parola, a nutrirsi del sacro cibo dell’Eucaristia, a sviluppare la propria vita cristiana nella partecipazione ai sacramenti affidati alla Chiesa dal suo Divino Figlio e a trarre, dalle attività apostoliche che vi prenderanno vita, occasione di edificazione e di crescita spirituale nella fedeltà alla Chiesa.

Infine ho pregato ardentemente il Signore per tutti coloro che, nei cinque continenti, hanno consentito con la propria generosità la costruzione di questa chiesa: in particolare ho invocato l’aiuto celeste per i fedeli della Prelatura dell’Opus Dei, affinché continuino a compiere in tutto il mondo una feconda semina di gioia e di pace, seguendo l’esempio di fedeltà allo spirito del Beato Josemaría testimoniato da Mons. Alvaro del Portillo, di venerata memoria, che volle l’edificazione di questo tempio e per essa operò.

A perpetua memoria e lode di Dio.

Roma, nel giorno, mese e anno sopra scritti.

Nonostante la brevità del tempo a disposizione, il Papa ha voluto riunirsi brevemente con il consiglio pastorale e con i giovani della parrocchia. All’uscita, si è ancora fermato nell’atrio della chiesa, per scoprire una lapide commemorativa e rivolgere un ultimo saluto alle numerose persone che erano rimaste all’esterno. «Quando mi trovo con persone dell’Opus Dei, ha detto, mi dicono sempre che pregano per me. Vi chiedo proprio questo: pregate per me». Il caloroso applauso che è subito scrosciato è stata la migliore espressione del proposito di tutti i presenti di assecondare questa richiesta del Papa.


La nuova chiesa, progettata nello studio diretto a Roma dall’architetto Santiago Hernández, ha una superficie di 800 m/q e una capacità di 480 posti a sedere. È una costruzione semplice nei suoi elementi e nelle sue linee, ispirata alla tradizione basilicale romana. All’esterno il portico e, sul lato destro della facciata, il campanile. I materiali predominanti sono il mattone e il travertino. Al centro della facciata un bassorilievo della Sacra Famiglia risalta sulla superficie di mattoni. Un altro bassorilievo, sull’angolo anteriore esterno a metà del campanile, rappresenta un angelo protettore.

All’interno, la parete di fondo è decorata con un polittico dalla superficie di 50 m/q, che contiene otto tele dipinte dall’artista spagnolo Armando Pareja. Al centro del polittico, sopra la Crocifissione e circondato da un gran numero di angeli, si trova un oculo con il tabernacolo. Le tele laterali rappresentano l’Annunciazione, la Visitazione, l’Adorazione dei Magi, la Fuga in Egitto, Gesù tra i dottori del Tempio e la Sacra Famiglia nella bottega di Giuseppe. Nella tela superiore è rappresentato il Beato Josemaría in adorazione della Santissima Trinità.

Sulle pareti interne sono collocate le quattordici stazioni della Via Crucis, in bronzo, opera dello scultore Romano Cosci. L’organo, a trasmissione meccanica, è stato costruito a Foligno (Umbria) e si trova sul lato sinistro, vicino al battistero. Sul lato destro, di fronte all’organo, si accede alla cappella feriale, decorata con un mosaico realizzato nello studio Cassio, su bozzetto del pittore Salvador Pérez; intorno al motivo centrale, l’Incoronazione della Madonna, sono rappresentati San Giuseppe, il Beato Josemaría Escrivá, cinque martiri romani (Santo Stefano, Santa Agnese, San Lorenzo, Santa Felicita e Santa Cecilia) e i cinque santi intercessori dell’Opus Dei (San Nicola da Bari, Santa Caterina da Siena, San Tommaso Moro, San Giovanni Maria Vianney e San Pio X). Otto confessionali, sormontati da un’ampia tribuna, occupano il rimanente spazio laterale della navata.

Romana, n. 22, Gennaio-Giugno 1996, p. 71-77.

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