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Omelia tenuta dal Prelato dell'Opus Dei nella solenne cerimonia per la dedicazione della Chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace, svoltasi a Roma il 2 maggio 1985.

O Dio, che reggi e santifichi la tua Chiesa, accogli il nostro canto in questo giorno di festa; oggi con solenne rito il popolo fedele dedica a te per sempre questa casa di preghiera; qui invocherà il tuo nome, si nutrirà della tua parola, vivrà dei tuoi sacramenti[1].

Inizia così la preghiera dedicatoria che la Sacra Liturgia pone al centro della cerimonia odierna. Questa è, infatti, una giornata di gioia per tutta la Chiesa, che avrà d'ora in poi un nuovo tempio solennemente dedicato; ed è un giorno di festa anche nella Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, che dedica oggi alla Trinità Beatissima questa Chiesa prelatizia.

Sapete bene che nell'Opus Dei amiamo la semplicità della vita ordinaria, ma la Chiesa desidera per questo momento una particolare celebrazione che, del resto, non può non riempirci di gioia, giacché ci porge un'ulteriore occasione per offrire al Signore quanto di meglio abbiamo, fedeli agli insegnamenti del nostro Fondatore. Infatti, nel commentare la scena evangelica dell'unzione di Cristo a Betania, egli scrisse: "quella donna che in casa di Simone il lebbroso, a Betania, unge il capo del Maestro con un ricco profumo, ci ricorda il dovere d'essere splendidi nel culto di Dio.

—Tutto il lusso, la maestà e la bellezza mi sembrano ben poco"[2].

Quest'oratorio di Santa Maria della Pace venne fatto costruire tanti anni fa dal nostro amatissimo Fondatore, superando innumerevoli difficoltà. Con quale cura egli seguì i lavori, giorno dopo giorno, finché poté celebrarvi la prima Messa, il 31 dicembre 1959! Quante volte si riunì qui con i suoi figli per rendere grazie a Dio e impetrare i favori divini! Adesso, inoltre, le sue venerate spoglie mortali riposano nella piccola Cripta di questa chiesa e fu proprio questo motivo a spingere Papa Giovanni Paolo II ad erigere Santa Maria della Pace quale Chiesa prelatizia dell'Opus Dei[3].

In seguito al cambiamento del titolo giuridico, le norme canoniche esigono la dedicazione di questo luogo di culto col rito solenne. Avrei desiderato farla non appena l'Opus Dei giunse al termine del suo cammino giuridico mediante l'erezione in Prelatura personale; abbiamo invece preferito attendere finché fossero finiti i necessari lavori di ristrutturazione. Così, fedeli al nostro spirito, dedichiamo oggi a Dio questa chiesa dopo aver messo l'ultima pietra: la Cappella del Santissimo Sacramento con i dieci confessionali, e il nuovo ingresso alla Cripta. Penso che dal Cielo il nostro amatissimo Fondatore guarda soddisfatto questa schiera di figli suoi, riuniti con l'unico intento di rendere gloria a Dio e di servire lealmente la Chiesa, mentre cercano di dedicare la propria vita a Dio e a tutte le anime per amor di Dio, nelle circostanze ordinarie del lavoro in mezzo al mondo.

Riflettiamo brevemente sul significato di questa cerimonia. Nella prima lettura abbiamo ascoltato le parole di Santo Stefano Protomartire, riportate negli Atti degli Apostoli. Ci ricordano il desiderio espresso dal Re Davide di costruire una dimora per Iddio. "L'Altissimo", afferma solennemente Santo Stefano, "non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo, come dice il Profeta: il cielo è il mio trono e la terra sgabello per i miei piedi. Quale casa potrete edificarmi, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? Non forse la mia mano ha creato tutte queste cose?"[4]. Ciò nonostante, Dio accontenta gli uomini e permette a Salomone, figlio di David, di costruirgli una casa. La Chiesa lo ricorda con gratitudine, vedendo innanzitutto nel Tempio di Gerusalemme la figura dell'Umanità Santissima di Gesù Cristo[5], vero Tempio in cui abita corporalmente la pienezza della divinità[6]; ma esso è anche un simbolo di questi luoghi di preghiera e d'incontro con Dio che sono i tempi cristiani, nel cui cuore —il Tabernacolo— la Chiesa custodisce la Santissima Eucaristia, centro spirituale di ogni singola chiesa, da cui il Signore Nostro Gesù Cristo, sotto le Specie sacramentali, "restaura i costumi, alimenta le virtù, consola gli afflitti, fortifica i deboli, e sollecita alla sua imitazione tutti quelli che si accostano a lui"[7].

La Chiesa vuole altresì che, nel tempio materiale, vediamo l'edificazione spirituale della famiglia cristiana. Nella lettura della prima lettera di San Pietro, abbiamo ascoltato l'invito ad unirci a Cristo come pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio. A quanti si comportano in questo modo, il Principe degli Apostoli ricorda: anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo[8]

Pietre vive della Chiesa! Come mi piace quest'espressione di San Pietro! "Pietre vive, formate dalla fede, irrobustite dalla speranza e unite dalla carità"[9]. Così il Signore vuole che siamo. E lo siamo quando viviamo fedelmente la nostra specifica vocazione all'Opus Dei, in seno alla Chiesa Santa. Sviluppando quest'immagine propostaci dallo stesso Spirito Santo, un antico scrittore ecclesiastico osserva: "come per le pietre materiali vediamo che si pongono a fondamento le più solide e le più resistenti perché si possa affidar ad esse e porre su di esse il peso di tutto l'edificio, così avviene anche per le pietre vive: ve ne sono alcune nelle fondamenta dell'edificio spirituale. E chi sono queste pietre messe nelle fondamenta? Gli apostoli e i profeti. Così infatti insegna Paolo: edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù (Ef 2, 20)"[10].

Il nostro sostegno è Cristo, pietra angolare dell'edificio della Chiesa. Il Signore, scartato dai costruttori, è diventato testata d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati[11]. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti, i fedeli della Prelatura Opus Dei, sacerdoti e laici, ci sentiamo uniti in virtù della Comunione dei Santi con tutti gli altri membri della Chiesa, e ci sosteniamo gli uni gli altri mediante il vincolo della fratellanza spirituale, che deriva dal fatto di aver ricevuto una stessa vocazione al servizio della Chiesa e del mondo.

Come scrive il Santo Padre Giovanni Paolo II nella Costituzione Apostolica Ut sit, i fedeli della Prelatura Opus Dei si impegnano a "tradurre in realtà vissuta la dottrina della chiamata universale alla santità, e a promuovere in ogni ceto sociale la santificazione del lavoro professionale ed attraverso il lavoro professionale"[12], costituendo "una compagine apostolica che, formata da sacerdoti e da laici, uomini e donne, è allo stesso tempo organica ed indivisa, cioè, come un'istituzione dotata di una unità di spirito, di fine, di regime e di formazione"[13].

Per essere fortezza per gli altri, ciascuno deve poggiare sul fondamento saldo, irremovibile, della fede cristiana, della dottrina degli Apostoli, della Tradizione della Chiesa, che ha retto il Popolo di Dio per venti secoli e continuerà a sostenerlo fino alla fine dei tempi. E insieme alla dottrina, la pietà, un amore sincero verso Gesù Cristo, testata d'angolo di questa costruzione divina. "Unendoci a questa pietra —diceva Sant'Agostino—, troviamo la pace; riposando su di essa, otteniamo la fermezza. Essa è nel contempo fondamento, perché ci sopporta, e pietra angolare, perché ci unisce. Questa è la pietra sulla quale l'uomo saggio edifica la sua casa e resiste a tutte le tentazioni di questo mondo: né la danneggiano le piogge torrenziali, né la abbattono i fiumi straripanti, né la smuove la furia dei venti"[14].

Nel vedere come l'Opus Dei cammina nel mondo —"fermo, compatto, sicuro", scrisse una volta il nostro Fondatore, pur non mancando le logiche difficoltà esterne, che sorgono puntuali quando si cerca di fare del bene—, non posso non ringraziare Iddio per l'espansione dell'Opera nel tempo trascorso dall'erezione in Prelatura personale da parte del Romano Pontefice. E' ben evidente come sia il nostro amatissimo Fondatore a governare e benedire dal Cielo quest'organizzazione apostolica suscitata dallo Spirito Santo nel seno della Santa Chiesa e costituita sia da chierici sia da laici, che la Sede Apostolica ha messo sotto la giurisdizione del Prelato[15]; e a sospingere, con lo stesso spirito e gli stessi intenti apostolici, la Società Sacerdotale della Santa Croce, che il Santo Padre Giovanni Paolo II ha eretto insieme alla Prelatura, quale Associazione di chierici intrinsecamente unita ad essa[16].

Come tutti i figli della Chiesa, ci riconosciamo nelle parole del Principe degli Apostoli proclamate nella seconda lettura della Messa, in cui riecheggia la costante predicazione del nostro Fondatore: vos autem genus electum, regale sacerdotium, gens sancta[17]. Siamo stati scelti da Dio, senza alcun merito da parte nostra, per essere una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa, affinché proclamiamo le opere meravigliose di Dio, che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce[18]. Ecco il nostro fondamento. Vogliamo essere ancor più efficaci nel nostro servizio alla Chiesa? Vogliamo portare sulle spalle, con garbo, il peso dell'edificio spirituale formato da tutti i fedeli cristiani? Appoggiamoci ancor di più su Gesù Cristo, frequentiamo la sua Umanità Santissima, siamo anime d'Eucaristia, amiamo la Confessione, che è il tribunale della sua misericordia!

Per noi che per vocazione divina siamo venuti all'Opus Dei, lo spirito consegnato da Dio a nostro Padre fa parte di questo fondamento. La nostra ambizione è quella di servire la Chiesa come la Chiesa vuole essere servita. E ciò che la Chiesa e il Papa si aspettano da noi è che siamo sempre più fedeli al nostro spirito. In questo modo, malgrado la nostra personale piccolezza, saremo le pietre vive che il Signore vuole utilizzare per rafforzare e rinsaldare la sua Chiesa, questa Casa di preghiera che è, allo stesso tempo, la Sposa di Cristo.

Ognuno di noi è solo una povera creatura, ma custodiamo nel cuore il fermo desiderio di essere leali. Chiediamo aiuto a Nostro Signore, perché ci renda sempre fedeli allo spirito dell'Opus Dei e sappiamo spendere la nostra vita in un servizio leale a tutte le anime. In questo modo, Dio sarà fiero di noi e la Madonna ci sorriderà dal Cielo.

Vorrei infine soffermarmi sul brano del Vangelo che abbiamo letto. E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa[19]. Ancora il fondamento. Il Romano Pontefice è la pietra più vicina a Cristo. E' Cristo stesso: "il dolce Cristo in terra", come veniva chiamato affettuosamente dal nostro Fondatore, con le parole di Santa Caterina da Siena. L'amore verso il Papa deve far parte della vita di ogni fedele cristiano, e appartiene —concretamente— a quella dei fedeli della Prelatura della Santa Croce e Opus Dei.

Il nostro Fondatore, sin dall'inizio, volle rendere l'Opus Dei molto romano, perché era volontà di Dio: strettamente unito, cioè, alla Sede di Pietro e al servizio costante della Chiesa universale. Perciò desiderava che questa chiesa fosse come il cuore della Sede Centrale dell'Opus Dei, oggi sede prelatizia. E desiderava altrettanto vivamente che tutti i suoi figli —sacerdoti e laici, uomini e donne— fossero molto romani, in modo da avere un cuore grande e da sentirsi unitissimi al Vicario di Cristo.

Oggi facciamo il proposito di rinnovare la nostra lealtà, di essere molto fedeli al Romano Pontefice. Così il Signore potrà servirsi di noi come di pietre vive, per costruire giorno dopo giorno la sua Chiesa in mezzo alla società umana, che specialmente in questi tempi sembra allontanarsi da Lui. Malgrado la nostra debolezza, per bontà di Dio, saremo fortezza per gli altri, se ci poggiamo sempre sulla pietra angolare, Cristo Gesù, e sulla pietra altrettanto forte —pilastro della Chiesa— che è Pietro, il Romano Pontefice.

D'ora in avanti, questa Chiesa prelatizia sarà dedicata a Dio sotto la protezione della Santissima Vergine, che qui viene onorata col titolo di Santa Maria della Pace. Ella ottenga la pace per le nostre anime e per i nostri apostolati, la pace per la Chiesa, la pace per il mondo intero. Amen.

[1] Nella dedicazione di una chiesa, Prex dedicationis.

[2] Josemaría Escrivá, Cammino, n. 527.

[3] Cfr. Giovanni Paolo II, Cost. Ap. Ut sit, 28-XI-1982, art. VII.

[4] Messa nella dedicazione di una chiesa, L. I (At 7, 48-50).

[5] Cfr. Gv 2, 19.

[6] Cfr. Col 2, 9.

[7] Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei, 3-IX-1965.

[8] Messa nella dedicazione di una chiesa, L. II (1 Pt 2, 4-5).

[9] Sant'Agostino, Sermo 337, 1.

[10] Liturgia delle Ore, Comune della dedicazione di una chiesa, Ufficio delle letture, lett. 2 (Origene, In Iesu Nave homiliae 9, 1).

[11] At 4, 11-12.

[12] Giovanni Paolo II, Cost. Ap. Ut sit, 28-XI-1982, proemio.

[13] Ibid.

[14] Sant'Agostino, Sermo 337, 1.

[15] Cfr. Giovanni Paolo II, Cost. Ap. Ut sit, 28-XI-1982, art. III.

[16] Cfr. Ibid., art. I.

[17] Messa nella dedicazione di una chiesa, L. II (1 Pt 2, 9).

[18] Cfr. Ibid.

[19] Messa nella dedicazione di una chiesa, V. (Mt 16, 18).

Romana, n. 2, Gennaio-Giugno 1986, p. 88-91.

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